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Per il riconoscimento del danno da morte non bastano tre giorni di agonia
Pubblicata il 20/04/2009
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NANNI Luigi Francesco - Presidente
Dott. FEDERICO Giovanni - Consigliere
Dott. SPIRITO Angelo - Consigliere
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - rel. Consigliere
Dott. FRASCA Raffaele - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22127-2004 proposto da:
RU. GI., ME. GI., in proprio e quali eredi di ME. FR., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CLAUDIO MONTEVERDI 20, presso lo studio dell'avvocato CODACCI PISANELLI ALFREDO, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato DEVECCHI BRUNO giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
CA. AS. SPA, TO. VA.;
- intimati -
sul ricorso 24698-2004 proposto da:
CA. di. AS. COOP. a.r.l. elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell'avvocato COLETTI PIERFILIPPO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato ERCOLI COSTANTINO giusta delega in calce al controricorso con ricorso incidentale:
- ricorrenti -
contro
ME. GI., RU. GI., ME. FR.;
- intimati -
sul ricorso 26150-2004 proposto da:
TO. VA., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUTEZIA 8, presso lo studio dell'avvocato CAMPAGNOLA ANTONIO, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso incidentale;
- ricorrente -
contro
RU. GI., ME. GI., CA. AS. SCARL;
- intimati -
avverso a sentenza n. 2181/2003 della CORTE D'APPELLO di MILANO, 4 sezione civile emessa il 3/6/03 depositata il 15/7/2003, R.G.N. 1451/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2008 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
udito l'Avvocato CODACCI PISANELLI ALFREDO;
udito l'Avvocato PIERFILIPPO COLETTI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il tribunale di Lodi, pronunciando sulla domanda di quantificazione del risarcimento dei danni avanzata da Ru.Gi., Ma.Fr. e Ma.Gi., madre, padre e fratello di Ma.Vi., deceduto a seguito di uno scontro con l'autovettura condotta da To.Va. - ritenuta, in sede penale, responsabile del sinistro nella misura del 60%, condanno' quest'ultima, in solido con la compagnia di assicurazioni " La. Ca. ", al pagamento delle somme di lire 12 milioni per danno patrimoniale futuro, nonche', rispettivamente, di 74, 115.000.000 e 96 milioni ciascuno per danno morale e biologico iure proprio, oltre alla ulteriore somma di circa 22 milioni per spese vive, negando la (configurabilita' e la conseguente) risarcibilita' di un danno biologico iure haereditario attesa la brevita' del lasso di tempo (3 giorni) intercorso tra l'evento di danno e la morte del giovane.
La sentenza fu impugnata da Ru.Gi. e Me. Gi., in proprio e nella qualita' di eredi di Me. Fr., deceduto nelle more del giudizio, dinanzi alla corte di appello di Milano, la quale, nell'accoglierne, sia pur soltanto in parte qua, il gravame, osservo', per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimita':
1) che il danno morale risarcibile iure proprio andava individuato, come correttamente ritenuto dal giudice di primo grado, nella sofferenza e nei patemi conseguenti al lutto subito, unico essendo il fatto generatore di responsabilita', di talche' la presenza di una malattia psichica conseguente all'evento, liquidabile a titolo di danno biologico, non giustificava la liquidazione di una autonoma e distinta voce di danno morale, salva illegittima duplicazione di identiche poste risarcitorie;
2) che la vittima, nel pur breve lasso di tempo intercorso tra l'incidente e la morte, aveva lucidamente percepito il dramma della propria giovane vita che si andava spegnendo, e siffatta, intensa sofferenza si era senz'altro tradotta in un danno morale trasmissibile iure successionis;
3) che la liquidazione di tutte le ulteriori voci di danno riconosciute in prime cure appariva del tutto adeguata alle circostanze di fatto (legame di sangue, rapporto di convivenza, eta' del deceduto, intensita' del dolore come rappresentato dai CTU nelle rispettive relazioni, concorso di colpa della vittima nella determinazione del sinistro);
4) che, trattandosi di vicenda obbiettivamente incerta nella sua dinamica, non era legittimo discorrere di mala gestio della compagnia assicurativa;
5) che la questione degli interessi sugli acconti gia' corrisposti da quest'ultima in corso di giudizio era inammissibile per difetto di motivazione della relativa censura svolta dagli appellanti.
La sentenza della corte territoriale viene impugnata dinanzi a questa corte da Ru.Gi. e Me.Gi. con ricorso sorretto da 5 motivi di gravame.
Resistono con controricorso la compagnia di assicurazioni e To. Va., che propongono a loro volta ricorso incidentale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, principale e incidentali, proposti avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti.
Essi sono infondati.
Con il primo motivo del ricorso principale, si denuncia un vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto: liquidazione del danno morale.
Il motivo e' privo di pregio.
Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d'appello nella parte in cui ha ritenuto che, al fine di evitare ingiustificate duplicazioni di poste risarcitorie, il danno morale sofferto dai congiunti della vittima fosse stato gia' correttamente considerato e liquidato nell'ambito del danno biologico. La sentenza, immune da vizi logico-giuridici, si conforma tout court con quanto di recente stabilito, in subiecta materia, dalle sezioni unite di questa corte con la pronuncia 28972/08, e va, sul punto integralmente confermata.
Al rigetto di tale motivo consegue, ipso facto, il rigetto della speculare doglianza mossa, in argomento dal ricorrente incidentale " Ca. As. " (folio 5 dell'atto di gravame, motivo 1 del ricorso incidentale) e To.Va. (fol. 3 del ricorso incidentale).
Con il secondo motivo del ricorso principale, si denuncia un ulteriore vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto: liquidazione del danno biologico.
Il motivo e' anch'esso infondato.
Esso e' suddiviso in due sub-motivi.
Il primo di essi attiene alla liquidazione del danno biologico iure successionis.
Tale sub-motivo e' destituito di giuridico fondamento.
La decisione del giudice territoriale appare, difatti, anche su questo punto conforme al dictum delle sezioni unite di questa corte che, con la sentenza poco sopra ricordata, hanno precisato come il danno cd. "tanatologico" o da morte immediata vada piu' correttamente ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso, nella sua nuova e piu' ampia accezione, come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita. La corte milanese ha del tutto correttamente applicato tale principio, qualificando esattamente tale sofferenza come danno morale e non come danno biologico terminale, attesane la inidoneita', nel caso di specie (l'intervallo di tempo tra l'incidente e la morte fu di tre giorni), ad integrare gli estremi di quella fattispecie di danno non patrimoniale.
Il secondo sub-motivo lamenta una pretesa insufficienza della liquidazione del danno biologico iure proprio.
Di esso meglio si dira' nel corso dell'esame del terzo e quarto motivo.
Con il terzo motivo del ricorso principale, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto: liquidazione del danno per mancato apporto economico.
Con il quarto motivo del ricorso principale, si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 1226 c.c.).
I motivi, da esaminarsi congiuntamente con il secondo sub-motivo cui poc'anzi si e' accennato, attesane la intrinseca connessione, non sono meritevoli di accoglimento.
Tutte le censure rivolte con essi alla sentenza si risolvono, in realta', in apprezzamenti di mero fatto volte a sostituire proprie, personali valutazioni della vicenda per la quale e' processo a quelle correttamente compiute dal giudice del merito che, con motivazione ampia, articolata ed esauriente, oltre che immune da vizi logico-giuridici, ha esplicitato il fondamento del proprio convincimento secondo un iter argomentativo del tutto condivisibile, indicando i (condivisibili) criteri guida cui si e' attenuto nell'uso (del tutto corretto) del proprio potere equitativo.
Con il quinto motivo del ricorso principale, si denuncia, infine, violazione e falsa applicazione di norme di diritto (articolo 1224 c.c.); motivazione omessa sul punto: liquidazione interessi compensativi.
La censura e' inammissibile.
La corte di merito aveva, difatti, dichiarato inammissibile la medesima doglianza si' come mossa in sede di appello per mancata esplicazione della ratio ad essa sottesa: in spregio al principio di autosufficienza del ricorso, gli odierni ricorrenti non contestano tale decisum, ma si limitano a riprodurre pedissequamente la medesima censura, senza peraltro riportare in questa sede il contenuto del motivo di appello onde consentire a questa corte l'esame del relativo contenuto per potere cosi' verificare l'esistenza o meno del lamentato vizio di omessa motivazione.
La stessa corte aveva ancora correttamente ritenuto che, sugli acconti versati dalla compagnia assicuratrice, non andassero computati gli interessi, attesane la natura di acconti sulle maggiori somme dovute dal debitore: la statuizione va confermata, con conseguente rigetto del secondo motivo del ricorso incidentale " Ca. " (fol. 10) e To. (fol. 7).
Del tutto corretta si appalesa, infine la disciplina delle spese processuali si come attuata dalla corte territoriale, con conseguente inammissibilita' del terzo motivo di entrambi i ricorsi incidentali.
La disciplina delle spese - che vanno compensate alla luce della reciproca soccombenza delle parti costituite - segue come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi. Spese del giudizio di cassazione compensate.