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Sussiste la responsabilità della società di trasporto ferroviario per i danni subiti dal viaggiatore caduto durante la discesa dal treno causa il dislivello esistente tra il predello di discesa dal treno ed il marciapiede sottostante

Sussiste la responsabilità della società di trasporto ferroviario per i danni subiti dal viaggiatore caduto durante la discesa dal treno causa il dislivello esistente tra il predello di discesa dal treno ed il marciapiede sottostante. Il vettore risponde infatti dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio, qualora non provi di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitarlo. Nel caso di specie, ammesso di dover ritenere normale il dislivello sul marciapiede perché rispondente ad esigenze di servizi, non è normale che non si adottino le cautele necessarie perché tale situazione non determini pericolo per la discesa dei viaggiatori. (Tribunale Firenze Sezione 3 Civile, Sentenza del 6 giugno 2007, n. 2424)



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Udienza del 6 giugno 2007

Dinanzi al giudice Silvia CHIARANTINI sono comparsi

- per parte attrice Da. Co. Ma. Lu. l'avv. Ca.;

- per parte convenuta Tr. S.p.A. l'avv. Me..L'avv. Ca. si riporta ai propri scritti difensivi per parte attrice e pertanto conclude come in nota conclusiva autorizzata depositata il 25.5.2007 e deposita nota spese.

L'avv. Me. per parte convenuta si riporta ai propri scritti difensivi e conclude come da comparsa di risposta e da nota conclusiva autorizzata depositata il 25.5.2007 e sulle spese si rimette a giustizia.

All'esito della discussione il giudice pronuncia sentenza ex art. 281 sexies cpc di cui dà lettura integrale.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Firenze, terza sezione civile, in persona del giudice Silvia CHIARANTINI ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Ma. Lu. Da. Co. ha convenuto in giudizio Tr. S.p.A. onde ottenere il risarcimento del danno nella misura di Euro 13.086,27 o altra misura di giustizia, danno conseguente alle lesioni da lei subite a causa dell'infortunio occorsole l'8.1.2002 nello scendere alla Stazione di Fi. Sa. Ma. No. dalla carrozza del treno FS Intercity n. (...) proveniente da Ud. a bordo del quale viaggiava.

La domanda attrice può essere accolta.

Il presupposto dell'infortunio è pacifico in causa, ossia non è controverso il fatto che la Da. Co. avesse stipulato con la Tr. S.p.A. un contratto di trasporto e che stesse viaggiando a bordo del treno indicato proveniente da Ud. ed in arrivo a Fi. alla stazione di Sa. Ma. No. (cfr. doc. 3).

E' altrettanto pacifico in causa che la Da. Co. sia caduta urtando la mano destra al suolo mentre scendeva dalla carrozza del treno al suo arrivo alla stazione Sa. Ma. No. e che dall'urto ne sia conseguite le lesioni nell'immediatezza diagnosticate al Pronto soccorso, ossia la frattura dell'estremità distale radio ed ulna destra con una prima prognosi di tre giorni (cfr. docc. 4, 5, 6 fasc. attrice), successivamente prorogata (cfr. docc. 7, 8, 9, 10) con postumi permanenti (cfr. doc. 11).

Può darsi per pacifico, anche in assenza della testimonianza dell'attrice, parte lesa, anziana, in precario stato di salute e residente fuori Fi., stante le dichiarazioni rese dalla medesima alla Polizia ferroviaria di Fi. (docc. 2 e 3), che ha poi hanno permesso di assumere la testimonianza dell'agente Qu., che coincide con lo stesso verbalizzante, che la Da. Co. si sia infortunata cadendo nella discesa sulla piattaforma del binario presso il quale si era fermato il treno ed in particolare uscendo dalla porta che si trovava in corrispondenza del passaggio a raso presente sul marciapiedi - quello che consente l'attraversamento dei binari ai mezzi di servizio - che per l'appunto crea un dislivello del marciapiede stesso e quindi determina un aumento di distanza tra il predello per la discesa del treno e detto marciapiede.

Anche le circostanze di luogo sono un fatto pacifico, così come precisamente testimoniato dall'agente Qu. Fa..Secondo la società convenuta sarebbe rientrato nel dovere di diligenza e prudenza a carico della passeggera notare che in quel punto esisteva quella determinata situazione, stante l'ottima visibilità del giorno e la mancanza di fretta da parte della De. Co.. La De. Co. avrebbe dovuto accorgersi del passaggio a raso, peraltro "assolutamente e prevedibile in una stazione ferroviaria" ed evitarlo scegliendo di scendere più agevolmente dalla portiera successiva.

Il solo fatto di affermare che la De. Co. avrebbe dovuto scegliere la portiera successiva per scendere più agevolmente, costituisce una ammissione dell'esistenza di un pericolo.

E sul punto non occorre aggiungere altro, se non per dire che Tr. non può che rispondere di tale situazione se da tale situazione ne derivi, come nel caso di specie, un danno al viaggiatore.

La responsabilità del vettore anzitutto discende dall'art. 1681 c.c. in base al quale questi risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio, qualora non provi di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitarlo.

Nel caso di specie, ammesso di dover ritenere normale il dislivello sul marciapiede, perché rispondente a esigenze di servizi, non è normale che non si adottino le cautele necessarie perché tale situazione non determini pericolo per la discesa dei viaggiatori, tanto più se, come afferma la stessa parte convenuta, tale situazione è normale e prevedibile.

Il fatto che sia normale per gli addetti ai lavori non significa che altrettanto lo sia per i viaggiatori, per i quali, addirittura costituisce una vera e propria insidia, che invece potrebbe ben essere rimossa da parte con la dovuta organizzazione da parte Tr. che quantomeno non dovrebbe consentire l'apertura delle portiere in quei punti.

Non è il passeggero che deve avvedersi del pericolo, ma il vettore che deve evitare che sussista il pericolo.

Va perciò dichiarata la responsabilità di Tr. spa per l'infortunio occorso alla De. Co. senza che possa ravvisarsi nella condotta di quest'ultima neppure un concorso di colpa.

Non appare sussistere dubbio inoltre circa il nesso causale tra la caduta nella discesa dal treno e le lesioni riportate, immediatamente repertate al Pronto soccorso dove la stessa fu accompagnata con ambulanza appositamente chiamata dalla Polizia ferroviaria intervenuta.

Si ritiene inoltre di poter accogliere in pieno le conclusioni alle quali è pervenuto il c. t. u. medico legale a seguito di incarico conferito, conclusioni alle quali il medesimo è giunto previa esauriente esame clinico e sulle quale ha concordato anche il c.t. di parte convenuta: la la De. Co. ha riportato una frattura intraarticolare del polso dx, lievemente scomposta con un ritardo di consolidazione, tanto da giustificare un prolungamento della malattia con periodo di contenzione gessata e quindi con una inabilità temporanea assoluta di 50 giorni e parziale al 50% per 30 giorni e minima al 25% per 25 giorni.

Il c.t.u. ha altresì verificato oltre ad una lieve deviazione radiale del polso ispessito con dolorabilità alla digito pressione, la permanenza di una limitazione funzionale a carico del polso destro particolarmente invalidante in relazione anche alla ipomiotrofia muscolare conseguente a patologie di base svincolate casualmente dall'evento e perciò non valutate in quanto tali. Ciò ha permesso di valutare ragionevolmente un danno da invalidità permanente del 6%, peraltro senza incidenza sulla capacità lavorativa della De., casalinga e già invalida civile al 100% con indennità di accompagnamento.

La percentuale di invalidità, allora può riconoscersi come criterio base per la determinazione e liquidazione del danno biologico, che rappresenta una delle voci di danno oggetto della domanda, danno, inteso quale menomazione psico-fisica della persona, in sé e per sé considerata ed in quanto incidente sui molteplici aspetti e manifestazioni della vita umana, sotto il profilo relazionale, familiare, affettivo, sociale, culturale, e lavorativo (vedi per prima Corte Cost. 19.7.1986, n. 184) in relazione alla gravità delle lesioni, degli eventuali postumi permanenti, dell'età, dell'attività espletata e delle condizioni sociali del danneggiato (cfr. Cass. 16.11.1998, n. 11532).

Dovendo la liquidazione del danno biologico, secondo quanto ormai consolidatosi in giurisprudenza, avvenire secondo criteri equitativi ai sensi degli artt. 2056 e 1223 c.c., appare perciò valido, come ritenuto dallo stesso C.T.U., prendere come parametro da porre a carico di Tr. quella della invalidità permanente nella percentuale indicata del 6%, già valutata in relazione agli aspetti sopra evidenziati ovverosia come danno alla salute fisica e psichica, escluso l'aspetto della perdita di capacità produttiva o lavorativa per i motivi già detti.

In considerazione perciò di tutti gli aspetti del caso, considerata l'età della Da. Co. all'epoca dell'infortunio ((...) anni), tenuto conto dei valori monetari attuali e dei criteri tabellari attualmente seguiti da questo Tribunale (secondo una tabella valori aggiornata al gennaio 2005, che attribuisce Euro 1.353,61 come punto base al 6% di invalidità) appare equo liquidare in Euro 5.076,03 la somma relativa al danno biologico permanente (1.353,61 x 6 x 0,625 (coefficiente età)) e in Euro 4.340,00 il danno biologico temporaneo (50 giorni al 100% per Euro 56,00 al giorno 30 giorni al 50% per Euro 28,00 al giorno 25 giorni al 25% per Euro 14 al giorno secondo le tabelle in uso).

Il danno biologico complessivo di cui deve rispondere la società convenuta è dunque pari ad Euro 9.415,03 (Euro 5.075,03 Euro 4.340,00) al valore del gennaio 2005 (epoca di rivalutazione delle tabelle dei punti base).

Per quanto concerne il danno non patrimoniale è sicuramente da liquidarsi quello morale, trattandosi di illecito (lesioni colpose) di rilevanza anche penale (a prescindere dalla sua perseguibilità o meno) cosicché deve essere risarcito a mente degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p..

Il danno va liquidato su base equitativa. In relazione a ciò possono tenersi in considerazione da una parte i criteri tabellari usualmente adottati da questo Tribunale, secondo cui la quantificazione viene effettuata tendenzialmente in un terzo del danno biologico, dall'altra vanno debitamente considerati gli aspetti concreti della vicenda in particolare può valutarsi la particolare sofferenza che detta lesione ha procurato alla De., persona anziana e già in stato precario di salute, determinandone un ulteriore aggravamento con conseguente verosimile peggioramento anche sul piano psicologico, stante la nota vulnerabilità delle persone anziane.

Appare equo, pertanto adottare il criterio quantitativo delle tabelle in uso pari ad un terzo sul danno biologico permanente e temporaneo, arrotondato per eccesso e conseguentemente considerare il danno morale complessivo del quale la società convenuta deve rispondere pari ad Euro 3.800,00 (Euro 2.000,00 sul biologico permanente Euro 1.800,00 sul biologico temporaneo).

Per quanto concerne il danno patrimoniale è stato richiesto il risarcimento del danno emergente (art. 1223 c.c.) costituito dalle spese mediche sostenute in conseguenza del fatto lesivo, che la parte attrice ha peraltro documentato solo per un ammontare pari ad Euro 190,00 (cfr. doc. 12).

In conclusione la De. Co. ha diritto in linea capitale alla somma di Euro 9.415,03 a titolo di risarcimento per danno biologico (Euro 5.075,03 per quello permanente ed Euro 4.340,00 per quello temporaneo), alla somma di Euro 3.800,00 a titolo di danno morale, alla somma di Euro 190,00 per danno patrimoniale (danno emergente), per un totale complessivo di Euro 13.405,03.

Su tutte le somme sopra indicate andranno poi calcolati gli interessi legali ai sensi dell'art. 1224 c.c. per il ritardo nel conseguimento dell'equivalente monetario di un dato valore, quello corrispondente alla liquidazione effettuata oltre alla rivalutazione monetaria, diretta in via equitativa a reintegrare quel valore sorto al momento dell'evento dannoso rispetto all'equivalente monetario attuale, soggetto inevitabilmente alla svalutazione (cfr. tra le altre Cass., sez. un., 17.2.1995, n. 1712; nonché Cass. 3.12.1999, n. 13463).

Gli interessi andranno calcolati dalla data dell'illecito non sulla somma liquidata rivalutata definitivamente, bensì calcolati con riferimento ai singoli momenti rispetto ai quali la somma equivalente che esprime il danno all'epoca dell'evento lesivo si incrementa nominalmente (usualmente annualmente), in base ad indici prescelti (usualmente gli indici dei prezzi al consumo elaborati dall'Istituto ISTAT per le famiglie degli operai ed impiegati dell'industria) di rivalutazione monetaria sino alla data della pubblicazione della sentenza.

La somma di Euro 13.215,63, dovuta a titolo di danno biologico (permanente e temporaneo) e di danno morale va svalutata dal gennaio 2005 (non dalla data di pubblicazione della sentenza perché le tabelle applicate sono aggiornate solo fino al gennaio 2005) al gennaio 2002 (data dell'evento dannoso) in base al predetto indice ISTAT e poi va rivalutata di anno in anno da tale data a quella della pubblicazione della sentenza, calcolando annualmente su ciascuna somma via via rivalutata gli interessi nella misura pari al tasso legale. Per una semplificazione di calcolo, stante la esiguità della cifra e stanti comunque i criteri equitativi applicati, si ritiene di includere poi in detta rivalutazione anche la somma di Euro 190,00 liquidata a titolo di danno patrimoniale emergente altrimenti da rivalutare singolarmente dal 27.5.2002 ossia dalla data dell'esborso effettivo.

Poiché con la liquidazione giudiziale il debito di valore si trasforma in debito di valuta (art. 1282 c.c.), sulle somme finali date da capitale più interessi calcolati in base ai suindicati criteri (capitale rivalutato) vanno poi applicati gli interessi legali (art. 1224 comma 1, c.c.) a partire dalla pubblicazione della presente sentenza fino al saldo effettivo.

La soccombenza della società convenuta comporta che a suo carico vanno poste per intero le spese di lite liquidate in complessivi Euro 7.042,67 tenendo conto e della notula di avvocato e previa riduzione della voce onorari in considerazione di tutta l'attività svolta e della scelta delle discussione orale (Euro 5.000,00 per onorari, Euro 1.853,38 per diritti, Euro 5,16 per spese imponibili, Euro 184,13 per spese non imponibili) oltre spese generali forfetarie (12,5%), I.V.A. e C.A.P. sul dovuto, oltre all'intero delle spese di c.t.u., che si liquidano come da notula in complessivi Euro 1.500,00 oltre I.V.A. di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando nella causa promossa tra le parti in atti indicate, ogni diversa e contraria, istanza, deduzione ed eccezione respinta accoglie la domanda proposta dall'attrice Da. Co. Ma. Lu e accertata la responsabilità di Tr. S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempre dei danni riportati dall'attrice a seguito dell'infortunio occorsole in data 8.1.2002 in Fi. stazione Sa. Ma. No. per l'effetto condanna la società convenuta al pagamento a titolo di risarcimento della somma complessiva di Euro 13.405,03 al valore della moneta risalente al gennaio 2005 (aggiornamento delle tabelle ad oggi in uso al Tribunale di Firenze), oltre agli interessi legali da calcolarsi annualmente sulla predetta somma, svalutata secondo gli indici ISTAT da tale data al gennaio 2002 e rivalutata di anno in anno da quest'ultima data sino a quella di pubblicazione della presente sentenza come indicato in motivazione.

Condanna la parte convenuta al pagamento degli interessi legali da calcolare su detta somma rivalutata dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo effettivo.

Condanna la parte convenuta a rifondere all'attrice le spese di lite, che liquida in complessivi Euro 7.042,67 oltre spese generali, I.V.A. e C.A.P. di legge sul dovuto e pone interamente a carico della convenuta le spese di c.t.u. liquidate in complessivi Euro 1.500,00 oltre I.V.A. di legge.

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