Responsabilità medica: Guide e Consulenze Legali

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Il medico deve seguire il paziente anche in relazione a possibili e non del tutto prevedibili eventi che possono intervenire in seguito, prendendo tutte le precauzioni del caso

Anche se l'esecuzione dell'intervento richiede un impegno tecnico - professionale speciale il professionista ha l'obbligo di adottare tutte le precauzioni per impedire prevedibili complicazioni e di adoperare tutta la scrupolosa attenzione che la particolarita' del caso richiede, secondo la prudenza e la diligenza esigibili dalla specializzazione posseduta, per l'inosservanza di tali obblighi risponde anche per colpa lieve (Cass. 9085/2006). E poiche' l'obbligo della prestazione secondo le leges artis, che il professionista deve provare di aver rispettato (Cass. 24791/2008), persiste per il chirurgo per tutte le fasi dell'intervento, anche per quelle post-operatorie, egli deve attentamente seguire il paziente anche in relazione a possibili e non del tutto prevedibili eventi che possono intervenire dopo l'intervento, ponendo in essere tutte le precauzioni e i rimedi conosciuti e conoscibili dalla scienza e alla pratica medico-specialistica del settore conosciuti e conoscibili in quel dato momento storico.
(Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 28 settembre 2009, n. 20790)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MASSERA Maurizio - Presidente

Dott. SEGRETO Antonio - Consigliere

Dott. CHIARINI Maria Margherita - rel. Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere

Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16812/2008 proposto da:

TI. PA. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 191, presso lo studio dell'avvocato ALFIERI Arturo, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FREDDI ROMOLO, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

ZA. LU. e ASUR - Azienda Sanitaria Unica Regionale in persona del Direttore della Zona Territoriale n. (OMESSO) (gia' Azienda Sanitaria n. (OMESSO)), entrambi elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACHILLE PAPA 21, presso lo studio dell'avvocato GAMBERINI MONGENET Rodolfo, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato TIGANO P. MARIO, giusta delega a margine del controricorso per il Dott. Za. Lu. , e giusta delega in calce al controricorso per la ASUR - Azienda Sanitaria Unica Regionale;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 129/2008 della CORTE D'APPELLO di ANCONA del 21.2.08, depositata il 23/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 21/05/2009 dal Consigliere Dott. Relatore MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito per i controricorrenti l'Avvocato Rodolfo Gamberini Mongenet che si riporta agli scritti, chiedendo il rigetto del ricorso.

E' presente il P.G. in persona del Dott. Antonietta CARESTIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 20 marzo 1997 Ti.Pa. conveniva in giudizio Za.Lu. e la AUSL (OMESSO) chiedendone la condanna al pagamento di lire 62.943.570 deducendo: 1) affetto da poliomielite infantile, il piede equino era stato trattato con intervento di artrodesi triplice allo (OMESSO) nel (OMESSO), con esiti di invalidita' permanente del 40%; 2) il (OMESSO), a seguito di una caduta accidentale, si procurava una frattura alla gamba destra; 3) ricoverato all'ospedale di (OMESSO), Divisione ortopedica, era stato operato dal convenuto, ma le sue condizioni erano peggiorate - soprattutto nella deambulazione e l'invalidita' civile riconosciuta era aumentata al 68%, mentre secondo lo specialista ortopedico al 75%. Il Tribunale dichiarava improponibile la domanda per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti dell'assicurazione RA. .

Con sentenza del 23 febbraio 2008 la Corte di appello di Ancona rigettava l'appello sulle seguenti considerazioni: 1) dalle conclusioni del C.T.U., non contraddette dal C.T.P., emergeva che la responsabilita' del professionista deve esser valutata con il criterio del dolo o colpa grave stante l'implicazione di problemi tecnici di speciale difficolta' ed il caso era assolutamente fuori dell'ordinario con riferimento al trauma fratturativo a carico dello stesso distretto anatomico interessato dalla poliomielite infantile e successivo intervento triplice di artrodesi nel (OMESSO); 2) la dedotta imprudenza del professionista era generica non essendo contestata la sua preparazione professionale anche in relazione alle esigenze particolari del caso, mentre la negligenza attribuitagli era smentita dalle conclusioni del C.T.U., che ha definito condivisibile ed anzi necessitata la scelta operatoria del medico anche per la metodica e l'estrema attenzione dei sanitari al decorso post-operatorio; 3) pertanto difettava l'elemento soggettivo dell'illecito anche sotto il profilo della colpa lieve; 4) conseguentemente la ritenuta - dal C.T.U. - insufficienza dell'intervento di osteosintesi per qualita' di consolidazione del focolaio ottenuta, nonostante un impegno attento e continuo, significava che un diverso esito non poteva pretendersi in presenza di quelle preesistenti condizioni patologiche. Ricorre per cassazione il Ti. cui resiste lo Za. . Il ricorrente ha depositato memoria per il procedimento in Camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380 bis cod. proc. civ., al cui esito e' stata disposta la pubblica udienza. Il resistente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente deduce: "articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1176, 2236 e 2697 c.c.. Omessa o insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio".

La Corte territoriale non ha fatto buon governo dei principi di cui agli articoli 1176, 2236, 2697 c.c., perche' per qualificare una prestazione professionale di particolare difficolta' occorre che essa sia nuova e specialmente complessa tecnicamente, tenendo conto che il grado di abilita' per affrontarla deve essere rapportato alla specializzazione del sanitario e alle caratteristiche del centro ospedaliero in cui e' effettuato l'intervento. Inoltre il professionista deve usare la diligenza da rapportare all'attivita' esercitata e la perizia, da intendere anche come conoscenza ed attuazione di regole tecniche di una determinata arte e professione, con scrupolosa attenzione ed adeguata preparazione. Egli percio' deve valutare con prudenza e scrupolo i limiti della propria adeguatezza professionale, chiedendo, se del caso, un consulto, e deve adottare tutte le misure volte ad ovviare alle carenze strutturali ed organizzative incidenti sugli accertamenti diagnostici e sui risultati dell'intervento, ovvero deve informare il paziente consigliandogli una struttura sanitaria piu' idonea. Il C.T.U. ha evidenziato la straordinarieta' della lesione, ma non la speciale difficolta' di gestione della stessa, avendo anch'egli ritenuto praticabile l'intervento di osteotomia, ed i sanitari attraverso le radiografie effettuate prima, durante e dopo l'intervento, erano in grado di verificare l'imperfetta consolidazione del focolaio di frattura e quindi la sua progressiva scomposizione, causa del consolidamento scorretto dell'arto. I convenuti non hanno dimostrato l'esistenza di una prevedibile, altamente rischiosa esecuzione dell'intervento di osteo - sintesi tale da trascendere la preparazione del medico specializzato. Formula quindi i seguenti quesiti di diritto: a) se per soddisfare i presupposti dell'articolo 2236 c.c., e' sufficiente la prova della straordinarieta' della lesione od occorra invece la specifica dimostrazione della speciale difficolta' della prestazione medica nel caso concreto e se, in definitiva, la particolarita' o rarita' della lesione costituisca in se' prova della esistenza di un caso di speciale difficolta' od occorra invece la specifica e puntuale dimostrazione, da parte del professionista, dell'oggettivo e prevedibile alto margine di rischio che l'esecuzione dell'atto medico su quella lesione comporta; b) se nel concetto di speciale difficolta' della prestazione professionale di cui all'articolo 2236 c.c., debba essere compreso ogni intervento che richieda per la sua particolarita' - frattura di un arto gia' menomato - una abilita' non comune o solo quelli per i quali siano richiesti attenzione ed abilita' speciali che trascendono la preparazione media del medico specializzato; c) se la difficolta' dell'intervento e la diligenza del professionista vadano comunque rapportate al livello della sua specializzazione ed alle strutture tecniche a sua disposizione e se quindi l'abilita' inedia richiesta al medico specializzato per le prestazioni che attengono alla sua specializzazione debba esser valutata con maggior rigore; d) se il medico comunque debba considerare con scrupolo e prudenza i limiti della propria adeguatezza professionale e dei mezzi a disposizione, e se del caso consigliare il ricovero in una struttura piu' idonea; e) se rientri nei doveri di diligenza specifica del medico quello di monitorare il decorso operatorio e post-operatorio del paziente e di intervenire - o far intervenire - nel caso in cui dagli accertamenti tecnici operatori e post - operatori - radiografie- emerga una situazione non corretta o comunque anomala.

Sussiste altresi' il vizio di motivazione. Infatti la Corte non ha tenuto conto che il C.T.U. ha evidenziato la ipotizzabile emendabilita' della deformita' a prezzo di un ulteriore sacrificio chirurgico prevista gia' quando il Ti. era in convalescenza ed anche dagli specialisti del (OMESSO) e dunque non era un intervento di speciale difficolta' e comunque la Corte non spiega perche' un intervento non routinario fosse per cio' solo di speciale difficolta' e perche', malgrado l'attento e continuo impegno dei sanitari, affermato dalla Corte di merito, il C.T.U. ha affermato che la riduzione del focolaio di frattura era leggermente imperfetta e con un'ulteriore parziale scomposizione durante il trattamento in gesso in base agli accertamenti radiografici prima, durante e dopo l'operazione. Percio' su tali punti decisivi e' ravvisabile la negligenza del professionista anche per non aver consigliato il trasferimento del paziente in altra struttura.

Il motivo e' fondato nei limiti di seguito specificati.

Dalla narrativa della sentenza impugnata emerge che, secondo la relazione del C.T.U., non contestata dalle parti, l'intervento di osteo-sintesi per ridurre la frattura esposta sovramaileolare della caviglia dx del Ti. , cagionata dalla caduta, era un evento assolutamente raro e straordinario, e difficile da gestire, perche' il medesimo arto inferiore era stato gia' chirurgicamente trattato con triplice artrodesi con postumi rilevanti e percio' il caso era privo dei comuni parametri statistici e/o bibliografici di riferimento.

Quindi, trascendendo il problema tecnico da risolvere la preparazione media e non essendo ancora sufficientemente studiato dalla scienza medica e sperimentato nella pratica, con conseguente maggior margine di rischio del risultato, correttamente (Cass. 10297/2004) la Corte di merito ha escluso la colpa grave dell'ortopedico nell'aver ridotto il focolaio di frattura non del tutto perfettamente, con conseguente "accentuazione dell'equinismo e comparsa di lieve latero - deviazione" secondo la stessa C.T.U., ne' vi e' contraddittorieta' tra la difficolta' della soluzione tecnica da adottare per ridurre la frattura stante la rarita' del complesso intervento su un arto gia' menomato, e l'ipotizzata possibilita' di tentare di eliminare i vizi determinati dalla consolidazione viziata mediante un altro intervento chirurgico.

Tuttavia, poiche' anche se l'esecuzione dell'intervento richiede un impegno tecnico - professionale speciale il professionista ha l'obbligo di adottare tutte le precauzioni per impedire prevedibili complicazioni e di adoperare tutta la scrupolosa attenzione che la particolarita' del caso richiede, secondo la prudenza e la diligenza esigibili dalla specializzazione posseduta, per l'inosservanza di tali obblighi risponde anche per colpa lieve (Cass. 9085/2006). E poiche' l'obbligo della prestazione secondo le leges artis, che il professionista deve provare di aver rispettato (Cass. 24791/2008), persiste per il chirurgo per tutte le fasi dell'intervento, anche per quelle post-operatorie, egli deve attentamente seguire il paziente anche in relazione a possibili e non del tutto prevedibili eventi che possono intervenire dopo l'intervento, ponendo in essere tutte le precauzioni e i rimedi conosciuti e conoscibili dalla scienza e alla pratica medico-specialistica del settore conosciuti e conoscibili in quel dato momento storico.

Nella fattispecie, emerge dalla sentenza impugnata che le cause del peggioramento del Ti. , soprattutto nella deambulazione e nella stazione eretta, rispetto alla preesistente artrodesi tibio-tarsica - dovuto alla difformita' anchilotica del complesso caviglia piede dx in equino - valgo - pronazione (accentuato dall'intervento) - e latero - deviazione (comparsa dopo l'intervento), e' derivato non soltanto dalla non ottimale riduzione intraoperatoria, ma altresi' dall'insufficiente qualita' della consolidazione del focolaio di frattura, che si e' ulteriormente scomposta nonostante la sintesi chirurgica, durante il periodo - definito dal C.T.U., secondo la sentenza impugnata, "marcatamente prolungato" - di immobilizzazione gessata femoro-podalica ripetutamente rinnovata (dal 29 febbraio 1992, e poi dal 4 marzo 1992 e ancora dal 9 aprile 1992), complicazioni tutte che, secondo la C.T.U. richiamata dalla sentenza impugnata, avevano determinato la consolidazione viziata del focolaio sui piani frontale e sagittale. Pertanto, poiche' tali complicazioni, secondo il C.T.U. risultano dagli accertamenti strumentali eseguiti nella fase pre e post operatoria, spettava al medico provare innanzi tutto che erano state determinate da eventi imprevisti e inevitabili, e quindi che, pur essendosi egli tempestivamente accorto di esse, non erano tempestivamente eseguibili opportuni rimedi, secondo un criterio probabilistico di riuscita, si' che non poteva esser impedita la definitiva consolidazione della frattura, avvenuta in modo viziato. Pertanto il motivo va accolto.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente deduce: "Articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5 - Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 91 e 92 c.p.c.. Omessa motivazione su un punto controverso e decisivo per il giudizio".

La sentenza di primo grado aveva ritenuto l'inammissibilita'-improcedibilita' della domanda per la mancata citazione in giudizio dell'assicuratore, ma l'appello sul motivo pregiudiziale era stato accolto e ciononostante la Corte di merito ha condannato il Ti. alle spese del grado senza tener conto della reciproca soccombenza compensando le spese o condannando l'appellato al pagamento di quelle di secondo grado per la sua infondata eccezione. Formula quindi seguenti quesiti di diritto: "se la parte che abbia proposto impugnazione avverso una sentenza che ha definito il giudizio in accoglimento di una eccezione pregiudiziale - preliminare sollevata dalla controparte risulti poi vittoriosa rispetto a tale questione, ma soccombente nel merito, debba esser ritenuta ai fini della decisione sulle spese giudiziali, totalmente soccombente o debba ravvisarsi piuttosto una situazione di reciproca soccombenza; se comunque il comportamento processuale della parte che ha dato causa alla decisione impugnata, poi riformata, costituisca giusto motivo per la compensazione delle spese legali".

Il motivo e' assorbito dall'accoglimento del motivo precedente per effetto del principio, previsto dall'articolo 336 cod. proc. civ., comma 1, secondo il quale la cassazione della sentenza impugnata ha effetto anche sulle parti della sentenza dipendenti da quella cassata (cosiddetto effetto espansivo) come le spese processuali, con la conseguenza che il giudice di rinvio ha il potere di rinnovarne totalmente la regolamentazione alla stregua dell'esito finale della lite. Pertanto il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovi accertamenti di fatto ed esame alla luce di principi suesposti.

Il giudice del rinvio provvedere altresi' sulle spese, anche del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di Appello di Bologna.

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