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Il danno biologico per la lesione del diritto alla salute va tenuto distinto dal diritto alla vita, sebbene si tratti di beni connessi

Il danno biologico per la lesione del diritto alla salute va tenuto distinto dal diritto alla vita, sebbene si tratti di beni connessi. Il bene della salute, infatti, è una qualità di quello alla vita, ma è diverso dal primo e entrambi fatto a diritti distinti. La lesione della integrità fisica, pertanto, quando abbia esito letale non si può considerare una sottoipotesi di lesione alla salute in senso proprio. Deriva da quanto precede, quindi, che nel caso di lesioni mortali, non può negarsi autonoma rilevanza alle lesioni rispetto alla morte, poiché si tratta di eventi che incidono su beni giuridici che sono diversi e, quindi, lesivi di diversi corrispondenti diritti. Non si può, in particolare, escludere la configurabilità di un danno biologico per la perdite del bene salute, anche nel caso in cui dalle lesioni sia derivata la morte della vittima, se questa èrimasta in vita, in condizioni di menomata integrità fisiopsicica, per un apprezzabile periodo di tempo, successivo alle lesioni. In questo caso nel patrimonio del soggetto leso si è maturato un diritto di credito al risarcimento del danno, che è trasmissibile ai suoi eredi, che potranno conseguirlo iure hereditatis nei confronti dell'autore dell'illecito. Quando, invece. la morte del soggetto sia intervenuta subito dopo le lesioni, specie se di notevole gravità, non si realizzano le condizioni per la maturazione del diritto al risarcimento del danno biologico e di quello morale, sicché esso non rientrata in quella parte del patrimonio che è trasmesso ai suoi eredi e da costoro esercitabile iure hereditatis.
(Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 3 settembre 2007, n. 18537)







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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto - Presidente

Dott. DI NANNI Luigi Francesco - rel. Consigliere

Dott. FICO Nino - Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

Dott. BISOGNI Giacinto - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

CE. PA., CE. BR., CE. WI., anche in qualita' di eredi della signora Be. Ma., deceduta, elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 142, presso lo studio dell'avvocato BRUNI FABRIZIO, che li difende, giusta delega in atti;

- ricorrenti -

contro

AS. AS. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in ROMA VIA SAN TOMMASO D'AQUINO 80, presso lo studio dell'avvocato GRASSI LUDOVICO, che lo difende, giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro

PI. AL., BU. EM. E. CO. S.N.C.;

- intimati -

avverso la sentenza n. 1539/02 della Corte d'Appello di ROMA, Sezione Quarta Civile emessa il 19/03/02, depositata il 17/04/02; RG. 3850/1999;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 06/07/07 dal Consigliere Dott. Luigi Francesco DI NANNI;

udito l'Avvocato MAURO VAGLIO (per delega Avv. Fabrizio Bruni);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Ce.Al., il giorno (OMESSO), mentre attraversava a piedi la (OMESSO), fu investito da un autocarro di proprieta' della s.n.c. Bu. E. &. Co., guidato da Pi.Al., decedendo dopo poco l'investimento.

Il Tribunale di Roma ha definito il giudizio instaurato dalla moglie Be.Ma. e dai figli Pa., Br. e Vi. con sentenza di condanna dei convenuti, in solido con la s.p.a. As., al risarcimento dei danni in favore degli istanti, con dichiarazione che l'evento si era verificato per colpa concorrente del Pi. nella misura del 60% e del Ce. nella misura del 40%.

2. La Corte di appello di Roma, con sentenza del 17 aprile 2002, sostanzialmente ha confermato la decisione di primo grado, dichiarando: che la colpa del Ce. consisteva nell'avere attraversato la carreggiata senza servirsi dell'apposito passaggio pedonale; che il danno biologico e quello morale, maturato prima della morte in capo al Ce. non si poteva trasferire sugli istanti iure hereditario, perche' la lesione diretta del bene della vita non costituisce danno biologico, quando risulti, come nella specie, che il danneggiato a seguito dell'incidente subito sia entrato in coma profondo; che analoghe considerazioni valevano per il danno morale; che il danno patrimoniale subito da Be. Ma. era stato correttamente valutato; che la stessa Be. non aveva documentato il danno biologico subito per la perdita del marito.

3. Pa., Br. e Ce.Vi., in proprio e quali eredi di Be.Ma., hanno proposto ricorso per Cassazione ed hanno depositato memoria.

La s.p.a. As. ha resistito con controricorso.

Gli intimati Pi.Al. e Societa' Bu. non hanno svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo del ricorso si riferisce al punto della decisione in cui la Corte di appello ha confermato il concorso di colpa del pedone nella determinazione dell'investimento ed il grado di responsabilita' delle parti coinvolte.

1.1. La Corte di appello ha dichiarato che, pur essendo incontestabile la responsabilita' dell'autista, anche il pedone non era esente da colpa, perche' aveva attraversato la strada senza servirsi del vicino attraversamento pedonale zebrato e perche' si era portato al centro della carreggiata pur essendo in grado di avvistare agevolmente l'autocarro che sopraggiungeva.

I ricorrenti sostengono che il pedone non era incorso in alcuna violazione di leggi del genere di quelle richiamate dal giudice del merito: censura di violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2054 c.c., articoli 113, 115, 116 c.p.c., e articoli 101 e 103 C.d.S..

Il motivo non e' fondato.

1.2. I ricorrenti a sostegno del motivo, infatti, ripropongono in questa sede le stesse questioni e le stesse difese sottoposte al vaglio del giudice del merito e da questi rigettate con motivazione, che ha tenuto conto della dinamica dell'incidente, e pretendono la ricostruzione di un fatto, che non puo' essere sottoposto ad un ennesimo giudizio in questa sede di legittimita'.

2. Il secondo motivo si riferisce al mancato riconoscimento del danno biologico e di quello morale agli istanti come eredi di Ce. Al..

2.1. I ricorrenti sostengono che la conclusione cui e' giunta la Corte di appello non ha tenuto conto del fatto, risultante dalla cartella clinica, che la morte del loro congiunto non era sopravvenuta immediatamente dopo l'investimento: censura di violazione e falsa applicazione dell'articolo 2043 cod. civ., articoli 113, 115 e 116 c.p.c., ed omessa motivazione.

Il motivo non e' fondato.

2.2. La menomazione all'integrita' fisio-psichica della persona, in se' e per se' considerata e che incide sul valore umano in ogni sua concreta dimensione, e' risarcibile ai sensi dell'articolo 2043 c.c., come danno alla salute o danno biologico del soggetto leso per l'intera durata della sua vita residua, nel caso di invalidita' permanente, oppure, nel caso di invalidita' temporanea, finche' la malattia risulti ancora in atto (Cass. 23 aprile 2004, n. 7730, tra le tante).

Il danno biologico per la lesione del diritto alla salute va tenuta distinto dal diritto alla vita, sebbene si tratti di beni connessi.

Il bene della salute, infatti, e' una qualita' di quello alla vita, ma e' diverso dal primo ed entrambi fanno capo a diritti distinti, sicche' la lesione dell'integrita' fisica, quando abbia esito letale, non si puo' considerare una sottoipotesi di lesione alla salute in senso proprio (cosi' Corte Costituzionale sentenza 27 ottobre 1994 n. 372). Ne deriva che, nel caso di lesioni mortali, non puo' negarsi autonoma rilevanza alle lesioni rispetto alla morte, poiche' si tratta di eventi che incidono su beni giuridici che sono diversi e, quindi, sono lesivi dei diversi corrispondenti diritti e non si puo' escludere la configurabilita' di un danno biologico per la perdita del bene salute, anche nel caso in cui dalle lesioni sia derivata la morte della vittima, se questa e' rimasta in vita, in condizioni di menomata integrita' fisio-psichica, per un apprezzabile periodo di tempo successivo alle lesioni. In questo caso nel patrimonio del soggetto leso si e' maturato un diritto di credito al risarcimento del danno, che e' trasmissibile ai suoi eredi, che potranno conseguirlo iure hereditatis nei confronti dell'autore dell'illecito.

Quando, invece, la morte del soggetto sia intervenuta subito dopo le lesioni, specie se di notevole gravita', non si realizzano le condizioni per la maturazione di diritto al risarcimento del danno biologico o di quello cosiddetto morale, sicche' esso non rientra in quella parte del patrimonio che e' trasmesso ai suoi eredi e da questi esercitatile iure hereditatis: per tutte, Cass. 23 febbraio 2005, n. 3766; 16 maggio 2003, n. 7632, 14 marzo 2002, n. 3728.

2.3. Quest'ultima condizione e' quella che si e' verificata in questo giudizio: la Corte di appello di Roma, infatti, ha accertato in maniera insindacabile in questa sede di legittimita' che Ce. Al. a seguito dell'investimento e' subito entrato in coma profondo; sicche' correttamente ha escluso che si sia maturata quella lesione alla integrita' psico-fisica comportante il sorgere del diritto al risarcimento, trasmissibile agli eredi.

Le stesse considerazioni valgono per il diniego del danno non patrimoniale.

3. Il terzo motivo del ricorso si riferisce al diniego del risarcimento del danno biologico e morale diretto della vedova.

3.1. I ricorrenti, attuali eredi di Be.Ma., si dolgono del fatto che la Corte di appello non ha tenuto conto di una copiosa documentazione che attestava un progressivo decadimento cognitivo della Be., dichiarano che questo era sopravvenuto alla morte del marito e si dolgono del fatto che la Corte di appello non ne abbia tenuto conto e che non si e' avvalsa di integrare la documentazione con una consulenza tecnica di ufficio: censura di violazione dell'articolo 2043 c.c., articoli 61, 113, 115 e 116 c.p.c., e difetto di motivazione.

3.2. Il danno subito in conseguenza della uccisione del prossimo congiunto per la definitiva perdita del rapporto parentale si collega all'interesse alla intangibilita' della sfera degli affetti e della reciproca solidarieta' nell'ambito della famiglia, nonche' all'inviolabilita' della libera e piena esplicazione delle attivita' della persona nell'ambito della famiglia, la cui tutela e' assicurata dagli articoli 2, 29 e 30 Cost.. Esso si colloca sia nell'area del danno biologico sia in quella del danno non patrimoniale di cui all'articolo 2059 c.c..

Come espressione del cosiddetto danno conseguenza entrambe queste forma di danno debbono essere allegati e provati da chi ne chiede il risarcimento: Cass. 15 luglio 2005, n. 15022, tra le tante.

3.2. La Corte di appello di Roma ha dichiarato che la prova dei danni ora indicati non emergeva dalla documentazione prodotta.

I ricorrenti non possono contrastare l'efficacia di questa affermazione con una doglianza generica degli errori della decisione, stante il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, ma dovevano indicare i fatti specifici, riguardanti lo stato di salute della Be., per i quali e' stata chiesta la Cassazione della sentenza impugnata, facendo riferimento anche alla loro incidenza causale sull'errore della decisione.

In difetto di questi fattori, la censura e', quindi, inammissibile.

4. L'ultimo motivo del ricorso si riferisce alla valutazione del danno patrimoniale subito dalla Be..

4.1. Per determinare questo danno la Corte di appello ha considerato corretto il procedimento seguito dal Tribunale, che ha fatto riferimento all'importo della pensione netta annua percepita all'epoca dal Ce., ha sottratto l'importo della pensione di reversibilita' assegnata alla Be., ha ritenuto che i proventi del de cuius fossero destinati per un quarto a se stesso e per tre quarti alle esigenze familiari ed ha applicato il coefficiente 4,666 di capitalizzazione riferito all'eta' della vittima, secondo la tabella Gentile comunemente utilizzata per fattispecie analoghe.

I ricorrenti addebitano alla sentenza impugnata i seguenti errori: non avere considerato che il Ce. versava alla moglie l'intero importo della pensione, senza trattenere nulla per se'; avere deciso in contrasto con le risultanze probatorie: censura di violazione dell'articolo 2043 e 2054 c.c., articoli 113, 115 e 116 c.p.c. e difetto di motivazione.

4.2. La censura e' inammissibile per le stesse ragioni esposte a proposito del motivo precedente.

I ricorrenti, infatti, si sono limitati ad esprimere doglianze che sono esposte in palese violazione del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione.

5. Il ricorso, in conclusione, e' rigettato.

Le spese di questo giudizio possono essere interamente compensate tra le parti costituite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate.

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