Possesso dei requisiti partecipazione - avvalimento – disponibilità effettiva.
Il Consiglio di Stato ha confermato il principio di derivazione
comunitaria per il quale un prestatore di servizi, che intenda comprovare il
possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una
gara di appalto pubblico di servizi, può fare riferimento alla capacità di
altri soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi,
a condizione che sia in grado di provare l’effettiva disponibilità dei mezzi
necessari all’esecuzione dell’appalto.
REPUBBLICA ITALIANA
N. 7134/05 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.
7602 REG.RIC.
ANNO 2004
Il Consiglio
di Stato in
sede giurisdizionale, Sezione Quinta
ha
pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 7602/2004 del 05/08/2004,
proposto dalle società M. rappresentate e
difese dall’avv. Marco Masi con domicilio
eletto in Roma Viale Giulio Cesare n. 14 presso
l’avv.ssa Maria Teresa Barbantini;
contro
il COMUNE di MILANO rappresentato
e difeso dagli avv.ti Danilo Parvosso, Maria Rita Surano Maria Teresa Maffey
Raffaele Izzo con domicilio eletto in Roma via Cicerone n. 28 presso l’avv.
Raffaele Izzo;
e nei confronti della Soc.
rappresentata e difesa
dagli avv.ti Arturo Cancrini Enzo Giacometti Maurizio Boifava con domicilio
eletto in Roma via G. Mercalli, 13 presso l’avv. Arturo Cancrini;
per la riforma
della sentenza del TAR
LOMBARDIA - MILANO :Sezione III n. 1631/2004,
resa tra le parti, concernente AGGIUDICAZ.
APPALTO “SERVIZIO MANUTENZIONE ORDINARIA AREA A VERDE PUBBLICO” ;
Visto l’atto di appello con i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in
giudizio del Comune di Milano e della soc.
Viste le memorie difensive;
Visti gli atti tutti della causa;
Visto
l’art. 23 bis comma sesto della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, introdotto
dalla legge 21 luglio 2000, n. 205;
Visto il dispositivo n. 127/05 del
2 marzo 2005;
Alla pubblica
udienza del 25 Febbraio 2005, relatore il
Consigliere Nicola Russo ed uditi,
altresì, gli avvocati E. Pastore Stocchi, per delega dell’avv. M. Masi, M.R.
Surano e M. Boifava;
Ritenuto e
considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
F A T T O
Dopo
una prima procedura di gara andata deserta, il Comune di Milano indiceva una licitazione
privata, da aggiudicare con il criterio dell’offerta più vantaggiosa ai sensi
dell’art. 23, primo comma lett.b), D.Lgs. n. 157/1997, per l’affidamento del
servizio globale per la manutenzione ordinaria programmata delle aree a verde
pubblico, per la durata di tre anni dalla consegna del servizio e con una spesa
complessiva di € 89.768.000,00.
A
seguito dell’esame della documentazione presentata dai tre concorrenti ammessi
alla gara, la commissione giudicatrice dichiarava non accoglibile l’offerta in
aumento della G. e quindi, in esito al confronto dei punteggi attribuiti a C e
alla costituenda ATI con capogruppo R s.r.l, aggiudicava la gara al Consorzio
C. risultato primo classificato.
Con
ricorso notificato in data 21 agosto 2003 i soggetti componenti della
costituenda ATI impugnavano dinanzi al
TAR per la Lombardia,
sede di Milano, gli atti della procedura di gara, denunciandone l’illegittimità
per vari profili e chiedendo la condanna del Comune di Milano al risarcimento
del danno subito per effetto dell’illegittima aggiudicazione del servizio
appaltato.
Con
separato atto, notificato in data 23/25 agosto 2003, gli stessi presentavano,
ai sensi dell’art. 3 l.
n. 205/2000, domanda di misure cautelari provvisorie, che veniva respinta con
decreto presidenziale n. 1448 del 28 agosto 2003.
A
seguito della produzione documentale, eseguita dall’amministrazione comunale,
le ricorrenti notificavano atto per motivi aggiunti, per esporre ulteriori
elementi di illegittimità rinvenibili nella procedura de qua.
Il
Comune di Milano si costituiva in giudizio per evidenziare, con articolate
memorie difensive, l’infondatezza del gravame.
Ad
analoghe conclusioni perveniva, nei propri scritti difensivi, anche il
Consorzio risultato aggiudicatario.
Con
sentenza n. 1631/2004 del 6 maggio 2004 il TAR adito respingeva il ricorso, i
motivi aggiunti e la domanda risarcitoria.
Con
atto di appello notificato in data 28 luglio 2004 le ricorrenti hanno impugnato
la predetta sentenza, notificata il 30 giugno 2004, chiedendone l’annullamento
e/o la riforma, con conseguente accolgimento del ricorso di primo grado.
Si è
costituito il Comune di Milano, chiedendo il rigetto dell’appello e delle
domande risarcitorie, in quanto inammissibili ed infondate.
Anche
il Consorzio C si è costituito, chiedendo il rigetto dell’appello avversario,
con ogni conseguente statuizione, anche in ordine alle spese di lite.
Alla
pubblica udienza del 25 febbraio 2005 la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
L’appello
è infondato e, pertanto, deve essere respinto per il seguente ordine di
considerazioni.
Con il primo motivo di
ricorso, le appellanti lamentano l’erroneità della sentenza impugnata nella
parte cui ha ritenuto infondate le censure proposte con il primo ed il terzo
motivo di primo grado, con cui le ricorrenti avevano sostenuto l’illegittimità
dei provvedimenti impugnati, in quanto la Commissione avrebbe
dovuto procedere all’esclusione di C. dalla gara, perché la Società G, facente parte
del consorzio, non sarebbe in possesso di un requisito tecnico richiesto dal
bando, avendo dichiarato di aver eseguito lavori per conto di Autostrade
S.p.A., che non sarebbe “soggetto pubblico”.
La doglianza è infondata per
le seguenti ragioni.
Il punto 13, lettera D1),
del bando di gara (doc. n 4 fascicolo di I grado) richiedeva, tra i requisiti
tecnici, l’indicazione, a pena di esclusione, dei servizi relativi all’attività
di manutenzione del patrimonio a verde pubblico prestati a soggetti pubblici,
comprovanti un valore globale annuo medio dei servizi svolti nel triermio
2000-2001-2002 pari ad € 16.500.000,00. In caso di riunioni di imprese o
consorzi, ciascuna impresa partecipante alla riunione di imprese o consorzio
avrebbe dovuto indicare i servizi svolti comprovanti un valore annuo medio nel
triennio 2000-2001-2002 almeno pari all’importo di €. 2.500.000,00.
Come risulta dalle
dichiarazioni presentate unitamente alla domanda di partecipazione (doc. n. 12
fascicolo di I grado) e dal verbale in data 17 aprile 2003 (doc. n. 8 fascicolo
di I grado, pagg. 16 e 17) del Gruppo di Lavoro costituito per l’esame delle
domande di partecipazione, l’impresa G., facente parte del C, ha indicato, ai
fini della dimostrazione del possesso del requisito in argomento, di avere
prestato, in favore dei soggetti di seguito elencati e per i relativi importi,
i seguenti servizi:
R., €. 745.272,57; C., €.
199.459,74 (referenze ritenute non accettabili dal Gruppo di Lavoro, in quanto
trattasi di prestazioni effettuate a soggetti non pubblici); F., euro
114.481,41; A, €. 558.304,06; A S., E. 646.260,91; A, Dir. 10 Tronco — Genova,
€. 5.752.201,00. I lavori di cui al certificato n. 28 (doc. n. 12 fascicolo di
I grado, sub D1 della S) sono stati effettuati all’Ente P. B. e non ad “A..”
La Società G, quindi, ha dichiarato di avere eseguito servizi
idonei
- per valore, natura e
soggetti destinatari- a - dimostrare il possesso del requisito tecnico di cui
al punto 13, lettera D1), del bando di gara.
Le Società A., A S.p.A. e A
S.p.A. sono “soggetti pubblici”, ai fini della dimostrazione del possesso del
requisito di capacità tecnica in questione, come, con corretta ed esaustiva
motivazione, hanno ritenuto i primi giudici del TAR Lombardia.
In tale categoria, riferita
a soggetti destinatari di servizi, prestati dai concorrenti, di manutenzione
del patrimonio a verde pubblico, non possono essere compresi solamente gli enti
pubblici territoriali. Deve essere incluso, altresì, ogni altro ente che,
indipendentemente dalla forma giuridica adottata, persegua il soddisfacimento
di bisogni di interessi non particolari e non, esclusivamente, industriale o
commerciale, quali i cosiddetti “organismi di diritto pubblico” ed i
concessionari di costruzione e gestione di lavori pubblici o di pubblici
servizi.
Nel novero di tali soggetti
sono accreditati - come ritenuto anche da questo Consiglio (cfr. Cons. St.,
Sez. VI, 7 giugno 2001, n. 3090) - le società di progettazione, costruzione e
gestione delle autostrade, i quali, come correttamente ha sottolineato il
giudice di primo grado, sono abilitati a rivestire il ruolo di stazioni
appaltanti per l’esecuzione delle opere e dei servizi necessari per la gestione
del bene o del servizio pubblico loro affidato.
Appartengono alla categoria
degli “organismi di diritto pubblico” anche altri soggetti che operano nel
settore dei trasporti, quali Ferrovie dello Stato S.p.A. ed Italferr S.p.A.
(cfr. Cons. St., Sez. VI, 24 settembre 2001, n. 5007), mentre Grandi Stazioni
S.p.A. è stata qualificata dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con la
recente decisione 23 luglio 2004, n. 9, come “impresa pubblica”, tenuta ad indire
le gare comunitarie per la scelta del contraente che svolge il servizio di
pulizia nelle stazioni ferroviarie.
Le appellanti incentrano la
loro doglianza sulla considerazione che le società autostradali non
apparterebbero alla categoria degli “organismi di diritto pubblico”. Tale
assunto, comunque non dimostrato, si risolve in una mera classificazione
terminologica ed è ininfluente ai fini della decisione in merito al possesso
del requisito di capacità tecnica in capo al concorrente.
Come enti in quanto tali, le
società autostradali perseguono, per la valenza oggettivamente pubblicistica
dell’attività e degli interessi da esse curati, ancorché siano costituite in
forma societaria, fini di interesse pubblico generale.
L’attività di costruzione ed
esercizio di autostrade, infatti, non si può qualificare in termini di puro
strumento commerciale dell’impresa, rivolto all’obiettivo dell’acquisizione di
redditività competitiva (solo perché al suo svolgimento si connettono livelli
di minima utilità economica del risultato perseguito), dovendo invece essere
privilegiata la sussistenza, nell’intera operazione economica, del sostanziale
interesse generale della sicurezza del traffico e del mantenimento di
efficienti livelli di servizio, ulteriore rispetto a quello della costruzione e
gestione delle strade e, tuttavia, ugualmente riconducibile alla figura del
concessionario, al quale è affidata la realizzazione dell’opera viaria.
Il concessionario, pertanto,
a cui è rimesso il compito di realizzare la struttura viaria, acquisisce anche
un obbligo di mandato pubblicistico, avente ad oggetto proprio il mantenimento
in piena efficienza delle strutture realizzate. Detta finalità trascende i
confini dell’utilità reddituale, fino a convogliare in un ambito ulteriore,
rispetto al perseguimento dell’utile d’impresa, maggiormente orientato alla
cura di interessi ultraindividuali e di natura pubblica.
Proprio per effetto della
loro natura di concessionari pubblici, i menzionati soggetti, analogamente agli
enti pubblici, godono nell’ambito dell’ordinamento di una posizione di
supremazia, conferita dalla titolarità di diritti speciali o esclusivi, che ne
ha reso necessario l’assoggettamento alla normativa elaborata in materia di
procedure di affidamento di pubblici servizi, lavori e forniture
I soggetti in argomento sono
espressamente indicati dall’art. 2, secondo comma, lettera b), della legge n.
109/94 fra coloro che sono vincolati al rispetto delle norme legislative e
regolamentari, in questione. I concessionari di lavori pubblici (e gli altri
soggetti indicati nella lettera b) debbono, quindi, senz’altro applicare, fra
le altre, le disposizioni sulle procedure di scelta del contraente (art. 20) e
sui criteri di aggiudicazione (art. 21), non essendone espressamente esentati
(come invece disposto, ad esempio, nei casi di cui all’art. 18, sugli incentivi
per la progettazione ed all’art. 27, sulla direzione lavori).
Si consideri, inoltre, più
specificamente in relazione alla materia delle infrastrutture autostradali e
viarie, che l’art. 21, primo comma, della legge 24 novembre 2000, n. 340
“Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di
procedimenti amministrativi”, prevede che per la costruzione e l’affidamento in
gestione delle infrastrutture autostradali si applicano le disposizioni che
recepiscono nell’ordinamento italiano la normativa comunitaria in materia di
lavori pubblici o di servizi.
Per i motivi esposti, le
società di costruzione e gestione delle autostrade sono da considerare, per le
finalità di selezione dei concorrenti a cui è destinato il bando di gara
“soggetti pubblici”. Come correttamente statuito dal TAR Lombardia, quindi, le
prestazioni rese in favore di tali società concorrono a qualificare i
concorrenti ai fini della selezione cui è preordinata la procedura di gara per
la quale è causa, con la conseguenza che la stazione appaltante non avrebbe
potuto legittimamente trascurare le relative referenze.
I servizi di manutenzione
del patrimonio a verde resi alle società predette sono, infatti, sicuramente e
totalmente equiparabili agli analoghi servizi resi a soggetti quali i comuni e,
pertanto, possono essere accettati come valide referenze.
Detti servizi, infatti, sono
stati affidati a seguito dell’esperimento di procedure ad evidenza pubblica, di
selezione, valutazione e accertamento della capacità tecnica pressoché
identiche a quelle utilizzate nelle gare delle pubbliche amministrazioni, in
quanto, come già osservato, la normativa applicabile a tali competizioni è la
medesima (legge n. 109/94 e decreto legislativo n. 157/95).
Anche la fase esecutiva dei
servizi resi ai concessionari è assimilabile a quella dei servizi effettuati
per le amministrazioni pubbliche. In entrambe le ipotesi il committente
richiede all’appaltatore di assicurare la prestazione di elevati livelli
qualitativi e professionali a beneficio della collettività, la quale è la
destinataria finale e immediata del servizio, in quanto fruitrice del verde
pubblico.
Per tutto quanto sopra
esposto, quindi, la Società
G ha validamente comprovato il possesso del requisito di
capacità tecnica richiesto dal bando.
Con il secondo motivo di
ricorso, le appellanti lamentano l’erroneità della sentenza impugnata, nella
parte cui ha ritenuto assorbiti i residui profili di censura esposti con il primo
ed il terzo motivo di primo grado - relativi alla valutazione di alcuni lavori
resi dalla Società G (identificati ai nn. 3, 6, 8 e 3, doc. n. 12 fascicolo di
I grado, sub D1 della Società G.) che si assumo difformi da quelli oggetto di
gara o non ascrivibili al Consorzio per essere stati eseguiti in subappalto da
altre imprese, con conseguente variazione del valore degli importi dichiarati
dalla Società.
La doglianza è priva di
pregio per le seguenti considerazioni.
Il punto 13, lettera D1),
del bando di gara (doc. 11. 4 fascicolo di I grado) richiedeva, come si è
detto, tra i requisiti tecnici, l’indicazione, a pena di esclusione, dei
servizi relativi all’attività di manutenzione del patrimonio a verde pubblico
prestati a soggetti pubblici, comprovanti un valore globale annuo medio dei
servizi svolti nel triennio 2000-2001-2002 pari ad € 16.500.000,00. In caso di
riunioni di imprese o consorzi, ciascuna impresa partecipante alla riunione di
imprese o consorzio avrebbe dovuto indicare i servizi svolti comprovanti un
valore annuo medio nel triennio 2000-2001- 2002 almeno pari all’importo di €.
2.500.000,00.
Premesso che il valore dei
servizi prestati dalla Società G. per conto dei soggetti pubblici è da solo
sufficiente ad integrare il sopra riportato requisito di capacità tecnica, in
relazione al primo aspetto della censura (valutazione di lavori considerati
difformi da quelli costituenti l’oggetto di gara), si osserva che dall’esame
del certificato n. 3 (doc. n. 12 fascicolo di I grado, sub D1 della Società G),
emesso dalla Città di Bordighera, si evince che le lavorazioni riportate
rientrano nella categoria 0S24 tipica delle opere a verde, secondo quanto
previsto dall’allegato A al D.P.R. n. 34/2000.
I certificati n. 6 (doc. n.
12 fascicolo di I grado, sub D1 della Società G.) e n. 8 (doc. n. 12 fascicolo
di I grado, sub D1 della Società G.), rilasciati dal Comune di Genova e dalla
Comunità Montana Alta Val Polcevera, sono afferenti a lavorazioni rientranti
nella categoria OG 13, espressamente previste nel Capitolato Speciale
d’Appalto, con riferimento alle piantumazioni.
Anche le prestazioni
descritte nel certificato n. 23 (doc. n. 12 fascicolo di I grado, sub D1 della
Società Giustiniana), emesso dall’Autorità Portuale di Genova, sono ascrivibili
alle categorie 0S24 e OG 13.
Per quanto attiene al
secondo profilo della doglianza (presunto valore dei servizi svolti inferiore
ad € 2.500.000,00 per effetto dei subappalti), si rileva che, come risulta dai
dati relativi agli importi dei servizi prestati dalle imprese facenti parte del
CO. GE. S., così come indicati nella tabella riassuntiva (doc. n. 12 fascicolo
di I grado, sub D1 della S.G. tabella riassuntiva), al fine della dimostrazione
del possesso del requisito, il valore da considerare è quello espresso nell’ultima
colonna, e non nella prima, come erroneamente prospettato dalle ricorrenti.
L’indicazione del corretto
importo (in lire ed in euro) è, altresì, chiaramente espressa da G nella
propria dichiarazione riassuntiva dei servizi svolti (doc. n. 12 fascicolo di I
grado, sub D1 della Società G., dichiarazione riassuntiva), laddove, in calce
alla descrizione di ogni servizio elencato, è precisato, con carattere in
grassetto, “importo netto di competenza G S.r.l. valido per la valutazione del
requisito tecnico (£ 489.373.335 € 252.740,23” per il primo servizio, £ 14.068.386
€ 7.265,71 per il secondo servizio e così via per tutti gli altri).
Alla luce di quanto esposto,
com’è già stato precisato, la
Società G. ha dimostrato il requisito tecnico di cui al punto
13, lettera D1, del bando di gara, avendo eseguito servizi idonei per natura e
soggetti destinatari di valore medio annuo ben superiore all’importo di €
2.500.000,00.
Con il terzo motivo di
ricorso, le appellanti lamentano l’erroneità della sentenza impugnata nella
parte cui ha ritenuto infondate le censure proposte con il secondo ed il terzo
motivo di primo grado, con cui le ricorrenti avevano sostenuto l’illegittimità
dei provvedimenti impugnati, in quanto la Commissione avrebbe
dovuto procedere all’esclusione di C. dalla procedura, perché la Società P, facente parte
del consorzio, non possiederebbe un requisito economico richiesto dal bando,
non avendo la disponibilità in organico di un numero minimo di 45 dipendenti.
La dogliariza è priva di
pregio per le motivazioni di seguito esposte.
Il punto 13, lettera D4),
del bando di gara (doc. n. 4 fascicolo di I grado) richiedeva, tra i requisiti
tecnici, a pena di esclusione, la dichiarazione del concorrente, da solo o in
associazione, della disponibilità in organico, nel trieimio 2000-2001-2002, di
un numero medio annuo di dipendenti almeno pari a 300 (trecento). In caso di
riunioni di imprese o consorzi, ciascuna impresa partecipante alla riunione di
imprese o consorzio, avrebbe dovuto avere in organico almeno il 15% della cifra
soprandicata.
Il Gruppo di Lavoro
costituito per la verifica delle domande di partecipazione alla gara ha
correttamente ritenuto dimostrata da parte di P S.r.l., l’effettiva
disponibilità, ai fini dell’esecuzione dell’appalto, delle risorse umane
fornite dalla Società C S. Fdoc. n. 8 fascicolo di I grado, pagg. 20 e 21).
Nel caso di specie, infatti,
la stessa persona, il Sig. P, è legale rappresentante di entrambe le società,
ed identica è la composizione societaria delle stesse (soci il medesimo P e la Sig.ra L.), come è
risultato dalla dichiarazione P. prodotta agli atti di gara (sub doc. n. 12
fascicolo dii grado - D4).
Il confronto dei rispettivi
certificati di iscrizione CCIAA (sub doc. n. 12 bis fascicolo di I grado) ha
dimostrato la conformità al vero della dichiarazione resa dal concorrente:
l’impresa P., partecipante alla gara, è legata da vincolo tale da poter
disporre effettivamente dei mezzi del soggetto cui ha fatto riferimento.
Com’è noto, il principio
applicabile nella fattispecie, come correttamente ha rilevato il Giudice di
primo grado, per verificare la sussistenza dei requisiti di capacità tecnica
richiesti dal bando è quello stabilito dalla Corte di Giustizia delle Comunità
Europee, Sez. V, con la sentenza 2 dicembre 1999 nella causa C- 176/98.
Secondo la Corte,
la Direttiva
n. 92/50/CEE consente ad un prestatore di servizi, che intenda comprovare il
possesso dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione ad una
gara di appalto pubblico di servizi, di fare riferimento alla capacità di altri
soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che ha con essi, a
condizione che sia in grado di provare l’effettiva disponibilità dei mezzi
necessari all’esecuzione dell’appalto.
L’art. 32, n. 2, lettera c) della suddetta Direttiva, infatti, prevede
espressamente la possibilità di comprovare la capacità tecnica del prestatore
mediante l’indicazione dei tecnici o degli organismi tecnici, di cui
quest’ultimo disporrà per l’esecuzione del servizio, a prescindere dal fatto se
essi siano parte integrante o meno dell’impresa del prestatore di servizi, così
come ammesso dalla Direttiva n. 71/305/CEE.
La Corte ha precisato che detta conclusione è stata raggiunta in ossequio alle
finalità perseguite dalla normativa comunitaria - la quale, in materia di
servizi, è stata recepita dal legislatore nazionale con il D. Lgs. n. 157/95 -
che sono quelle di evitare intralci alla libera prestazione dei servizi
nell’aggiudicazione dei pubblici appalti (sesto considerando della Direttiva n.
92/50).
Il descritto orientamento è stato recepito a livello normativo proprio
dal legislatore comunitario, che nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento
Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, all’art. 47, secondo comma, dispone
che: “Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto,
fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura
giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla
amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio
mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti”.
Ciò che occorre per potersi
avvalere di mezzi di altri soggetti è l’averne l’effettiva disponibilità.
Del tutto correttamente,
dunque, il giudice di primo grado ha statuito che, in base alla normativa
comunitaria, è consentito ad un prestatore di servizi, che non soddisfi da solo
i requisiti minimi prescritti per partecipare alla procedura di aggiudicazione
di un appalto di servizi, di far valere presso l’autorità aggiudicatrice le
capacità di terzi, cui conta di ricorrere quando gli sarà aggiudicato
l’appalto. Qualora un concorrente, per dimostrare la propria capacità
finanziaria, economica e tecnica al fine di essere ammesso a partecipare ad una
procedura di gara d’appalto, faccia riferimento alla capacità di altri soggetti
od imprese, cui è legato da vincoli diretti od indiretti -di qualunque natura
giuridica essi siano- avrà l’onere di dimostrare di poter effettivamente
disporre dei mezzi ditali soggetti o imprese che non gli appartengono in
proprio, ma che sono necessari all’esecuzione dell’appalto.
Anche questo Consiglio, del
resto (cfr. Cons. St., Sez. VI, 20 dicembre 2004, n. 8145), ha ribadito il
principio della possibilità di fare riferimento alla capacità di altri
soggetti, qualunque sia la natura giuridica dei vincoli con il partecipante, a
condizione che egli sia in grado di provare di disporre effettivamente di mezzi
di tali soggetti.
Nel caso di specie, la prova
relativa all’effettiva disponibilità dei mezzi necessari all’esecuzione
dell’appalto è stata sicuramente fornita dal concorrente -non essendo comunque
rilevante il profilo formale degli assetti societari e la natura dei vincoli
giuridici tra i due soggetti- atteso lo stretto collegamento sussistente tra
Premav e Centro Giardinaggio S. Fruttoso, che rende palese la realizzazione di
un unitario e comune centro di interessi tra le due società.
Ai fini della dimostrazione
dell’effettiva disponibilità dei mezzi necessari all’esecuzione dell’appalto, è
documento appropriato, inoltre, l’atto unilaterale di impegno, irrevocabile e
incondizionato, assunto dal Centro Giardinaggio S. Fruttoso, con il quale il
personale di tale società, nella misura necessaria ad assicurare il rispetto
del requisito, è stato messo a disposizione di Premav per l’esecuzione dei
servizi oggetto della procedura di gara.
In considerazione di tale
natura di manifestazione di volontà non revocabile e priva di condizioni, come
correttamente ha rilevato il primo giudice, la dichiarazione in argomento è
valida ed efficace, per le finalità evidenziate, anche se la stessa è stata
formata in una data precedente (15 gennaio 2003) - per essere fatta valere
nell’ambito della prima gara, poi andata deserta - rispetto a quella di indizione
della seconda gara (7 marzo 2003) di cui trattasi.
Con il quarto motivo di
ricorso, le appellanti lamentano l’erroneità della sentenza impugnata nella
parte cui ha ritenuto infondate le censure proposte con il terzo motivo di
primo grado, con cui le ricorrehti avevano sostenuto l’illegittimità dei
provvedimenti impugnati, in quanto una delle imprese facenti parte del
raggruppamento aggiudicatario, precisamente la PREMAV S.r.l., non
avrebbe raggiunto la quota di partecipazione per lo svolgimento di servizi,
difformemente da quanto richiesto da una disposizione (art. 13, lett. D1) del
bando di gara (doc. n. 4 fascicolo di I grado), che sarebbe a loro dire da
correlare ad altra del capitolato speciale (art. B. 15, lett. g, doc. n. 3
fascicolo di I grado), dettata con riferimento alla risoluzione del contratto.
L’art. 13, lett. D.1
(“requisiti tecnici”) del bando di gara (doc. n. 4 fascicolo di I grado) così
dispone: “In caso di riunione di imprese o consorzi, ciascuna impresa
partecipante alla riunione di imprese o consorzio deve indicare i servizi
svolti, comprovanti un valore annuo medio nel triennio 2000-2001- 2002 almeno
pari all’importo di euro 2.500.000,00”.
Il capitolato speciale (doc.
n. 3 fascicolo di I grado) indica, all’art. B. 15 (Risoluzione e recesso) quale
clausola risolutiva espressa, ex
art. 1456 cod. civ., tra le altre, quella (punto g) in cui “le imprese non
svolgano una quota di servizio, depurata della quota subappaltata, uguale o
corrispondente, al requisito di partecipazione alla gara, fatta salva la
possibilità di surroga soltanto se accettata dall’Amministrazione”.
La doglianza proposta è
infondata.
Premesso che le norme
ritenute correlate dagli appellanti (art. 13, lett. D. 1 del bando di gara e
art. B. 15 del Capitolato Speciale) attengono a fasi diverse, finalizzate, la
prima, all’individuazione dell’aggiudicatario, la seconda, ad una corretta
esecuzione del contratto, deve dirsi che appare destituita di fondamento
l’affermazione delle appellanti, secondo cui la PREMAV S.r.l. non raggiungerebbe
la quota di partecipazione allo svolgimento dei servizi.
L’Impresa PREMAV,
effettivamente partecipante al Consorzio nella misura del 10%, ha dichiarato un
importo medio annuo nel triennio 2000/2002 pari ad Euro 3.337.109,63 (verbale
di gara in data 17.4.2003, allegato al doc. n. 8 fascicolo di primo grado, pag.
11 e doc. n. 12 fascicolo di primo grado), e pertanto superiore alla quota
minima di € 2.500.000,00 richiesta nel bando.
Nel verbale di gara in data
17 aprile 2003 (doc. n. 8 fascicolo di primo grado) è spiegato che a tale
importo si è pervenuti, dopo avere escluso l’indicazione di una serie di
servizi, tutti elencati (contrassegnati con i numeri 38, 39, 40, 41, 50, 51,
52, 53, 34, 35, 36, 37: pag. 19, doc. n. 12 fascicolo di primo grado) e
considerando tutti quelli non esclusi (dal numero 1 al numero 33, dal numero 32
al numero 49 e dal numero 53 al numero 70: doc. n. 12 fascicolo di primo
grado).
E’ peraltro sufficiente una
semplice addizione per riscontrare la veridicità dell’affermazione, secondo cui
anche la PREMAV S.r.l.,
esecutrice del 10% del servizio, raggiunge la prestazione di servizi per
l’importo di € 10.011.229,58 che, diviso il numero degli anni di esecuzione del
servizio (tre), conduce al risultato di € 3.337.076,53, di gran lunga superiore
al minimo previsto dal bando, pari ad € 2.500.000,00.
Con il quinto motivo di
ricorso, le appellanti lamentano l’erroneità della sentenza impugnata nella
parte cui ha ritenuto infondate le censure proposte con il secondo motivo
aggiunto di ricorso di primo grado notificato in data 23 settembre 2003, con
cui le ricorrenti hanno lamentato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati,
poiché la Commissione
avrebbe ritenuto sussistente in capo alla Società Gaslini, facente parte di
CO.GE.S., il requisito di cui al punto 13, lettera C2, del bando di gara. Detto
requisito, in realtà, non sarebbe stato posseduto dal concorrente, in quanto la
dichiarazione presentata da Gaslini e resa dalla Banca Popolare di Milano in
data 9 aprile 2003 non avrebbe fatto alcun concreto riferimento alla capacità
economica della società ed alla possibilità per la stessa di fronteggiare gli
impegni assunti in sede di gara.
La censura è destituita di
fondamento per le seguenti ragioni.
L’art. 13, punto C2, del
bando di gara (doc. n. 4 fascicolo di primo grado), richiedeva che i
concorrenti, al fine della dimostrazione del possesso dei requisiti economici,
dovessero produrre almeno due dichiarazioni di banche, attestanti la capacità
economica e finanziaria del soggetto, con esplicito riferimento alla entità
della prestazione di cui alla gara. In caso di partecipazione alla procedura in
forma associata, le dichiarazioni bancarie avrebbero dovuto attestare la
predetta capacità economica e finanziaria, con riferimento alla quota di
partecipazione del soggetto al raggruppamento.
Come risulta dal verbale
della seduta del 17 aprile 2003 (allegato al doc. n. 8 fascicolo di primo
grado, pag. 14), la
Commissione ha ritenuto idonee le due dichiarazioni bancarie
presentate dall’impresa Gaslini.
La Banca Popolare di Milano, in primo luogo,
nell’oggetto della propria dichiarazione (doc. n. 12 fascicolo di primo grado,
sub C2 della Società Gaslini), fa esplicito riferimento all’entità totale della
prestazione della gara. Tale dichiarazione, quindi, esprime in concreto una
capacità economica e finanziaria, riferita a Gaslini, pari al valore totale
dell’appalto e, pertanto, maggiore rispetto al requisito richiesto.
L’attestazione della
capacità finanziaria ed economica di Gaslini, inoltre, con riferimento alla
quota di partecipazione all’associazione, si desume direttamente laddove la
banca ha esplicitamente dichiarato che la Società è “in possesso dei mezzi finanziari tali
da consentirle di fronteggiare con puntualità e correttezza gli impegni assunti”
(doc. n. 12 fascicolo di primo grado, sub C2 della Società Gaslini).
A tale proposito deve
osservarsi che la lex specialis non ha prescritto alcuna
forma vincolante, a pena di esclusione dei concorrenti, per le dichiarazioni
rilasciate dalle banche e lo stesso art. 13, primo comma, lett. a), del D. Lgs.
n. 157/95, prevede che la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica
delle imprese concorrenti possa essere fornita mediante, tra l’altro, idonee
dichiarazioni bancarie, senza ulteriori specificazioni.
La disciplina di gara,
quindi, non, prevedeva l’impiego di particolari formulazioni letterali per le
dichiarazioni bancarie, ma, al fine della dimostrazione del possesso del
requisito era richiesto che i documenti emessi dagli istituti di credito
esplicitassero il possesso, da parte dei concorrenti, della capacità
finanziaria ed economica adeguata per l’esecuzione dell’appalto.
Con il sesto motivo di
ricorso, le appellanti lamentano l’erroneità della sentenza impugnata nella
parte cui ha ritenuto infondate le censure proposte con il primo motivo
aggiunto di ricorso di primo grado notificato in data 23 settembre 2003, con
cui le ricorrenti hanno lamentato l’illegittimità dei provvedimenti impugnati,
poiché la, Commissione non avrebbe dovuto ritenere inammissibile l’offerta
economica presentata da Glendale e, conseguentemente, escludere il concorrente
dalla procedura. Ciò in quanto, sebbene la predetta offerta avesse espresso un
aumento percentuale (+2%) rispetto all’importo indicato a base d’asta, essendo,
nel caso di specie, previsto per l’aggiudica.zione della gara il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’offerta era ammissibile.
Occorre premettere che il
TAR Lombardia ha correttamente evidenziato che non avendo il Collegio, a
conclusione dell’esame delle censure indirizzate avverso l’atto di
aggiudicazione della procedura, riscontrato l’asserita illegittimità di
quest’ultimo, l’interesse delle ricorrenti all’esame delle censure rivolte
avverso l’esclusione di Glendale è decaduto, non potendo dall’eventuale
annullamento di tale atto derivare loro alcun concreto vantaggio.
Ciò premesso, si rileva che
la censura, come correttamente statuito dai primi giudici, è infondata per le
motivazioni di seguito esposte.
E’ pacifico che la lex specialis
di gara (doc. n. 1 fascicolo di primo grado, pag. 8; doc. n. 4 fascicolo di
primo grado) disponeva che l’appalto sarebbe stato aggiudicato con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, di cui all’art. 23, primo comma,
lettera b), del D. Lgs. n. 157/95.
Secondo tale criterio, com’è
noto, la valutazione delle offerte, al fine di individuare quella
economicamente più vantaggiosa, avviene prendendo in considerazione elementi
diversi, predeterminati dalla stazione appaltante e variabili secondo il
contratto da affidare, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le
caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla vendita, il
termine di consegna o esecuzione, il prezzo.
E’ altrettanto pacifico,
quindi, che nell’ipotesi in cui l’ente aggiudicatore abbia adottato il criterio
in argomento, ai fini della scelta dell’offerta migliore, debba valutare, oltre
al prezzo (elemento fisso), tutta una serie di altri elementi (variabili) di
natura tecnica predefiniti ed indicati nel bando o nella lettera di invito.
La descritta circostanza,
ampiamente sottolineata anche nell’atto di appello dalle ricorrenti, non è
affatto in contestazione ed è quello che si verificato nel caso di specie, in
cui l’Amministrazione, ovviamente, per valutare le offerte non ha considerato
solo il prezzo ma anche tutti gli altri elementi indicati (doc. n. 11 fascicolo
di primo grado).
Appare altrettanto
incontestabile, però, che la lex specialis di gara possa dettare
delle specifiche e vincolanti prescrizioni in ordine al contenuto delle offerte
ed agli elementi di valutazione, incluso il prezzo, riportate prevalentemente
nel documento “Istruzioni ed informazioni ai concorrenti” (doc. n. 7 fascicolo
di primo grado), alle quali i concorrenti medesimi si debbono attenere.
Per quanto concerne
l’elemento prezzo, si osserva preliminarmente che l’ente comunale, per la
valorizzazione dell’importo a base d’asta in € 89.768.000,00 (IVA compresa), ha
attentamente ponderato tutte le componenti che hanno concorso alla
determinazione di tale costo presunto, elaborando una dettagliata stima dei
costi. Detta stima è stata approvata con deliberazione della Giunta Comunale n.
3293 in
data 17 dicembre 2002 (doc. n. 1 fascicolo di primo grado), che ha disposto
l’effettuazione del servizio per la manutenzione ordinaria programmata delle
aree a verde pubblico in questione.
In considerazione della
stima elaborata, l’Amministrazione ha correttamente reputato il ribasso d’asta
elemento qualificante delle offerte e tale previsione è stata più volte
evidenziata nella normativa di gara.
Contrariamente a quanto
hanno affermato le ricorrenti in primo grado nel ricorso contenente i motivi
aggiunti, infatti, la lex specialis di gara - attesa l’importanza
dell’elemento economico/prezzo, al quale sono attribuibili fino a 65 punti,
rispetto agli elementi economici, ai quali sono attribuibili fino a 35 punti (doc.
n. 4 fascicolo di primo grado punto 14) - disponeva chiaramente (“Istruzioni ed
informazioni ai concorrenti” -doc. n. 7 fascicolo di primo grado, art. 2, punto
c, pag. 3) che l’offerta economica “dovrà essere espressa in termini di
percentuale unica di ribasso sull’importo posto a base di gara”.
Sempre le “Istruzioni ed
informazioni ai concorrenti” (doc. n. 7 fascicolo di primo grado, art. 3, punto
3, pag. 4), contemplavano tra le cause di esclusione dalla gara l’ipotesi di
offerte presentate in maniera difforme dalle istruzioni.
E’ evidente, quindi, che la
valorizzazione delle offerte in termini di percentuale unica di ribasso
sull’importo posto a base di gara era specificamente prevista dalla lex specialis
a pena di esclusione.
Si osservi, inoltre, che il
punto 14, lettera B) del bando (doc. n. 4 fascicolo di primo grado), nella
parte in cui esplicava il sistema di calcolo adottato per l’attribuzione del
punteggio all’elemento economico, precisava che al prezzo base forfettario sarà
applicato il ribasso percentuale offerto da ogni concorrente.
Si consideri, altresì, che
l’art. E12 del Capitolato Speciale d’Appalto (doc. n. 3 fascicolo di primo
grado, pag. 134), prevedeva espressamente che a tutti i prezzi contenuti
nell’elenco prezzi interventi ordinari, integralmente remunerativi delle
prestazioni eseguite dall’appaltatore, si applicasse il ribasso di gara.
L’offerta presentata da
Glendale ha espresso un aumento percentuale (+2%) rispetto all’importo indicato
a base d’asta e, pertanto, in applicazione della sopra delineata lex specialis
di gara, la Commissione
non ha potuto che procedere all’esclusione del concorrente dalla procedura
(doc. n. 11 h fascicolo di primo grado).
Come emerge chiaramente
dall’esame della documentazione prodotta in giudizio (in particolare docc. nn.
8, 11 e 12 fascicolo di primo grado), è dimostrato che la Commissione ha
verificato il possesso dei requisiti di prequalificazione di tutti i
concorrenti in modo conforme tra loro, senza operare discriminazioni ed
applicando correttamente le prescrizioni dettate dalla lex specialis di
gara.
Le censure prospettate dalle
ricorrenti, dirette a sostenere che il controinteressato non avesse titolo per
partecipare alla procedura, pertanto non trovano alcun riscontro nelle
circostanze di fatto. Correttamente, quindi, il giudice di primo grado, la cui
decisione merita conferma, ha respinto il ricorso.
Da quanto finora detto
consegue l’infondatezza dell’appello nel merito e, quindi, anche dei motivi di
censura relativi alla sentenza del TAR Lombardia nella parte in cui ha respinto
le domande di risarcimento dei danni, in quanto la riconosciuta legittimità
della procedura di gara in questione le rende non configurabili nella specie.
Anche in relazione ai profili risarcitori, la decisione di primo grado merita,
quindi, di essere confermata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso
in appello n. 7602/04, lo respinge.
Condanna l’appellante al
pagamento delle spese, competenze ed onorari del presente grado di giudizio,
che liquida complessivamente in euro 3.000,00 per ciascuna delle parti
resistenti.
Ordina che la presente
decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella
Camera di Consiglio del 25 Febbraio 2005
con l’intervento dei Sigg.ri:
Raffaele
Iannotta Presidente
Giuseppe
Farina Consigliere
Claudio
Marchitiello Consigliere
Aniello
Cerreto Consigliere
Nicola
Russo Consigliere estensore
L’ESTENSORE IL
PRESIDENTE
f.to Nicola Russo f.to
Raffaele Iannotta
IL SEGRETARIO
f.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15 dicembre 2005
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
PER IL
DIRIGENTE
f.to Livia Patroni Griffi