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Casi di esclusione dalla gara

Il provvedimento di esclusione dalla gara è immediatamente lesivo e come tale va impugnato dall’interessato nei termini di decadenza ( 60 giorni dalla comunicazione). In difetto di immediata impugnazione l’eventuale aggiudicazione non potrebbe più essere contestata.

Il concorrente escluso può impugnare in ogni caso l’esclusione anche quando non provi che la gara avrebbe per lui esito favorevole . In questi casi, infatti, l’ordinamento tutela l’interesse dell’impresa alla rinnovazione delle operazioni di gara laddove fossero riscontrate illegittimità incidenti sulla valutazione della posizione del concorrente escluso.
Il concorrente escluso ha poi l’onere di impugnare anche l’atto finale. Può faro proponendo nel giudizio già instaurato avverso il provvedimento di esclusione “motivi aggiunti”.

Quanto alle cause di esclusione, si tratta di quelle indicate all’art.75 del DPR 554/99 ed in particolare, sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti:

  1. che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di amministrazione controllata o di concordato preventivo o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni;
  2. nei cui confronti è pendente procedimento per l'applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423; il divieto opera se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; il socio o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo o in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico, se si tratta di altro tipo di società;
  3. nei cui confronti è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, oppure di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per reati che incidono sull'affidabilità morale e professionale; il divieto opera se la sentenza è stata emessa nei confronti del titolare o del direttore tecnico se si tratta di impresa individuale; del socio o del direttore tecnico, se si tratta di società in nome collettivo o in accomandita semplice; degli amministratori muniti di potere di rappresentanza o del direttore tecnico se si tratta di altro tipo di società o consorzio. In ogni caso il divieto opera anche nei confronti dei soggetti cessati dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, qualora l'impresa non dimostri di aver adottato atti o misure di completa dissociazione della condotta penalmente sanzionata. (Seguivano alcune parole non ammesse al "Visto" della Corte dei conti). Resta salva in ogni caso l'applicazione dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale;
  4. che hanno violato il divieto di intestazione fiduciaria posto all'articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
  5. che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici;
  6. che hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara; che abbiano commesso irregolarità, definitivamente accertate, rispetto gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti;
  7. che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici.

I concorrenti dichiarano ai sensi delle vigenti leggi l'inesistenza delle situazioni di cui al comma 1, lettere a), d), e), f), g) e h) e dimostrano mediante la produzione di certificato del casellario giudiziale o dei carichi pendenti che non ricorrono le condizioni prescritte al medesimo comma 1, lettere b) e c).

Se nessun documento o certificato tra quelli previsti dal comma 2 è rilasciato da altro Stato dell'Unione europea, costituisce prova sufficiente una dichiarazione giurata rilasciata dall'interessato innanzi a un'autorità giudiziaria o amministrativa , a un notaio o a qualsiasi altro pubblico ufficiale autorizzato a riceverla in base alla legislazione dello Stato stesso o, negli Stati dell'Unione europea in cui non è prevista la dichiarazione giurata, una dichiarazione solenne .

Quanto in particolare alle cause di esclusione di cui alle lett. b) e c) del comma 1 del succitato articolo 75, la possibilità di dimostrarne l’insussistenza mediante dichiarazione sostitutiva è prevista dall’art.77 bis del DPR 28 dicembre 2000 n. 445 ( introdotto dall’art.15 della legge 16 gennaio 2003 n.3) ai sensi del quale “le disposizioni in materia di documentazione amministrativa si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e forniture ancorché da norme speciali”. Tuttavia non è esclusa la facoltà per l’amministrazione di prescrivere, con apposita clausola della lex specialis, la produzione da parte delle imprese concorrenti sia dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti , sia della dichiarazione sostitutiva, al fine di conseguire le notizie relative ai reati oggetto dei provvedimenti giurisdizionali non soggetti ad iscrizione nel casellario giudiziale.

In difetto di uno dei requisiti prescritti dalla legge e dal bando l’amministrazione deve senz’altro escludere il concorrente e non ha alcuna discrezionalità sul punto. In particolare, alla stregua di giurisprudenza consolidata, le prescrizioni del bando di gara o della lettera di invito, quando sanzionano espressamente di esclusione la presentazione di dichiarazioni da rendere in una determinata forma vincolano, in pari misura i privati partecipanti e l’amministrazione, alla quale non residuano al riguardo margini di valutazione circa la rilevanza delle eventuali irregolarità o carenze documentali. Il ricorso al criterio teleologico dell’interpretazione della prescrizione del bando può consentirsi solo quando manchi un’espressa previsione della sanzione.( vedi sul punto Consiglio di Stato, sez.V, 29 luglio 2003, n.4326). In questi casi ove venisse data all’amministrazione la possibilità di ulteriore valutazione inerente l’ammissibilità dei concorrenti alla partecipazione alla gara, in contrasto con le prescrizioni del bando, espressamente disponenti l’esclusione nel caso di mancata allegazione delle dichiarazioni, avrebbe operato in evidente violazione della par condicio delle imprese concorrenti.

Se dunque deve riconoscersi che vige nel nostro ordinamento il principio delle più ampia partecipazione alle gare pubbliche va però detto che tale principio non può condurre alla violazione del principio della par condicio dei concorrenti e ciò a pena di una irrazionale violazione delle regole della corretta concorrenza nel mercato.

Tuttavia in concreto è necessario individuare un ragionevole punto di equilibrio fra l’esigenza di garantire la massima partecipazione alla gara e la protezione delle imprese concorrenti che hanno puntualmente rispettato le prescrizioni del bando, assumendosene tutti gli oneri. In questa prospetiva l’amministarzione appaltante può invitare i concorrenti a regolarizzare o chiarire la documentazione già prodotta, quali ad esempio carenze documentali dovute all’ambiguità di alcune clausole del bando, e non per supplire a carenze della documentazione prodotta addebitabili solo alla diretta concorrente.