L'Irap e il concetto di autonoma organizzazione.: il contenzioso Irap per i professionisti

Il presupposto per l'applicazione dell' Irap è l' esistenza di una autonoma organizzazione. Stabilire però se tale autonoma organizzazione esista o meno, è stata fonte di anni di contenzioso in sede tributaria tra contribuenti e Amministrazione finanziaria.

La circolare n. 45/E/2008 dello scorso 13/06/2008, ha riassunto i principali criteri emersi nella giurisprudenza della Cassazione, con l’obiettivo dell’Agenzia di fornire indicazioni operative e univoche agli uffici in relazione al contenzioso pendente in materia di soggettività passiva all' Irap dei "piccoli contribuenti". La circolare 45 ha fornito istruzioni operative cercando di sistematizzare le pronunce più rappresentative in tema di Irap ed "autonoma organizzazione". Con la sentenza n. 156 del 21 maggio 2001 la Corte costituzionale ha dichiarato che l'assoggettamento all'imposta regionale sulle attività produttive (Irap) "del valore aggiunto prodotto da ogni tipo di attività autonomamente organizzata, sia essa di carattere imprenditoriale o professionale, e' ... pienamente conforme ai principi di eguaglianza e di capacità contributiva ... essendo, in entrambi i casi, l'idoneità alla contribuzione ricollegabile alla nuova ricchezza prodotta...". Tuttavia la Corte costituzionale, mentre ha ritenuto l'elemento organizzativo connaturato alla nozione di impresa, ha precisato che "... e' possibile ipotizzare un'attività professionale svolta in assenza di organizzazione di capitali o lavoro altrui".L'accertamento di tale condizione, "in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto ..." da verificare caso per caso. A seguito della pronuncia della Corte costituzionale si e' posto il problema di individuare per i lavoratori autonomi la nozione di attività autonomamente organizzata. La posizione dell’Amministrazione finanziaria 1.    Con circolare n. 141/E del 4 giugno 1998 l'Amministrazione finanziaria ha fornito chiarimenti in ordine alla disciplina dell'IRAP, specificando, in particolare, che all'imposizione della stessa non sono attratte quelle attività che, pur potendosi astrattamente ricondurre all'esercizio di arte o professione, non sono esercitate mediante un'organizzazione autonoma da parte del soggetto interessato, come ad esempio l'attività di collaborazione coordinata e continuativa, all'epoca normativamente inquadrata nell'ambito del lavoro autonomo.  
  1. Successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2001, con risoluzione n. 32/E del 31 gennaio 2002, e' stato confermato che l'autonomia organizzativa sussiste tutte le volte in cui si e' in presenza di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 53, comma 1 del TUIR, mentre restano escluse, ad esempio, le attività svolte occasionalmente. In essa e' stato poi sottolineato come l'esistenza, pur minima, del requisito dell'organizzazione sia una connotazione tipica del lavoro autonomo.

     
La posizione della giurisprudenza Sulla questione le commissioni tributarie non hanno assunto un orientamento univoco, attestandosi sostanzialmente su tre diversi indirizzi.
  1. Nell'ambito della giurisprudenza di merito si e' formato un orientamento minoritario secondo cui l'attività di lavoro autonomo non integra il presupposto dell'IRAP per carenza di autonoma organizzazione, atteso che la presenza del professionista e' indispensabile ai fini dello svolgimento dell'attività e l'eventuale struttura organizzativa, più o meno complessa, non può operare autonomamente.
  2. Seguendo un diverso orientamento, anch'esso minoritario, le commissioni tributarie hanno affermato, in conformità con la posizione dell'Amministrazione finanziaria, che un'attività di lavoro autonomo e' sempre autonomamente organizzata, se e' svolta abitualmente e senza il coordinamento ed il controllo da parte di altri soggetti.
  3. In base all'indirizzo giurisprudenziale più diffuso, invece, l'autonoma organizzazione di un'attività di lavoro autonomo deve essere valutata caso per caso, attraverso l'esame dei fattori produttivi ed organizzativi utilizzati nell'esercizio dell'attività stessa.
LA SENTENZA DELLA CORTE DI CASSAZIONE N. 21203 DEL 5 NOVEMBRE 2004  La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21203 del 5 novembre 2004 ha confermato la sentenza di secondo grado che aveva escluso l'assoggettamento ad IRAP di un professionista, per mancanza del requisito dell'attività autonomamente organizzata. Con una motivazione prevalentemente in fatto, la prima pronuncia della Corte di cassazione non ha fissato principi di diritto che garantissero l'uniforme interpretazione della norma in esame. Ha tuttavia respinto la tesi dell'Agenzia secondo cui l'esistenza anche minima del requisito dell'organizzazione e' una connotazione tipica delle attività professionali. LE SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE DEL 2007 E DEL 2008 L'8 febbraio 2007 la sezione tributaria della Corte di cassazione ha deliberato circa 80 sentenze in materia di IRAP, concernenti per la maggior parte la questione dell'assoggettamento a tale imposta degli esercenti arti e professioni, enunciando alcuni importanti principi ai fini dell'individuazione dell'attività autonomamente organizzata di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, secondo cui: "Presupposto dell'imposta e' l'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi". Numerose altre sentenze sono state deliberate in date successive. I principi fondamentali che emergono dalle sentenze della Corte di cassazione sono: ·           Legittimità costituzionale dell'IRAP applicata ai lavoratori autonomi Occorre Per la Corte di cassazione non appare lecito porre ulteriormente in dubbio la legittimità costituzionale dell'Irap applicata ai lavori autonomi, dato che  tale imposta colpisce un fatto economico diverso dal reddito rappresentato dal valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. La Corte costituzionale ha in definitiva affermato che l'Irap può  ed, anzi, deve essere applicata pure ai lavoratori autonomi, tenendo presente che non si tratta di una regola assoluta, ma solo dell'ipotesi ordinaria, nel senso che l'assoggettamento all'imposta costituisce la norma per ogni tipo di professionista, mentre l'esenzione rappresenta l'eccezione valevole soltanto per quelli privi di qualunque apparato produttivo".   ·            Necessità dell'autonoma organizzazione ai fini dell'assoggettamento a IRAP
La Corte di cassazione ha affermato che il requisito dell'autonoma organizzazione e' imprescindibile perché un'attività sia soggetta ad IRAP. Ha infatti precisato che detto requisito non può essere inteso in senso meramente soggettivo, ma deve essere inteso necessariamente in senso oggettivo, perché e' l'unica interpretazione costituzionalmente orientata, quindi obbligatoria   ·         Nozione di autonoma organizzazione. Con la sentenza n. 3676 del 2007 e' stato evidenziato che per far sorgere l'obbligo di pagamento del tributo è sufficiente l'esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito e' portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista.
Si deve cioè trattare di un qualcosa in più la cui disponibilità non sia, in definitiva, irrilevante perché capace, come lo studio o i collaboratori, di rendere più efficace o produttiva l'attività.
Peraltro, con la sentenza n. 3674 del 2007, si esclude che l'IRAP sia dovuta solo quando l'apparato organizzativo raggiunga un grado di autonomia tale da eclissare la figura e l'opera dell'esercente arti o professioni, responsabile e titolare dell'organizzazione produttiva", ritenendo che il verificarsi di tale ipotesi sia "improbabile, se non impossibile, date le caratteristiche intrinseche del lavoro professionale ..., e peraltro non riconducibile ad alcuna specifica disposizione normativa"    Ai fini dell'assoggettamento o meno al tributo, in breve, non ha pregio l'indagine volta a riscontrare il rapporto di autonomia dell'organizzazione rispetto all'opera dell'esercente un'arte o una professione.   Con la sentenza n. 3678 del 16 febbraio 2007, che si può ritenere riassuntiva dei concetti espressi nelle altre pronunce e che risulta particolarmente interessante perché fissa parametri di carattere generale per individuare l'autonoma organizzazione, la Corte di cassazione osserva che il "tributo colpisce una capacità produttiva impersonale ed aggiuntiva' rispetto a quella propria del professionista perché, se e' innegabile che l'esercente una professione intellettuale concepisce il proprio lavoro con il contributo determinante della propria cultura e preparazione professionale, producendo in tal modo la maggior parte del reddito di lavoro autonomo, e' altresì vero che quel reddito complessivo spesso scaturisce anche dalla parte aggiuntiva di profitto che deriva dal lavoro dei collaboratori e dipendenti, dal numero e grado di sofisticazione dei supporti tecnici e logistici, dalle prestazioni di terzi, da forme di finanziamento diretto ed indiretto, eccetera".
Con la citata pronuncia, la Corte di cassazione ritiene che occorre attenersi ai seguenti principi di diritto: "L'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce - secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata elaborata dalla Corte Costituzionale - presupposto dell'Irap qualora si tratti di attività autonomamente organizzata'.   Elementi che individuano l'autonoma organizzazione Il requisito dell’autonoma organizzazione’ dell’attività di lavoro autonomo il cui accertamento spetta al giudice di merito ed e’ insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, sussiste tutte le volte in cui il contribuente che eserciti l’attività di lavoro autonomo:   a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;   b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che secondo l’id quod plurime accidit costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività’ anche in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.   A giudizio della Suprema Corte, “il rimborso dell’Irap non spetta agli esercenti arti o professioni, indicati dall’art. 49, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (richiamato dall’art. 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), responsabili in qualsiasi forma dell’organizzazione – esclusi gli esercenti arti o professioni inseriti in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse, originariamente esenti dall’imposta – quando essi si avvalgano, in modo non occasionale, di lavoro altrui, o impieghino nell’organizzazione beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, il minimo comunemente ritenuto indispensabile per l’esercizio dell’attività’: eccedenza di cui e’ indice, fra l’altro, l’avvenuta deduzione del costo ai fini dell’Irpef o dell’Iva” (cfr. Cass. N. 3673 del 2007; conforme n. 8374 del 31 marzo del 2008).
Sussiste, quindi, autonoma organizzazione quando ricorre almeno uno dei seguenti presupposti, da valutare caso per caso: a) impiego, “in modo non occasionale, di lavoro altrui”; b) utilizzo di “beni strumentali eccedenti, per quantità o valore”, le necessità minime per l’esercizio dell’attività’.   Impiego, in modo non occasionale, di lavoro altrui L'impiego, non occasionale, di lavoratori dipendenti o collaboratori nell'esercizio dell'attività professionale e' indice della sussistenza di autonoma organizzazione (Cass. nn. 3676, 3677, 3678, 3680 del 2007; nn. 5019, 5020 e 5021 del 5 marzo 2007 e n. 8166 del 2 aprile 2007), anche se assunti secondo modalità riconducibili a un progetto, programma di lavoro o fase di esso. Al riguardo la Cassazione, con la sentenza n. 8971 del 16 aprile 2007, ha affermato che "l'organizzazione dell'attività va ravvisata tutte le volte che, per lo svolgimento della stessa, il titolare si avvalga ... di lavoro altrui, non necessariamente prestato come lavoro dipendente" (in senso conforme Cass. n. 3680 e 8166 del 2007). E' da ritenere che l'affidamento a terzi, in modo non occasionale, di incombenze tipiche dell'attività artistica o professionale, normalmente svolte all'interno dello studio, deve essere valutata ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione.
Non rileva invece l'eventuale prestazione fornita da terzi per attività estranee a quelle professionali o artistiche (ad esempio, consulenza ed assistenza tributaria ai fini dell'assolvimento degli obblighi fiscali di un artista). Non rileva altresì  lo svolgimento presso il professionista di un tirocinio, in quanto lo stesso e' in sostanza funzionale alle esigenze formative del tirocinante.
Utilizzo di beni strumentali eccedenti, per quantità o valore, le necessità minime per l'esercizio dell'attività Ai fini della verifica dell'autonoma organizzazione rileva comunque la disponibilità di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per lo svolgimento dell'attività, anche qualora non vengano acquisiti direttamente, ma siano forniti da terzi, a qualunque titolo.
Particolare attenzione deve essere dunque posta dagli uffici all'analisi dei beni strumentali, la cui individuazione e' determinante ai fini della sussistenza dell'autonoma organizzazione.
Si ritiene che i beni strumentali utilizzati rilevano anche qualora il loro costo sia stato già interamente dedotto. I giudici di legittimità hanno in più occasioni affermato che sussiste autonoma organizzazione qualora il professionista disponga di uno studio attrezzato (cfr. Cass. nn. 3676, 3677, 3678, 3680, 5019, 5020, 5021 e 8166 del 2007). "L'indagine sull'esistenza di tale qualcosa in più costituisce senza dubbio un accertamento di fatto che il giudice di merito dovrà compiere caso per caso sulla base di una valutazione di natura non soltanto logica, ma anche socio-economica perché l'assenza di un struttura produttiva non può essere intesa nel senso radicale di totale mancanza di qualsiasi supporto, ma neppure in quello di particolare rilevanza o, peggio, di prevalenza dei beni e/o del lavoro altrui su quello del titolare. "Per far sorgere l'obbligo di pagamento del tributo basta, infatti, l'esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito e' portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista. "Si deve cioè trattare di un qualcosa in più la cui disponibilità non sia, in definitiva, irrilevante perché di regola capace, come lo studio o i collaboratori, di rendere più efficace o produttiva l'attività'. "Non varrebbe in contrario replicare che così ragionando si giunge a fare dei professionisti una categoria indefettibilmente assoggettata all'Irap perché, nell'attuale realtà, e' quasi impossibile esercitare l'attività' senza l'ausilio di uno studio e/o di uno o più collaboratori o dipendenti.
"E' infatti proprio per questo che il D.Lgs. n. 446/1197 ha inserito gli autonomi fra i soggetti passivi dell'imposta, in quanto anche essi si avvalgono normalmente di quella struttura organizzativa che costituisce il presupposto dell'imposta.
"Ed e' sempre per lo stesso motivo che, come già detto in precedenza, il D.Lgs. n. 446/1997 ha, fra l'altro, abrogato l'Iciap, essendo l'Irap destinata normalmente a colpire coloro che in precedenza pagavano l'Iciap che, a sua volta, gravava sui professionisti indipendentemente dalla consistenza della organizzazione da essi predisposta" (cfr. Cass. nn. 5019 del 2007; nello stesso senso n. 5020 del 2007).
In mancanza di parametri normativi, si pone il problema di individuare concreti criteri per orientare ed uniformare l'operato degli uffici. Ai fini dell'individuazione del requisito di autonoma organizzazione, in assenza di altri più significativi elementi, può tornare utile la disciplina dei c.d. "contribuenti minimi" di cui all'articolo 1, commi da 96 a 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008).
Il comma 96, in particolare, dispone che "si considerano contribuenti minimi le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, al contempo:

  nell'anno solare precedente: 1)    hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro; 2)    non hanno effettuato cessioni all'esportazione; 3)    non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori di cui all'articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, programma di lavoro o fase di esso, ai sensi degli articoli 61 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 ne' erogato somme sotto forma di utili da partecipazione agli associati di cui all'articolo 53, comma 2, lettera c), dello stesso testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.   nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro".
Ciò premesso, si ritiene che gli Uffici possano considerare non sussistente il presupposto dell'autonoma organizzazione e, quindi, non coltivare il contenzioso nei casi in cui l'artista o il professionista possa considerarsi "contribuente minimo" ai sensi del citato comma 96 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2008, a prescindere dalla circostanza che lo stesso si sia avvalso o meno del relativo regime fiscale. Resta inteso che il regime dei "minimi" ovviamente non esaurisce le ipotesi caratterizzate dall'assenza di autonoma organizzazione, la quale deve essere valutata caso per caso dagli Uffici, sulla base dei criteri enunciati nella presente circolare, anche in presenza di parametri che esprimano valori superiore a quelli utilizzati per la definizione dei "contribuenti minimi".
Questi ultimi parametri possono essere utilizzati dagli uffici anche per i periodi di imposta antecedenti all'applicazione del nuovo regime dei "contribuenti minimi".   Modalità per l'individuazione dell'autonoma organizzazione Premesso che l'onere della prova ricade generalmente sul contribuente ai fini dell'individuazione degli elementi che connotano l'autonoma organizzazione si forniscono le seguenti istruzioni. In primo luogo, gli uffici esaminano le dichiarazioni, con specifico riguardo al contenuto del quadro concernente i redditi di lavoro autonomo, al fine di verificare la fondatezza della richiesta del contribuente e di contrastare, ricorrendone i presupposti, le eccezioni sollevate in giudizio circa la mancanza del requisito dell'autonoma organizzazione.
La Corte di cassazione ha rilevato come la circostanza che il contribuente abbia compilato il quadro relativo ai redditi di lavoro autonomo, con indicazione di costi afferenti l'attività svolta, può fornire elementi utili ai fini della valutazione dell'esistenza dell'autonoma organizzazione (cfr. Cass. n. 1414 del 23 gennaio 2008).   Vanno, inoltre, esaminati i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, che integrano la dichiarazione dei redditi. Vanno analizzati, in particolare, i quadri relativi al personale addetto all'attività, all'unita' locale destinata all'esercizio dell'attività e ai beni strumentali. Ulteriori elementi utili potrebbero essere desunti, in caso di insufficienza delle informazioni ricavate dalle dichiarazioni, da altre informazioni presenti nel sistema informativo dell'agenzia e nella documentazione di cui dispone l'ufficio, comprese le informazioni emerse nell'attività di controllo a carico del ricorrente o anche di terzi.
Ad esempio, si possono effettuare ricerche attraverso l'analisi dei contratti registrati.

  Per quanto concerne l'utilizzazione di beni strumentali, va, infine, valutata l'opportunità di richiedere l'esame del registro dei beni ammortizzabili o, in mancanza, del registro delle fatture d'acquisto o del registro cronologico dei componenti di reddito e delle movimentazioni finanziarie. E', infine, necessario che un tale accertamento sia compiuto con riferimento ai singoli periodi d'imposta controversi, atteso che il professionista o l'artista può ovviamente modificare nel tempo la struttura organizzativa di cui si avvale.   Professionisti iscritti ad un albo professionale La sentenza n. 3675 del 16 febbraio 2007 ha escluso che l'iscrizione ad un albo professionale valga di per sé ad escludere il professionista dall'applicazione dell'IRAP, atteso che l'attività e' da ritenersi imponibile se presenta "un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall'impiego di capitali e/o di lavoro altrui, che potenzi l'attività intellettuale del singolo". Deve essere sempre valutata, dunque, l'esistenza effettiva dell'autonoma organizzazione sulla base dei criteri desumibili dalle sentenze della Cassazione, contestando in ogni caso le eventuali richieste di esclusione dall'applicazione dell'IRAP aprioristicamente fondate sull'esercizio di un'attività che presuppone l'iscrizione ad un albo professionale.

  Attività d'impresa La Corte costituzionale, nella citata sentenza n. 156 del 2001, precisa che "l'elemento organizzativo e' connaturato alla nozione stessa di impresa."   La sentenza n. 3678 del 2007 della Cassazione evidenzia, tra l'altro, che "la giurisprudenza elaborata negli ultimi anni dai giudici di secondo grado ha determinato una drastica contrazione dell'area di inapplicabilità dell'Irap nei primi tempi estesa dalle giurisdizioni di primo grado anche a categorie ontologicamente estranee a quelle di lavoro autonomo, uniche incise dal dictum della Consulta, quali gli agenti di commercio (rientranti nel paradigma dell'art. 2195 del codice civile richiamato dall'art. 51 del Tuir) e le società di persone minime coinvolti nella diversa vicenda inerente all'Ilor."   E' dunque "pacifico che i redditi derivanti dallo svolgimento dell'attività' di agente o rappresentante di commercio, riferendosi ad un'attività' commerciale secondo la previsione dell'art. 2195 c.c., sono per questa sola circostanza qualificabili come redditi di impresa" (Cass. n. 7899 del 30 marzo 2007); conseguentemente l'autonoma organizzazione risulta connaturata all'attività' di agente o rappresentante di commercio. Per tutte le attività d'impresa "(nelle quali vanno fiscalmente inquadrati anche i soggetti che operano in contabilità semplificata redigendo il Quadro G della dichiarazione dei redditi) il requisito dell'autonoma organizzazione e' intrinseco alla natura stessa dell'attività' svolta (art. 2082 del codice civile) e dunque sussiste sempre il presupposto impositivo idoneo a produrre VAP tassabile. A maggior ragione per le società per le quali l'attività' esercitata ... costituisce presupposto di imposta (art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997)" (Cass. n. 3678 del 2007). Il principio e' stato ulteriormente ribadito dalla sentenza n. 13811 del 13 giugno 2007.
Al riguardo si ribadisce che la produzione di reddito d'impresa implica l'assoggettamento ad IRAP.
Tale posizione va confermata anche a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 104, della legge finanziaria 2008, secondo cui "i contribuenti minimi sono esenti dall'imposta regionale sulle attività produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446".   Per effetto di tale disposizione, i contribuenti minimi - sia esercenti arti e professioni che attività d'impresa - che, a partire dal 1 gennaio 2008 si avvalgono del regime semplificato di cui ai commi 96 e seguenti dell'articolo 1 della finanziaria 2008, sono esenti dall'IRAP.
Trattandosi di un'esenzione, i contribuenti minimi che producono reddito d'impresa e che optano per il regime fiscale ordinario sono soggetti passivi IRAP.
La circolare n. 7/E del 28 gennaio 2008 ha, infatti, chiarito che "L'esenzione costituisce, dunque, una delle caratteristiche di questo regime, volto alla semplificazione degli adempimenti fiscali. L'esenzione non opera, pertanto, quando i contribuenti optano per il regime ordinario ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito, con la conseguenza che gli stessi, qualora in ragione delle caratteristiche dell'attività' svolta, verificabili di volta in volta dagli organi preposti al controllo, siano soggetti passivi IRAP, saranno tenuti ai relativi adempimenti".   Per quanto riguarda specificamente gli agenti di commercio, occorre precisare ulteriormente che gli stessi non possono essere assimilati ai lavoratori autonomi ai fini IRAP, anche a seguito dell'esame delle più recenti pronunce della Suprema Corte.

  L'ordinanza n. 2702 del 5 febbraio 2008, nel confermare la pronuncia della Commissione tributaria regionale che aveva ritenuto legittima l'istanza di rimborso presentata da un agente di commercio rilevando "il difetto, in concreto, di una organizzazione autonoma ...", non ha inteso affermare il principio che i titolari di reddito d'impresa non dotati di autonoma organizzazione siano esclusi dall'ambito applicativo dell'IRAP, in quanto, nel caso di specie, la questione non aveva formato oggetto di specifica censura.
Infatti la Suprema Corte ha osservato che non e' stata mossa alcuna contestazione in merito alla "qualificazione del reddito prodotto dal contribuente ed alla sua qualificazione come provento di lavoro autonomo, diverso da quello d'impresa". Successivamente, con la sentenza n. 7734 del 21 marzo 2008, e' stato evidenziato che, trattandosi di una figura "di discussa qualificazione giuridica, sembra subire la conformazione del concreto atteggiarsi dell'attività', tra i poli estremi di quella autonoma e di quella dell'impresa".   Nello stesso senso si pone la sentenza n. 8177 del 2 aprile 2007, che con riferimento ad un promotore finanziario afferma che l'attività' non costituisce necessariamente esercizio d'impresa e che il giudice di merito deve accertare caso per caso se l'operatore disponga di una struttura organizzata che giustifichi l'imposta. In senso contrario si pongono altre pronunce. In particolare, la già citata sentenza n. 7899 del 2007 afferma che il requisito dell'autonoma organizzazione e' presupposto necessario per l'applicazione dell'IRAP agli esercenti arti e professioni, mentre i titolari di reddito d'impresa sono di per se stessi assoggettati all'IRAP.
Va tenuto presente che la Cassazione ha in più occasioni qualificato gli agenti di commercio come imprenditori commerciali ai sensi degli articoli 2082 e 2195 del codice civile.
Con sentenza della I sezione civile n. 9102 del 6 giugno 2003, rifacendosi a propri orientamenti consolidati, la Suprema Corte ha affermato che gli elementi identificativi dell'impresa commerciale, ai sensi dell'articolo 2082 del codice civile, sono la professionalità e l'organizzazione, "intese come svolgimento abituale e continuo dell'attività' e sistematica aggregazione di mezzi materiali e immateriali, al di là della scarsezza dei beni predisposti, tanto più quando l'attività', come quella dell'agente di commercio, non necessiti di mezzi materiali e personali rilevanti (Cass. 5589/1983; 6395/1981; 6151/1978)".

  La sentenza n. 10673 dell'11 ottobre 1991 della III sezione civile chiarisce che l'attività' dell'agente assicuratore rientra, al pari delle altre attività indicate dall'articolo 2195 del codice civile, tra quelle commerciali, essendo caratterizzata, come quella delle altre categorie degli agenti di commercio, dall'esercizio professionale di una attività economica organizzata in una impresa ausiliaria e riconducibile, quindi, alla categoria delle attività imprenditoriali, e non a quella delle professioni intellettuali. Su questa scia si colloca anche la risoluzione della scrivente n. 254/E del 14 settembre 2007, che, in relazione alla figura del promotore finanziario, ha affermato che "il requisito dell'organizzazione e' connaturato alla nozione stessa di impresa, come del resto puo' evincersi dal contenuto stesso della richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 156 del 2001, la quale ipotizza solo con riferimento alle prestazioni professionali che l'attività' possa essere svolta in assenza di organizzazione di capitali, e non anche in relazione alla attività d'impresa". In giudizio va quindi sostenuta la natura imprenditoriale dell'attività' degli agenti di commercio e dei promotori finanziari non legati da un rapporto di lavoro dipendente e, di conseguenza, l'assoggettamento all'IRAP.
In subordine occorre comunque dedurre, così come per i lavoratori autonomi, in ordine all'esistenza dell'autonoma organizzazione.   ESERCIZIO IN FORMA ASSOCIATA DELL'ATTIVITA'
Nel caso di esercizio in forma associata della professione, i giudici di legittimità hanno evidenziato che e' "da presumere che l'associazione, atteso lo scopo della medesima, sia dotata di strutture e mezzi (immobili, mobili, arredamenti, macchinari, servizi, collaboratori), ancorché non di particolare onere economico" e che "e' da ritenere che lo scopo della pattuizione dell'esercizio associato di una professione intellettuale sia anche quello di avvalersi della reciproca collaborazione e competenza, ovvero anche della sostituibilità nell'espletamento di alcune incombenze (Cass. 6636/1987), con l'effetto di escludere l'autonomia organizzativa meramente soggettiva e personale di qualsiasi esercente una professione intellettuale, e di configurare invece quell'autonoma organizzazione oggettiva dell'attività' abitualmente esercitata (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1 - Corte Cost. 156/2001), idonea a far presumere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio, bensì di detta organizzazione associativa, costituita proprio per potenziare la produzione di ricchezza (VAP) a vantaggio degli associati, presupposto dell'IRAP" (Cass., n. 13570 dell'11 giugno 2007). Da ultimo con ordinanza n. 2715 del 5 febbraio 2008 la Corte di cassazione ha precisato che gli studi associati "sono soggetti ad IRAP quando l'esercizio in comune della attività professionale pur non configurando un centro di interessi dotato di autonomia funzionale (stante il carattere strettamente personale e fiduciario dell'esercizio delle professioni) dia luogo ad un insieme di strutture (immobili, mobili, macchinari, servizi, collaboratori) ancorché non di particolare onere economico, di guisa che il reddito da sottoporre ad Irap sia stato almeno potenziato e derivato dalla struttura, e non derivi dal solo lavoro professionale dei singoli (Cass. 13570/2007)". Più in generale, si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2 del D.lgs. n. 446 del 1997, "L'attività' esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto di imposta". L'ASSENZA DI AUTONOMA ORGANIZZAZIONE PUO’  ESSERE FATTA VALERE SOLO NEL RICORSO La deduzione secondo cui l'imposta non e' dovuta per difetto di autonoma organizzazione deve essere contenuta nel ricorso in primo grado e non può essere introdotta in giudizio successivamente. L'articolo 24, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, prevede che l'integrazione dei motivi del ricorso e' consentita solo quando sia "resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione" (in tal senso, Cass., n. 19000 del 10 settembre 2007; n. 24970 del 25 novembre 2005; n. 6416 del 22 aprile 2003). Ne consegue, pertanto, l'impossibilita' da parte del contribuente di modificare la domanda mediante la proposizione di motivi integrativi di quelli già esposti nel ricorso introduttivo del giudizio.
A maggior ragione la deduzione dell'assenza di autonoma organizzazione costituisce domanda nuova nel giudizio di appello, improponibile ai sensi dell'articolo 57 del D.lgs. n. 546 del 1992.
In proposito, con la sentenza n. 3681 del 16 febbraio 2007 la Corte di cassazione ha affermato che "Non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d'ufficio".
In particolare, "come questa Corte ha più volte chiarito (cfr. la sentenza n. 10864 del 2005), si ha domanda nuova, improponibile nel giudizio d'appello ex art. 57 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546..., quando il contribuente, nell'atto di appello, introduce, al fine di ottenere l'eliminazione ... dell'atto impugnato, una causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema di indagine". Non trattandosi di un'eccezione in senso stretto, la stessa e' rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.

  ONERE DELLA PROVA La sentenza n. 3678 del 2007 ribadisce un principio consolidato della giurisprudenza, secondo cui "Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta allegare la prova dell'assenza delle condizioni sopraelencate". (Cfr. anche Cass. nn. 3673, 3676, 3677, 3680 e 5012 del 2007; 1414 del 2008).

  In altre parole, sul contribuente che agisce per il rimborso ricade l'onere di descrivere l'organizzazione della sua attività e provare l'assenza dei presupposti per l'assoggettamento all'imposta, in coerenza con le scritture contabili tenute e con le dichiarazioni presentate. Per documentare le proprie affermazioni il contribuente ha l'onere di esibire copia delle dette scritture contabili.
A titolo di esempio, il contribuente che svolge un'attività artistica, dichiarando di non avvalersi di collaboratori, agenti o procuratori, ha l'onere di dimostrare come concretamente organizzi la sua attività e i molteplici rapporti con i suoi interlocutori.
Spetta all'ufficio evidenziare l'eventuale mancata dimostrazione da parte del contribuente dell'assenza di autonoma organizzazione; in tal caso peraltro non viene introdotta in giudizio un'eccezione in senso proprio, ma una mera specificazione dei presupposti per l'assoggettamento all'imposta, considerato che, in presenza di richiesta di rimborso, spetta al contribuente dimostrare i requisiti necessari per ottenerlo e al giudice accertarne la sussistenza prima di accogliere la domanda del contribuente. All'ufficio e' quindi consentito introdurre anche nel giudizio di appello gli elementi di cui e' in possesso per contestare l'assunto del contribuente del difetto di autonoma organizzazione.
Peraltro, la preclusione della possibilità di sollevare eccezioni nuove in appello, di cui all'articolo 57 del D.lgs. n. 546 del 1992, non comporta l'impossibilita' di illustrare con nuovi argomenti eccezioni già formulate, laddove non venga violato il divieto di ampliamento in appello del thema decidendum, al rispetto del quale e' funzionale il limite imposto dalla legge (cfr. Cass. nn. 8995 del 16 aprile 2007 e 15646 del 12 agosto 2004).
Il processo tributario ha natura dispositiva quanto all'allegazione dei fatti e pertanto spetta esclusivamente alle parti la delimitazione del thema decidendum della controversia.
Residua in capo al giudice tributario la possibilità di disporre d'ufficio di tutti i mezzi istruttori che ritiene necessari per una piena comprensione della materia del contendere, nei limiti dei fatti dedotti dalle parti. L'esercizio di tali poteri costituisce una facoltà discrezionale, che ha una valenza meramente integrativa dell'onere probatorio delle parti (cfr. Cass. sez. V, 28 ottobre 2003, n. 16161; 9 maggio 2003, n. 7129) e pertanto non puo' costituire un rimedio alle lacune probatorie del giudizio ne' tanto meno espediente per una rideterminazione del thema decidendum della controversia (cfr. Cass. 24 novembre 2000, n. 15214; 15 giugno 2001, n. 8134; 4 maggio 2004, n. 8439; 11 gennaio 2006, n. 366; 20 gennaio 2006, n. 1134).
Tali considerazioni evidenziano ancora di piu' quanto sia importante nella gestione delle controversie di cui si tratta che gli uffici producano in giudizio tutti gli elementi rilevanti in ordine alla sussistenza dell'autonoma organizzazione e provvedano, se del caso, a contestare i fatti dedotti dalla controparte, in modo da offrire quel supporto fattuale e probatorio che consenta al giudice di decidere o che lo legittimi ad esercitare i poteri istruttori di cui dispone.   EFFETTI PRECLUSIVI DEL CONDONO L'adesione del contribuente ad uno dei diversi condoni previsti dalla legge n. 289 del 2002 e' ostativa alla prosecuzione del giudizio per il rimborso dell'IRAP che si assume indebitamente versata. Con la sentenza n. 3682 del 16 febbraio 2007 viene confermato l'orientamento (in particolare, cfr. Cass. n. 195 del 10 gennaio 2004) secondo cui il condono "pone il contribuente di fronte ad una libera scelta fra trattamenti distinti e che non si intersecano fra loro: o coltivare la controversia nei modi ordinari, conseguendo, ove del caso, i rimborsi di somme indebitamente pagate, oppure corrispondere quanto dovuto per la definizione agevolata ma senza possibilità di riflessi o interferenze con quanto gia' eventualmente corrisposto sulla linea del procedimento ordinario"....
"E' errata l'affermazione che l'utilizzo della sanatoria non preclude ex lege istanze di rimborso di imposte inapplicabili per assenza di presupposto impositiva', poiché il condono ha, tra l'altro, proprio lo scopo di definire transattivamente la controversia sulla esistenza ... di tale presupposto". Risulta così confermata la posizione assunta dalla scrivente al riguardo con le circolari n. 7/E e n. 18/E del 2003. La relativa questione può essere rilevata d'ufficio dal giudice (Cass. n. 8178 del 2 aprile 2007 e n. 25240 del 3 dicembre 2007 e n. 7729 del 21 marzo 2008) e, quindi, l'ufficio può sollecitarne l'esame in ogni stato e grado del giudizio.   CONCLUSIONI
Preso atto dell'orientamento ormai consolidato della Corte di cassazione, non e' ulteriormente sostenibile la tesi interpretativa dell'assoggettamento generalizzato ad IRAP degli esercenti arti e professioni.  
Si intendono quindi superate le istruzioni precedentemente fornite in contrasto con l'orientamento della Suprema Corte. Sulla scorta delle indicazioni fornite dalla Corte di cassazione, gli uffici devono fondare la propria linea difensiva, oltre che su ogni altra questione sostenibile nello specifico caso, in particolare sull'esistenza di fattori organizzativi utilizzati nell'esercizio dell'attività' stessa, che confermino l'autonoma organizzazione, con conseguente assoggettamento ad IRAP, fermo restando, che e' onere del ricorrente inserire fra i motivi del ricorso e provare la carenza del requisito dell'autonoma organizzazione. L'assolvimento di tale onere probatorio, in modo puntuale ed esaustivo, costituisce elemento fondamentale ai fini dell'esito della controversia.
Ciò posto, si invitano gli uffici a riesaminare caso per caso, secondo i criteri esposti nella presente circolare, il contenzioso pendente concernente la materia in esame e, nei casi in cui si riscontri l'assenza dell'autonoma organizzazione, a provvedere, se del caso previa esecuzione del rimborso richiesto, al relativo abbandono secondo le modalità di rito. L'ufficio, nel chiedere che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, prende motivatamente posizione anche sulle spese di giudizio e fornisce al giudice elementi che possano giustificare la compensazione delle spese. Le direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 2032 UTENTI