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Il diritto alla sessualità rientra tra i diritti inviolabili della persona ex art.2 Cost.

La Corte di Cassazione statuisce che il diritto alla sessualità rientra tra i diritti inviolabili della persona ex art.2 Cost. e costituisce modus vivendi essenziale per l’ espressione e lo sviluppo della persona. Il Supremo Collegio ritiene altresì che la perdita ovvero la riduzione della sessualità, conseguente ad un illecito, costituisce anche danno biologico (la cui valutazione nelle tabelle medico legali convenzionali supera normalmente il livello della micropermanente e determina un rilevante ritocco del punteggio finale), specificando che la perdita ovvero la compromissione anche soltanto psichica della sessualità (come avviene nei casi di stupro e di pedofilia) costituisce di per sé un danno, la cui rilevanza deve essere apprezzata e globalmente valutata in via equitativa”. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 11 giugno 2009, n. 13547)



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele - Presidente

Dott. FILADORO Camillo - rel. Consigliere

Dott. FINOCCHIARO Mario - Consigliere

Dott. CALABRESE Donato - Consigliere

Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 32251/2005 proposto da:

TO. IS. (OMESSO), elettivamente domiciliata in ROMA PRESSO LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato MERLINI Renzo giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

ZONA TERRITORIALE N. (OMESSO) di Pesaro, gia' AUSL/(OMESSO) PESARO (OMESSO), in persona del Direttore e legale rappresentante Dr. Gu. An. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUIDO D'AREZZO 32, presso lo studio dell'avvocato MUNGARI Matteo, che la rappresenta e difende con procura ad litem;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 622/2004 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, emessa il 06/10/2004, depositata il 26/10/2004; R.G.N. 549/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 29/04/2009 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l'Avvocato MATTEO MUNGARI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 6-26 ottobre 2004, la Corte d'Appello di Ancona, in parziale accoglimento dell'appello proposto da To. Is. avverso la decisione del Tribunale di Pesaro, del 10 agosto 1999, rideterminava in complessivi euro 114.000,00 (centoquattordicimila/00), l'importo del risarcimento dei danni dovuto all'appellante dalla USL di Pesaro, in conseguenza dei postumi permanenti, di carattere invalidante, derivati dall'intervento di isterectomia effettuato dal competente reparto ospedaliere USL di Pesaro (da attribuirsi a colpa medica del personale sanitario operante).

L'appellante aveva dedotto che il primo giudice (riconoscendole un risarcimento di complessive lire 201.587.300, somma comprensiva di interessi e rivalutazione, in relazione ad un 20% di danno biologico) non aveva liquidato il danno alla vita sessuale e quello estetico. Lo stesso giudice non aveva considerato neppure il danno psico-neurologico da depressione persistente, che - secondo la tesi sostenuta dalla To. - a qualche tempo dalla operazione subita, avrebbe indotto la stessa ad abbandonare, prima del tempo, il proprio lavoro di insegnante presso la scuola pubblica.

Considerato, infine, che, nel corso degli anni, ella aveva subito un aggravamento dello stato complessivo determinato dall'intervento chirurgico, l'appellante chiedeva ulteriori accertamenti al giudice di appello.

Costituendosi in giudizio, la USL di Pesaro aveva chiesto il rigetto della impugnazione, ed in via incidentale aveva formulato istanza perche' fosse accertato l'eventuale miglioramento delle complessive condizioni della To. , con conseguente riduzione degli importi riconosciuti a titolo di risarcimento.

Il giudice di appello chiedeva il rinnovo della consulenza tecnico medico legale.

I giudici di appello riconoscevano a titolo di danno biologico complessivo la somma di euro 44.000,00 (quarantaquattromila/00) in relazione ad un danno valutato nel 20%, in applicazione delle c.d. "tabelle di Milano". Tale importo era poi rivalutato al momento della pronuncia - tenuto conto della perdita del potere di acquisto e del lucro cessante dovuto alla ritardata percezione - in euro 114.000,00 (centoquattordicimila/00), oltre interessi dalla pronuncia al saldo.

La Corte territoriale respingeva la richiesta di liquidazione del danno alla vita sessuale e di quello estetico, osservando - quanto al danno neuropsicologico - che non vi era la prova di uno stato depressivo persistente conseguente all'intervento operatorio.

Avverso tale decisione la To. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da quattro motivi.

La Zona territoriale n. (OMESSO) di Pesaro, gia' Azienda USL n. (OMESSO) resiste con controricorso, illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 2059 cod. civ. e articolo 2 Cost.), in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3.

La sentenza impugnata era viziata da errore di fatto poiche' aveva arbitrariamente ridotto l'ambito di applicazione e la portata dell'articolo 2059 c.c., secondo la interpretazione costituzionalmente orientata dello stesso, tesa a ricomprendere nella astratta previsione della norma ogni danno di natura non patrimoniale derivante da lesione di valori inerenti alla persona ex articolo 2 Cost..

In particolare, la decisione della Corte territoriale era meritevole di censura nella parte in cui aveva escluso ogni riconoscimento del danno estetico e di quello alla vita sessuale, intesi come ulteriori ed additivi rispetto al danno biologico, ritenendo che questi profili di pregiudizio fossero gia' stati considerati ai fini della valutazione del danno biologico, quali momenti di articolazione strutturale dello stesso, complessivamente inteso.

Sotto altro profilo, con il secondo motivo la ricorrente deduce il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia, relativo al danno alla sfera sessuale nelle sue ripercussioni sulla vita di relazione (articolo 360 c.p.c., n. 5).

In contrasto con quanto evidenziato dal consulente tecnico nominato dall'ufficio, che aveva posto in evidenza la esistenza di un pregiudizio anche alla vita di relazione della attuale ricorrente, i giudici di appello avevano ricondotto le limitazioni all'espletamento della attivita' sessuale nell'esclusivo alveo del danno biologico.

In tal modo, i giudici di appello avevano finito per escludere quel profilo di danno ulteriore rispetto al danno biologico, comunemente dalla dottrina e giurisprudenza definito come danno esistenziale.

Con il terzo motivo la ricorrente deduce la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto essenziale della controversia, relativo al danno psichico (articolo 360 c.p.c., n. 5).

La Corte Territoriale aveva escluso l'esistenza di qualsiasi danno psichico, sulla base delle valutazioni compiute dal consulente tecnico di ufficio.

L'ausiliare del giudice aveva qualificato la alterazione psichica dalla quale era affetta la attrice come "semplice disturbo d'ansia" non idoneo dunque ad integrare il danno psichico, consistente secondo l'opinione dominante nella compromissione patologica della integrita' psichica.

Contraddittoriamente, lo stesso consulente nominato dall'ufficio aveva riconosciuto tuttavia di non avere personalmente eseguito alcun esame psichico della To. , e di non averlo neppure affidato a specialisti del ramo: in tal modo contravvenendo ai principi della metodologia medico-legale prescritti dalla piu' autorevole dottrina scientifica in materia. A queste conclusioni lo stesso consulente era pervenuto dopo aver rilevato che la comparsa del disturbo d'ansia dopo 13 anni dall'accaduto non deponeva per la dimostrazione del nesso di casualita' fra esso e la lesione dell'uretere.

Con il quarto, ed ultimo, motivo la ricorrente deduce la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione riguardo alla mancata ammissione di una consulenza tecnica di ufficio specialistica relativa all'accertamento della esistenza del danno psichico (articolo 360 c.p.c., n. 5).

I quattro motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati nei limiti di seguito indicati.

Con una recente decisione del 2008, le sezioni unite di questa Corte hanno accolto la definizione di "danno biologico" contenuta nel codice delle assicurazioni.

Si tratta di definizione autentica, attribuita dal legislatore che non ha - tuttavia - carattere innovativo, ma e' semplicemente ricognitiva della giurisprudenza consolidata di questa Corte e della Corte Costituzionale.

La stessa e' pertanto applicabile anche alle controversie relative a fatti verificatisi anteriormente alla entrata in vigore della legge.

La motivazione della Corte Territoriale non puo' dirsi adeguata ai criteri di analiticita', complessita' e completezza richiesti dalla definizione legislativa accolta dalle sezioni unite di questa Corte: in questo senso le tabelle milanesi, ove applicate, richiedono adeguata personalizzazione.

Manca, nel caso di specie, la valutazione analitica richiesta dalla recente decisione di questa Corte con la decisione richiamata.

Quanto al diritto alla sessualita', occorre ricordare l'incipit della Corte Costituzionale (Corte Cost. sentenza 18 dicembre 1987 n. 561) che lo inquadra tra i diritti inviolabili della persona (articolo 2), come modus vivendi essenziale per l'espressione e lo sviluppo della persona.

Certamente la perdita o la riduzione della sessualita' costituisce anche danno biologico (la cui valutazione nelle tabelle medico legali convenzionali supera normalmente il livello della micropermanente e determina un rilevante ritocco del punteggio finale) consequenziale alla lesione, ma nessuno ormai nega (v: da ultimo Cass. SS.UU. 24 marzo 2006 n. 6572 e Cass. 3 sez. civile 12 giugno 2006 n. 13546) che la perdita o la compromissione anche soltanto psichica della sessualita' (come avviene nei casi di stupro e di pedofilia) costituisca di per se un danno, la cui rilevanza deve essere apprezzata e globalmente valutata, in via equitativa (Cass. n. 2311 del 2 febbraio 2007).

In questo senso la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte del novembre 2008.

Infine, il giudice di rinvio dovra' vedere la opportunita' di riesaminare il tema dell'aggravamento, tenendo conto delle conseguenze denunciate dalla ricorrente sul piano neuro-psichico, tenendo conto del criterio di probabilita' in base al quale la gravita' e le conseguenze delle lesioni riportate potrebbero, con il tempo, risultare idonee a evidenziare un pregiudizio psichico sopravvenuto.

Conclusivamente il ricorso deve essere accolto, la sentenza cassata con rinvio ad altro giudice che procedera' a nuovo esame, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione.

Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte di Appello di Ancona. Dispone che nella divulgazione della presente decisione non siano riportati gli estremi identificativi delle parti.

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