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La responsabilita' professionale del medico ha natura contrattuale e non precontrattuale. Pertanto, e' il medico gravato dell'onere della prova di aver adempiuto all'obbligo informativo
Pubblicata il 07/06/2011
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 19 maggio 2011, n. 11005
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIFONE Francesco - Presidente
Dott. CHIARINI Maria Margherita - Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - rel. Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco - Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B. R. (OMESSO), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4, presso lo studio dell'avvocato PAFUNDI GABRIELE, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUSETTO FRANCESCA, BIANCHINI ALFREDO giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BU. CO. , elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIGRE' 37 presso lo studio dell'avvocato CAFFARELLI FRANCESCO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FORZA ANTONIO giusta delega a margine del controricorso;
AS. GE. S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo studio dell'avvocato GELLI PAOLO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato TRIVELLATO FERDINANDO giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrenti -
e contro
ULSS/(OMESSO) VENETO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 1319/2008 della CORTE D'APPELLO di VENEZIA, SEZIONE 4 CIVILE, emessa il 02/07/2008, depositata il 09/10/2008 R.G.N. 1010/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/03/2011 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;
udito l'Avvocato BUSETTO FRANCESCA;
udito l'Avvocato GIARDIELLO ENZO (per delega dell'Avv. GELLI PAOLO);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CICCOLO Pasquale Paolo Maria che ha concluso con l'inammissibilita', in subordine il rigetto del ricorso.
La Corte:
RILEVATO IN FATTO
che:
con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte d'appello di Venezia ha confermato la prima sentenza che aveva condannato il medico prof. B. al risarcimento dei danni in favore del Bu. per responsabilita' professionale costituita dall'aver prescritto un'errata terapia (in particolare l'assunzione di un determinato farmaco) che aveva cagionato al paziente gravi danni alla vista, rimettendo la causa in istruttoria per la liquidazione del danno;
il ricorso del B. e' svolto in quattro motivi;
rispondono con controricorso il Bu. e le As. Ge. ;
il B. ed il Bu. hanno depositato memorie per l'udienza;
il primo motivo critica la sentenza nel punto in cui ha riconosciuto sussistere il nesso di causalita' tra l'attivita' svolta dal professionista ed i danni lamentati dalla vittima, soprattutto con riferimento a prescrizioni del farmaco da parte di medici diversi dal B. ;
il secondo motivo censura la sentenza per essersi limitata ad accertare la causalita' astratta, senza aver proceduto ad accertare quella concreta (ossia, che l'attore fosse effettivamente affetto da maculopatia, che questa fosse effettivamente dipesa dall'assunzione dello specifico farmaco prescritto dal B. , che il farmaco fosse stato assunto in modo prolungato e che questa prolungata assunzione fosse da ascriversi alla condotta del B. );
il terzo motivo sostiene che la sentenza avrebbe omesso, nell'affermare il mancato assolvimento dell'obbligo di informazione, di considerare "la natura occasionale e diluita" delle prestazioni del prof. B. ;
il quarto motivo si riferisce al punto in cui la sentenza rigetta l'eccezione di prescrizione perche' la malattia si manifesto' solo alla fine del (OMESSO) ed il ricorrente sostiene che mancherebbe la prova (a carico dell'attore) della circostanza.
OSSERVA IN DIRITTO
che:
i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati; sono inammissibili laddove tendono, in sede di legittimita', ad una nuova valutazione della prova e ad un diverso accertamento dei fatti;
sono infondati laddove lamentano violazioni di legge e vizi della motivazione;
infatti, quanto al nesso causale, la sentenza pone in evidenza che: il professionista non ha mai posto in discussione ne' l'affezione da parte dell'attore della maculopatia, ne' il rapporto eziologico tra questa malattia e l'assunzione dello specifico farmaco prescritto dal B. ; a tal riguardo e' dato conto della comparsa di risposta del medico in primo grado; la derivazione causale in questione e' dimostrata dalla documentazione medica prodotta dall'attore;
inoltre, la sentenza contiene la decisiva e corretta affermazione secondo cui l'eventuale responsabilita' di altri medici che abbiano prescritto o fornito il farmaco in questione non esclude la responsabilita' concorrente e solidale del B. , il quale non ha fornito la prova che quelle condotte furono da sole sufficienti a cagionare il danno; quanto alla causalita' astratta e concreta alla quale fa riferimento il secondo motivo, occorre ribadire che la sentenza di condanna generica pronunciata nel corso di un giudizio di risarcimento del danno aquiliano di norma presuppone il positivo accertamento del nesso di causalita' cosiddetta "materiale" ("ex" articolo Cass. n. 3357/09);
quanto all'obbligo d'informazione ed all'onere della relativa prova basta ricordare che la responsabilita' professionale del medico - ove pure egli si limiti alla diagnosi ed all'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia o dell'intervento che ritenga di dover compiere, allo scopo di ottenerne il necessario consenso informato - ha natura contrattuale e non precontrattuale; ne consegue che, a fronte dell'allegazione, da parte del paziente, dell'inadempimento dell'obbligo di informazione, e' il medico gravato dell'onere della prova di aver adempiuto tale obbligazione (Cass. n. 2847/10);
quanto alla prescrizione ed alla sua decorrenza, la sentenza effettua un compiuto accertamento in ordine all'epoca in cui si manifesto' e fu diagnosticata la malattia e furono compiuti gli atti interruttivi;
in conclusione, non manifestandosi alcun vizio di legittimita', il ricorso deve essere respinto, con condanna del ricorrente a rivalere il Bu. delle spese sopportate nel giudizio di cassazione (l'atto della As. Ge. spa aderisce al ricorso del B. e ne chiede l'accoglimento).
P.Q.M.
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore del Bu. , che liquida in complessivi euro 2200,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.