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La prova del danno a lucro cessante deve essere valutato su base progonostica e può essere provato dal danneggiato attraverso delle presunzioni semplici

Il danno da lucro cessante proiettandosi nel futuro, deve essere valutato su base prognostica ed il danneggiato, nell'ambito delle prove, può avvalersi anche delle presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa è di una certa entità e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumersi che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura, qualora la vittima già svolga un'attività o presumibilmente la svolgerà. (Corte di Cassazione, Sezione 3 Civile,Sentenza del 25 gennaio 2008, n. 1690)



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SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SA. EN. , elettivamente domiciliato in ROMA VIA CHIANA 48, presso lo studio dell'avvocato Aleandri Stefano, difeso dall'avvocato Guerrieri Natalino, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

SA. AS. SPA, in persona del Dirigente pro tempore Dott. Sa. Et. , elettivamente domiciliata in Roma Via Romeo Romei 27, presso lo studio dell'avvocato Romagnoli Maurizio, che la difende giusta delega in atti;

- controricorrente -

e contro

AU. IT. SRL, GR. MA. ;

- intimati -

avverso la sentenza n. 3804/03 della Corte d'Appello di ROMA, quarta sezione civile, emessa il 18/06/03, depositata il 10/09/03, R.G. 3941/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/12/07 dal Consigliere Dott. SPIRITO Angelo;

udito l'Avvocato GUERRIERI Natalino;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LO VOI Francesco, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma accolse la domanda proposta dal Sa. - contro il Gr. , la soc. Au. It. e la soc. Sa. As. - per il risarcimento del danno da sinistro stradale, riconoscendo alla vittima (tra l'altro) il risarcimento del danno patrimoniale per ridotta capacita' lavorativa.

La Corte di Roma, in parziale accoglimento dell'appello della compagnia assicuratrice, ha respinto la domanda della vittima (un medico) diretta al riconoscimento del menzionato danno patrimoniale. In particolare, il giudice d'appello, rilevato che il Sa. , a seguito dell'incidente occorsogli, era stato sollevato dal servizio in sala operatoria, ma era comunque rimasto alle dipendenze dell'ospedale, addetto alle attivita' ambulatoriali e di corsia nel reparto chirurgico, ha ritenuto non provata la riduzione della capacita' di guadagno.

Propone ricorso per cassazione il Sa. a mezzo di tre motivi. Risponde con controricorso la compagnia. Il ricorrente ha depositato memoria per l'udienza.

MOTIVI DALLA DECISIONE

Nel primo motivo il ricorrente sostiene che il giudice avrebbe violato il principio dell'art. 112 c.p.c., in quanto la controparte, sia nei motivi d'appello, sia nelle conclusioni rassegnate in quel grado, s'era limitata a chiedere la riforma della prima sentenza limitatamente alla misura liquidata per le varie voci di danno. Sicche', la Corte d'appello avrebbe pronunziato oltre la domanda laddove ha escluso la riconoscibilita' del danno da ridotta capacita' di guadagno.

Nel secondo motivo e' censurata la contraddittorieta' in cui sarebbe incorsa la motivazione, avendo il Giudice, per un verso, accertato che il danneggiato era stato sollevato dall'attivita' di routine in sala operatoria e che aveva subito la riduzione della sua capacita' lavorativa specifica nella misura del 75%, e, per altro verso, escluso che da cio' potesse derivare un danno patrimoniale futuro rispetto alle frustrate aspirazioni economiche e di carriera.

Il terzo motivo lamenta la violazione dell'art. 2729 c.c., per avere omesso il Giudice di dedurre in via presuntiva la riduzione della capacita' di guadagno.

I motivi secondo e terzo, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.

Il Giudice del merito, nell'escludere il danno da ridotta capacita' di guadagno, dichiara di adeguarsi al principio secondo cui, provata la capacita' di guadagno e del reddito effettivamente percepito, questo e' risarcibile sotto il profilo del lucro cessante e la relativa prova incombe al danneggiato (sul punto e' fatto riferimento a Cass. 27 luglio 2001, n. 10289). Osserva, poi: che il professionista danneggiato, benche' non esplichi piu' l'attivita' di chirurgo, continua a prestare servizio nel medesimo ospedale d'appartenenza (addetto alle attivita' ambulatoriali e di corsia del reparto chirurgico); che il danneggiato non ha provato una sensibile riduzione di reddito, ne', qualora non si fosse verificata tale ipotesi, di non aver potuto usufruire di un reddito ancor piu' rilevante per la perdita di opportunita' di lavoro nello specifico settore di chirurgia; che, inoltre, il Sa. non ha prodotto "alcuna situazione comparativa fra i guadagni percepiti nel periodo precedente e quello successivo al sinistro stradale". La sentenza ha, dunque, concluso di non poter concedere "ad un autonomo risarcimento come danno patrimoniale, non essendo stata fornita nessuna dimostrazione, nemmeno di carattere presuntivo, che la riduzione della capacita' lavorativa specifica abbia dato luogo ad una riduzione della capacita' di guadagno" (qui e' fatto riferimento a Cass. 22 giugno 2001, n. 8599).

A questo punto e' possibile rilevare che il Giudice, affrontato e risolto negativamente il problema della riduzione del reddito nel periodo strettamente a cavallo della verificazione del sinistro (e, dunque, il problema del danno emergente), ha del tutto trascurato la questione relativa al danno patrimoniale futuro, ossia del lucro cessante costituente conseguenza probabile della subita invalidita' permanente. Non ha tenuto conto che questo danno, proiettandosi nel futuro, e' da valutare su base prognostica e che il danneggiato, nell'ambito delle prove, puo' avvalersi anche delle presunzioni semplici; sicche', provata la riduzione della capacita' di lavoro specifica, se essa e' di una certa entita' e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entita', (cd. micropermanenti, le quali non producono danno patrimoniale, ma costituiscono mere componenti del danno biologico), e' possibile presumersi che anche la capacita' di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura (non necessariamente in modo proporzionale), qualora la vittima gia' svolga un'attivita' o presumibilmente la svolgera'. Si tratta, pero', pur sempre di una prova presuntiva e non di un automatismo, con la conseguenza che potra' essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacita' di lavoro specifico, non vi e' stata alcuna riduzione della capacita' di guadagno e che, quindi, non v'e' stato in concreto alcun danno patrimoniale (per questi concetti, cfr. proprio Cass. 22 giugno 2001, n. 8599, in motivazione, che la stessa sentenza impugnata, come s'e' visto, cita, pur senza adeguarvisi).

Altrettanto incongrua e' l'affermazione secondo cui "non puo' quindi farsi luogo, nella situazione descritta, ad un autonomo risarcimento come danno patrimoniale, non essendo stata fornita la dimostrazione, nemmeno di carattere presuntivo, che la riduzione della capacita' lavorativa specifica abbia dato luogo ad una riduzione della capacita' di guadagno". Affermazione assolutamente apodittica o, quanto meno, insufficiente, che non tiene conto dell'esistenza in atti di una serie di elementi (rinvenibili nella stessa sentenza impugnata, nonche' nei motivi di ricorso, non smentiti dal controricorso), quali la giovane eta' del professionista, la sua stabile partecipazione, precedentemente al sinistro, all'equipe operatoria dell'ospedale, lo svolgimento per opera sua di un gran numero di interventi eseguiti nel reparto, la riduzione della funzionalita' della mano destra tale da incidere al 75% sulla sua capacita' lavorativa specifica, cosi' da impedirgli o rendergli estremamente difficili le manovre tipiche del chirurgo, la sua esclusione, successivamente al sinistro, dall'attivita' operatoria e l'adibizione a mere attivita' di corsia e di ambulatorio.

Elementi, questi, che avrebbero dovuto innescare (con esito positivo o negativo rispetto al fine richiesto) il ragionamento probabilistico circa il normale sviluppo della carriera di un giovane chirurgo, tenuto conto delle sue ordinarie aspettative di ruolo ed economiche, nel settore pubblico ed, eventualmente, in quello privato, a fronte delle concrete possibilita' di poter svolgere in futuro attivita' operatoria.

E' per questo che la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi secondo e terzo del ricorso ed il giudice del rinvio dovra' adeguarsi al principio secondo cui: il danno patrimoniale futuro e' da valutare su base prognostica ed il danneggiato, tra le prove, puo' avvalersi anche delle presunzioni semplici; sicche', provata la riduzione della capaciti di lavoro specifica, se essa e' di una certa entita' e non rientra tra i postumi permanenti di piccola entita', (cd. micropermanenti, le quali non producono danno patrimoniale, ma costituiscono mere componenti del danno biologico), e' possibile presumersi che anche la capacita' di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura (non necessariamente in modo proporzionale), qualora la vittima gia' svolga un'attivita' o presumibilmente la svolgera'. Si tratta, pero', pur sempre di una prova presuntiva e non di un automatismo, con la conseguenza che potra' essere superata dalla prova contraria che, nonostante la riduzione della capacita' di lavoro specifico, non vi e' stata alcuna riduzione della capacita' di guadagno e che, quindi, non v'e' stato in concreto alcun danno patrimoniale (cfr. sul punto anche Cass. il maggio 2007, n. 10831).

L'accoglimento dei motivi secondo e terzo ha efficacia assorbente rispetto al primo. Il giudice del rinvio provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi secondo e terzo del ricorso, dichiara assorbito il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione, anche perche' provveda sulle spese del giudizio di cassazione.

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