Autoannullamento dell’aggiudicazione – responsabilità precontrattuale –risarcimento danni.
Con
sentenza n. 86/2006, il Consiglio di Stato, pur ritenendo la legittimità del
provvedimento di autoannullamento dell’aggiudicazione, ha ritenuto di
configurare, nel comportamento dell'amministrazione appaltante, un'ipotesi di
responsabilità precontrattuale condannandola al pagamento in favore
dell’impresa appaltante per i danni derivanti dall'inutile
partecipazione alla gara di appalto,
con compensazione tra le parti delle spese processuali. Il Consiglio di Stato
ha ravvisato,nel
comportamento tenuto dall'amministrazione un'ipotesi di illecito implicante
l'obbligazione al risarcimento dei danni: l'errore commesso nella redazione del
bando di gara non era giustificabile, era stato lesivo dell'affidamento del
ricorrente ed era stato per lo stesso foriero di spese e di danni che, per come
provati, andavano risarciti.
Cons. Stato Sez. VI, 16-01-2006, n. 86
Svolgimento del processo
1. Con sentenza n. 11259, del 21 maggio/25 agosto 2003, il
Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione di Napoli, respingeva il
ricorso (n. 4481/2002) proposto da ---------, titolare dell'omonima ditta,
contro la di Caserta ed il ministero per i beni e le
attività culturali, per l'annullamento della determinazione n. 160/E, del 9
aprile 2002, con la quale era stato annullato il bando di gara del 23 agosto
2001, n. 32/2001, per la realizzazione di opere infrastrutturali di
completamento del e degli atti alla stessa connessi tra cui la comunicazione
prot. 1761/spe del 1 aprile 2002. Con la medesima sentenza, il Tribunale
amministrativo regionale condannava l'a. al pagamento in favore del ricorrente
della somma di euro 2.500,00
a titolo di risarcimento, per responsabilità
precontrattuale, in considerazione del danno dallo stesso subito per la
partecipazione alla procedura di gara di cui era risultato aggiudicatario, con
compensazione tra le parti delle spese processuali. Contro la decisione
indicata, il V. ha proposto appello al Consiglio di Stato chiedendone, con
ricorso notificato il 7 ottobre 2003, la riforma con l'integrale accoglimento
della domanda proposta in primo grado. Nella resistenza della p, il ricorso è
stato chiamato per l'udienza odierna al cui esito è stato trattenuto in
decisione dal collegio.
Motivi della
decisione
2. La
ditta individuale di appalto è stata aggiudicataria
di una gara di appalto
per lavori di completamento di opere infrastrutturali, per un importo a base d'asta di
euro 1.727.978,71, oltre iva. Il bando di gara indicava, nella descrizione dei
lavori, come prevalente le categoria OG1 (edifici civili e industriali) e come
scorporabili e/o subappaltabili le categorie OS30 (impianti elettrici), OS4
(impianti elettromagnetici trasportatori) e OS3 (impianti antincendio).
Successivamente all'aggiudicazione, tuttavia, la stazione appaltante), a
seguito di una segnalazione della locale Sovrintendenza ai monumenti,
provvedeva all'annullamento in autotutela del bando e dell'aggiudicazione della
gara in quanto, erroneamente, era stato richiesta, per i lavori prevalenti, la
qualificazione in una categoria generale (OG1) diversa da quella che era,
invece, necessaria (OG2), in considerazione della tipologia del bene cui si
riferiva l'intervento.
3. Come già rilevato nelle premesse di fatto, il Tribunale
amministrativo regionale, con l'impugnata sentenza, ha respinto il ricorso
proposto dalla impresa aggiudicataria per l'annullamento del provvedimento
adottato in autotutela dall'amministrazione appaltante; ritenendo, nel
contempo, configurata nel comportamento dell'amministrazione, un'ipotesi di
responsabilità precontrattuale della stazione appaltante che ha,
conseguentemente, condannato al pagamento in favore della ricorrente della
somma complessiva di euro 2.500,00 ivi compresi euro 500,00, equitativamentre
liquidati per i danni derivanti dall'inutile partecipazione alla gara di appalto,
con compensazione tra le parti delle spese processuali. Con il proposto
appello, la ditta V censura la decisione di prima istanza, riproponendo le
doglianze dedotte in primo grado e chiedendone la riforma con l'annullamento
del provvedimento adottato in autotutela dalla p ed in ogni caso con la
condanna dell'amministrazione provinciale ad un maggior danno, previa anche la
qualificazione dell'illecito come ipotesi di responsabilità contrattuale.
4.
L'appello
è parzialmente fondato e, nei limiti che saranno specificati, meritevole di
accoglimento.
Come riconosce lo stesso appellante, per la partecipazione alle gare
di appalto
per l'esecuzione di lavori pubblici e per la stipulazione dei relativi contratti,
gli operatori economici devono, oltre che essere moralmente affidabili, avere
apposita qualificazione economico-finanziaria e tecnico- organizzativa. La
qualificazione, che è richiesta agli appaltatori, è correlata alla tipologia
delle lavorazioni oggetto dell'appalto, in modo che sia assicurata la
qualità dei lavori, così come prescritto dall'art. 1 della Legge- quadro n.
109/1994; e la stessa (qualificazione) va dimostrata, dopo le modifiche di cui
alla Legge-quadro indicata, con la produzione di apposito attestato rilasciato
da organismi di diritto privato (soa) a tanto specificamente autorizzati. La
produzione della relativa certificazione costituisce condizione necessaria e
sufficiente per ritenere qualificato l'operatore economico, senza alcuna
facoltà per la stazione appaltante di considerare adeguata una qualificazione
diversa da quella correlata ai lavori da eseguire, oppure di richiedere una
documentazione diversa per la dimostrazione della qualificazione al riguardo
necessaria. Il nuovo sistema, come è anche noto, ha sostituito quello
precedentemente in vigore, basato sull'iscrizione all'Albo nazionale dei
costruttori, implicante, anch'esso, una distinzione per categorie e classifiche
delle lavorazioni le quali, per molti aspetti, erano, tuttavia, diversamente
accorpate; con apposita tabella allegata al D.P.R. n. 34 del 2000 è stata prevista
la corrispondenza tra vecchie e le nuove categorie di lavorazioni.
5. Nel caso in esame, oggetto dell'appalto erano "lavori di
completamento (delle) opere infrastrutturali presso il , soggetto al vincolo di cui alla Legge n. 1089 del 1939, ora D.Lgs. n. 490 del 1999); e per la loro
esecuzione, sulla base delle declaratorie di cui all'allegato 1 al D.P.R. n. 34 del 2000, non era
sufficiente il possesso della qualificazione per la categoria individuata con
l'acronimo OG1 (che era relativa agli edifici civili e industriali) occorrendo,
invece, possedere la qualificazione per la categoria contrassegnata
dall'acronimo OG2 (che riguardava il restauro e manutenzione dei beni immobili
sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e
ambientali). Contrariamente, poi, a quanto sostenuto dall'appellante, per
l'esaminata ipotesi, il possesso della qualificazione per la categoria OG2 era
necessario, non già per il solo caso in cui sui beni vincolati si andassero ad
eseguire lavorazioni particolarmente specifiche o complesse; era, invece, la
peculiarità del bene sul quale si andava ad intervenire che richiedeva la
speciale qualificazione dell'esecutore indipendentemente ed a prescindere dal
tipo di intervento da praticare.
6.
In
base alle circostanze indicate, erroneamente, quindi, l'a. p. nel redigere il
bado di gara relativo ai lavori di cui al giudizio in esame, aveva chiesto ai
partecipanti la qualificazione nella categoria OG1 ed erroneamente aveva
aggiudicato la stessa all'impresa V. che soltanto per tale categoria generale
di lavorazioni era qualificata. Di modo che, resasi conto dell'errore commesso,
a seguito della segnalazione della locale Sovrintendenza per i beni
architettonici ed il paesaggio, alla stazione appaltante non restava altro da
fare che annullare in autotutela, sia il bando di gara, sia i successivi atti
ivi compresa l'avvenuta aggiudicazione dell'appalto; se non avesse provveduto in
tal senso, l'amministrazione provinciale avrebbe, infatti, ulteriormente
aggravato l'errore in precedenza commesso stipulando consapevolmente il
contratto e consentendo l'esecuzione dei lavori ad un'impresa non adeguatamente
qualificata.
7. Correttamente, quindi, il Tribunale amministrativo
regionale ha ritenuto di non potere accogliere la domanda principale proposta
dall'impresa ricorrente e relativa all'annullamento del disposto provvedimento
adottato in autotutela; ravvisando, nel contempo, la configurazione di
un'ipotesi di illecito, per violazione del principio della buona fede,
implicante l'obbligo del risarcimento del danno. Contrariamente a quanto
sostenuto dal V. con il primo motivo del ricorso al Tribunale amministrativo
regionale, non vi è stata, infatti, alcuna violazione da parte
dell'amministrazione dei principi di cui all'art. 97 Cost.: la stazione
appaltante non ha recepito acriticamente il rilievo della Soprintendenza- cui,
peraltro, non era consentito imporre l'annullamento della procedura
concorsuale- essendosi limitata, più semplicemente, una volta avvedutasi
dell'errore commesso, ad intervenire in autotutela al fine di evitare ulteriori
pregiudizi nell'esecuzione dei lavori. La stessa amministrazione, inoltre, non
potendo discrezionalmente ritenere adeguata la qualificazione in OG1 nemmeno
adottando misure correttive in sede di esecuzione dei lavori, non poteva
provvedere se non annullando la gara; di modo che del tutto inconferente era il
richiamo della parte ricorrente alla asserita necessità del rispetto dei
principi generali in tema di autotutela e di cui al motivo contrassegnato con
la lettera c) del ricorso di primo grado e che presupponevano l'esercizio di un
potere discrezionale nella specie inesistente. Allo stesso modo del tutto
insussistente era l'asserita pretesa violazione del D.P.R. n. 34 del 2000 di cui alla
lettera b) del primo ricorso proposto: come già rilevato in precedenza, per la
tipologia di lavori oggetto della gara era necessario il possesso della
categoria generale OG2 e non era sufficiente la OG1 come pretendeva il ricorrente. Né alcuna
rilevanza aveva il fatto che l'impresa fosse stata iscritta all'ANC dal 1980 in epoca antecedente
al D.M. n. 770 del 1982 e fosse in possesso, all'epoca, della categoria 2
prevista per gli edifici civili e monumentali e che detta categoria, con il D.M. 15 maggio 1998, n. 304, era stata
trasformata nella OG1: tale circostanza, infatti, se poteva, sulla base delle
nuove corrispondenze di cui all'allegato al D.P.R. n. 34 del 2000, consentire
all'impresa di utilizzare le precedenti certificazioni per richiedere di essere
qualificata nella nuova categoria indicata come OG2, non lo legittimava, in
mancanza della qualificazione medesima, a partecipare agli appalti per i quali
la nuova categoria era invece ritenuta necessaria.
8. Correttamente, infine, il Tribunale amministrativo
regionale ha ravvisato- accogliendo parzialmente l'ultimo motivo del ricorso di
primo grado- nel
comportamento tenuto dall'amministrazione un'ipotesi di illecito implicante
l'obbligazione al risarcimento dei danni: l'errore commesso nella redazione del
bando di gara non era giustificabile, era stato lesivo dell'affidamento del
ricorrente ed era stato per lo stesso foriero di spese e di danni che, per come
provati, andavano risarciti. Altrettanto corretta, ad avviso del collegio, è
stata la qualificazione della fattispecie come ipotesi di responsabilità
precontrattuale implicante, ai sensi dell'art. 1337 c.c., l'obbligazione al
risarcimento delle sole spese sostenute per la partecipazione alla gara e
dell'eventuale ulteriore danno derivante, in diretta conseguenza di tale
partecipazione, per effetto della mancata aggiudicazione di altri
contratti (perdita di chance). Non è, infatti, condivisile la tesi
dell'appellante che, sulla base di una consolidata, anche se risalente
giurisprudenza, ravvisando nell'aggiudicazione il momento del definitivo
incontro delle volontà dei contraenti, riconduce il successivo recesso ad
un'ipotesi di responsabilità per inadempimento contrattuale. Al riguardo, va
innanzitutto, segnalato il ripensamento di una parte della giurisprudenza
secondo cui, successivamente all'entrata in vigore della Legge quadro sui
lavori pubblici e relativo regolamento generale di attuazione, l'art. 16 del R.D. n. 2440 del 1923, posto a
fondamento dell'orientamento pregresso, dovrebbe considerarsi implicitamente
abrogato per incompatibilità con la specifica nuova normativa riguardante la stipulazione
dei contratti. In ogni caso, anche nella giurisprudenza pregressa, si è sempre
ritenuto possibile che all'avvenuta aggiudicazione non facesse necessariamente
sempre seguito l'esecuzione del contratto, dato che, anche nelle gare per
l'aggiudicazione dei contratti pubblici, vige il principio dell'autotutela
decisoria che consente all'amministrazione di riesaminare, annullare o
rettificare atti invalidi, salvo, ovviamente, l'obbligo del risarcimento, ove
ne ricorrano tutte le condizioni, per l'eventuale illecito commesso. Illecito
il quale non può che essere qualificato di natura precontrattuale, dal momento
che, anche a voler ritenere già raggiunto, con l'aggiudicazione, l'accordo tra
le parti sul contenuto del contratto, il contratto medesimo non era ancora
efficace e produttivo di effetti occorrendo la successiva sua stipulazione
ed approvazione.
9. Inadeguata, tuttavia- ad avviso del collegio- è stata
la quantificazione del danno, liquidato equitativamente al ricorrente dal
Tribunale amministrativo regionale in complessivi euro 2.500,00. E' pur vero,
infatti, che, in ipotesi di illecito extracontrattuale, l'onere della relativa
dimostrazione è a carico del richiedente, ed è pur vero che, con riferimento al
caso esaminato, non è pertinente (perché riguarda i casi di responsabilità
contrattuale) la richiesta di una liquidazione forfetaria pari al 10% dell'importo
del contratto. Resta, tuttavia, il fatto che- in mancanza di specifica
indicazione circa le spese effettivamente sostenute e le perdite di chance
effettivamente subite- il Tribunale amministrativo regionale ha provveduto a
liquidare equitativamente il pregiudizio economico subito dal ricorrente e che
tale liquidazione, come dedotto dall'appellante, appare obiettivamente
inadeguata in considerazione dell'entità dell'appalto e della complessità della
procedura; di modo che, sempre con valutazione equitativa, l'ammontare del
risarcimento dovuto al V.va elevato per la voce riguardante l'avvenuta
partecipazione alla gara, dagli euro 500,00 liquidati dal Tribunale
amministrativo regionale, ad euro 5.000, 00 che sembrano più adeguati rispetto
all'importanza della gara ed alla complessità della relativa procedura. Di modo
che, aggiungendo l'ulteriore importo di euro 2000,00 liquidati, allo stesso
titolo dal Tribunale amministrativo regionale, complessivamente, l'a. p. va
condannata al pagamento della somma di euro 7.000,00 oltre al rimborso delle
spese processuali relative alla presente fase del giudizio che si liquidano
come in dispositivo.
PQM
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale accoglie
l'appello nei sensi di cui in motivazione. Condanna, in parziale riforma
dell'impugnata sentenza, l'a. p. al pagamento in favore del ricorrente V. della
somma complessiva di euro 7.000,00, oltre al rimborso delle spese processuali
relative al presente giudizio che liquida in complessivi euro 1.500,00. Ordina
che la decisione venga eseguita in via amministrativa.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2005 in camera di consiglio
dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, con l'intervento
dei sigg:
Mario Egidio SCHINAIA Presidente
Sabino LUCE Consigliere Est.
Luigi MARUOTTI Consigliere
Carmine VOLPE Consigliere
Giuseppe ROMEO Consigliere