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Cassette di sicurezza: è vessatoria la clausola che riduce le responsabilità della banca

tema di contratti bancari conclusi con i consumatori, ha natura vessatoria sia la clausola relativa al servizio di cassette di sicurezza che limita la responsabilità contrattuale del professionista, in caso di danneggiamento o distruzione delle cose custodite, ai soli danni comprovati ed obiettivi, con esclusione del valore d'affezione, assumendo come limite quantitativo del risarcimento il valore dichiarato dal cliente ed il conseguente massimale assicurativo, sia quella che riconosce alla banca il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata corrispondenza tra il valore dichiarato dal cliente e il valore effettivo, per essere, entrambe, oltre che lesive del divieto di limitazione della responsabilità contrattuale in caso di dolo o colpa grave, contenuto nell'art. 1229 primo comma, cod. civ., anche produttive di un significativo ed ingiustificato squilibrio tra le parti ex art. 1469 bis, primo comma, cod. civ., o, in caso di clausola formante oggetto di trattativa, ex art. 1469 quinquies, secondo comma, n. 2, cod. civ., in quanto dirette a limitare il diritto del consumatore ad agire, in caso d'inadempimento del professionista, anche per colpa lieve.
(Corte di Cassazione Sezione 1 Civile, Sentenza del 21 maggio 2008, n. 13051)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo - Presidente

Dott. PLENTEDA Donato - Consigliere

Dott. SALME' Giuseppe - rel. Consigliere

Dott. PANZANI Luciano - Consigliere

Dott. SALVATO Luigi - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta, e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e nei confronti di:

AS. BA. IT. -. A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul 2 ricorso n. 26961/03 proposto da:

AS. BA. IT. -. A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AL., gia' CO. CO. AL. in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27,07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul 3 ricorso n. 27056/03 proposto da:

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e nei confronti di:

AS. BA. IT. - A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul 4 ricorso n. 30372/03 proposto da:

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- ricorrente incidentale -

contro

AS. BA. IT. -. A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso;

- controricorrente -

contro

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul 5 ricorso n. 30373/03 proposto da:

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP, A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- ricorrente incidentale -

contro

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, v presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente -

AS. BA. IT. -. A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso;

- controricorrente -

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

contro

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente al ricorso incidentale -

e sul 6 ricorso n. 30574/03 proposto da:

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- ricorrente incidentale -

contro

AS. BA. IT. -. A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso;

- controricorrente -

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul 7 ricorso n. 30575/03 proposto da:

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- ricorrente incidentale -

contro

AS. BA. IT. -. A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso;

- controricorrente -

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul 8 ricorso n. 30715/03 proposto da:

AS. BA. IT., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso principale (n. 26961/03);

- ricorrente incidentale -

contro

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente -

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e sul 9 ricorso n. 30778/03 proposto da:

AS. BA. IT., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato ALLEGRUCCI ROBERTO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato MACCARONE SALVATORE, giusta procura a margine del ricorso principale (n. 26961/03);

- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

BA. FI. S.P.A., in persona del Responsabile direzione legale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NOMENTANA 323, presso l'avvocato RUGGIERI FRANCESCO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIRINO EMILIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

- controricorrente -

BA. PO. DI. MI. SOC. COOP. A R.L., in persona dei Vice Direttori Centrali pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI CROCIFERI 44, presso l'avvocato MACCARONE SALVATORE, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato DE NOVA GIORGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

e

CI., gia' MO. FE. DE. -. MF., in persona del Segretario Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LUNGOTEVERE MARZIO 1, presso l'avvocato MACARIO FRANCESCO, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

AL., gia' CO. CO. AL., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIAN GIACOMO PORRO 8, presso l'avvocato BARENGHI ANDREA, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Dott. MONICA GRAMATICA di MILANO - rep. n. 15865 del 27.07.05, unitamente agli avvocati MARTINELLO PAOLO, BARENGHI SERGIO, giusta procura a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3329/02 della Corte d'Appello di ROMA, depositata il 24/09/02;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 14/11/2007 dal Consigliere Dott. SALME' Giuseppe;

uditi, per la BA. DI. MI., gli Avvocati DE NOVA e MACCARONE, e per l' AS. BA. IT., il solo Avvocato MACCARONE: che hanno chiesto l'accoglimento dei propri ricorsi;

uditi, per le parti controricorrenti, gli Avvocati: BARENGHI per AL. e MACARIO per CI., che hanno chiesto il rigetto dei ricorsi BP. ed AB.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per l'estinzione per rinuncia dei ricorsi FIDEURAM (27056/03; 30574/03; 30575/03); per il rigetto degli altri ricorsi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 17 dicembre 1997 il Mo. Fe. De. ha convenuto davanti al tribunale di Roma l' As. Ba. It. (AB.), la Ba. Fi. s.p.a. e la Ba. Po. di. Mi. s.c.r.l. chiedendo che fosse accertata l'abusivita' di alcune clausole predisposte dall'AB. come condizioni generali di contratto e che, quindi, ne fosse inibita l'utilizzazione, sia nei rapporti futuri sia in quelli pendenti, con ordine alle convenute di rettificarle mediante lettera circolare da indirizzare alla clientela e con pubblicazione integrale, o per estratto, della sentenza su quotidiani nazionali.

Costituendosi, l' AB. ha eccepito la carenza di legittimazione attiva del Mo. Fe. De., perche' privo del requisito della rappresentativita' della generalita' dei consumatori (anche ai sensi della Legge n. 281 del 1998 ), e la carenza della propria legittimazione passiva, deducendo di non essere associazione di professionisti utilizzatrice delle condizioni generali di contratto. Nel merito ha chiesto il rigetto delle domande, opponendosi in particolare alla richiesta di pubblicazione del provvedimento in quanto di natura emulativa.

Analoghe eccezioni e deduzioni sono state svolte dalla Ba. Po. di. Mi. e dalla Ba. Fi..

E' intervenuto in giudizio il Co. Co. Al., facendo proprie le conclusioni svolte dal Mo. Fe. De.. Le convenute hanno eccepito la carenza di legittimazione attiva, per difetto di rappresentativita', e la tardivita' dell'intervento.

Con sentenza del 21 gennaio 2000 il tribunale:

1) ha ritenuto la sussistenza della legittimazione attiva dell'attore e dell'intervenuto, trattandosi di associazioni rappresentative di interessi diffusi dei consumatori alle quali, ai fini dell'azione inibitoria ex articolo 1469 sexies c.c. non era applicabile la Legge n. 281 del 1998 (peraltro entrata in vigore dopo l'instaurazione della causa);

2) ha accertato la legittimazione passiva dell'AB. in quanto l'articolo 7 della direttiva CEE 93/13 fa riferimento anche alle associazioni di professionisti che raccomandano l'inserzione di clausole;

3) ha dichiarato ammissibile e tempestivo l'intervento del Co. Co. Al.;

4) accogliendo in misura pressoche' integrale la domanda, ha dichiarato abusive numerose clausole, inibendone l'uso sia nei rapporti pendenti che in quelli futuri, ordinando alle convenute di dare notizia della sentenza a mezzo lettera circolare e disponendo la pubblicazione del dispositivo su tre quotidiani;

5) ha rigettato la domanda relativa a clausole destinate a disciplinare rapporti contrattuali con soggetti diversi dai consumatori e di quelle che erano state gia' tolte dalle condizioni generali dei contratti di apertura di credito.

La corte d'appello di Roma, con sentenza del 24 settembre 2002, ha parzialmente riformato la sentenza - di primo grado, rigettando la domanda di Ci. (gia' Mo. Fe. De.) e del Co. Co. Al. relativamente ad alcune clausole.

Per quello che ancora rileva in questa sede la Corte territoriale ha affermato:

a) quanto alla legittimazione passiva dell'AB., che la previsione, nel testo dell' articolo 1469 sexies c.c., della legittimazione passiva delle associazioni di professionisti che "utilizzano" condizioni generali, a differenza da quanto previsto nell'articolo 7 della direttiva CEE 93/13, secondo cui sono passivamente legittimati all'azione inibitoria anche le associazioni di professionisti che "raccomandano" l'inserzione di clausole generali, non puo' essere interpretata come manifestazione della volonta' del legislatore di limitare la legittimazione ai soli soggetti contraenti, potendosi ritenere compresa implicitamente nella nozione di utilizzazione anche quella di elaborazione, diffusione e espressione di parere positivo di utilizzabilita' delle clausole; l'autorevolezza delle raccomandazioni dell'AB. sarebbe rilevata dall'espressione "norme bancarie uniformi" con la quale, fino a un recente passato, venivano indicate le condizioni generali elaborate dall'associazione, alle quali era anche riconosciuta natura di raccolta di usi con valore normativo; la legittimazione passiva dell'AB. e' simmetrica a quella delle associazioni dei consumatori, con l'aggiunta che la rappresentanza del settore avrebbe per l' AB. natura monopolistica;

b) quanto alla clausola riguardante il servizio delle cassette di sicurezza - nella parte in cui, dopo aver fatto obbligo al cliente di dichiarare il massimale assicurativo adeguato a coprire il rischio della banca, prevede che il cliente stesso sottoscriva una dichiarazione integrativa con la quale prende atto che la banca avra' titolo per richiedere il risarcimento di eventuali danni subiti in conseguenza della mancata corrispondenza del massimale indicato all'effettivo valore delle cose contenute nella cassetta - che:

1) non e' chiaro se la clausola preveda l'esclusione del risarcimento per valore eccedente il massimale dichiarato o una facolta' di rivalsa;

2) la clausola stessa costituisce elusione del principio di cui all' articolo 1229 c.c. sulla base del quale il risarcimento e' dovuto per intero quando la perdita e' dovuta a dolo o colpa grave della banca, perche' finisce per trasferire il danno sul cliente, sulla base di una sua violazione della buona fede in contrahendo che e' irrilevante a fronte dell'assorbente responsabilita' della banca;

3) piu' che vessatoria, la clausola sarebbe in realta' nulla;

4) il danno derivante dall'infedele dichiarazione del cliente, peraltro, potrebbe essere neutralizzato da un'adeguata copertura assicurativa, che prescinda dalla dichiarazione stessa e assuma la funzione di una voce dei costi generali d'impresa, da distribuire tra tutti gli utenti del servizio;

c) quanto alla facolta' della banca di modificare le "norme" relative ai conti correnti di corrispondenza e servizi connessi, per adeguarle a nuove disposizioni di legge ovvero a proprie necessita' organizzative, e di mutare le condizioni economiche del rapporto, anche in senso sfavorevole al correntista, con il solo limite del rispetto delle condizioni previste dal Decreto Legislativo n. 385 del 1993 senza che, in entrambi i casi, sia richiesto un giustificato motivo, come previsto dall' articolo 1469 bis c.c., comma 4, n. 2, che, da un lato, le esigenze organizzative sono una formula vaga che finirebbe per rendere legittima qualsiasi determinazione unilaterale della banca, comportando un significativo squilibrio sinallagmatico in danno del consumatore, e, dall'altro, che il R.Decreto Legge 12 marzo 1936, n. 375, articolo 118, che prevede il diritto della banca di modificare le condizioni contrattuali economiche, con il solo limite che cio' sia oggetto di una preventiva pattuizione, deve essere integrato con la successiva disciplina delle clausole vessatorie, che, come gia' osservato, richiede un giustificato motivo;

d) quanto, infine, all'efficacia temporale dell'inibitoria, che doveva confermarsi l'applicazione anche ai contratti in corso, perche':

1) la dichiarazione di invalidita' di una disposizione negoziale ha effetto ex tunc, anche sui rapporti contrattuali di durata, con il solo limite dei rapporti esauriti, come e' confermato dal fatto che, a seguito dell'orientamento giurisprudenziale formatosi in tema di nullita' delle clausole che prevedevano l'anatocismo bancario, e' stata emanata una norma di legge di sanatoria ( Decreto Legislativo n. 342 del 1999 articolo 25 comma 3, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 425 del 2000);

2) a ritenere il contrario, le clausole dichiarate abusive avrebbero effetti ultrattivi, con disparita' di trattamento tra rapporti identici contemporaneamente in vigore;

3) l'inibizione dell'uso non si riferisce al solo atto istantaneo dell'inserzione della clausola in un nuovo contratto, ma alla costante utilizzazione delle clausole vessatorie che, altrimenti, nei rapporti di durata prolungata, potrebbero continuare ad applicarsi indefinitamente.

Avverso la sentenza della corte d'appello di Roma ha proposto ricorso per Cassazione articolato in tre motivi la Ba. Po. di. Mi., resistono con controricorso Ci. e l'associazione Al. (gia' Co. Co. Al.), l' AB. e la Ba. Fi. hanno anche proposto ricorsi incidentali "adesivi", ciascuno affidato a due motivi (mediante rinvio ai propri ricorsi autonomi).

L' AB. ha proposto anche autonomo ricorso affidato a due motivi, al quale resistono con controricorso Ci. e Al., Ba. Po. di. Mi. e Ba. Fi. hanno proposto ricorsi incidentali "adesivi" affidati, rispettivamente a tre e a due motivi (mediante rinvio ai propri ricorsi autonomi). Altro ricorso principale, articolato in due motivi, ha proposto Ba. Fi., al quale resistono con controricorso Ci. e Al., l' AB. e Ba. Po. hanno anche proposto ricorsi incidentali "adesivi" affidati, rispettivamente a tre e a due motivi. Ba. Po. di. Mi., AB., Ci. attiva e Al. hanno presentato memorie.

Con atto del 28 dicembre 2006 Ba. Fi. ha rinunciato al ricorso principale e ai ricorsi incidentali "adesivi" proposti. La rinuncia e' stata accettata da Ci. e Al..

MOTIVI DELLA DECISIONE

I tre ricorsi autonomamente proposti, nonche' i ricorsi incidentali della Ba. Po. di. Mi., dell'AB. e della Ba. Fi., in quanto diretti nei confronti della stessa sentenza, debbono essere riuniti.

1. Il giudizio instaurato con il ricorso di Ba. Fi. (r.g. n. 27056/2003) e nel quale hanno proposto ricorsi incidentali "adesivi" la Ba. Po. di. Mi. (r.g. n. 3073/2003 r.g.) e l' AB. (r.g. n. 30778/2003), deve dichiararsi estinto a seguito della rinuncia della ricorrente principale che riflette i suoi effetti anche sui ricorsi incidentali "adesivi", con compensazione delle spese tra le parti.

2.1. In ordine logico deve essere esaminato, innanzi tutto, il primo motivo del ricorso dell'AB., con il quale, deducendo la violazione dell'articolo 1469 sexies. c.c. e dell'articolo 100 c.p.c., nonche' vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere respinto la propria eccezione di difetto di legittimazione passiva.

La ricorrente non contesta che, alla luce dell'articolo 7 della direttiva Cee 93/13 (e come risulta confermato dal testo dell' articolo 1469 sexies c.c. modificato con la Legge n. 14 del 2003 articolo 6 ) l'azione inibitoria generale puo' essere esercitata non solo nei confronti delle associazioni di professionisti che utilizzano le condizioni generali, ma anche nei confronti di quelle che ne "raccomandano" l'utilizzo. Sostiene, tuttavia, che la "raccomandazione" non puo' consistere nella semplice elaborazione e diffusione delle clausole, e neppure nell'espressione di un parere positivo circa l'utilizzabilita', implicito nella stessa diffusione, ma richiede che l'associazione solleciti, favorisca o caldeggi l'inserimento delle clausole nei contratti dei propri associati. Ora, se e' vero che fino al provvedimento n. 12/94 della Ba. d'., che l'aveva invitata a precisare che quelle che all'epoca venivano indicate come "norme bancarie uniformi" non avevano valore vincolante o di raccomandazione, l'associazione effettivamente aveva svolto attivita', appunto, di "raccomandazione" dell'utilizzazione delle clausole, dopo questa data tale attivita' era cessata essendosi l' AB. limitata a prestare attivita' di consulenza, come risulterebbe sia dalla precisazione, contenuta nelle periodiche comunicazioni agli associati, del carattere non vincolante delle clausole predisposte, sia dalla sentenza della corte di giustizia Ce 21 gennaio 1999, nella cause riunite n. 215/96 e 216/96, che ha dato atto del mutamento intervenuto nell'attivita' svolta. E poiche' la legittimazione passiva, come condizione dell'azione, deve sussistere al momento della decisione, il giudice del merito avrebbe dovuto tenere conto del fatto che era venuta meno l'attivita' di "raccomandazione" dell'utilizzazione delle clausole, mentre la corte d'appello aveva omesso di motivare sul punto.

La sentenza impugnata, inoltre, sarebbe caduta in due contraddizioni.

Da un lato, per confermare l'autorevolezza della "raccomandazione", la corte territoriale ha fatto riferimento alle norme bancarie uniformi e alla opinione che costituissero una raccolta di usi, dotate di costante efficacia conformativa dei contratti stipulati dalle banche, e, dall'altro, non ha potuto non dare atto che quella denominazione e quella natura di uso normativo sono state superate dall'orientamento della giurisprudenza di questa corte. Peraltro, l'insussistenza di un'attivita' di "raccomandazione" sarebbe dimostrata anche nel presente giudizio dalla circostanza che le due banche inizialmente convenute utilizzavano clausole diverse tra loro. Ne' era fondato il rilievo del carattere monopolistico della rappresentanza del settore bancario, smentito dall'esistenza di altre associazioni bancarie, come quella delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo, e dalla citata sentenza della corte di giustizia CE che ha escluso l'esistenza di una posizione dominante collettiva.

Ulteriore contraddizione viene evidenziata nel fatto che, dopo avere escluso che l'accoglimento dell'azione inibitoria abbia una portata invalidante assoluta delle clausole, ben potendo le clausole dichiarate abusive essere validamente inserite nei singoli contratti se, per effetto delle trattative individuali, sia eliminato lo squilibrio delle prestazioni, la corte territoriale non ha ordinato alla ricorrente di cessare dalla (peraltro inesistente) attivita' di raccomandazione, ma le ha inibito di utilizzare le clausole abusive. Poiche' l' AB. non stipula ne' ha mai stipulato (ne' potrebbe stipulare) contratti individuali, l'inibitoria non puo' avere altro effetto che escludere definitivamente le clausole giudicate abusive dai propri formulari, proprio, quindi, un effetto invalidante assoluto che lo stesso giudice del merito aveva dichiarato di non poter produrre.

2.2. Il motivo, a parte i profili che attengono alla sussistenza in concreto dei caratteri di "raccomandazione" o «uso" nell'attivita' svolta dall'AB., che non sono ammissibili in questa sede, non e' fondato.

L'accertamento della legittimazione passiva all'azione inibitoria e' stato effettuato dalla corte d'appello in presenza del testo dell' articolo 1469 sexies c.c. anteriore alla modifica apportata con la Legge 3 febbraio 2003, n. 14, articolo 6, che, in esecuzione della sentenza della corte di giustizia CE 24 gennaio 2002 in causa n. 372/1999, ha aggiunto al comma 1 della disposizione il riferimento ai professionisti o alle associazioni di professionisti "che raccomandano l'utilizzo" di condizioni generali, cosi' rendendo conforme la disciplina nazionale all'articolo 7 della direttiva CE n. 93/13 e facendo venir meno l'accertata violazione degli obblighi comunitari. Il giudice del merito, proprio allo scopo di dare alla norma interna un'interpretazione conforme alla direttiva di cui avrebbe dovuto costituire attuazione e in conformita' con la dottrina, ha fatto propria una nozione molto ampia dell'"utilizzazione", tale da comprendere l'elaborazione, la diffusione e l'espressione di parere positivo sull'utilizzabilita' delle clausole. D'altra parte, poiche' la norma prende in considerazione non solo i professionisti, ma anche le associazioni di professionisti, che, per loro natura, non utilizzano direttamente le clausole in contratti individuali, una diversa e piu' restrittiva interpretazione avrebbe finito non solo per aggravare il contrasto con la direttiva comunitaria, ma anche per abrogare la previsione della legittimazione passiva delle associazioni di professionisti.

Comunque, come anche la ricorrente ammette in questa sede, l'allargamento della legittimazione passiva ai professionisti e alle associazioni di professionisti che non solo utilizzano ma anche raccomandano l'utilizzo delle clausole, non e' piu' oggetto di una mera attivita' di interpretazione, doverosamente conforme alla direttiva CE di cui si tratta, ma di un'espressa disciplina rispetto alla quale l'interpretazione seguita dalla corte territoriale appare coerente.

Infatti, l'elaborazione e la diffusione (nella quale, come esattamente rileva la ricorrente, e' implicito il parere positivo circa l'utilizzazione) di clausole da parte di un'associazione di imprese, portatrice di un interesse di categoria, non consiste in una mera attivita' di studio di modelli e di consulenza teorica, in quanto il predetto interesse puo' essere soddisfatto solo attraverso l'inserimento delle clausole nei contratti individuali stipulate dalle imprese associate, perche' solo in questo modo si realizza l'interesse delle imprese bancarie alla standardizzazione degli strumenti contrattuali con conseguente riduzione dei costi, onde a tale inserimento le attivita' di elaborazione e diffusione sono necessariamente indirizzate. Che tali attivita' abbiano influenza sul mercato dipende, poi, certamente dal grado di rappresentativita' e quindi di autorevolezza dell'associazione. E poiche' e' notorio e, comunque e' pacifico tra le parti, che l' AB. rappresenta autorevolmente se non la totalita', certamente una larghissima parte delle imprese bancarie, non puo' escludersi che l'attivita' di elaborazione e diffusione di clausole indirizzata all'inserimento nei contratti individuali e' idonea a influire sul mercato.

2.3. L'omessa valutazione da parte della corte territoriale dell'invito a non considerare vincolanti le clausole contrattuali predisposte, contenuto nelle lettere circolari dell'AB. successive al 1995, e della sentenza della corte di giustizia CE del 21 gennaio 1999, in cause riunite n. 215/96 e 216/96, non configura un vizio di motivazione censurabile in questa sede, in quanto nessuna delle due circostanze ha valore decisivo.

Non la prima, perche' la "raccomandazione" e' logicamente incompatibile con il carattere vincolante della clausola, essendo evidente che, se la clausola avesse tale natura, sarebbe sufficiente la semplice diffusione di conoscenza. D'altra parte, mai nei precedenti giudizi si e' discusso tra le parti circa la natura vincolante delle clausole elaborate e diffuse dall'AB., essendo pacifico tra le parti che, anche a seguito dell'evoluzione della giurisprudenza sul punto, tali clausole hanno natura di condizioni generali di contratto.

Ne' e' decisiva la citata sentenza della corte di giustizia (in un giudizio avente ad oggetto l'accertamento dell'eventuale contrasto di alcune norme bancarie uniformi - cosi' denominate nella sentenza stessa - utilizzate in contratti conclusi tra il 1989 e il 1992, con l'articolo 85, n. 1 e l'articolo 86 del trattato CE) perche' la corte stessa si e' limitata a dare atto, nella parte descrittiva delle vicende rilevanti per il processo, della precisazione inserita dall'AB., su richiesta della Ba. d'., circa il carattere non vincolante delle clausole, ma, come si gia' osservato, tale precisazione non di per se' idonea a escludere che l'attivita' di elaborazione e diffusione di condizioni generali di contratto da inserire nei contratti individuali abbia natura di "raccomandazione" o di "uso" in senso lato.

2. 4. Non sussistono neppure le denunciate contraddittorieta' della motivazione della sentenza impugnata.

La corte d'appello ha correttamente dato atto che, "fino a un recente passato" le cosiddette norme bancarie uniformi erano ritenute avere natura di raccolta di usi normativi, con cio' accertando che tale natura non era piu' riconosciuta al momento della decisione. Il riferimento alla passata esperienza delle cosiddette norme bancarie uniformi e' stata infatti utilizzata solo come una delle argomentazioni sulle quali si e' basato il giudizio di autorevolezza delle raccomandazioni dell'AB. e non ha certo il significato di affermare l'attuale "vigenza" delle predette norme".

Quanto alle considerazioni svolte (al fine di accertare in quale modo si distribuisce l'onere della prova dell'abusivita' delle clausole) sulla natura relativa e non assoluta dell'"effetto invalidante" dell'accertamento della vessatorieta' - nel senso che la clausola inserita nelle condizioni generali predisposte dall'AB. e dichiarata vessatoria, puo' validamente essere inserita in un singolo contratto se, a seguito di trattative individuale, sia superato lo squilibrio contrattuale derivante dalla previsione generale - deve rilevarsi che si tratta di considerazioni del tutto corrette, che non confliggono con il fatto che per la natura stessa dell'associazione, che non stipula contratti bancari individuali, il predetto "effetto invalidante" finirebbe per diventare assoluto, invece che relativo. Infatti se fossero fondati i rilievi della ricorrente la norma che prevede la legittimazione passiva all'azione inibitoria delle associazioni di professionisti sarebbe sempre inapplicabile, perche' in ogni caso l'accertamento dell'abusivita' e la conseguente inibizione dell'uso produrrebbero l'effetto "assoluto" denunciato.

3.1. Con il secondo motivo dell'autonomo ricorso la Ba. Po. di. Mi., deducendo la violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 385 del 1993 articolo 118 recante il t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia, dell' articolo 1469 ter c.c., comma 3, in relazione all' articolo 1469 bis c.c., comma 5 e dell' articolo 1469 bis c.c., comma 1, e vizio di omessa e contraddittoria motivazione, censura la dichiarazione di vessatorieta' della clausola delle condizioni generali con la quale si prevede che "La banca si riserva la facolta' di modificare le condizioni economiche applicate ai rapporti regolati in conto corrente, rispettando, in caso di variazioni in senso sfavorevole al correntista, le prescrizioni del Decreto Legislativo 1 settembre 1993, n. 385 e delle relative disposizioni di attuazione".

Poiche' l' articolo 1469 ter c.c., comma 3, esclude dalla valutazione giudiziale di vessatorieta' le clausole riproduttive di disposizioni di legge e la clausola di cui si tratta sarebbe conforme a quanto previsto Decreto Legislativo n. 385 del 1993 articolo 118 erroneamente la corte territoriale ne ha dichiarato il carattere abusivo.

In senso contrario non potrebbe invocarsi il disposto dell' articolo 1469 bis c.c., comma 5, che richiede l'esistenza di un giusto motivo per escludere la vessatorieta' della clausola che, nei contratti aventi ad oggetto prestazioni di servizi finanziari, prevede la facolta' del professionista di modificare il tasso d'interesse o qualunque altro onere relativo alla prestazione originariamente prevista. Tale norma non avrebbe effetto derogatorio del Decreto Legislativo n. 385 del 1993 articolo 118 come ritenuto dalla corte territoriale, perche' non sarebbe ipotizzabile che le autorita' comunitarie, nell'approvare la direttiva 93/13, di cui l' articolo 1469 bis c.c. costituisce tardiva attuazione nel diritto interno, avessero intenzione di abrogare la norma del t.u. bancario, dovendo piuttosto desumersi dall' articolo 1469 ter c.c., comma 3, l'intento di coordinare la nuova disciplina dei contratti dei consumatori con quella preesistente. Anzi, se fosse fondata la tesi seguita dalla corte d'appello, ne deriverebbe l'abrogazione dell' articolo 1469 ter c.c., comma 3, che invece costituisce attuazione di quanto previsto nell'articolo 1, 2 comma e nel "considerando" n. 13 della direttiva CE 93/13.

Ne' potrebbe attribuirsi efficacia abrogativa del Decreto Legislativo n. 385 del 1993 articolo 118 t.u. bancario all' articolo 1469 bis c.c., comma 5 per il fatto di essere entrato in vigore successivamente, perche' l'articolo 118 t.u. bancario ha natura speciale rispetto alla disciplina generale dei contratti dei consumatori e, comunque, ha ad oggetto la prestazione non di servizi finanziari e ma di servizi bancari.

Infine, la clausola di cui si tratta sarebbe conforme a buona fede, in senso oggettivo, non potendo ipotizzarsi la violazione dei doveri di correttezza nella predisposizione di clausole conformi a legge.

3.2. il motivo e' ammissibile.

Contrariamente a quanto sostenuto dal controricorrente Al., la ricorrente non censura l'accertamento in concreto del carattere vessatorio della clausola, ammesso che un accertamento di tale natura sia possibile rispetto alle condizioni generali di contratto predisposte dal professionista o dall'associazione di professionisti, ma critica l'applicazione delle norme (articolo 18 t.u. bancario e articolo 1469 bis c.c., comma 5) di cui si tratta, in quanto sarebbe basata su un'erronea interpretazione delle norme stesse.

Per altro verso, l'interesse al ricorso non e' venuto meno a seguito dell'entrata In vigore del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223, articolo 10, introdotto con la Legge di Conversione n. 28 del 2006, che ha modificato l'articolo 118 t.u. bancario, subordinando l'esercizio della facolta' di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni del contratto alla sussistenza di un giustificato motivo e al rispetto dell' articolo 1341 c.c., comma 2 non essendovi alcun elemento per ritenere che la modifica legislativa abbia natura interpretativa e non innovativa, con la conseguenza che la modifica stessa e' irrilevante nel presente giudizio che ha ad oggetto una clausola predisposta in epoca anteriore all'entrata in vigore della nuova disciplina.

3.3. Il motivo non e' fondato.

Innanzi tutto, la necessita' di interpretare l' articolo 1469 ter c.c., comma 2 in conformita' con la direttiva n. 93/13 impone di limitarne la portata alle clausole che riproducono norme che direttamente o indirettamente disciplinano clausole di contratti con consumatori, come si desume dal tredicesimo "considerando" della direttiva citata, mentre l'articolo 118 t.u. bancario si riferisce a tutti i contratti bancari, siano essi stipulati con consumatori o non. Inoltre, per escludere la vessatorieta' di una clausola ai sensi dell' articolo 1469 ter c.c., comma 3 e' necessario che la stessa si limiti a riprodurre, anche se non in senso formalistico, ma contenutistico, il nucleo precettivo di una norma imperativa, mentre restano soggette al controllo giudiziale di vessatorieta' quelle clausole con le quali il predisponente si avvale autonomamente di una facolta' che la norma gli riconosce, nei limiti in cui tale riconoscimento opera. Questo e' il caso dell'articolo 118 t.u. bancario, che, insieme con l'articolo 117, 5 comma, detta i limiti entro i quali la banca puo' esercitare la facolta' convenzionale di modificare unilateralmente e in senso sfavorevole al cliente le condizioni economiche del contratto.

Inoltre, la norma sui contratti dei consumatori la cui "riproduzione" avrebbe potuto sottrarre la clausola al giudizio di vessatorieta' non puo' essere quella di cui all'articolo 118 t.u. bancario, che disciplina anche i contratti con soggetti diversi dai consumatori, ma soltanto l' articolo 1469 bis c.c., comma 5 che richiede la sussistenza del giustificato motivo per escludere la vessatorieta' della clausola che riconosce al professionista la facolta' di modificare unilateralmente le condizioni economiche del contratto avente ad oggetto prestazioni finanziarie.

Tali rilievi rendono non decisiva l'indagine circa l'effetto abrogativo da riconoscere all' articolo 1469 bis c.c., comma 5 rispetto all'articolo 118 t.u. bancario.

Per la soluzione del problema relativo all'individuazione della norma applicabile e' poi irrilevante il rilievo della "derivazione" comunitaria della disposizione codicistica o le valutazioni compiute da organi amministrativi circa la prevalenza dell'una o dell'altra norma.

Infine, quanto all'irrilevanza della buona fede in senso oggettivo nel caso di specie, a fronte dell'espressa previsione di cui all' articolo 1469 bis c.c., comma 5, e' evidente che l'affermazione secondo la quale la clausola di cui si tratta non potrebbe mai porsi in contrasto con il dovere di correttezza, essendo riproduttiva dell'articolo 118 t.u., si risolve in una petizione di principio, dovendosi prima dimostrare sia l'applicabilita' della predetta disposizione e sia la natura "riproduttiva" della clausola stessa.

4.1. Con il terzo motivo la Ba. Po. di. Mi., deducendo la violazione e falsa applicazione degli articoli 1229, 1469 bis, 2697, 2059, 1460 e 1469 ter. c.c. e vizio di motivazione, critica la dichiarazione di vessatorieta' delle clausole delle condizioni generali relative al servizio di cassette di sicurezza con le quali il risarcimento dei danni derivanti dalla sottrazione, dal danneggiamento o dalla distruzione delle cose custodite viene limitato ai danni comprovati e obbiettivi, con esclusione del valore d'affezione, tenendo conto del massimale assicurativo adeguato a coprire il rischio della banca che il cliente deve dichiarare e con il riconoscimento del diritto della banca al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della mancata corrispondenza tra l'effettivo valore delle cose contenute in cassetta e il massimale dichiarato.

Analoga censura alla sentenza impugnata muove l' AB., con il secondo motivo del suo ricorso, deducendo la violazione o falsa applicazione degli articoli 1225, 1375 e 1469 bis c.c. e vizio di motivazione.

La corte territoriale, osservano entrambe le ricorrenti, ha motivato la conferma della dichiarazione di vessatorieta' delle clausole facendo esclusivo riferimento alla violazione dell' articolo 1229 c.c. che deriva dalla limitazione del risarcimento nel caso in cui la perdita delle cose custodite derivi da dolo o colpa grave della banca. Ma dalla rilevata violazione, secondo la stessa sentenza impugnata, deriva non la vessatorieta', ma la nullita' della clausola, che esclude l'idoneita' della clausola stessa a provocare un significativo squilibrio delle prestazioni. Inoltre, la conferma della dichiarazione di vessatorieta' delle clausole, nel loro complesso, si pone in contrasto con la limitazione della nullita' ai casi di perdita delle cose custodite derivante da dolo o colpa grave. In tali casi la previsione dell'obbligo del cliente di dichiarare il valore delle cose custodite e la limitazione del risarcimento, in caso di violazione di detto obbligo, e' conforme alla disciplina legale, il cui contenuto e' riprodotto dalle clausole di cui si tratta (che in particolare sono riproduttive delle regole sulla distribuzione dell'onere della prova, di cui all'articolo 2697 c.c.; dei limiti di risarcibilita' del danno non patrimoniale: articolo 2059 c.c.; del diritto del contraente adempiente di rifiutare la prestazione in caso di inadempimento dell'altra parte: articolo 1460 c.c.; dell'obbligo generale di correttezza e buona fede, dal quale derivano i piu' specifici obblighi di informazione e di collaborazione: articolo 1375 c.c. e della limitazione del risarcimento ai danni prevedibili: articolo 1225 c.c.) e non comporta nessun squilibrio delle prestazioni, essendo il pregiudizio economico del cliente conseguenza delle sue violazioni degli obblighi di correttezza.

Rilevano, infine, le ricorrenti, che erroneamente la corte territoriale ha affermato che il danno derivante dall'infedele dichiarazione preventiva del cliente potrebbe essere neutralizzato da un'adeguata copertura assicurativa, perche' nessuna copertura sarebbe possibile in caso di impossibilita' di attendibile valutazione del rischio.

4.2. Il motivo non e' fondato.

La sentenza impugnata, nel confermare integralmente la dichiarazione di vessatorieta' delle clausole sopra indicate pronunciata dal tribunale - sulla base del duplice rilievo della scarsa chiarezza e trasparenza e del significativo squilibrio dei diritti e obblighi contrattuali che deriva dalla previsione dell'eventuale risarcimento dei danni a carico del cliente - ha limitato il suo esame al profilo relativo al limite della risarcibilita' dei danni subiti a causa della perdita delle cose custodite, affermando che sia che si intenda la clausola come esclusione del risarcimento dei danni eccedenti il valore dichiarato, sia che la clausola stessa debba essere interpretata come previsione di un diritto di rivalsa in caso di risarcimento per valori superiori al massimale indicato dal cliente, si verificherebbe un'elusione di quanto disposto dall' articolo 1229 c.c. per il caso che la perdita sia conseguenza del comportamento doloso o gravemente colposo della banca. Ma, dopo avere ribadito, in conformita' con il costante orientamento di questa corte (a partire dalla sentenza delle sezioni unite n. 6225/1995, seguita da Cass. n. 8820/1995, 750/1997, 1355/1998, 9640/1999, 1682/2000, 4946/2001, 3389/2003, 9902 e 14462/2004) che la clausola di esonero o di limitazione della responsabilita' in caso di dolo o colpa grave della banca e' nulla, la corte territoriale, richiamando espressamente la sentenza di questa corte n. 4946 del 2001 ha affermato che, indipendentemente da tale nullita' (e quindi al di la' delle ipotesi di dolo o colpa grave) la clausola e' affetta da un concorrente vizio di vessatorieta'. Con cio' deve intendersi che la corte territoriale abbia anche fatto rinvio alle argomentazioni utilizzate dalla predetta sentenza n. 4946/2001 secondo cui la clausola di cui si discute, comunque, comporta uno "squilibrio" a carico del cliente - consumatore ex articolo 1469 bis c.c., e, ancora piu' specificamente, anche se ha formato oggetto di trattativa, determina, in caso di inadempimento (per colpa lieve) della banca, una limitazione nella proposizione dell'azione risarcitoria nei confronti della stessa ( articolo 1469 quinquies c.c., comma 2, n. 2).

A parte dunque la correttezza, riconosciuta dalla ricorrente Ba. Po. di. Mi., dell'affermazione relativa alla possibile concorrenza del giudizio di validita' e di quello di inefficacia per vessatorieta' della stessa clausola, con riferimento ai diversi parametri sostanziali previsti, rispettivamente dall' articolo 1229 c.c. e dagli articoli 1469 bis e seguenti c.c. e alle diverse tutele, individuali o collettive, all'interno delle quali i parametri possono essere utilizzati, non sussiste la denunciata contraddizione tra la conferma dell'accertamento della vessatorieta' delle clausole e il richiamo all'orientamento secondo il quale e' nulla la limitazione o l'esclusione del risarcimento dei danni da perdita delle cose custodite in cassette di sicurezza in caso di dolo o colpa grave della banca, trattandosi di affermazioni tra loro compatibili in quanto relative ad effetti giuridici appartenenti a piani diversi.

Deve inoltre rilevarsi che tra le parti non e' controverso che le clausole di cui si tratta prevedano, direttamente o indirettamente, l'esclusione o la limitazione dei diritti o delle azioni che il cliente puo' esercitare in caso di inadempimento della banca e pertanto deve confermarsi quanto rilevato nella sentenza n. 4946/2001, e cioe' che la clausola stessa rientra nella previsione dell' articolo 1469 bis c.c., comma 3, n. 2 o dell' articolo 1469 quinquies c.c., comma 2, n. 2 a seconda che abbia o non formato oggetto di trattativa.

Per superare la presunzione di vessatorieta' di cui all' articolo 1469 bis c.c., comma 2, e la sanzione di inefficacia prevista dall' articolo 1469 quinquies c.c., comma 2 le ricorrenti affermano che la clausola di cui si tratta sarebbe riproduttiva di norme di legge ( articolo 1469 ter c.c., comma 3) e che non sussisterebbe il significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto.

Il primo profilo, a parte che non risulta abbia formato oggetto di dibattito tra le parti nel giudizio d'appello, appare infondato, potendo al massimo discutersi della conformita' o meno delle clausole alle norme richiamate, ma non certo di un carattere riproduttivo delle clausole stesse rispetto alla pluralita' e varieta' dei contenuti precettivi delle indicate disposizioni. Il secondo profilo, inoltre, nei limiti in cui nel giudizio promosso con azione inibitoria collettiva e' consentito l'accertamento in concreto della vessatorieta', in relazione all'esistenza o meno del significativo squilibrio dei diritti e obblighi contrattuali, contiene una censura inammissibile in questa sede, non potendo sfuggire all'alternativa tra l'irrilevanza, ai fini del predetto accertamento, di argomentazioni meramente astratte, e l'incensurabilita' di un giudizio di fatto.

5.1. Con il primo motivo del suo ricorso la Ba. Po. di. Mi., deducendo la violazione e falsa applicazione dell' articolo 1469 sexies c.c., comma 1 e articolo 12 preleggi e articolo 2909 c.c. e vizio di motivazione, censura, con una complessa e articolata argomentazione, l'estensione degli effetti dell'inibitoria ai rapporti contrattuali gia' in essere al momento della pronuncia.

Premesso il principio del dovere del giudice nazionale di interpretare le norme di diritto interno in conformita' con le direttive comunitarie di cui costituiscono attuazione, incorrendo in caso contrario nella violazione delle regole in tema di gerarchia delle fonti, la ricorrente lamenta che il giudice del merito abbia interpretato l' articolo 1469 sexies c.c. nella parte in cui prevede il potere di inibire "l'uso" delle condizioni ritenute vessatorie, nel senso di possibilita' di inibire l'utilizzazione delle predette clausole nei contratti gia' conclusi e non nel senso di attribuzione del potere di "far cessare l'inserzione" di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, come previsto nel "considerando" n. 24 e nell'articolo 7, 1 e 3 comma della direttiva CEE 93/13, cosi' come interpretata anche da corte giustizia CE 24 gennaio 2002, in causa n. 372/99, che ha esplicitamente affermato che le azioni inibitorie collettive hanno "natura preventiva e finalita' dissuasiva". La necessita' dell'interpretazione conforme al diritto comunitario e' stata anche alla base dell'intervento del legislatore nazionale il quale, con la Legge n. 14 del 2003 articolo 6 ha aggiunto all' articolo 1469 sexies c.c., comma 1, il riferimento all'attivita' di "raccomandazione dell'utilizzo" di clausole, che sarebbe corrispondente all'espressione "raccomandano l'inserzione", di cui al terzo comma dell'articolo 7 della direttiva.

La ricorrente, inoltre, rileva che la giurisprudenza di merito e la dottrina ritengono che l'azione inibitoria collettiva abbia lo scopo di impedire l'inserzione delle clausole ritenute vessatorie nei contratti stipulati successivamente al provvedimento giudiziale e che tale interpretazione non ha suscitato reazioni negli organi comunitari che certamente avrebbero iniziato una procedura d'infrazione se fosse stata difforme dalla direttiva.

Ne' la difforme interpretazione sostenuta dalla sentenza impugnata potrebbe giustificarsi con la necessita' di evitare una disparita' di trattamento tra i clienti che hanno stipulato prima, rispetto a quelli che stipulano dopo il provvedimento giudiziario e quindi una violazione del principio d'eguaglianza di cui all'articolo 3 Cost., perche', per la diversita' dei piani sui quali si svolgono la tutela collettiva e quella individuale, la diversita' di trattamento non dipenderebbe dalla mancata estensione degli effetti dell'inibitoria, ma dall'inerzia del singolo cliente a far valere i propri diritti individuali. Conseguentemente, la disparita' di trattamento sarebbe legittimamente superata solo dal fatto che i "vecchi" clienti facciano valere le proprie pretese a fronte delle quali la banca potrebbe stipulare nuovi contratti nei quali non sarebbe possibile inserire le clausole dichiarate vessatorie. Sarebbe piuttosto l'interpretazione seguita dal giudice del merito, che, avendo per effetto la sostituzione indebita della tutela collettiva alle iniziative individuali, verrebbe a violare il diritto dell'impresa a disciplinare i rapporti con i clienti sulla base di contratti standard, in tal modo contenendo i costi.

La stessa sentenza impugnata, nella parte in cui si e' occupata del rapporto tra accertamento della vessatorieta' in sede di azione collettiva e validita' della clausola ha identificato la portata dell'inibitoria collettiva con il divieto di "inserzione automatica a titolo di condizioni generali".

Sarebbe irrilevante, poi, il richiamo alla sentenza della corte costituzionale n. 425 del 2000, avente ad oggetto il Decreto Legislativo n. 342 del 1999 articolo 25 comma 3, norma con efficacia validante successiva delle clausole sull'anatocismo bancario da ritenere nulle per effetto del piu' recente orientamento di questa Corte, perche' il problema degli effetti dello jus superveniens sui singoli rapporti contrattuali in corso e' diverso da quello relativo all'identificazione degli effetti dell'inibitoria collettiva sulle condizioni generali.

Del pari inconferente sarebbe il richiamo che la sentenza impugnata ha fatto alle class action come modello di azione che proietta i suoi effetti su scala generale, a conferma del fatto che l'accoglimento dell'azione inibitoria provoca automaticamente l'illegittimita' dell'uso concreto delle clausole ritenute vessatorie, perche' a differenza che nelle class action le associazioni che agiscono per la inibitoria collettiva non rappresentano i consumatori.

Sul piano del diritto interno il dubbio sulla estensione degli effetti dell'inibitoria collettiva ai contratti in corso dovrebbe essere superato sulla base di un'interpretazione restrittiva in quanto la tutela inibitoria avrebbe natura eccezionale.

Sostiene, infine la ricorrente che ove non fosse accolta la propria tesi questa corte dovrebbe sollevare questione pregiudiziale davanti alla corte di giustizia Ce.

5.2. Il motivo non e' fondato.

5.2.1. L'articolo 8 della direttiva CEE 93/13 prevede che gli stati membri possono adottare o mantenere, nel settore della disciplina dei contratti con i consumatori, disposizioni piu' severe, compatibili con il Trattato, per garantire un livello di protezione piu' elevato per il consumatore. Il legislatore nazionale con l' articolo 1469 sexies c.c., a fronte di un testo della direttiva (articolo 7) che, in materia di inibitoria, prevedeva l'obbligo di adottare mezzi adeguati ed efficaci per "far cessare l'inserzione" di clausole ritenute vessatorie ha scelto di assegnare all'azione giudiziaria collettiva la finalita' di "inibire l'uso" delle condizione ritenute vessatorie. Non puo' negarsi che l'inserimento di una clausola in un formulario o in un contratto individuale rappresenti una delle modalita' di uso o utilizzazione della clausola stessa, ma e' altresi' vero che la nozione di "uso" e' piu' ampia di quella di "inserzione", perche' comprende tutta l'ampia gamma dell'esercizio dei diritti e dei poteri che nella clausola trovano fondamento. E poiche', tenendo presente il significato proprio delle parole, l'impiego dell'espressione di piu' ampia portata ("uso") certamente assicura un livello di protezione del consumatore piu' elevato di quello garantito dall'utilizzazione dell'espressione di portata piu' ristretta ("inserzione"), in quanto consente di inibire una serie di comportamenti piu' estesa, la scelta del legislatore nazionale non si pone in contrasto con la direttiva. Infatti, le istituzioni comunitarie, che pure, mostrando di considerare la disciplina di cui all'articolo 7 della direttiva uno degli aspetti fondamentali della tutela introdotta, hanno iniziato una procedura d'infrazione riguardante l'aspetto dell' articolo 1469 sexies c.c. relativo all'individuazione dei legittimati passivi (esaminato sub 2), che ha portato alla condanna dell'Italia per inadempimento agli obblighi comunitari (sentenza 24 gennaio 2002, in causa 372/99), non hanno ritenuto di contestare alcuna infrazione per la diversita' dell'oggetto dell'inibitoria nazionale rispetto a quello previsto dalla direttiva.

Ne' puo' dubitarsi della conformita' della disciplina dell'inibitoria collettiva di cui all' articolo 1469 sexies c.c. al Trattato, nella parte in cui considera prioritario l'obbiettivo dell'armonizzazione delle discipline nazionali, perche' e' la stessa direttiva, sulla cui conformita' al Trattato non sono sorti dubbi, che autorizza l'introduzione o il mantenimento di discipline nazionali diversificate con il solo limite che abbiano per effetto di ampliare e non di restringere la tutela dei consumatori.

Si possono pertanto superare tutte le censure della ricorrente basate sul richiamo alla necessita' di osservare, anche in sede interpretativa, la direttiva di cui si discute e la stessa sollecitazione del rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia Ce, perche' a fronte del chiaro tenore dell'articolo 8 della direttiva non si pone alcun dubbio di conformita' della normativa interna agli obblighi derivanti dalla direttiva stessa.

5.2.2. L'inibitoria dell'uso delle clausole ritenute vessatorie, anche con riferimento ai contratti esistenti al momento della pronuncia, non si pone in contrasto con la funzione preventiva di tale strumento di tutela. L'esigenza di prevenzione non riguarda solo l'inserimento delle clausole nei moduli o formulari utilizzati per la stipula di contratti successivamente all'adozione del provvedimento inibitorio, ma anche il prodursi, sempre in epoca successiva al provvedimento, degli effetti che le clausole producono o sono idonee a produrre nel tempo, mediante l'esercizio dei poteri che dalla clausole stesse derivano.

Infatti deve distinguersi tra fatto generatore del rapporto ed effetti che da tale fatto prendono origine; mentre il giudizio di validita' del primo va condotto alla stregua della situazione normativa esistente al momento in cui si e' prodotto, per gli effetti che si producono nel tempo deve tenersi conto dell'evoluzione dei parametri di valutazione dipendenti dalla successione di norme (cosi' Cass. n. 831/1999, in materia di nuova disciplina della fideiussione omnibus) 827/1999, in materia di intese restrittive della concorrenza e, tra le piu' recenti, Cass. n. 2140/2006 e 4093/2005, in materia di rinvio agli usi per la determinazione degli interessi; 5286, 1126 e 14899/2000 in materia di interessi usurari). Mentre, quindi, contrasterebbe con la funzione preventiva dell'inibitoria ammettere che possa incidere sul fatto generatore, resta coerente con tale funzione fondamentale il riconoscimento dell'idoneita' del provvedimento inibitorio a impedire il verificarsi dei futuri effetti derivanti dalle clausole inserite in formulari utilizzati prima della pronuncia del provvedimento.

5.2.3. La tesi interpretativa seguita dalla corte territoriale, che si inserisce in un orientamento della giurisprudenza di merito non univoco, consente, tuttavia, di attribuire all'azione collettiva quel valore centrale nell'ambito della tutela che la direttiva CEE 93/13 intende apprestare e che le istituzioni comunitarie piu' volte hanno affermato. Solo infatti se l'inibi

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