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L'ammontare del danno biologico richiesto dagli eredi iure successionis va calcolato con riferimento alla durata effettiva della vita del defunto

L'ammontare del danno biologico, che gli eredi del defunto richiedono iure successionis, va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 30 ottobre 2009, n. 23053)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele - Presidente

Dott. UCCELLA Fulvio - rel. Consigliere

Dott. TALEVI Alberto - Consigliere

Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso 8283/2005 proposto da:

SO. EL. , elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA DEI PRATI DEGLI STROZZI 26, presso lo studio dell'avvocato BAUZULLI FILIPPO, rappresentata e difesa dall'avvocato TREVISI Angelo con studio in 73100 LECCE Via Taranto, 31;

- ricorrente -

contro

NU. TI. AS. SPA, VI. AL. , VI. SI. , MO. LU. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 729/2004 della CORTE D'APPELLO di LECCE, Sezione Prima Civile, emessa il 25/05/2004; depositata il 18/12/2004; R.G.N. 90/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 28/09/2009 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l'Avvocato GIANCARLO PIZZOLI per delega Avvocato ANGELO TREVISI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. - Con sentenza del 19 febbraio 2001 il Tribunale di Lecce, in accoglimento della domanda proposta da So. El. nei confronti di Mo. Lu. e Vi. Ra. , Al. , Si. e S. , tutti nella qualita' di eredi di Vi. To. , nonche' nei confronti della Nu. Ti. As. s.p.a., presso cui il Vi. era assicurato per la r.c.a., condannava i convenuti in solido al pagamento della somma di lire 201 milioni oltre interessi legali sulla somma annualmente rivalutata, con decorrenza dal febbraio 1996, oltre al pagamento dei 2/3 delle spese del giudizio, per il resto compensate.

2. - Infatti, con atto di citazione notificato il 1-2 agosto 1995,la So. assumeva che il (OMESSO) sulla provinciale (OMESSO), l'autovettura, condotta dal proprietario Vi. To. , a causa della forte velocita', aveva invaso la corsia di sinistra ed era entrata in collisione con l'auto guidata da Ge. Ra. su cui viaggiavano Ge. Pa. e Ge. Gi. .

Decedevano immediatamente Ge. Pa. e Ge. Ra. , mentre Ge. Gi. e Vi. To. decedevano nei giorni successivi.

A suo dire, l'incidente si era verificato per colpa esclusiva di Vi. To. e, quindi, chiedeva la condanna in solido dei convenuti al risarcimento del danno patrimoniale, biologico e morale.

Instauratosi il contraddittorio ed espletata la relativa istruttoria il Tribunale di Lecce emetteva la sentenza sopra indicata.

Avverso di essa la So. , con atto di citazione notificato il 7 febbraio 2002, proponeva appello.

Resisteva al gravame la Nu. Ti. che ne contestava la fondatezza e ne chiedeva il rigetto.

Gli eredi Vi. non si costituivano.

Con sentenza del 18 dicembre 2004 la Corte di appello di Lecce accoglieva per quanto di ragione l'appello e rideterminava il danno nella maggior somma di lire 446 milioni, condannando gli appellati al pagamento della ulteriore somma di lire 35 milioni, equivalenti ad euro 18075,99, oltre interessi legali da computarsi sull'intero credito devalutato dal febbraio 1996 alla data del sinistro e rivalutato annualmente, imputando l'acconto di lire 210 milioni; confermava nel resto la sentenza di primo grado e condannava la Nu. Ti. al pagamento dei 2/3 delle spese del grado.

Contro tale decisione insorge la So. con ricorso affidato a cinque motivi.

Nessuno degli intimati si e' costituito.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo (identico a quello proposto in appello - v. p. 4 sentenza impugnata) la ricorrente si duole del fatto che il giudice dell'appello non abbia liquidato il danno morale iure hereditatis, per cui vi sarebbe violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3.

Va premesso, al riguardo, che in sede di legittimita' va tenuta distinta l'ipotesi in cui si lamenta l'omesso esame di una domanda da quella in cui si censura l'interpretazione data alla domanda stessa, ritenendosi in essa compresi o esclusi alcuni aspetti della controversia in base ad una valutazione non condivisa dalle parti.

Nel caso in esame, osserva il Collegio che si versa in questa seconda ipotesi, per cui non si rinviene la suddetta violazione.

Infatti, il giudice dell'appello ha rilevato che la So. aveva chiesto si'a iure proprio che iure successionis i danni; aveva chiesto sia iure proprio che iure successionis il risarcimento del danno biologico, ma per quanto concerne il risarcimento del danno, cosi' come richiesto, ovvero per la sofferenza ed i turbamenti subiti, ha ritenuto che la richiesta facesse riferimento al danno morale soggettivo iure proprio (p. 5 sentenza impugnata).

Sul punto la ricorrente si richiama a varie decisioni di questa Corte, che insistono sul contenuto sostanziale della domanda, sulla effettiva volonta' coltivata dalle parti (non a caso essa ricorrente pone in rilievo la condotta della Nu. Ti. , che avrebbe accettato sul punto il contraddittorio - p. 13 ricorso), tuttavia non tiene conto che il vizio di omessa pronuncia non puo' ritenersi sussistere, essendo stata la sua censura esaminata, anche se in maniera difforme dalle sue aspettative (Cass. n. 7533/04).

Peraltro, la formulazione delle richieste non lascia dubbi in proposito (v. 5 sentenza impugnata).

2. In merito al secondo motivo, concernente la rideterminazione del danno biologico iure hereditatis va precisato quanto segue.

La ricorrente ritiene che il danno biologico va inquadrato nell'ambito di una lettura costituzionale dell'articolo 2059 c.c..

Il che e' fuori discussione (v. diffusamente, in motivazione, S.U. n. 26972/08, seguite da Cass. n. 4053/09), ma il problema che essa pone e' diverso, perche' attiene alla qualificazione giudica di tale danno.

Al riguardo, la sentenza impugnata si esprime nel senso che la figlia della So. sia rimasta in vita "per un periodo di tempo ritenuto apprezzabile (con acquisizione del relativo diritto e sua trasmissione iure hereditatis alla madre)" e ha calcolato la pretesa risarcitoria "in relazione all'effettiva vita residua goduta dalla de cujus e non gia' sulla base del calcolo del tutto astratto della aspettativa di vita media" (p. 7 sentenza impugnata con richiami di giurisprudenza).

Questa statuizione, contrariamente a quanto deduce la ricorrente, e' conforme a quella giurisprudenza da lei riportata a suffragio della sua tesi (Cass. n. 19057/03; gia' Cass. n. 2775/03) e secondo la quale l'ammontare del danno biologico, che gli eredi del defunto richiedono iure successionis, va calcolato non con riferimento alla durata probabile della vita del defunto, ma alla sua durata effettiva, (Cass. n. 9620/03; Cass. n. 2775/03, in termini; Cass. n. 19057/03).

Ne consegue che la decisione resiste alla censura perche' il giudice dell'appello ha tenuto conto del caso concreto, cosi' come ricostruito dal giudice di primo grado.

3. In ordine al terzo motivo, circa la pretesa risarcitoria del danno patrimoniale futuro (ed intitolato violazione dell'articolo 2043 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche' in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 4) ritiene il Collegio che nessuno dei due profili sia da accogliersi.

Contrariamente a quanto deduce la ricorrente, il "giudizio negativo espresso dalla Corte territoriale" non "si fonda su una serie di gratuite affermazioni e supposizioni inaccettabili" (p. 19 ricorso).

Infatti, con un argomentare appagante sotto il profilo motivazionale, che, peraltro, la ricorrente censura, esprimendo solo una diversa opinione, la Corte territoriale ha condiviso quanto ritenuto dal primo giudice e cioe' che in relazione al caso concreto non risultava provato "il presupposto di fatto (condizioni economico-patrimoniali) su cui dovrebbe fondarsi la stessa aspettativa di aiuto economico della So. verso le figlie".

Di vero, sussisteva una situazione obbiettiva di difficolta' (correlata alle attuali condizioni economico-sociali) dell'inserimento delle due studentesse nel mondo del lavoro, una volta perfezionato il corso di studi universitari" (p. 9 sentenza impugnata).

A questo passaggio motivazionale della sentenza impugnata la ricorrente risponde configurando una situazione "familiare" futuribile, ma non indica alcun indizio presuntivo valido che pure aveva l'obbligo di indicare, onde consentire di accedere alla sua tesi, ne' disconosce che il ragionamento adottato dal giudice dell'appello e' avulso dai principi giurisprudenziali richiamati in sentenza e da cui non vi e' motivo di discostarsi (v. Cass. n. 3548/04, par. 11.1 e par. 11.2., in motivazione).

4. - In ordine al quarto motivo sulla rideterminazione del danno morale (ed intitolato violazione dell'articolo 112 c.p.c., per omessa pronuncia in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche' dell'articolo 2059 c.c., in riferimento all'articolo 360 c.p.c., n. 3) la ricorrente lamenta che il giudice dell'appello non si sia espresso in merito, allorche' ha condiviso la decisione di Tribunale che non avrebbe applicato le tabelle in modo aderente al caso concreto.

Questo, in sintesi, il motivo del ricorso (p. 21-22 ricorso).

Al riguardo, ritiene il Collegio che la "conferma nel resto" della sentenza impugnata e il contenuto del motivo escludono la sussistenza dei vizi denunciati.

La liquidazione del danno morale iure proprio sfugge necessariamente ad una previa valutazione analitica e resta affidata, come e' noto, all'apprezzamento discrezionale ed equitativo del giudice del merito, come tale non censurabile in sede di legittimita' (Cass. n. 6519/04), perche', pur a seguito del nuovo riferimento del diritto alla integrita' psicofisica della persona nell'ambito del comb. disp. articolo 2059 c.c. e articolo 32 Cost., nonche' di altre norme costituzionali poste a presidio di detta integrita' personale, rimangono validi tutti i principi generali elaborati in tema di quantificazione del danno morale, oltre che di quello biologico (Cass. n. 3399/04).

Peraltro, anche con questo motivo si censura un apprezzamento di fatto del giudice dell'appello che non ha "omesso di pronunciarsi" quando ha condiviso il ragionamento logico-giuridico del giudice di primo grado, senza trascurare che il vizio di omessa pronuncia viene enunciato perche' la decisione di primo grado, ritenuta congrua ed immune da vizi da parte del giudice dell'appello, sarebbe in contrasto con la pretesa della ricorrente (p. 22 ricorso): il che, sembra per le sue stesse ammissioni, in contrasto con quanto essa lamenta.

5. Neppure il quinto motivo, con cui si lamenta l'omessa liquidazione del contributo per le spese generali puo' essere accolto, perche' tale rimborso spetta all'avvocato a norma dell'articolo 15 della tariffa professionale forense in via automatica e con determinazione ex lege, cosicche' deve ritenersi compreso nella liquidazione degli onorari e dei diritti nella misura del 10% di tali importi, anche senza espressa menzione nel dispositivo della sentenza (v. Cass. n. 10416/03; Cass. n. 20321/05; Cass. n. 146/06).

Conclusivamente, il ricorso va rigettato.

Nulla va disposto per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla dispone in ordine alle spese.




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