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Non integra il reato di pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale la diffusione su internet dei nomi e dei relativi conti svizzeri di cittadini italiani potenziali evasori fiscali

Non integra il reato di pubblicazione arbitraria degli atti di un procedimento penale la diffusione su internet dei nomi e dei relativi conti svizzeri di cittadini italiani potenziali evasori fiscali. Infatti, se i documenti acquisiti al procedimento hanno una origine extraprocessuale, e non sono dunque frutto di indagini compiute dal Pm o dalla polizia, allora non sono neppure coperti dal segreto ex art. 329 c.p.p; per essi non vige dunque il divieto di pubblicazione di cui all'art. 114 c.p.p. la cui violazione possa costituire il reato di cui all'art. 684 c.p.. Altra questione è quella dell'eventuale danno alla reputazione delle persone coinvolte che potrebbe trovare rifugio in altre disposizioni di legge, quali - se del caso - il reato di diffamazione.

Corte di Cassazione Sezione 1 Penale, Sentenza del 4 aprile 2011, n. 13494



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIEFFI Severo - Presidente

Dott. IANNELLI Enzo - Consigliere

Dott. ZAMPETTI Umberto - rel. Consigliere

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro - Consigliere

Dott. BARBARISI Maurizio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

TA. Ni. - nata a (OMESSO);

Avverso la sentenza n. 239/10, R.G. Trib. 4296/09, del Tribunale di Roma in data 08.01.2010;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Umberto ZAMPETTI;

Sentite le conclusioni del P.G. Dott.sa M. G. FODARONI che ha richiesto il rigetto del ricorso;

Udito il difensore Avv. SQUARCIA, in sostituzione dell'Avv. F. LATTANZI, che ha richiesto l'accoglimento del ricorso:

Letti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso.

OSSERVA

1. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - Il Tribunale di Roma in composizione collegiale, con sentenza in data 08.01.2010, mentre assolveva Ta. Ni. , giornalista dell'(OMESSO), dal reato a lei ascritto di cui all'articolo 684 c.p., cosi' condannandola, in concorso di circostanza attenuanti generiche, alla pena di euro 100,00 di ammenda. In fatto era ritenuto provato che la predetta imputata avesse, inserendo nel sito internet della citata agenzia giornalistica, il (OMESSO), i nomi, le qualita' e le possidenze di cittadini italiani presso la banca LGT del Liechtenstein, avesse con cio' pubblicato arbitrariamente atti di procedimento penale coperti da segreto d'ufficio, posto che si trattava del contenuto di informativa dell'Agenzia delle entrate al Procuratore della Repubblica di Roma in data 05.03.2008. Nessun dubbio poi - motivava il Tribunale - che si trattasse di atti, in senso contenutistico, di un procedimento penale, posto che la notizia divulgata dall'imputata, dunque anche con soggettiva consapevolezza, riportava anche che la magistratura romana svolgeva indagini ed aveva trasmesso alcune posizioni per diversa competenza territoriale.

2. IL RICORSO - Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l'anzidetta imputata che motivava l'impugnazione deducendo violazione di legge: a) l'atto pubblicato non puo' ritenersi coperto da segreto, tali essendo ai sensi dell'articolo 114 c.p.p., riguarda, testualmente, solo gli atti processuali e non i documenti.

3. MOTIVI DELLA DECISIONE - Il ricorso dell'imputata, fondato nei termini di cui alla seguente motivazione, deve essere accolto.

Ricordato dapprima il fatto come sopra sinteticamente rievocato (pubblicazione, su un sito internet, di una lista di potenziali evasori fiscali gia' comunicata dall'Autorita' amministrativa all'Autorita' giudiziaria), occorre ora anche puntualizzare il paradigma penalistico che sostiene l'impugnata sentenza di condanna, a tenore della sua esplicita motivazione : vigeva, per quella lista, il divieto di pubblicazione di cui all'articolo 114 c.p.p., trattandosi di atti di un procedimento penale "in quanto essi si riferiscono al contenuto (anche per riassunto) di indagini compiute dall'autorita' investigativa di p.g. sotto la direzione dell'ufficio del P.M. procedente". Tanto si ribadisce, da parte della sentenza in esame, rimarcando che "l'oggetto della pubblicazione in questione ha per contenuto ideologico proprio l'attivita' di indagine preliminare avviata dalla magistratura della capitale", il che - evidenzia ancora la sentenza- anche con riferimento alla ratio della precipua normativa che "intende erigersi a garanzia dell'interesse dello Stato al retto funzionamento dell'attivita' giudiziaria, ma anche delle posizioni delle parti processuali e, comunque, della reputazione delle stesse".

L'interpretazione delle norme interessate al caso, sottesa a tale argomentazione del primo giudice, non e' corretta. Ed invero il reato contravvenzionale contestato, di cui all'articolo 114 c.p.p., escludendo dall'ambito del divieto di pubblicazione i documenti, previsti invece nella norma omologa previgente, abbia consapevolmente inteso limitare il divieto di pubblicazioni ai soli atti strictu sensu.

Tale prima opzione interpretativa deve pero' essere superata, pervenendosi alla conclusione che la nozione di "atti processuali" cui si riferisce il vigente articolo 684 c.p..

Tanto ritenuto, e' di conseguenziale evidenza, nello specifico, che la ricorrente Ta. non ha commesso il reato a lei addebitato: la lista resa pubblica sul sito internet dell'(OMESSO) e' stata si acquisita al procedimento, ma non costituisce in se' atto o documento compiuto dal P.M. o dalla p.g.; e' pacifico, invero, che l'organo amministrativo Agenzia delle Entrate non riveste qualifica di polizia giudiziaria; tale lista, contenente nomi e qualifiche, nonche' disponibilita' su conti esteri, in se' neppure integra notizia di reato in senso proprio, rappresentando solo un, sia pur corposo, spunto investigativo per reati tutti da verificare. Trattasi dunque, di elenco che ha una sua matrice, oggettiva e soggettiva, extraprocessuale ed una sua vita anche autonoma fuori del processo (si pensi solo agli sviluppi in sede amministrativa). Sempre salvi, ovviamente, altri profili (la comprensibile preoccupazione del primo giudice in punto reputazione delle parti private ben puo' trovare rifugio in altre disposizioni di legge, quali - se del caso - il reato di diffamazione), deve pero' dirsi che, per quanto risulta in atti, non si tratta di documento coperto da segreto ai sensi e per i fini di cui alle norme in questione, come sopra motivato. In definitiva la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per errata interpretazione, e dunque violazione, della legge penale. Di conseguenza la ricorrente imputata deve essere assolta con la formula corrispondente alla sostanziale mancanza, nell'ascritta condotta, di un elemento essenziale della struttura giuridica dell'addebitato reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perche' il fatto non sussiste.
 

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