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La casalinga, pur non percependo reddito monetizzato, svolge un'attivita' suscettibile di valutazione economica e deve essere risarcita in caso di sinistro

La casalinga, pur non percependo reddito monetizzato, svolge un'attivita' suscettibile di valutazione economica, che non si esaurisce nell'espletamento delle sole faccende domestiche, ma si estende al coordinamento della vita familiare, per cui costituisce danno patrimoniale (come tale, autonomamente risarcibile rispetto al danno biologico) quello che la predetta subisca in conseguenza della riduzione della propria capacita' lavorativa. (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 19 marzo 2009, n. 6658)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Presidente

Dott. FILADORO Camillo - rel. Consigliere

Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere

Dott. URBAN Giancarlo - Consigliere

Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

VI. FL. , GH. VI. , elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 140, presso lo studio dell'avvocato FERRETTI ANNA MARIA, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato LE FOCHE ERMANNO; giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrenti -

contro

SA. AS. RI. S.P.A., GE. CA. SE. S.R.L., PA. BE. ;

- intimato -

avverso la sentenza n. 460/2004 della CORTE D'APPELLO di ROMA quarta sezione civile, emessa il 32.3.2003, depositata il 27/01/2004; R.G.N. 4678/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/01/2009 dal Consigliere Dott. FILADORO CAMILLO;

lette le conclusioni, scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Scardaccione Eduardo Vittorio, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso per manifesta infondatezza.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Vi. Fl. e Gh. Vi. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d'appello di Roma del 21 marzo 2003 - 27 gennaio 2004 che confermava integralmente la sentenza del Tribunale di Latina n. 686 del 2000, la quale - ritenuta la esclusiva responsabilita' di Pa. Be. , conducente della vettura di proprieta' di GE. CA. s.r.l., assicurata presso SA. as. - condannava i convenuti in solido al pagamento della somma complessiva di lire 22.054.300, e lire 100.850.200, in favore di Gh. Vi. e Vi. Fl. , a titolo di danno biologico e morale, disattese per entrambi le domande di risarcimento del danno patrimoniale da incapacita' lavorativa specifica.

Avverso tale decisione sia il Gh. che la Vi. hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da due motivi.

Gli intimati non hanno svolto difese.

Il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Il difensore dei due ricorrenti ha partecipato alla discussione alla adunanza in data odierna.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la Vi. denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio; in particolare violazione dell'articolo 112 c.p.c., e degli articoli 4 e 37 Cost., che tutelano tutte le forme di Lavoro prevedendo espressamente il ruolo della lavoratrice - casalinga.

I Giudici di appello avevano pronunciato in aperta violazione del principio di corrispondenza tra chiesto o pronunciato, ritenendo che i postumi permanenti residuati alla Vi. , casalinga, incidessero nella capacita' lavorativa generica - e non invece in quella specifica - e che rientrassero quindi nell'ambito del danno biologico gia' liquidato.

Correttamente, invece, il primo Giudice aveva inquadrato la compromissione della capacita' lavorativa della Vi. nella riduzione di capacita' lavorativa specifica.

Sul punto non era stata proposta alcuna censura in sede di appello dalla compagnia di assicurazione ne' dalle altre convenute, sicche' la decisione doveva ritenersi passata in giudicato.

In ogni caso, i Giudici di appello avevano li mostrato di non conoscere la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il danno patito da una casalinga a seguito di infortunio rientra, a pieno titolo, nell'ambito di un danno alla capacita' lavorativa specifica. Il motivo e' manifestamente fondato.

E' appena il caso di porre in luce che la casalinga, pur non percependo reddito monetizzato, volge un'attivita' suscettibile di valutazione economica, che non si esaurisce nell'espletamento delle sole faccende domestiche, ma si estende al coordinamento della vita familiare, per cui costituisce danno patrimoniale (come tale, autonomamente risarcibile rispetto al danno biologico) quello che la predetta subisca in conseguenza della riduzione della propria capacita' lavorativa (Cass. 9 febbraio 2005 n. 2639. Nello stesso senso, ex plurimis, Cass. 11 dicembre 2000, n. 15580).

La sentenza impugnata, che non si e' uniformata a tale principio, deve pertanto essere riformata.

Con il secondo motivo il solo Gh. denuncia messa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio, nonche' violazione e falsa ed errata applicazione di norme di diritto.

La decisione della Corte romana era gravemente insufficiente e contraddittoria nel punto in cui aveva escluso qualsiasi danno alla capacita' lavorativa specifica del Gh. .

Infatti, questi, Comandante Alitalia, aveva dovuto cessare l'attivita' di volo ed accettare il pensionamento anticipato a causa di un intervento chirurgico effettuato nell'anno precedente l'incidente.

Dopo il sinistro del 21 febbraio 1996 aveva continuato a svolgere, presso la stessa Compagnia, attivita' di insegnante a terra con simulatori di volo, in qualita' di collaboratore esterno, con una attivita' piu' ridotta, e con un minor guadagno rispetto a quello ottenuto nell'anno precedente.

I Giudici di appello avevano negato, sulla base dell'accertamento di questa attivita' libero professionale (svolta nell'anno 1996 e 1997) che i postumi permanenti residuati al Comandante Gh. fossero tali da influire in qualche modo sulla capacita' lavorativa dello stesso, sul rilievo che la documentazione fiscale prodotta dimostrava che guadagni del Gh. , anche dopo il sinistro, erano stati all'incirca pari a quelli derivanti dalla attivita' libero professionale iniziata dopo il pensionamento.

Anche questo motivo e' manifestamente fondato.

I Giudici di appello, procedendo ad un esame accurato della documentazione fiscale acquisita agli atti (solo formalmente richiamata a pag. 8 della sentenza impugnata senza alcun riferimento ai dati ricavabili dagli stessi) avrebbero dovuto accertare se il Gh. avesse dato la prova sia dell'an che del quantum debeatur per la perdita definitiva del reddito in relazione alla attivita' libero professionale iniziata subito dopo il pensionamento, per i redditi percepiti negli anni che avevano preceduto l'incidente e per quelli relativi agli anni seguenti, dopo la interruzione dovuta alle conseguenze dirette dell'incidente stradale.

Tale danno, permanente e futuro, secondo la giurisprudenza di questa Corte, deve essere integralmente risarcito, nella sua complessita', presentando per l'attualita' la nota di danno emergente (poiche' se manca il reddito emerge la necessita' di ricorrere al risparmio accumulato o all'indebitamento o alla solidarieta') e di lucro cessante (come perdita, mancato guadagno che si protrae per l'intera esistenza).

Non puo' quindi condividersi l'assunto della Corte romana, che ha corretto il principio del risarcimento integrale, riducendolo e ponendo a carico del danneggiato un ulteriore e non richiesto onere della prova: quello di dimostrare che il lucro fosse effettivamente cessato, parzialmente o nella sua totalita'.

Tra l'altro, dal mancato decremento, o addirittura dall'incremento, di reddito successivamente all'invalidita' permanente derivata da un incidente ad un soggetto, non puo' affatto desumersi automaticamente (come invece hanno ritenuto i giudici di appello) la mancanza di incidenza di tale invalidita' sulla capacita' lavorativa specifica di questi - e quindi la mancanza di danno per lucro cessante - in quanto, da un lato, le conseguenze del maggior impiego di energie, necessario per mantenere inalterato il reddito raggiunto precedentemente, possono manifestarsi anche a distanza di tempo, come nel caso di anticipata cessazione dell'attivita' medesima, oppure - come appunto dedotto dal ricorrente nel caso di specie - le stesse possono comportare la rinuncia ad altre attivita' piu' redditizie, ma piu' impegnative (cfr. Cass. 29 settembre 1997 n. 9542).

Costituisce, infine, principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale la riduzione del reddito puo' essere dimostrata anche attraverso un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti (Cass. n. 1120 del 2006, 14026 del 2004).

Nel caso di specie, pertanto, i Giudici di appello avrebbero potuto far ricorso ad una liquidazione in via equitativa, una volta accertato, sulla base della consulenza tecnica di ufficio, che le menomazioni conseguenti all'incidente avevano realmente cagionato all'infortunato una "obbiettiva riduzione della funzionalita' vestibolare" con il risultato di impedire al Gh. la possibilita' di completare l'iter addestrativo degli allievi, potendo egli ora addestrare il personale solo sui simulatori a postazione esterne e fissi.

Conclusivamente il ricorso deve essere accolto, essendo manifestamente fondati entrambi i motivi di ricorso.

La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro Giudice che procedera' a nuovo esame, tenendo conto dei principi enunciati. Il Giudice del rinvio provvedera' anche in ordine alle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma anche per le spese del presente giudizio.

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