Il vicino può costruire in aderenza ma deve arretrare la parte eccedente se le sagome sono differenti

In tema di distanze, la scelta del perveniente di costruire lungo la linea di confine è definitiva. Il vicino può dunque successivamente costruire in aderenza, seguendo la linea del fabbricato precedentemente costruito, ma se la larghezza del secondo edificio si estende oltre, lungo la linea di confine non edificata, questa parte del fabbricato deve essere arretrata alla distanza legale. (Fonte:Diritto e Giustizia.it) Gli articoli 873, 875 e 877 c.c., non vietano di costruire con sporgenze e rientranze rispetto alla linea di confine, potendo, in tal caso, il proprietario del fondo finitimo costruire in aderenza alla fabbrica preesistente sia per la parte posta sul confine, sia per quella corrispondente alle rientranze, pagando in quest'ultimo caso la meta' del valore del muro del vicino, che diventa comune, nonche' il valore del suolo occupato per effetto dell'avanzamento della costruzione (da ultimo Cass. 15632/12).

Corte di Cassazione, Sezione 2 civile, Sentenza 2 marzo 2015, n. 4155



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore - Presidente

Dott. NUZZO Laurenza - Consigliere

Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere

Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere

Dott. ORICCHIO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 9823/2009 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell'avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 4773/2008 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 19/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/11/2014 dal Consigliere Dott. PASQUALE D'ASCOLA;

udito l'Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente, che ha chiesto l'accoglimento delle difese esposte;

udito l'Avvocato (OMISSIS), difensore dei resistenti, che ha chiesto l'accoglimento delle difese esposte;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per l'accoglimento dei primi due motivi del ricorso per quanto di ragione e per l'assorbimento dei restanti motivi di ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel 1999 (OMISSIS), in seguito affiancato dalla moglie (OMISSIS), chiamata in causa, chiedeva l'arretramento di una costruzione eseguita dal convenuto (OMISSIS) in (OMISSIS), su terreno limitrofo al proprio, perche' realizzata sul confine in violazione delle distanze legali.

Il tribunale di Roma rilevava che era prevista la possibilita' di costruire in aderenza e che pertanto in applicazione del criterio della prevenzione il convenuto (OMISSIS) aveva legittimamente costruito in aderenza alla preesistente costruzione dell'attore. La corte di appello di Roma con sentenza 19 novembre 2008, notificata il 19 febbraio 2009, in parziale accoglimento dell'appello dei coniugi (OMISSIS) disponeva l'arretramento ad una distanza di 5 metri dal confine della costruzione del (OMISSIS), "nella parte di essa che fuoriesce dalla sagoma fabbricato di proprieta' degli appellanti e si estende per la rimanente larghezza lungo la linea di confine non edificata".

La Corte chiariva che il preveniente aveva costruito lungo il confine in modo discontinuo.

Infine la Corte statuiva che eventuali questioni concernenti l'aspetto statico e le modalita' attraverso cui provvedersi all'arretramento avrebbero dovuto essere esaminate in sede esecutiva.

(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 20 aprile 2009, articolato in 5 motivi.

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2) I primi due motivi di ricorso mirano a contestare l'ordine di arretramento dell'edificio (OMISSIS) nella parte in cui non e' piu' in aderenza a quello (OMISSIS), ma eccede la sagoma di quello edificato prima.

Nel primo motivo parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 873, 875 e 877 c.c., e del PRG Roma, nel secondo denuncia carenza di motivazione.

Le censure muovono dal presupposto che la Corte di appello ha ignorato che (OMISSIS) aveva realizzato due costruzioni; che la prima era stata posta sul confine;

che la seconda costruzione aveva inizio dopo uno spazio libero destinato a via interna ed era posta a circa, due metri dal confine tra le due proprieta' tanto che il (OMISSIS) aveva inizialmente svolto domanda riconvenzionale per il rispetto della distanza di metri 5.

Il ricorso aggiunge inoltre che lungo tutto il confine parte (OMISSIS) aveva costruito un muro di fabbrica al quale sarebbe poi stato "reso aderente" il capannone del (OMISSIS).

Deduce che secondo il criterio della prevenzione "chi costruisce per primo detta legge", ma invoca Cass. 1420/87 per desumerne che il preveniente non puo' costruire un corpo centrale sul confine e gli altri distanziati.

Le doglianze sono infondate.

2.1) La sentenza citata dal ricorrente ha affermato che "la scelta che spetta al preveniente di costruire sul confine e', per cosi' dire, definitiva, nel senso che, una volta iniziata la costruzione sulla linea di confine, egli non puo' arretrare nei piani superiori, ovvero in corrispondenza di parti dell'edificio laterali rispetto a quella costruita sul confine, stante l'impossibilita' logica di riconoscere ad esso preveniente la facolta' di adottare una scelta variabile tra le varie parti o piani dell'edificio, il che imporrebbe poi al prevenuto di elevare a sua volta un edificio con i muri perimetrali a linea spezzata, in orizzontale o in verticale".

Trattasi con evidenza di un caso diverso da quello di specie.

Quand'anche infatti la situazione dei luoghi fosse quella descritta in ricorso, ugualmente sarebbe ineccepibile la decisione del giudice di appello.

Ben diversa e' la situazione considerata da Cass. 1420/87, relativa a unico edificio costruito in forma spezzata, orizzontalmente o verticalmente, da quella di costruzione, in tempi imprecisati, di due edifici diversi, distanziati tra loro da una strada interna.

E' infatti evidente che in questo secondo caso non sussistono ragioni di coerenza costruttiva che consentano al prevenuto di costruire sul confine, violando la regola generale che lo vieta, senza edificare in aderenza.

Come gia' osservato la Corte di appello, gli articoli 873, 875 e 877 c.c., non vietano di costruire con sporgenze e rientranze rispetto alla linea di confine, potendo, in tal caso, il proprietario del fondo finitimo costruire in aderenza alla fabbrica preesistente sia per la parte posta sul confine, sia per quella corrispondente alle rientranze, pagando in quest'ultimo caso la meta' del valore del muro del vicino, che diventa comune, nonche' il valore del suolo occupato per effetto dell'avanzamento della costruzione (da ultimo Cass. 15632/12).

Cio' vale a ribadire, oltre alla differenza tra la situazione di unica costruzione spezzata e due costruzioni vicine (poste sullo stesso lato), che in ogni caso non potrebbe essere legittima la pretesa del (OMISSIS) di mantenere sul confine una costruzione posta asseritamente a due metri dalla preesistente fabbrica del vicino preveniente.

Ovviamente tale condizione non muta in relazione alla dedotta preesistenza di un muro di cinta che sarebbe "un'autentica costruzione".

Tale deduzione e' del tutto nuova in causa, non risultando dalla sentenza impugnata, senza che venga indicato in quale atto difensivo (indispensabilmente almeno nella comparsa di risposta in appello) sia stata dedotta. Trattasi di questione giuridica inammissibile, perche' implica un accertamento di fatto che non e' consentito in sede di legittimita', ancor piu' se connotato (cfr pag. 14) da precisazioni relative a mutamenti del piano di campagna e dell'altezza di questo muro (tre metri) che avrebbero dovuto essere tempestivamente dedotte e valorizzate (Cass. 23675/13; 3664/06; 20518/08).

3) Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 873, 875 e 879 c.c..

Il ricorso si duole del fatto che il giudice di appello abbia trascurato che l'esecuzione dell'ordine di arretramento del capannone potrebbe arrecare pericoli statici all'immobile e che abbia rimesso la soluzione di tali eventuali problemi al giudice dell'esecuzione.

La censura e' priva di fondamento.

Le eventuali costose conseguenze dell'ordine di arretramento legittimamente impartito non possono infatti modificare la regola di diritto sulla base della quale la causa deve essere decisa.

Si darebbe altrimenti rilievo a un'ipotesi di "ragion fattasi", in forza della quale chi voglia evitare di incorrere nei rigori normativi in tema di distanze potrebbe ottenere tale scopo, adottando tecniche costruttive che rendano per se' costosa la demolizione, parziale o totale che sia.

Non si rinviene nell'ordinamento, ne' viene indicata in ricorso, come invece sarebbe obbligo del ricorrente, una norma in tema di distanze che stabilisca siffatto precetto.

Bene ha fatto pertanto la Corte di appello a precisare che eventuali problematiche esecutive, poiche' di questo si tratta, possono trovare risposta in sede propria.

4) La quarta censura attiene a una pretesa omessa pronuncia "in ordine alla domanda volta. al rispetto della distanza dei fabbricati (OMISSIS) - (OMISSIS) dal confine".

Anche questo motivo e' infondato. E' lo stesso ricorrente a dichiarare (e il riscontro, consentito dalla natura processuale della doglianza, e' possibile a pag. 17 della comparsa di risposta in appello) che in secondo grado tale domanda non era stata proposta e che la richiesta era stata avanzata "in via di eccezione e non di apposita domanda riconvenzionale". Non vi puo' pertanto essere omissione di pronuncia su una domanda. L'eccezione puo' infatti valere a paralizzare una pretesa altrui, ma non puo' condurre a una pronuncia di condanna.

Nel modificare inequivocabilmente le proprie conclusioni, parte oggi ricorrente avrebbe dovuto considerare la irrisolvibile contraddittorieta' delle proprie conclusioni.

Non puo' ora dolersi della inevitabile conseguenza di una rinuncia chiara e inequivocabile alla, domanda e farla rivivere. 5) Infondata e in parte assorbita e' la quinta censura del ricorso, che espone "carenza di motivazione in ordine alla istanza di rinnovazione della ctu" soprattutto al fine dell'accertamento dello stato di precarieta' strutturale del capannone e del pericolo di crollo.

Si e' gia' detto con riguardo al terzo motivo che tale situazione non ha valore al fine di paralizzare la domanda dei (OMISSIS).

Va aggiunto che anche al fine di eventuali accertamenti circa la consistenza dei fabbricati (OMISSIS), gia' valutata anche secondo la condizione dei luoghi descritta nel primo motivo, non si comprende neppure, dal ricorso, quali circostanze decisive avrebbero dovuto emergere dalla ctu per ribaltare l'esito della decisione assunta dai giudici di appello, soprattutto in considerazione del venir meno della domanda di cui si e' detto nel paragrafo precedente.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite liquidate in euro 4.000 per compenso, 200 per esborsi, oltre accessori di legge e rimborso delle spese generali.

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