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La società concessionaria del servizio di smaltimento rifiuti risponde dei danni provocati a terzi dai contenitori per la raccolta
Pubblicata il 05/04/2008
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace della VIII sezione civile di Palermo, Dott. Vincenzo Vitale, ha pronunciato la seguente SENTENZA
nella causa iscritta al n. 10352/2007 R.G. degli affari civili contenziosi, e promossa da M. M. R., rappresentata e difesa dall'Avv. M. R., presso il cui studio, sito in viale R. S. n. , ha eletto domicilio, in virtu' di procura alle liti attrice
contro A. S.p.a., in persona del lagale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avv. M. C. M., presso cui è domiciliata in via ….., giusta procura generale convenuta
Oggetto : responsabilita' da cose in custodia.
Conclusioni : come in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 06/06/2007, l'attrice conveniva in giudizio l'A. S.p.a., al fine di sentire dichiarata la responsabilita' dell'azienda, ed essere risarcita dei danni verificatisi in data 09/04/2006 per omessa attivita' di custodia dei cassonetti di viale della Conciliazione a Palermo.
A tale riguardo, l'istante esponeva che la propria autovettura Ford Focus targata B…, regolarmente parcata, veniva investita, nella parte laterale posteriore sinistra, da un cassonetto dei rifiuti dell'A.., lasciato senza freni al centro della carreggiata, trascinato dal forte vento che spirava in quel frangente.
In conseguenza dell'evento, l'attrice subiva danni al mezzo, quantificati nell'importo di € 774,03 ( come da preventivo prodotto in atti ).
Costituitasi in giudizio, l'A.. S.p.a. respingeva ogni responsabilita' in ordine all'evento, in quanto non provato. Sul piano istruttorio, si acquisivano le dichiarazioni di un testimone oculare, Sig. S.G., che confermavano integralmente la versione dei fatti fornita dall'attrice : questi, nello specifico, precisava che “ molti cassonetti dell'A. si spostavano per il vento “.
Esaurita l'attivita' istruttoria, la causa veniva posta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La vicenda esaminata rientra nell'ambito dell'art. 2051, piuttosto che nella sfera dell'art. 2043, del codice civile. La disposizione normativa ex art. 2051 c.c. introduce una disciplina speciale per i danni arrecati dalle cose di cui si ha la custodia Il rapporto di specialità sussiste con riguardo alla clausola generale del neminem laedere, disciplinata dall'art. 2043 c.c.
Ai sensi della disposizione di cui si tratta, “ ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito ”.
La norma ricavabile dalla disposizione citata ha degli effetti sostanziali e processuali importanti.
Innanzitutto, l'art. 2051 c.c. inverte l'onere della prova distribuendo gli oneri probatori in modo difforme dal modello generale ex art. 2697 c.c.: il danneggiato, infatti, dovrà allegare e provare il danno subito ed il nesso causale tra evento dannoso e cosa custodita, senza essere altresì onerato di dimostrare la colpevolezza del custode, secondo il riparto generale imposto dall'art. 2043 c.c.
L'elemento soggettivo del danno cagionato da cose di cui si ha la custodia, infatti, perde, essenzialmente, rilevanza nella ricostruzione della fattispecie, poiché, di fatto il legislatore prevede in modo esclusivo e tassativo quale sia l'unica causa di esonero di responsabilità per il convenuto in giudizio: il casus fortuitus, inteso nel senso di “ fattore causale esterno, che sia sopravvenuto, preesistente o concomitante, imprevedibile ed eccezionale, non attinente alla res “.
Per quanto concerne il danneggiato, in buona sostanza, la norma impone che venga provato danno e nesso causale, mentre , per cio' che riguarda il soggetto cui imputato il fatto illecito, ( rectius: comportamento illecito ), richiede una esclusiva prova liberatoria, ovvero, la prova positiva del fortuito.
Con le sentenze n. 82/1995 e n. 156/1999, la Corte Costituzionale ha stabilito, a tal proposito, che “ il proprietario delle cose che abbiano cagionato danno a terzi è responsabile ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., solo in quanto ne sia custode, e dunque ove egli sia stato oggettivamente in grado di esercitare un potere di controllo e di vigilanza sulle cose stesse….alla pubblica amministrazione non é applicabile il citato articolo, allorché sul bene di sua proprietà non sia possibile - per la notevole estensione di esso e le modalità d'uso, diretto e generale, da parte dei terzi - un continuo, efficace controllo, idoneo ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo per gli utenti “ ( Corte Cost. 29.04.1999 n. 156 ).
L'indirizzo è stato accolto ed elaborato dalla giurisprudenza di legittimità, che è giunta a ritenere applicabile in astratto l'art. 2051 c.c. nei confronti della P.A. ma previa verifica, in concreto, della configurabilità di una custodia in senso tecnico - giuridico.
Recita un'importante pronuncia della Corte di Cassazione : “ la discrezionalità ( e la conseguente insindacabilità da parte del giudice ordinario ) dei criteri e dei mezzi con i quali l'amministrazione realizza e mantiene un'opera pubblica trovano un limite nell'obbligo dell'amministrazione medesima di osservare, a tutela dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamento disciplinanti quelle attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, così che all'inosservanza di dette disposizioni e norme consegue la ineludibile responsabilità dell'amministrazione per i danni arrecati a terzi “ ( Cass. 26-1-99, n. 674 ; in senso conforme, Cass. 28 aprile 1997 n. 3931 e Cass. 24 aprile 1993 n. 4842 ).
La Corte di Cassazione, in particolare, ha aderito a questo indirizzo interpretativo, optando per una responsabilità oggettiva e non per colpa presunta: “in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per l'applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo.
Pertanto non assume rilievo in sé la violazione dell'obbligo di custodire la cosa da parte del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata ma ad un elemento esterno”, ( Cass. civ., sez. III, 06/04/2004, n.6753 in Mass. Giur. It., 2004; così anche Cass. civ., sez. III, 20/08/2003, n.12219; Cass. civ., sez. III, 09/04/2003, n.5578; Cass. civ., sez. III, 15/01/2003, n.472 ).
In particolare, in Cass. civ., sez. III, 20/08/2003, n.12219, il Collegio afferma, con una ricostruzione giuridica attenta, che “va affermata la natura oggettiva della responsabilità per danno da cose in custodia. Si deve parlare a tal riguardo di «rischio da custodia», più che di «colpa» nella custodia, ovvero, seguendo l'orientamento della giurisprudenza francese, di «presunzione di responsabilità» e non di «presunzione di colpa».
Seguendo questo orientamento la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. individua un'ipotesi di presunzione di responsabilità oggettiva e non una presunzione di colpa. “
Conclusivamente, la responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia ex art. 2051 c.c. si fonda non su un comportamento od un'attività del custode, ma su una relazione intercorrente tra questi e la cosa dannosa e, poiché il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore, il caso fortuito, che attiene non ad un comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno, si deve ritenere che, in tema di ripartizione dell'onere della prova, all'attore compete provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità ( cosi' Cass. Civ., sez. III, 10641/2002 ).
Alla luce delle suesposte considerazioni, la fattispecie esaminata - riguardante la custodia della res, e di fatto consistente in una mancata condotta di messa in sicurezza del cassonetto dei rifiuti - rientra a pieno titolo nell'ambito dell'art. 2051 c.c. : nello specifico, la convenuta A.. non ha posto in essere un'attivita' volta a garantire la sicurezza dei cassonetti porta rifiuti, i quali - muniti di ruote al fine di agevolare lo scarico meccanico dell'immondizia - in caso di forte vento, per tale loro caratteristica, possono costituire un pericolo per l'incolumita' degli utenti della strada, dei loro mezzi, e piu' in generale per la circolazione stradale.
In tal senso - come acutamente osservato da parte attrice - un adeguato sistema frenante ( installato sul cassonetto ) avrebbe potuto rappresentare un rimedio alla mobilita' dello stesso, dovuta al forte vento. Vento, che - di contro - non puo' assurgere ad elemento del fortuito, atteso che le condizioni atmosferiche del periodo considerato rientrano nella normale prassi della stagione invernale. Illuminante appare infine - per la fattispecie considerata - una recente pronuncia della Suprema Corte ( Cass. Civ. n. 14606 del 30/07/2004 ), secondo cui “ l'applicabilità della presunzione di colpa di cui all'art. 2051 cod. civ. per omessa custodia può operare anche a carico della società concessionaria del servizio di smaltimento rifiuti, per i danni provocati a terzi dai contenitori per la raccolta, qualora dall'accertamento in fatto operato dal giudice di merito emerga che, nonostante la numerosità dei beni sui quali esercitare la custodia e la loro utilizzabilità diretta da parte dei cittadini, la concessionaria avesse la possibilità in concreto di esercitare un'attività di vigilanza e controllo sui beni in custodia “.
Orbene, all'esito dell'istruzione dibattimentale e sulla scorta delle considerazioni della giurisprudenza, è emersa la responsabilita' dell'A. S.p.a. per i danni arrecati da un suo cassonetto alla vettura dell'attrice M. M. R..
In ordine al quantum, quest'ultima ha provato, ex art. 2697 c.c., ( tramite documentazione fotografica e preventivo di spesa ) di avere subito danni al mezzo, quantificati nell'importo di € 774,03, somma che appare adeguata e proporzionata in base ai valori di mercato dei pezzi di ricambio.
Su tale cifra vanno calcolati gli interessi legali come per legge, oltre alla rivalutazione monetaria secondo il principio civilistico del calcolo degli interessi sul capitale rivalutato mensilmente, dalla data dell'evento sino all'effettivo soddisfo.
Non risulta viceversa provato il danno da fermo tecnico e svalutazione commerciale del mezzo, voci che - secondo la giurisprudenza della Cassazione, nonché dei giudici di Merito - non sussistono in re ipsa ( Cass. Civ. 06/02/2002 n. 1627 ; Cass. Civ. 19/11/1999 n. 12820 ; Cass. Civ. 2402/1998 ; Trib. Civ. Montepulciano 86/1993 ; Trib. Civ. Biella 611/91 ; Pret. Civ. 24/05/90 n. 168 ).
Le spese di lite seguono la soccombenza e si determinano con riferimento alle tariffe forensi nell'importo di € 2.000,00 ( di cui € 960,00 per onorari ), da distrarsi in favore del procuratore dell'istante, per averle lo stesso anticipate.
P. Q. M.
Visti gli articoli di legge citati ;
Accoglie la domanda attorea proposta da M. M. R. in data 06/06/2007.
Dichiara, ai sensi dell'art. 2051 c.c., l'esclusiva responsabilita' solidale dell'A. S.p.a. per i danni patiti dall'attrice sull'autovettura tg. B.. , verificatisi a seguito dell'evento del 09/04/2006.
Conseguentemente, condanna l'A. S.p.a. al risarcimento in favore dell'attrice dei danni subiti, quantificati nell'importo di € 774,03, oltre interessi legali dalla data del fatto all'effettivo soddisfo.
Condanna infine l'A. S.p.a. al pagamento delle spese processuali, ammontanti ad € 2.000,00 ( di cui € 960,00 per onorari ), da distrarsi in favore del procuratore dell'istante, per averle lo stesso anticipate.
Cosi' deciso in Palermo addi' 01/04/2008.
Il Giudice di Pace
(Dott. Vincenzo)