Non può essere idoneo ad eliminare integralmente il danno da infiltrazioni un intervento che occhi solo alcune delle pareti delle stanze danneggiate

Il condominio, sebbene privo di soggettivita' giuridica, e' un autonomo centro di imputatone di interessi che non si identifica con i singoli condomini. Da cio' consegue che in tema di responsabilita' extracontrattuale, se il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito chiedendo l'integrale risarcimento dei danni solo nei confronti del terzo, il risarcimento non puo' essere diminuito in ragione del concorrente apporto casuale colposo imputabile al condominio, applicandosi in tal caso non l'articolo 1227, primo comma, cod. civ., ma l'articolo 2055, primo comma, cod. civ., che prevede la responsabilita' solidale degli autori del danno".

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile, Sentenza 23 giugno 2015, n. 12920



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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile 

Sentenza 23 giugno 2015, n. 12920
Data udienza 21 aprile 2015

Integrale

Danni da infiltrazione - Principio di solidarietà passivo - Estensione ai rapporti condominiali - Unicità del fatto dannoso - Concorso di condotte attive ed omissive - Apporto causale del danno - Interdipendenza tra le concause - Ristoro integrale del danno subito - Interventi ripristinatori

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio - Presidente

Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere

Dott. STALLA Giacomo Maria - Consigliere

Dott. RUBINO Lina - rel. Consigliere

Dott. LANZILLO Raffaella - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12006/2012 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS) con studio in (OMISSIS), difensore di se' medesimo giusta procura speciale a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

(OMISSIS), (OMISSIS);

- intimati -

avverso la sentenza n. 624/2011 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 04/05/2011, R.G.N. 1703/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per l'inammissibilita' in subordine rigetto del ricorso.

I FATTI

I coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS), avvocati, proponevano appello dinanzi alla Corte d'Appello di Catania avverso la sentenza del Tribunale di Catania che li aveva condannati al risarcimento del danno da infiltrazione di acqua provocato all'appartamento sottostante degli attori (OMISSIS) e (OMISSIS) nella misura di euro 1900, 00 circa oltre interessi sulla somma devalutata al 2001 e aveva rigettato la' loro domanda riconvenzionale volta al ripristino da parte dei (OMISSIS) di una parete della facciata esterna.

La corte d'appello confermava la sentenza di primo grado, ritenendo che i danni nell'appartamento (OMISSIS) fossero derivanti causalmente dalle perdite idrauliche dall'appartamento dei (OMISSIS) / (OMISSIS). Quanto alla pretesa eliminazione della parete esterna da parte dei (OMISSIS), la corte territoriale riteneva trattarsi di creazione di una nuova finestra, legittima a norma dell'articolo 1122 c.c..

Propongono ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS), articolato in quattro motivi.

(OMISSIS) e (OMISSIS), regolarmente intimati, non hanno svolto attivita' difensiva.

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) deducono la violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2697 c.c., comma 1, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che i controricorrenti, originari attori, nessuna prova abbiano fornito nel giudizio di merito in ordine alla causa dei danni lamentati ed al nesso di causalita' esistente tra i danni e la condotta di essi ricorrenti limitandosi a chiedere una consulenza tecnica d'ufficio che non e' un mezzo di prova ne' puo' sostituirsi ad essa.

Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono l'insufficienza e contraddittorieta' della motivazione circa fatti decisivi della controversia in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nonche' la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamentano la contraddittorieta' e lacunosita' della motivazione della sentenza di appello che da un lato ha ritenuto di non discostarsi dagli esiti cui era pervenuto il giudice di primo grado, e dall'altro lo ha fatto recependo e riportando le indicazioni fornite dalla consulenza redatta in appello, discordanti con quelle della consulenza di primo grado, in quanto solo in appello e' emerso, come affermato dai coniugi (OMISSIS) e (OMISSIS) fin dall'inizio, che vi fosse una lesione nella colonna portante condominiale e che lo scarico dei (OMISSIS) / (OMISSIS) non era stato sostituito.

I due motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi e vanno rigettati. In ordine al primo deve dirsi che, avendo i (OMISSIS), proprietari dell'appartamento sottostante, denunciato e documentato la presenza di infiltrazioni sul soffitto di alcune stanze del loro appartamento, sottostante a quello degli odierni ricorrenti, addebitandone la responsabilita' ai proprietari dell'appartamento di sopra, legittimamente e' stata disposta una consulenza tecnica percipiente che analizzasse e quantificasse i danni interni ed individuasse se effettivamente le infiltrazioni provenissero dall'appartamento sovrastante.

I rilievi relativi al vizio di motivazione si riducono in realta' ad una contrapposizione tra la ricostruzione dei fatti cui e' pervenuta la corte d'appello e la ricostruzione cui i ricorrenti tendono a pervenire, nel tentativo di indurre questa corte ad una nuova valutazione delle risultanze di fatto, che esula dalla sua competenza.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2055 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto larga parte dei danni effettivamente subiti dai (OMISSIS) sarebbero dovuti a responsabilita' del condominio, perche' provenienti dalla umidita' a carico del muro perimetrale. Lamentano che la corte d'appello non abbia tenuto conto di cio', condannando essi ricorrenti a risarcire ai (OMISSIS) l'intero danno subito pur in mancanza di alcun vincolo di interdipendenza tra la condotta dei ricorrenti e quella del condominio.

La corte d'appello, valorizzando gli approfondimenti fatti in secondo grado dal consulente tecnico delle indagini gia' eseguite in primo grado, ha accertato che i danni a carico della lavanderia, del bagno e di due pareti del salone dei (OMISSIS) derivano da infiltrazioni provenienti dal sovrastante appartamento dei (OMISSIS) - (OMISSIS). Ha poi confermato la condanna degli odierni ricorrenti all'integrale risarcimento del danno. Nel far cio' la corte territoriale ha recepito in pieno la quantificazione del danno effettuata in primo grado, ove il Tribunale aveva dettagliatamente chiarito che, per eliminare completamente i danni a carico di alcune pareti del salone era necessario rimuovere tutta la vecchia carta da parati ed applicarne una nuova di qualita' similare, nonche' ritinteggiare il soffitto (ed aveva anche ridotto in via equitativa l'importo necessario per l'intervento sull'intero salone in considerazione dell'accertata vetusta' della carta da parati stessa).

La corte d'appello ha fondato tale soluzione sul principio di solidarieta', affermando la sussistenza dell'unicita' del fatto dannoso (infiltrazioni a carico dell'appartamento (OMISSIS)), salvo il diritto di rivalsa.

La soluzione adottata, che prevede la condanna dei ricorrenti a risarcire l'intero danno patito dai (OMISSIS), e' corretta. Essa va pertanto tenuta ferma, intervenendo pero' a correggere la motivazione.

Il principio di solidarieta' passiva a carico dei danneggianti, ex articolo 2055 c.c., si applica infatti quando vi e' l'unicita' del fatto dannoso, ovvero quando le condotte attive o omissive di piu' soggetti concorrono, ciascuna con un suo apporto causale, a provocare un unico danno. Piu' volte questa Corte ha affermato una tale interpretazione del principio di solidarieta' passiva, anche all'interno del rapporti condominiali. Vale a tale proposito richiamare il principio di diritto espresso da Cass. n. 6665 del 2009: "Il condominio, sebbene privo di soggettivita' giuridica, e' un autonomo centro di imputatone di interessi che non si identifica con i singoli condomini. Da cio' consegue che in tema di responsabilita' extracontrattuale, se il danno subito da un condomino sia causalmente imputabile al concorso del condominio e di un terzo, al condomino che abbia agito chiedendo l'integrale risarcimento dei danni solo nei confronti del terzo, il risarcimento non puo' essere diminuito in ragione del concorrente apporto casuale colposo imputabile al condominio, applicandosi in tal caso non l'articolo 1227, primo comma, cod. civ., ma l'articolo 2055, primo comma, cod. civ., che prevede la responsabilita' solidale degli autori del danno".

Nel caso di specie e' stato accertato che oltre ai danni recati dalle infiltrazioni provenienti dall'appartamento dei ricorrenti e diffuse in varie stanze dell'appartamento posto al piano di sotto e su diverse pareti del salone, che e' l'ambiente piu' ampio, esiste un'altra macchia di umidita', su una delle pareti del salone, che non proviene dall'appartamento dei ricorrenti (e che non e' stato neppure accertato quando si sia verificata ne' e' chiaramente detto da chi sia stata provocata) e la cui esistenza non e', come rilevato dai ricorrenti, legata da alcun nesso di interdipendenza con le infiltrazioni provocate dai ricorrenti.

Quindi, l'obbligazione dei ricorrenti di risarcire l'intero danno subito dai (OMISSIS) non si fonda in questo caso sull'applicazione del principio di solidarieta' che non sarebbe in questo caso giustificata, mancando l'unicita' del fatto dannoso, ovvero l'interdipendenza tra le concause.

Essa si fonda, piuttosto, sul diritto dei danneggiati ad ottenere il ristoro integrale del danno subito. Poiche' il danno consiste in macchie diffuse sulle pareti e sul soffitto di alcuni ambienti, il ristoro integrale, nel caso di specie, deve necessariamente consistere in un intervento ripristinatorio che abbia per oggetto tutte le stanze oggetto di infiltrazioni e per l'intero, non potendo essere idoneo ad eliminare integralmente il danno da infiltrazioni un intervento che non preveda l'integrale rifacimento delle finiture di rivestimento di tutte le pareti e dei soffitti degli ambienti danneggiati, ma tocchi solo alcune delle pareti delle stanze danneggiate.

Soltanto nel caso in cui esistesse una situazione di degrado a carico della parete che non risente delle infiltrazioni provenienti dall'appartamento (OMISSIS) - (OMISSIS) tale da rendere necessario un intervento di ripristino diverso e piu' oneroso di quello necessario ad eliminare i danni provocati dai (OMISSIS) - (OMISSIS) (es. rifacimento integrale dell'intonaco, consolidamento della parete) - ma tanto non e' stato neppure ipotizzato dai ricorrenti - esso non potrebbe essere posto a carico della parte danneggiarne che non vi ha dato causa perche' andrebbe al di la' del ripristino da essa dovuto.

Puo' quindi affermarsi che il proprietario di un immobile, il quale domandi il risarcimento dei danni ad esso cagionati in conseguenza delle infiltrazioni provenienti da un appartamento sovrastante, essendo state danneggiate talune parti che, per esigenze di uniformita', richiedano un piu' esteso intervento ripristinatorio delle condizioni di normale abitabilita' del bene rispetto ai singoli punti danneggiati, ha diritto di conseguire il rimborso dell'intera somma occorrente per tale lavoro, trattandosi di esborso necessario per la totale eliminazione delle conseguenze pregiudizievoli dell'illecito, che non puo' essere addossato al danneggiato stesso (v. per l'espressione di analogo principio, in relazione a danni provocati da lavori di ristrutturazione a carico di un appartamento sottostante, Cass. n. 259 del 2013).

Infine, con il quarto motivo di ricorso, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1122 c.c., ex articolo 360, n. 3, sostenendo che la corte d'appello avrebbe eluso la questione, da loro posta nella domanda riconvenzionale, se l'apertura di un varco privo di infisso - e non di una finestra - nel muro esterno si ponga o meno in contrasto con la funzione di delimitazione che svolgono i muri perimetrali.

Il motivo e' inammissibile cosi' come proposto.

Infatti, la corte d'appello, con accertamento in fatto non in questa sede censurato sotto l'unico possibile profilo della adeguatezza della motivazione, ha affermato che i (OMISSIS) hanno aperto si aperto un varco su una parete esterna, ma per collocarvi una finestra quindi non si puo' ulteriormente discutere in questa sede del fatto che in realta' si trattasse dell'apertura di un varco rimasto aperto.

La diversa censura dei ricorrenti doveva essere veicolata o a norma dell'articolo 360, n. 5, quale vizio motivazionale, ovvero, se ne fossero ricorsi gli estremi, a norma dell'articolo 395 c.p.c., n. 4.

Il ricorso va complessivamente rigettato.

Nulla sulle spese, in difetto di costituzione degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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