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Responsabilità dell'Enel per i danni da black out elettrico
Pubblicata il 29/04/2008
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Con atto di citazione notificato il 24 gennaio 2006, (A) - come sopra difesa e rappresentata - premesso: che a causa del black-out del 28 settembre 2003 aveva subito la mancanza di energia elettrica per oltre 15 ore; che tale mancanza aveva costituito motivo di notevole disagio per non aver potuto attendere alle normali attività; che tutto ciò aveva comportato un danno esistenziale; convenne in giudizio, dinanzi a questo Giudice di Pace, la (B) per sentirla condannare al pagamento della somma di € 200,00 a titolo di risarcimento del danno esistenziale, con interessi e rivalutazione monetaria; il tutto nei limiti di € 1.033,00. Vinte le spese di causa, con attribuzione. Si costituiva in giudizio la convenuta la quale eccepiva il difetto di legittimazione attiva; nel merito contestava la fondatezza della pretesa. Sulla scorta della documentazione prodotta agli atti di causa, i procuratori rassegnarono le rispettive conclusioni come riportate in atti. All'udienza di discussione dello scorso 15 marzo, la causa è stata assegnata a sentenza.
Motivi della decisione
Va preliminarmente dichiarato che la presente causa viene decisa, ex art. 113, 2° comma c.p.c., secondo equità, non essendoci, sulla base della pretesa azionata, un rapporto giuridico relativo ai contratti conclusi secondo le modalità di cui all'art. 1342 codice civile, ma un rapporto giuridico di natura extracontrattuale.
L'eccezione di carenza di legittimazione attiva, sollevata da parte convenuta, è priva di fondamento in quanto parte attrice agisce per ottenere il riconoscimento di una responsabilità extracontrattuale (e, quindi, la condanna al risarcimento del danno) sul presupposto che (B) non sia esente da colpe, non tanto per aver causato il black out, ma perché non ha posto in essere tutte quelle misure e attività, pur previste, per consentire l'immediata riattivazione della rete di distribuzione.
A tenore del combinato disposto dell'art. 24, comma 1 della Costituzione («tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi») e dell'art. 2043 codice civile, in virtù del quale il risarcimento del danno non patrimoniale spetta a tutti coloro che hanno subito un danno anche se privi del titolo a richiedere la riparazione patrimoniale, appaiono pienamente soddisfatti i presupposti dell'azione intentata. Ora, non vi è dubbio che la qualifica di membro del nucleo familiare dell'utente-contraente, a cui l'attore fa ricorso, è del tutto incidentale e non presupposto giuridico per la legittimazione attiva. A voler seguire l'impostazione della difesa della convenuta (secondo la quale solo l'utente-contraente avrebbe diritto a godere dell'energia elettrica, con conseguente legittimazione ad agire) si arriverebbe all'assurdo - ove accertata la responsabilità ex art. 2043 c.c. della convenuta - di lasciare assolutamente privi di tutela giuridica una serie di soggetti che pure hanno patito per la mancanza di energia elettrica, al pari del contraente.
Non vi è dubbio che il contratto di somministrazione di energia elettrica viene sottoscritto per godere della predetta energia a favore di tutta l'abitazione e, quindi, di tutti i soggetti che in essa risiedono. Giustamente, a tale proposito, parte attrice ha prodotto il certificato di famiglia per dimostrare l'appartenenza ad un nucleo familiare, e ad una abitazione, serviti da erogazione di energia elettrica. Non è inopportuno ricordare che l'energia elettrica (al pari di altre fonti di benessere o di utilità), rappresenta un bene primario e il godimento di essa è un diritto costituzionalmente garantito.
Ma, al di là di ciò, la legittimazione ad agire deriva anche dal solo fatto che parte attrice è residente in un Comune italiano che è stato interessato dal black out, poiché non bisogna dimenticare che moltissime attività non si sono potute esplicare per mancanza di energia nelle città. Ed (B) fornisce energia ai Comuni, i quali pagano il servizio che mettono a disposizione dei propri cittadini.
In ordine alla responsabilità di (B), non vi è alcun dubbio che, da una accurata lettura sia del Rapporto della Commissione d'indagine istituita con decreto del Ministro delle Attività Produttive, il 29/9/2003, che del Resoconto dell'attività conoscitiva della Commissione istituita dall'Autorità per l'Energia Elettrica e il Gas del 9/6/2004, risulta di chiara evidenza la responsabilità di (B) nel non aver compiuto le manovre previste per la riaccensione del sistema.
La Commissione del Ministero delle Attività produttive, infatti ha: «constatato che in tutta l'Italia centro-sud la riaccensione delle direttrici non è avvenuta, salvo casi particolari, con le modalità e nei tempi previsti dal Piano di Riaccensione del Grtn». Tra le varie cause di queste disfunzioni, vengono individuati, tra l'altro, la scarsa esperienza applicativa in relazione al piano di riaccensione e l'accentramento di rete in tre soli centri (si veda rapporto citato a pag. 44).
Ma ancora più dettagliata è l'analisi delle colpe e delle manchevolezze della società convenuta individuate nel Resoconto della Commissione istituita dall'Autorità per L'Energia elettrica e il Gas. A pag. 93 del documento vengono prese in considerazione le attività che le imprese distributrici devono porre in essere allorché ci si trovi in presenza di black out. Tali attività vengono definite consegne autonome.
Ciò significa che dette imprese hanno l'obbligo di intraprendere autonomamente le azioni prescritte in presenza di black out. Esse sono: 1) riconoscimento dello stato di interruzione del servizio elettrico; 2) predisposizione degli impianti e delle reti alla formazione delle direttrici di riaccensione; 3) avvio delle unità di produzione di prima riaccensione e formazione delle direttrici di riaccensioni autonome.
Più dettagliatamente, si legge a pag. 95 del citato Resoconto, che l'impresa distributrice (nella fattispecie (B)) deve mettere in azione tre tipi di manovre: 1) manovra di tipo A: messa in sicurezza degli impianti; 2) manovra di tipo B: predisposizione dei carichi necessari alla costituzione delle direttrici di riaccensione; 3) manovra di tipo C: partecipazione alla messa in tensione delle direttrici di riaccensione (gestione dei carichi).
Nel capitolo 13, a pagina 100, intitolato «Gestione del ripristino del servizio elettrico», al punto d) si afferma: «per l'area Sud, è fallito l'avvio delle unità di prima riaccensione; ciò ha impedito la formazione della totalità delle direttrici di riaccensione stabilite nel piano di riaccensione con la conseguente necessità di procedere al ripristino del servizio a partire dalle zone di rete già alimentate al Centro». Appare del tutto evidente, quindi, che (B) è responsabile della mancata, immediata riaccensione del sistema, a nulla valendo la tradizionale (e, ormai, obsoleta) difesa della convenuta secondo la quale essa non può distribuire energia elettrica se la stessa non le viene fornita dal Gestore di Rete.
Va opportunamente ricordato che, nell'ambito degli elementi costitutivi della tutela aquiliana, è pienamente soddisfatta la dimostrazione del comportamento colposo quando questi si verifichi sia sul versante dello scostamento, deviazione, abbandono di una regola di condotta (sia essa frutto di una norma di legge, regolamentare, contrattuale, deontologica o di comune prudenza), sia sul versante della concreta prevedibilità ed evitabilità dell'evento e delle conseguenze dannose (Tribunale di Venezia, 14/1/2003; Tribunale di Torino, 23/12/2002).
Nel caso di specie, insieme ai profili di responsabilità contrattuale della società convenuta, concorrono chiarissimi profili di responsabilità extracontrattuale.
Sul punto, la difesa della convenuta è del tutto generica e apodittica: non viene contestata alcuna delle puntuali argomentazioni contenute nei due rapporti citati, e richiamati nell'atto introduttivo del giudizio, limitandosi ad affermare, come puro atto di fede, che «nessuna negligenza, nessun adempimento o violazione di norme regolamentari o contrattuali è imputabile a (B) in relazione al c.d. black out del 28 settembre 2003».
Accertata, da una parte, la piena legittimazione attiva e, dall'altra, la responsabilità della società convenuta, si tratta di verificare se parte attrice ha subito un danno e in quale misura.
Nel nostro ordinamento giuridico il danno patrimoniale va articolato in danno biologico, morale ed esistenziale. Quest'ultimo consiste nella perdita, nella compromissione o nella forzata rinunzia allo svolgimento di una o più attività realizzatrici della persona, non remunerative, fonte di compiacimento o di un benessere per il danneggiato, perdita non causata da una compromissione dell'integrità psicofisica, indipendentemente da lesione fisica o psichica suscettibile di accertamento e valutazione medico-legale. Tra le attività - salvaguardate dall'art. 2 della Costituzione - possono certamente annoverarsi: la forzata privazione di ore di svago, attività agonistiche, culturali, di intrattenimento, di riposo, di relax, cui ciascun soggetto ha diritto e che incidono, con modalità e gradi diversi, nella vita del soggetto leso. La violazione di tali diritti dà origine al richiamato danno esistenziale, il quale può essere risarcito, una volta accertata la compromissione delle attività realizzatrici della persona.
Nel caso di specie, appare innegabile che la mancanza di energia elettrica nel periodo indicato abbia costituito motivo di notevole disagio per parte attrice non avendo potuto, la stessa, attendere a parte delle attività innanzi indicate con relativo danno: consegue che la convenuta è tenuta a risarcire il danno causato da tale inadempimento.
La prova del danno, per le considerazioni sopra espresse, può essere agevolata mediante il ricorso alle presunzioni e ai fatti notori, oltre che dalle massime di comune esperienza.
(App. Milano, 14/2/2003). Inoltre, l'utilizzazione del fatto notorio va inteso come fatto acquisito alle conoscenze della collettività con tale grado di certezza da apparire indubitabile e incontestabile. (Cass. Civ., Sez. II, n. 11946, 8/8/2002; n. 9263, 25/6/2002; Cass. Civ., Sez. Lavoro, n. 26/03).
Anche la giurisprudenza amministrativa è giunta alle medesime conclusioni. Si veda, in proposito, la recente sentenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, 16/3/2005, n. 1096. Così si esprime il Consiglio: «Sul piano della prova è ius receptum l'affermazione secondo la quale l'immaterialità dei pregiudizi in questione (lesione di beni e valori inerenti alla persona) rende percorribile in via principale lo strumento della prova per presunzioni sulla scorta di valutazioni prognostiche anche basate su fatti notori o massime di comune esperienza (sulla piena ammissibilità del ricorso a prove logiche in tema di danno non patrimoniale v'è ampia concordia in giurisprudenza: fra le molte, Cassazione 21/12/1998, n. 12767; Cassazione 19/8/2003, n. 12124) .».
Lo stesso dicasi circa la prova che parte attrice avrebbe dovuto fornire (secondo la difesa di parte convenuta) circa la presenza in casa il giorno del black out. È evidente che si presume, fino a prova contraria, che un qualsiasi cittadino stia in casa di domenica mattina. Ma la questione è del tutto superata se si considera che il disagio, e tutte le conseguenze ad esso connesse, sono state avvertite anche fuori dall'abitazione, essendoci stata la mancanza di energia elettrica anche nelle città, nelle sale cinematografiche, nei musei, nelle palestre, nelle discoteche, e non solo nelle abitazioni.
La liquidazione del danno, in applicazione dell'art. 1226 codice civile, al quale si fa ricorso allorquando il giudice si trovi, non per negligenza del danneggiato, ma per difficoltà obiettive, nella impossibilità di determinare con precisi elementi di calcolo, né sia tecnicamente accertabile l'ammontare del danno. Tenuto conto che il periodo dell'interruzione è avvenuto di domenica per la durata di circa quindici ore, il risarcimento va determinato in e 200,00, al cui pagamento, con rivalutazione monetaria dal giorno dell'evento dannoso e interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza, va condannata la (B).
Le spese processuali - liquidate come in dispositivo - seguono la soccombenza, con attribuzione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva.
P.Q.M.
Il Giudice di Pace, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da (A) contro (B) con atto di citazione notificato il 24 Gennaio 2006, udite le conclusioni dei procuratori delle parti, ogni contraria eccezione e deduzione reietta, così provvede:
a) rigetta l'eccezione di legittimazione attiva proposta dalla convenuta;
b) accoglie la domanda e, per l'oggetto, condanna (B) S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore di (A), della somma di e 200,00, con rivalutazione monetaria dal giorno dell'evento dannoso e interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza.