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Il danno biologico dell'anziana che cade nella casa di cura deve essere valutato in ragione del numero dei giorni di sopravvivenza tenendo conto dell'esito fatale delle lesioni

Se nel valutare il danno il danno biologico il giudice adotta il criterio tabellare, non si puo' prendere come base le tabelle per l'invalidita' permanente poiche' esse sono formate in base alla vita media futura presunta, dovendosi invece adottare le tabelle per l'inabilita' temporanea assoluta e totale, opportunamente adeguate al caso specifico in cui le lesioni hanno menomato cosi' gravemente la salute della persona da provocarne la morte.
Ne deriva che il danno biologico dell'anziana che cade nella casa di cura deve essere valutato in ragione del numero dei giorni di sopravvivenza tenendo conto dell'esito fatale delle lesioni. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 9 ottobre 2009, n. 21497)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio - Presidente

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - rel. Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 17905-2008 proposto da:

PA. TA. , PA. LU. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. PISANELLI 4, presso lo studio dell'avvocato GIGLI GIUSEPPE, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato ROSA PAOLO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

CASA di RIPOSO (OMESSO) in persona del Commissario Straordinario, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BISSOLATI 76, presso lo studio dell'avvocato SPINELLI GIORDANO TOMMASO, che la rappresenta e difende

unitamente all'avvocato WEGHER MAURIZIO, giusta mandato speciale a margine del controricorso con ricorso incidentale;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

avverso la sentenza n. 37/2008 della CORTE D'APPELLO di TRENTO del 5.2.08, depositata il 15/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/05/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito per i ricorrenti l'Avvocato Paolo Rosa che si riporta ai motivi del ricorso;

udito per la controricorrente l'Avvocato Iolanda Giordanelli (per delega avv. Tommaso Spinelli Giordano) che si riporta ai motivi del controricorso.

E' presente il P.G. in persona del Dott. CARESTIA Antonietta che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 26 luglio 2003 Ta. e Pa.Lu. convenivano dinanzi al Tribunale di Trento la Casa di Riposo (OMESSO) deducendo: 1) la loro matrigna, Fo.Ad. , di 89 anni, accompagnata presso la struttura della convenuta il 7 gennaio 2003, la sera stessa era caduta, alzandosi da sola da una poltroncina, ed era deceduta, a causa delle lesioni derivatine, il (OMESSO). Poiche' al momento del ricovero nella Casa di Riposo i dipendenti ed il medico erano stati avvertiti delle precarie condizioni di Fo.Ad. agli arti inferiori e del suo stato confusionale, ed era stata rappresentata percio' la necessita' di utilizzare le sponde del letto e la carrozzella di modo da non consentirle di alzarsi da sola, l'incidente si era verificato a causa delle omesse cautele e dell'omessa sorveglianza per prevenirlo e pertanto la convenuta doveva esser condannata al risarcimento di tutti i danni.

La Casa di Riposo deduceva che il medico non aveva ritenuto necessari mezzi di contenzione per la Fo. ritenendo sufficienti l'accompagnamento ed il controllo della stessa e contestava i danni, richiesti senza tener conto del concorso di colpa della paziente nel causare l'evento, essendosi alzata senza preavviso.

Il Tribunale accoglieva la domanda ritenendo la responsabilita' esclusiva della Casa di Riposo, ai sensi dell'articolo 2049 cod. civ. e, considerata l'invalidita' totale per quindici giorni dalla caduta al decesso della Fo. , l'eta' della stessa - 89 anni - e le sue gia' precarie condizioni di salute, determinava il danno biologico della medesima nel 50% delle tabelle in uso al Tribunale di Milano - pari nell'intero ad euro 386.353,00 - e lo liquidava iure hereditatis ai figliastri, aggiungendo un quarto di detta somma a titolo di danno morale subito dalla de cuius, attribuito anch' esso iure hereditatis (mentre iure proprio attribuiva euro 40.000 a titolo di danno morale a Pa.Ta. , convivente, ed euro 32.000 a favore del fratello Lu. ).

La Corte di appello di Trento, con sentenza del 15 febbraio 2008, dichiaravo inammissibile, per tardivita', il motivo di appello della Casa di Riposo sulla carenza di legittimazione ad causarti dei Pa. in quanto la contestazione della loro titolarita' del rapporto giuridico iure successorio, non avendo dimostrato di essere stati nominati eredi testamentari dalla Fo. , aveva introdotto una nuova questione di merito soggetta a preclusione processuale (articolo 180 c.p.c., comma 2), poiche' la deduzione di detta Casa di Riposo in primo grado secondo cui i figliastri della Fo. non erano suoi parenti, era volta piu' ad incidere sulla quantificazione del danno dagli stessi subito che a contestare la titolarita' del rapporto, tant' e' che in comparsa conclusionale la Casa di Riposo aveva qualificato i Pa. eredi.

Ribadiva quindi la responsabilita' della Casa di Riposo, il cui accertamento non era precluso dal proscioglimento penale delle tre operatrici a cui era affidata la Fo. , poiche' costei, il primo giorno del suo inserimento nella struttura, dopo aver consumato la cena, non era stata ricondotta in carrozzella nel salone da Od.Ma. , addetta all'incombente, perche' impegnata in altro compito piu' pressante, ma affidata ad altre due operatrici intente a pulire dopo cena si' che, limitatamente e discontinuamente sorvegliata, la Fo. si era alzata ed era caduta, fratturandosi il femore. E poiche' dalla scheda sanitaria emergeva che a livello psichico la predetta era in stato confusionale, con carenza di equilibrio, ipoacusia, ischemia cerebrale, ipertensione, e quindi non affidabile ex se - ed infatti il medico della struttura di accoglienza ne aveva disposto la sorveglianza, che doveva esser attiva sussisteva la responsabilita' della Casa di Riposo perche', se l'ospite non poteva esser direttamente controllata, doveva temporaneamente disporne la contenzione, tanto piu' che essendo l'incidente accaduto il primo giorno di arrivo nella struttura, la circostanza aveva notoriamente inciso sulle sue gia' compromesse capacita' di autocontrollo, come esposte dai familiari, che infatti avevano rappresentato alla Casa di Riposo che talvolta erano stati costretti a contenerla, e, dunque sussisteva una colpevole omissione di cautele da parte della Direzione e dei dipendenti, con conseguente responsabilita' della prevedibile caduta della Fo. , si' che era da escludere lo stato di necessita' dei dipendenti della Casa di Riposo.

La Corte di merito respingeva poi il motivo di appello della Casa di Riposo secondo cui il danno biologico doveva esser liquidato in base all'inabilita' temporanea totale essendo conseguita, dopo quindici giorni, la morte alle lesioni, perche' il diritto al risarcimento del danno biologico - nella specie invalidita' del 100% - inteso come menomazione dell'integrita' psico-fisica, entra a far parte del patrimonio della persona, che, se di conseguenza decede dopo un certo periodo, e' altresi' privata dell'aspettativa della vita e percio', in relazione alla sua eta', devono esser risarciti tutti i danni, anche futuri statisticamente prevedibili - nella specie secondo le tabelle di Milano richiamate dal primo giudice - riducendone pero' il quantum per ragioni di equita', ad euro 100.000,00 in valore attuale, avuto riguardo alle predette precarie condizioni di salute della Fo. , mentre il danno morale della stessa, integrando i fatti il reato di cui all'articolo 589 c.p., era liquidabile in un quarto - misura non contestata dagli appellanti - di quello biologico, pari ad euro 25.000, con conseguente condanna alla restituzione dell'eccedenza percepita (confermando nel resto il danno biologico e morale iure proprio liquidato dal primo giudice ai Pa. ).

Avverso tale sentenza ricorrono in via principale Pa. Ta. e Lu. cui resiste la Casa di Riposo (OMESSO) che propone altresi' ricorso incidentale. I ricorrenti principali hanno depositato memorie, dapprima per la decisione in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380 bis cod. proc. civ., quindi per la pubblica udienza, disposta ai sensi dell'ultimo comma della predetta norma.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi, ai sensi dell'articolo 335 cod. proc. civ., vanno riuniti.

2.- Vanno pregiudizialmente esaminati i motivi del ricorso incidentale con cui la Casa di Riposo (OMESSO) deduce: "Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5: rigetto dell'eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo agli attori in merito ai danni liquidati iure hereditatis".

La convenuta, in comparsa di risposta, e nel corso del giudizio di primo grado, aveva sottolineato la mancanza della qualita' di eredi degli attori non essendo figli della Fo. e non avendo prodotto alcun testamento della stessa che li nominasse eredi. Essi erano infatti figli del precedente matrimonio del Pa. , risposatosi nel (OMESSO) con la Fo. . Inoltre gli attori non avevano mai specificato di chiedere i danni iure hereditatis e ciononostante il Tribunale aveva loro liquidato i danni biologico e morale spettanti alla defunta ritenendoli prossimi congiunti mentre tali non erano. La Corte di merito, pur dando atto che in prima istanza la Casa di Riposo aveva eccepito la mancanza di legitimatio ad causam, ha contraddittoriamente ritenuto tardiva la contestazione; invece tale mancanza di rapporto di parentela, evidenziata in comparsa di risposta, era stata ribadita in comparsa conclusionale concludendo che per questo non spettavano le somme richieste, e tali espressioni non erano ambigue, come erroneamente ritenuto dai giudici di appello, avendo la Casa di Riposo anche sottolineato la mancanza di legittimazione in capo agli attori. Quindi formula il seguente quesito di diritto:" Si evidenzia l'incongruita', la contraddittorieta', l'illogicita' della motivazione della sentenza impugnata in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5 laddove dichiara tardiva l'eccezione di difetto di legittimazione attiva in capo agli attori in merito alle richieste di liquidazione del danno biologico e morale patito dalla defunta, a fronte invece della palese contestazione finanche in comparsa di risposta di primo grado, della mancanza in capo agli attori della qualita' di eredi della defunta".

Il motivo e' inammissibile.

Ed infatti, come esposto in narrativa, la sentenza impugnata ha ritenuto tardiva l'eccezione di carenza di titolarita' del rapporto iure successorio dei Pa. , formulata in appello dalla Casa di Riposo evidenziandone la diversita' rispetto alla contestazione in primo grado in cui la stessa si era limitata a dedurre che i predetti erano figliastri della Fo. e quindi non suoi parenti, senza pero' specificare che tale contestazione era a sostegno della conseguente intrasmissibilita' agli stessi del risarcimento dei danni subiti dalla defunta, e per questo, unitamente alla considerazione che in comparsa conclusionale la Casa di Riposo aveva qualificato i Pa. suoi eredi, la Corte di merito ha ritenuto detto rilievo volto a incidere sulla determinazione del danno subito dagli stessi piuttosto che a negare la loro acquisizione dei diritti entrati a far parte del patrimonio della Fo. prima della sua morte.

Quindi, ribadito che l'interpretazione delle eccezioni ed in genere delle deduzioni e delle tesi difensive delle parti, al fine del loro inquadramento sul piano giuridico, e' riservato al giudice di merito e si risolve in un accertamento di fatto, e ritenuto che tale motivazione e' immune da vizi logici e giuridici, la censura e' inammissibile perche' si risolve in una mera contrapposizione della tesi della ricorrente incidentale alle argomentazioni della sentenza impugnata.

Quanto poi alla censura sull'interpretazione della domanda di Ta. e Pa.Lu. da parte del giudice di primo grado con cui essi avevano chiesto il risarcimento di tutti i danni, senza specificare che agivano anche per quelli iure hereditatis, la questione della necessita' di autonoma domanda rispetto ai danni iure proprio non risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata e quindi la ricorrente aveva l'onere, a pena di inammissibilita' per novita' della censura, di allegare ed indicare in quale atto del giudizio di merito ha dedotto la questione.

3. - Con il secondo motivo di ricorso incidentale la Casa di Riposo (OMESSO) deduce: "Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della ,-, controversia in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5: "esclusione dell'esimente dello stato di necessita' di cui all'articolo 2045 c.c.".

Dall'istruttoria svolta era emerso che la Od. , addetta a condurre a letto le ospiti dopo cena, era stata chiamata per rianimare un altro ospite in arresto cardiocircolatorio, si' che aveva delegato la sorveglianza della Fo. , che gia' aveva cenato, a due colleghe addette alla pulizia le quali l'avevano sistemata su una poltroncina da cui potevano vederla mentre attendevano ad altri compiti. Improvvisamente la Fo. si era alzata a dopo pochi passi era caduta senza che le stesse potessero intervenire per evitarlo. Quindi la sorveglianza era stata esercitata secondo le possibilita' del caso e sussisteva lo stato di necessita'. Conclude quindi formulando il seguente quesito: " Si evidenzia l'incongruenza, la contraddittorieta' e la illogicita' della motivazione della sentenza impugnata in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5 laddove esclude l'applicazione dell'esimente dello stato di necessita' di cui all'articolo 2045 c.c. nonostante la minor assistenza prestata alla signora Fo. da parte del personale della Casa di Riposo e la conseguente caduta di quest'ultima sia dipesa dalla necessita' di salvare un soggetto terzo dal pericolo attuale di un danno grave alla persona non volontariamente causato dalla Casa di cura ne' altrimenti evitabile".

La censura e' inammissibile perche' si risolve nella diversa valutazione della condotta effettuata dalla Corte di merito in base al criterio della diligenza qualificata esigibile dalla Casa di Riposo per adempiere agli obblighi assunti nei confronti della Fo. , il cui comportamento, per liberare la Casa di Riposo dalla responsabilita', avrebbe dovuto esser del tutto estraneo ad ogni suo obbligo di diligenza, ed invece la Corte di merito ha accertato che la Casa di Riposo non ha predisposto preventivamente quegli accorgimenti, ne' adottato in concreto quei rimedi (come, in mancanza di personale che mettesse a letto la Fo. o la potesse direttamente sorvegliare, disporre una temporanea contenzione di costei) che, avuto riguardo alle concomitanti necessita' verificatesi nel caso concreto, avrebbero dovuto apparire alla Casa di Riposo necessari per rimuovere l'ostacolo all'esecuzione dell'obbligo assunto "ex contractu" nei confronti della Fo. .

4. - Con il terzo motivo la Casa di Riposo (OMESSO) deduce: "Violazione e falsa applicazione degli articoli 1223, 1226 e 2056 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3".

I giudici di merito hanno erroneamente liquidato il danno biologico della Fo. rapportandolo all'invalidita' permanente totale della stessa, ma poiche' dalle lesioni ne e' derivata, in breve lasso di tempo, la morte, il parametro per valutare il danno doveva essere l'inabilita' temporanea assoluta, e non il consolidamento dell'invalidita' permanente nonostante il decesso della vittima. Quindi per determinare il danno biologico da morte, non erano utilizzabili le tabelle dei Tribunali, formate sull'aspettativa di vita del soggetto, essendo gia' avvenuta la morte al momento della liquidazione, ma questa andava effettuata correlando il danno biologico all'inabilita' temporanea per il rimanente periodo di vita, opportunamente aumentata in considerazione delle sofferenze massime esitate nella morte. Conclude quindi con il seguente quesito di diritto: "affermi e ribadisca la Corte il principio secondo il quale nel caso in cui intercorra un breve seppur apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, l'ammontare dei danni biologico e morale risarcibili e trasmissibili iure hereditatis devono esser commisurati soltanto all'inabilita' temporanea, ossia al numero di giorni di permanenza in vita del danneggiato, non essendo in questo caso concepibile il consolidamento di un' invalidita' permanente in capo a quest'ultimo".

Il motivo e' fondato.

Ed infatti, ribadito che il fondamento del potere di liquidazione del danno biologico, privo delle caratteristiche della patrimonialita', e' l'equita', con conseguente obbligo del giudice di personalizzare la valutazione, va altresi' ribadito che, se le lesioni hanno cagionato la morte del soggetto offeso dopo un apprezzabile intervallo di tempo, sia se il giudice applica il criterio di liquidazione equitativa cd. "puro", sia se applica i criteri di liquidazione tabellare o a punto - aumentandoli o moltiplicandoli, secondo il suo prudente apprezzamento equitativo, con riferimento alla peculiarita' del caso concreto, in cui il danno alla salute e' stato cosi' intenso e progressivamente grave da condurre il soggetto verso la morte, in base ad un indice crescente proporzionale all'aumentare del grado di invalidita' derivatane - in ogni caso non puo' liquidare il danno "come se" il soggetto fosse sopravvissuto alle lesioni per il tempo corrispondente alla sua ordinaria speranza di vita perche' la morte estingue ogni danno biologico futuro correlato alla probabilita' statistica della durata di essa allorche' essa e' ormai divenuta nota.

Pertanto, se il giudice adotta il criterio tabellare, va ribadito, secondo l'orientamento pressoche' unanime (Cass. 3549/2004, 9959/2006, 18163/2007, contra Cass. 8204/2003) che non puo' prendere come base le tabelle per l'invalidita' permanente poiche' esse sono formate in base alla vita media futura presunta, e deve invece adottare le tabelle per l'inabilita' temporanea assoluta e totale, opportunamente adeguate al caso specifico in cui le lesioni hanno menomato cosi' gravemente la salute della persona da provocarne la morte.

Conseguentemente i giudici di appello, che hanno si' ridotto il quantum del danno biologico subito dalla Fo. nei quindici giorni di sopravvivenza alle lesioni conseguite alla caduta determinato dal Tribunale, ma hanno confermato le tabelle del Tribunale di Milano formate per il grado di invalidita' permanente conseguitone - 100% - hanno violato detti principi ed il motivo va accolto.

5.- E' conseguentemente assorbito il ricorso principale con cui i ricorrenti deducono: "Violazione ed errata applicazione nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e/o falsa applicazione degli articoli 1223, 1226, 1227, 2043, 2056 e 2059 c.c. anche in relazione all'articolo 32 Cost. in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5", lamentando che la decurtazione del danno biologico subito dalla Fo. da euro 193.176,00 a euro 100.000,00 e' illegittima ed iniqua poiche' i giudici di secondo grado non hanno evidenziato i parametri in concreto seguiti ed i correttivi adottati, ne' specificato di aver ritenuto la vitalita' biologica residua della Fo. inferiore al 50%, misura ritenuta dal Tribunale nella decurtazione del 50% del valore tabellare, in considerazione delle condizioni di salute della stessa, e poiche' il danno biologico - come quello morale - sussiste anche se la vittima non ha coscienza della lesione, la riduzione, basata sull'equita' pura, e' immotivata, mentre il metodo tabellare e' una liquidazione equitativa specifica, integrale, personalizzata.

6. - Concludendo il terzo motivo del ricorso incidentale va accolto e la sentenza impugnata va cassata e rinviata per nuovo esame alla luce dei relativi principi richiamati.

Il giudice del rinvio provvedere altresi' a liquidare le spese, anche del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta i primi due motivi del ricorso incidentale, accoglie il terzo e dichiara assorbito il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Trento, altra Sezione.

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