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La domanda di risarcimento ex articolo 89 Cpc per la frase ritenuta ingiuriosa ed inserita negli atti del giudizio va proposta solo nei confronti della parte. Che, se condannata, può rifarsi sul difensore quando ricorrono le condizioni

Delle offese contenute negli scritti difensivi risponde, ai sensi dell'articolo 89 c.p.c., sempre la parte, anche quando provengano dal difensore (Cass. 11063/02) e destinatario della domanda di risarcimento del danno ex articolo 89 c.p.c., comma 2, e' sempre e solo la parte (legittimata passivamente), la quale - se condannata - potra' rivalersi nei confronti del difensore, cui siano addebitabili le espressioni offensive, ove ne ricorrano le condizioni (Corte di Cassazione Sezione 2 Civile, Sentenza del 9 settembre 2008, n. 23333).



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente

Dott. COLARUSSO Vincenzo - Consigliere

Dott. SCHERILLO Giovanna - rel. Consigliere

Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere

Dott. BERTUZZI Mario - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

VA. Br. , e V. V. elettivamente domiciliato in ROMA VI L. MANCINELLI 65, presso lo studio dell'avvocato MOSCATI ENRICO, che li difende unitamente all'avvocato CIPOLLONE GABRIELE, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

BA. GI. , in proprio e articolo 86 c.p.c., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G MAZZINI 114/A, presso lo studio dell'avvocato PASCUCCI FRANCO, giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1750/02 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 12/11/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/02/08 dal Consigliere Dott. SCHERILLO Giovanna;

udito l'Avvocato MOSCATI Eneico, difensore dei ricorrenti che ha chiesto accoglimento del ricorso;

udito l'Avvocato BASILE Giulia con delega depositati in udienza dell'Avvocato BANZAN Gianni, difensore del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso VA. ; accoglimento ricorso V. .

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione in data 12.12.95 l'avv. Ba. Gi. conveniva davanti al Tribunale di Rovigo V. V. esponendo che, in data 31.8.94, aveva richiesto ed ottenuto dal Pretore di Rovigo nei confronti del V. e della di lui moglie OS. Ma. An. decreto ingiuntivo di pagamento della somma di lire 2 milioni in forza di atto di impegno da costoro sottoscritto con scrittura privata del 13.9.88; che gli ingiunti avevano proposto opposizione al decreto sostenendo di nulla dovere; che, ottenuta la provvisoria esecuzione del decreto, esso avvocato Ba. aveva intimato ai debitori precetto di pagamento e, non essendo il pagamento avvenuto, aveva notificato atto di pignoramento presso terzi (sullo stipendio della Os. ); che successivamente, in data 9.1.95, aveva inviato al legale di controparte lettera di quantificazione dell'importo dovuto, a cui il V. aveva risposto con lettera accompagnatoria del 18.9.95 del seguente tenore: "in risposta alla Sua del 9.1.95 il mio impulso era quello di trasmetterle esattamente le Sue spettanze, e cioe' nulla. Meditando pero' sul suo atteggiamento e considerando che dovrei iniziare causa di opposizione preferisco, almeno per il momento, saziare il suo bisogno di denaro e versarLe l'intero importo da Lei richiesto, quale portato dall'unito assegno".

Tutto cio' premesso, l'avv. Ba. , ritenendo offensive le espressioni contenute nella lettera, chiedeva la condanna del V. al risarcimento dei danni, quantificato nella misura di lire 10 milioni, oltre alle spese di causa.

Costituitosi, il convenuto negava il contenuto ingiurioso della missiva, sostenendo che questa andava valutata alla luce dei rapporti pregressi tra le parti, precisando, in particolare, che, come dedotto da lui e dalla moglie in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, la somma di lire 2 milioni, oggetto del decreto costituiva il residuo prezzo di un immobile da essi acquistato con scrittura privata in cui figuravano come venditori Ma. Si. , Ma. An. e Bo. Am. , in luogo dell'avv. Ba. che era in realta' l'effettivo proprietario e venditore del bene; che la detta somma era stata da essi trattenuta a garanzia della regolarizzazione di un abuso edilizio riscontrato nell'immobile, rilasciando al venditore, avv. Ba. , la scrittura di impegno 13.9.88 posta a base del decreto ingiuntivo; che non avendo provveduto alla garantita regolarizzazione dell'immobile, il Ba. nulla poteva pretendere in forza della detta scrittura; che, in relazione alle difformita' dell'immobile compravenduto, il V. e la moglie, con separato atto di citazione, avevano convenuto in giudizio i venditori apparenti nonche' l'avv. Ba. , chiedendone la condanna al risarcimento dei danni ed il relativo giudizio era ancora pendente. Tutto cio' premesso, il V. chiedeva, la sospensione della causa in attesa della definizione dei due giudizi pendenti tra le parti e, in ogni caso, il rigetto della domanda con la condanna dell'attore ex articolo 96 c.p.c..

Poiche' la comparsa di costituzione del V. conteneva, tra l'altro, la seguente frase: "il supposto creditore procedente ha svolto attivita' che pare di vera e propria persecuzione, se non e' aur sacra; gli stessi documenti che l'attore produce danno contezza piena dell'urgente bisogno di realizzare un credito, peraltro contestato", l'attore avv. Ba. , ritenendo tali espressioni offensive e non attinenti all'oggetto della causa, chiedeva la cancellazione della frase in questione e l'autorizzazione a chiamare in causa l'avv. Va. , difensore del convenuto, per sentirlo condannare ai sensi dell'articolo 89 c.p.c., comma 2, al risarcimento del danno quantificato "prudenzialmente" in lire 10 milioni.

Autorizzata la chiamata in causa, l'avv. Va. si costituiva contestando la ritualita' della chiamata sia perche' tardiva sia perche' il difensore non puo' essere chiamato a rispondere per la parte da lui assistita; chiedeva, inoltre, la sospensione del giudizio e, nel merito, contestava la domanda contro di lui proposta dal Ba. perche' infondata e ne chiedeva il rigetto.

Con sentenza n. 252/95 il Tribunale di Rovigo, ritenute ingiuriose sia le espressioni contenute nella lettera 18.1.1995 del V. sia quelle contenute nella comparsa di risposta a firma dell'avv. Va. per il convenuto V. , in accoglimento di entrambe le domande attoree, condannava il V. e l'avv. Va. , ciascuno, al pagamento in favore dell'avv. Ba. di lire 7.500.000, a titolo di risarcimento del danno nonche' e alle spese processuali. Entrambi i soccombenti proponevano appello, che veniva respinto dalla Corte d'appello di Venezia che, con sentenza 25.5.2002, condannava gli appellanti alle spese del grado.

Contro la sentenza i soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione sorretto da sei motivi di censura illustrati da una memoria.

L'avv. Ba. ha resistito con controricorso illustrato da una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 - I primi cinque motivi di ricorso riguardano il capo della sentenza concernente la posizione dell'avv. Va. .

Nei confronti del professionista il giudice d'appello ha confermato la condanna al risarcimento dei danni ai sensi dell'articolo 89 c.p.c., per la frase, del seguente tenore, contenuta nella comparsa di risposta da lui redatta per il convenuto V. : "il supposto creditore procedente ha svolto attivita' che pare di vera e propria persecuzione, se non e' aur sacra; gli stessi documenti che l'attore produce danno contezza piena dell'urgente bisogno di realizzare un credito, peraltro contestato".

Per tale frase, ritenuta dal giudicante ingiuriosa nei confronti dell'attore avv. Ba. , la sentenza impugnata ha affermato la personale responsabilita' dell'avv. Va. , chiamato in causa dal Ba. , e lo ha condannato al risarcimento dei danni come richiesto dal chiamante.

La decisione non puo' essere condivisa.

Stabilisce l'articolo 83 c.p.c., che il difensore sta in giudizio in luogo della parte del quale ha assunto il patrocinio.

Tale particolare rapporto, da alcuni qualificato come vera e propria sostituzione, piu' che di rappresentanza, a causa della identificazione tra i due soggetti, comporta che gli atti compiuti dal difensore sono direttamente riferibili alla parte da lui assistita. Ne consegue che non puo' il difensore assumere nell'ambito del processo la veste di parte.

In applicazione di tale principio, e' stato affermato che delle offese contenute negli scritti difensivi risponde, ai sensi dell'articolo 89 c.p.c., sempre la parte, anche quando provengano dal difensore (Cass. 11063/02) e destinatario della domanda di risarcimento del danno ex articolo 89 c.p.c., comma 2, e' sempre e solo la parte (legittimata passivamente), la quale - se condannata - potra' rivalersi nei confronti del difensore, cui siano addebitabili le espressioni offensive, ove ne ricorrano le condizioni (Cass. 10916/01, specie in motivazione).

Nel caso di specie, quindi, la domanda di risarcimento ex articolo 89 c.p.c., per la frase contenuta nella comparsa di risposta redatta per il convenuto V. dall'avv. Va. doveva essere proposta (ma non lo e' stata) soltanto nei confronti del V. , quale parte del giudizio, e non contro il suo difensore, come invece e' avvenuto.

Ne discende che la chiamata in causa del predetto difensore, indipendentemente dalla tempestivita' o meno della domanda, non poteva essere autorizzata perche', non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste dall'articolo 106 c.p.c., mancavano i presupposti legittimanti la chiamata.

Va pertanto accolto il primo motivo di ricorso, col quale si denuncia violazione dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, in relazione all'articolo 89 cpv. c.p.c., articoli 101, 106, 107 c.p.c., articolo 269 c.p.c., comma 3, e articolo 269 c.p.c., per avere la Corte d'appello completamente omesso la motivazione in ordine ai rilievi, formulati dall'avv. Va. con l'appello, in ordine ai detti profili di imtualita' della sua chiamata in causa.

In accoglimento del motivo, ed assorbiti i restanti quattro motivi, di carattere non autonomo, la sentenza va, pertanto, cassata senza rinvio nella parte in cui, ritenendo implicitamente l'avv. Va. legittimato passivamente, lo ha condannato al risarcimento del danno in favore dell'avv. Ba. e, potendo la causa Ba. - Va. essere decisa anche nel merito, va dichiarata inammissibile la domanda proposta dall'avv. Ba. contro il Va. .

Ragioni di opportunita' inerenti alla natura della causa e alla qualifica professionale dei due contendenti giustificano la compensazione delle spese dell'intero giudizio tra i predetti.

2 - Va ora esaminato il sesto motivo, che come si sottolinea nello stesso ricorso, riguarda la posizione del solo V. .

Nei confronti di costui la Corte d'appello ha confermato la condanna al risarcimento dei danni in favore dell'avv. Ba. per le espressioni, ritenute offensive, contenute nella lettera 18.1.1995 da lui inviata all'avv. Ba. , del seguente tenore: "in risposta alla Sua del 9.1.95 il mio impulso era quello di trasmetterle esattamente le Sue spettanze, e cioe' nulla. Meditando pero' sul suo atteggiamento e considerando che dovrei iniziare causa di opposizione preferisco, almeno per il momento, saziare il suo bisogno di denaro e versarLe l'intero importo da Lei richiesto, quale portato dall'unito assegno".

Il ricorrente censura la decisione lamentando che la Corte di merito ha interpretato le dette espressioni discostandosi dal suo tenore letterale e dal suo significato logico, non tenendo conto che il V. si era limitato a negare il suo debito, senza qualificare in alcun modo l'azione del Ba. e che attribuire al proprio interlocutore il bisogno di danaro nel momento in cui si e' costretti a pagare una somma che si ritiene non dovuta, non significa tacciare il medesimo di disonesta'.

La censura merita accoglimento.

- E', infatti, erronea la premessa da cui muove il giudizio di offensivita' formulato dalla Corte di merito, e cioe' che la lettera tacciava l'avv. Ba. di disonesta', il che equivaleva, si legge nella sentenza, ad una chiara manifestazione di disprezzo nei suoi confronti.

Ed invero, ne' il tenore letterale delle parole usate, ne' il senso logico delle stesse, quale si ricava prima facie dalla lettura della proposizione incriminata, contengono infatti alcuna affermazione di disonesta' del destinatario della missiva, potendo le parole in questione essere anche lette, soprattutto se poste in relazione con il contenzioso pendente tra le parti, soltanto come espressione, ancorche' acerba, della critica mossa dal V. alla decisione assunta dall'avv. Ba. di intraprendere nei confronti azione esecutiva nonostante la pendenza del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.

Stante l'erroneita' della premessa, le sbrigative conclusioni che la sentenza ne ha tratto in ordine al carattere dispregiativo delle espressioni usate dal V. e alla sua consapevolezza di offendere la controparte, risultano meramente assertive in quanto private di supporto logico.

Il motivo va, pertanto, accolto e la sentenza cassata in parte qua con rinvio della causa per nuovo esame alla stessa Corte d'appello, altra sezione.

Il giudice di rinvio liquidera' anche le spese del giudizio di cassazione relative al solo rapporto Ba. - V. .

P.Q.M.

La Corte:

In accoglimento del ricorso dell'avvocato Va. , cassa la sentenza impugnata senza rinvio e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la domanda proposta dall'avv. Ba. contro il Va. . Compensa interamente tra i predetti avvocati le spese dell'intero giudizio.

In accoglimento del ricorso proposto dal V. , cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Venezia, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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