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Ai sensi dell'art. 2051 il custode è responsabile del danno prodotto dalla cosa, anche se inerte

L'articolo 2051 Cc non prefigura una presunzione di colpa ma una responsabilità oggettiva: per farla scattare è sufficiente l'esistenza del rapporto fra la persona e l'oggetto che causò l'evento lesivo, al di là della pericolosità attuale o potenziale. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Ordinanza del 20 maggio 2009, n. 11695)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni Battista - Presidente

Dott. CALABRESE Donato - Consigliere

Dott. TALEVI Alberto - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - rel. Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15051/2004 proposto da:

DI. CA. DO. , LO. GR. MA. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA APPIA NUOVA 251, presso lo studio dell'avvocato SARACINO MARIA, rappresentati e difesi dall'avvocato LANZETTA RAFFAELE giusta delega in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

GI. RO. , elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MINCIO 2, presso lo studio dell'avvocato SED BRUNO, rappresentata e difesa dall'avvocato SANNONER GIORGIO MARIA giusta delega in calce al controricorso;

DI. CA. TO. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BRITANNIA 13, presso lo studio dell'avvocato DI GIOIA ANTONELLA, rappresentato e difeso dall'avvocato IPPOLITO LUCIO giusta delega in calce al controricorso;

- controricorrenti -

e contro

DI. FI. MA. SA. , D. F. M. , DI. FI. BE. , DI. FI. PA. , D. F. M. , PE. MI. , EN. SPA, CA. GI. , CA. DO. , CA. NI. , CA. TO. , CA. AN. , CA. FR. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 491/2003 della CORTE D'APPELLO di BARI, Terza Sezione Civile, emessa il 5/03/03, depositata il 07/05/2003; R.G.N. 239/199;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/02/2009 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

Lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale dott. Aurelio GOLIA che ha chiesto il rigetto del ricorso.

La Corte:

FATTO E DIRITTO

1) Premesso che la Corte di Appello di Bari, con sentenza del 7 maggio 2003, rigettando l'impugnazione di Di. Ca.Do. e Lo.Gr. riaffermava la corresponsabilita', ai sensi dell'articolo 2051 c.c., di Di. Ca.Do. , utilizzatore di un locale situato a piano terra al civico (OMESSO), e di sua madre, Lo.Gr. , usufruttuaria del medesimo, per l'incendio sviluppatosi da detto locale ed estesosi all'intero edificio, escludendo che vi fosse duplicazione tra i danni liquidati all'usufruttuaria Ca. e i Di. Fi. , essendo costoro aventi causa di Di. Fi.Ge. e non della Ca. , e tra rivalutazione - nella misura del 13% - ed interessi - del 5% - quale tasso medio sugli importi rivalutati dal 12 gennaio 1986 alla sentenza (oltre agli interessi legali fino al soddisfo), mentre ribadiva l'estraneita' del nudo proprietario Di. Ca.To. che non poteva impedire l'uso del bene, ne' ne aveva la vigilanza, e a cui era inapplicabile l'articolo 1005 c.c., concernente la diversa ipotesi di ripartizione delle spese tra nudo proprietario ed usufruttuario;

2) rilevato che la Corte di appello ha accertato, sulla base dell'istruttoria svolta e della C.T.U..

espletata, che la causa dell'incendio non era stata il corto circuito sviluppatosi da una cassetta dell'En. (neppure situata sulla facciata dell'edificio in corrispondenza del civico (OMESSO), bensi' sulla facciata opposta) - ed infatti la Corte di merito evidenziato che l'erogazione dell'elettricita' era stata sospesa dai vigili del fuoco, mentre un corto circuito avrebbe fatto saltare le linee - come invece dichiarato ai Carabinieri dal Di. Ca. (senza peraltro evidenziare che nel locale in cui si era sviluppato l'incendio l'impianto elettrico era stato disattivato) bensi' il materiale combustibile ed infiammabile ivi depositato, in condizioni prive di sicurezza ed in quantita' tale da escludere che il deposito fosse precario ed occasionale; pertanto il Di. Ca. , che commerciava detto materiale, era corresponsabile dell'incendio da esso sviluppatosi poiche' ne era il custode, anche del locale - tant' e' che i CC avevano ritenuto che ne fosse proprietario - ancorche' non formalmente comodatario, e poiche' l'usufruttuaria di esso era sua madre, sussisteva la sua corresponsabilita' stante la relazione giuridica e materiale con il locale;

3) vista la richiesta del P.G. che ha ritenuto che il ricorso per cassazione di Di. Ca.Do. e Lo.Ma. Gr. , a cui hanno resistito Di. Ca.To. e Gi.Ro. , puo' esser deciso in camera di consiglio a norma dell'articolo 375 c.p.c., nella formulazione anteriore alla modifica apportata con Decreto Legislativo n. 40 del 2006;

4) ritenuto che la censura sub a) per violazione degli articoli 2051, 1005, 2043 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non avere i danneggiati fornito la prova che il Di. Ca. avesse potere di governo sul vano terraneo dell'immobile non avendo mai stipulato un contratto di comodato, mentre invece aveva una disponibilita' del locale precaria, di cortesia e non esclusiva, essendo responsabili degli impianti e delle opere murarie il proprietario ed il locatore e non il mero utilizzatore, non avendo ingerenza sulla cosa, e' inammissibile perche' si esaurisce nella critica apodittica della valutazione delle prove in base alle quali e' stata ritenuta la disponibilita' non occasionale del locale da parte del Di. Ca. , senza neppure indicare quali punti decisivi ai fini di una diversa ricostruzione del fatto non sono stati esaminati;

5) ritenuto che la censura sub b) per violazione dell'articolo 2051 c.c., sotto altro profilo e dell'articolo 2043 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non esser il bene in se' intrinsecamente pericoloso, ma inerte, si che il danneggiato doveva provare anche la condotta colposa o dolosa, ai sensi dell'articolo 2043 c.c., e l'asserito intervento di un fattore causale esterno nella serie eziologica, e' manifestamente infondata essendosi la Corte di merito conformata ai consolidati principi secondo i quali la fattispecie di cui all'articolo 2051 c.c., individua un'ipotesi di responsabilita' oggettiva e non una presunzione di colpa, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo indipendentemente dalla pericolosita' attuale o potenziale della cosa stessa (e, percio', anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, poiche' l'azione di responsabilita' per custodia ex articolo 2051 c.c., presuppone sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi, e coinvolge distinti temi di indagine rispetto all'azione di responsabilita' per danni a norma dell'articolo 2043 c.c., dipendente dal comportamento del custode, che; e' invece elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa di cui all'articolo 2051 c.c., nella quale il fondamento della responsabilita' e' la custodia, esclusa soltanto nel caso in cui l'evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale e cioe' quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per se' prodotto l'evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per cio' stesso imprevedibile (Cass. 12329/2004, 376/2005, 2563/2007), ma nessuno di tali elementi e' prospettato nella censura;

6) ritenuto che la censura sub c) per violazione dell'articolo 2051 c.c. sotto altro profilo nonche' dell'articolo 1005 c.c. e articolo 2053 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per avere la Corte di merito escluso la responsabilita' del proprietario dell'immobile che, conservando la disponibilita' giuridica delle strutture murarie e degli impianti, e' responsabile a norma dell'articolo 2053 c.c., dei danni da essi arrecati a terzi e perche' su di essi il conduttore non ha il potere di intervenire, si che la responsabilita' di Di. Ca. Do. e della Lo. avrebbe quanto meno dovuto essere estesa, in via solidale, a Di. Ca.To. , previo accertamento delle cause dell'incendio, e' inammissibile non contenendo censure giuridiche sulla inoperativita' dell'articolo 1005 c.c., mentre in relazione all'articolo 2053 c.c., essa e' volta ad introdurre un nuovo tema di indagine, su nuovi elementi di fatto, atti a configurare la diversa fattispecie di responsabilita' per danni cagionati da rovina di elementi strutturali della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente incorporati;

7) ritenuto che la censura sub d) per violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c., articoli 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per non avere tenuto conto la Corte di appello dei verbali dei VVFF e dei CC, secondo i quali l'incendio era provocato da un corto circuito sprigionatosi da una cassetta dell'En. vicino alla porta di ingresso del deposito, posto accanto al balcone della Ca. , che aveva originato la deflagrazione e l'incendio, mentre nessuna autocombustione poteva essersi verificata per il materiale depositato nel locale, trattandosi di mobili di lamiera e ferro smaltato, e' inammissibile perche' si risolve nella critica della valutazione delle prove dei fatti e nella proposizione di un'altra piu' appagante valutazione di essi;

8) rilevato che la censura sub e) per violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2051 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per aver i giudici di merito duplicato i danni riportati dall'immobile della Ca. , riconosciuti sia a lei, quale usufruttuaria, sia ai nudi proprietari, suoi eredi, Di. Fi. - Pe. , gia' eredi di Di. Fi.Gi. , mentre Di. Ca. To. doveva esser almeno corresponsabile dei danni, e' inammissibile perche' non specifica le ragioni dell'erroneita' della sentenza nell'aver ritenuto che i nudi proprietari, eredi di Di. Fi. Gi. , siano stati danneggiati in proprio e non nella qualita' di eredi della Ca. , deceduta nel corso del giudizio;

9) ritenuto che la censura sub f) per violazione dell'articolo 1224 c.c. e dei principi in materia di cumulo tra interessi e rivalutazione in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte di merito confermato la rivalutazione nella misura del 13% e gli interessi nella misura del 5%, contravvenendo al divieto di calcolare gli interessi dall'illecito sulla somma rivalutata definitivamente anziche' con riguardo ai singoli momenti in cui la somma si rivaluta in base agli indici prescelti o ad un indice medio di rivalutazione, e perche' gli interessi nella stessa misura riconosciuti dalla data della sentenza, non corrispondono al tasso legale, e' manifestamente infondata essendosi la sentenza impugnata, correttamente interpretata, conformata al consolidato principio secondo il quale nella obbligazione risarcitoria da fatto illecito gli interessi, che hanno la funzione di risarcire il danno da lucro cessante per non aver il danneggiato potuto disporre della relativa somma, non vanno calcolati ne' sulla somma originaria ne' su quella rivalutata al momento della liquidazione, ma possono essere computati, come nella fattispecie, sulla somma rivalutata in base ad un indice medio, mentre per le somme successive alla sentenza il tasso degli interessi riconosciuto e' quello legale;

10) ritenuto pertanto che su conforme richiesta del P.G. il ricorso deve esser respinto ed i ricorrenti condannati al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti a pagare le spese del giudizio di Cassazione pari ad euro 2.100,00, di cui euro 100,00, per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

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