Legge 04-05-1983, n. 184 Diritto del minore ad una famiglia
Preambolo
La Camera dei deputati ed il
Senato della Repubblica hanno approvato;
IL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA
Promulga
la seguente
legge:
TITOLO I
Princìpi generali [1]
Art. 1 [2]
[3]
1. Il minore
ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia.
2. Le
condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà
genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore
alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti
interventi di sostegno e di aiuto.
3. Lo Stato,
le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie competenze, sostengono,
con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle
risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di
prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'ambito
della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione
dell'opinione pubblica sull'affidamento e l'adozione e di sostegno all'attività
delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed
aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di
formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in
affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni
con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela
dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al
presente comma.
4. Quando la
famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del
minore, si applicano gli istituti di cui alla presente legge.
5. Il diritto
del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia è
assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di
religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in
contrasto con i princìpi fondamentali dell'ordinamento".
Note:
1 Rubrica
sostituita dall'art. 1, comma 2,
L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U. Precedentemente la
rubrica era la seguente: “DELL'AFFIDAMENTO DEI MINORI”.
2 Articolo
sostituito dall'art. 1, comma 3,
L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
TITOLO I-BIS.
Dell'affidamento del minore [1]
Art. 2 [2] [3]
1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo,
nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell'articolo
1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una
persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione
e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.
2. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è
consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in
mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede
preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il
nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni
l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.
3. In
caso di necessità e urgenza l'affidamento può essere disposto anche senza porre
in essere gli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3.
4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006
mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante
inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da
rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.
5. Le regioni, nell'ambito delle proprie competenze e sulla base di
criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard
minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità
di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto dei
medesimi.
Note:
1 Titolo inserito dall'art. 2, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Articolo sostituito dall'art. 2, comma 2, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 3 [1] [2]
1. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli
istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri tutelari sul
minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo X del libro primo del
codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti
i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia
impedito.
2. Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall'accoglienza
del minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del
tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria
attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di
assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati a tale incarico.
3. Nel caso in cui i genitori riprendano l'esercizio della potestà, le
comunità di tipo familiare e gli istituti di assistenza pubblici o privati
chiedono al giudice tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale
esercizio.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 4 [1] [2]
1. L'affidamento
familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato
dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il
minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in
considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del
luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.
2. Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore,
provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti
del codice civile.
3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate
specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio
dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i
genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i
rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale
cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la
vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati
il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di
provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è
attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza
durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al
tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si
tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di
particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale
sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore
durata e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di
provenienza.
4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il
periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve essere rapportabile al
complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale
periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal
tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi
pregiudizio al minore.
5. L'affidamento
familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto,
valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di
difficoltà temporanea della famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero
nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.
6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero
intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale
locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il
minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento,
richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di
ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto
compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo
familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato".
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 5 [1] [2]
1. L'affidatario
deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla
sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i
quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice
civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall'autorità
affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo
316 del codice civile. In ogni caso l'affidatario esercita i poteri connessi
con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione
scolastica e con le autorità sanitarie. L'affidatario deve essere sentito nei
procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità
relativi al minore affidato.
2. Il servizio sociale, nell'ambito delle proprie competenze, su
disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di
sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di
provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più
idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture
del territorio e dell'opera delle associazioni familiari eventualmente indicate
dagli affidatari.
3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili,
nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si
trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato".
4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie
competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci,
intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della
famiglia affidataria.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 5, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
TITOLO II
DELL'ADOZIONE
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 6 [1] [2]
1. L'adozione
è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi
non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni
separazione personale neppure di fatto.
2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare,
istruire e mantenere i minori che intendano adottare.
3. L'età
degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque
anni l'età dell'adottando.
4. Il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può
ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile
e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui
il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della
convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.
5. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il
tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno
grave e non altrimenti evitabile per il minore.
6. Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli
adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci
anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali
almeno uno sia in età minore, ovvero quando l'adozione riguardi un fratello o
una sorella del minore già dagli stessi adottato.
7. Ai medesimi coniugi sono consentite più adozioni anche con atti
successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini dell'adozione l'avere
già adottato un fratello dell'adottando o il fare richiesta di adottare più
fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all'adozione di minori che si
trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5
febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i
diritti delle persone handicappate".
8. Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con
handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n.
104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell'ambito
delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei
rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente
anche mediante misure di sostegno alla formazione e all'inserimento sociale,
fino all'età di diciotto anni degli adottati.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 6, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 7 [1] [2]
1. L'adozione
è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi
degli articoli seguenti.
2. Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato
se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato
anche quando il minore compia l'età predetta nel corso del procedimento. Il
consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva
dell'adozione.
3. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente
sentito; se ha un'età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della
sua capacità di discernimento.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 7, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
CAPO II
DELLA DICHIARAZIONE DI
ADOTTABILITA' [1]
Art. 8 [2] [3]
1. Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni
del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione
di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei
genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza
non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.
2. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le
condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti
di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in
affidamento familiare.
3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma
1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale
rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.
4. Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza
legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2
dell'articolo 10.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti
procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24
aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n.
240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con
modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
2 Articolo sostituito dall'art. 8, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001,
n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art.
1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL.
2 agosto 2002, n. 175.
Art. 9 [1] [2]
1. Chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica situazioni di
abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico
servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al
più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni
del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in
situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio
ufficio.
2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo
familiare devono trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica
presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l'elenco di tutti
i minori collocati presso di loro con l'indicazione specifica, per ciascuno di
essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e
delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie
informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare l'adottabilità di
quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare
o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia
affidataria, che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi.
3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni,
che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni
sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti di assistenza pubblici o
privati ai fini di cui al comma 2. Può procedere a ispezioni straordinarie in
ogni tempo.
4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie
stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si
protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo,
darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i
minorenni. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad
ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.
5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve
essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente
entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi.
L'omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul
figlio a norma dell'articolo 330 del codice civile e l'apertura della procedura
di adottabilità.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 9, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 10 [1] [2]
1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui
delegato, ricevuto il ricorso di cui all'articolo 9, comma 2, provvede
all'immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del
minore. Dispone immediatamente, all'occorrenza, tramite i servizi sociali
locali o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle
condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e
vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.
2. All'atto dell'apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o,
in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi
con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni
li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di
ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal
difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale,
possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre
copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice.
3. Il tribunale può disporre in ogni momento e fino all'affidamento
preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell'interesse del minore,
ivi compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di
tipo familiare, la sospensione della potestà dei genitori sul minore, la
sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore
provvisorio.
4. In
caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma 3 possono essere
adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui
delegato.
5. Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o
revocare i provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il tribunale
provvede in camera di consiglio con l'intervento del pubblico ministero,
sentite tutte le parti interessate ed assunta ogni necessaria
informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni
dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità
di discernimento. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al
pubblico ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli
330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 10, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente,
il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150,
convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 11 [1]
Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano
deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il
quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, il tribunale per
i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano
istanze di adozione ai sensi dell'art. 44. In tal caso il tribunale per i minorenni
decide nell'esclusivo interesse del minore. [2]
Nel caso in cui non risulti l'esistenza di genitori naturali che abbiano
riconosciuto il minore o la cui paternità o maternità sia stata dichiarata
giudizialmente, il tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori
accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di
adottabilità a meno che non vi sia richiesta di sospensione della procedura da
parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine
per provvedere al riconoscimento. La sospensione può essere disposta dal
tribunale per un periodo massimo di due mesi semprechè nel frattempo il minore
sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o in
altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore
naturale.
Nel caso di non riconoscibilità per difetto di età del genitore, la procedura
è rinviata anche d'ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età del
genitore naturale, purchè sussistano le condizioni menzionate nel comma
precedente. Al compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere
ulteriore sospensione per altri due mesi.
Ove il tribunale sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei commi
precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore provvisorio.
Se entro detti termini viene effettuato il riconoscimento, deve
dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista abbandono morale e materiale.
Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento, si
provvede senza altra formalità di procedura alla pronuncia dello stato di
adottabilità.
Il tribunale, in ogni caso, anche a mezzo dei servizi locali, informa
entrambi i presunti genitori, se possibile, o comunque quello reperibile, che
si possono avvalere delle facoltà di cui al secondo e terzo comma.
Intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo,
il riconoscimento è privo di efficacia. Il giudizio per la dichiarazione
giudiziale di paternità o maternità è sospeso di diritto e si estingue ove
segua la pronuncia di adozione divenuta definitiva.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
2 Comma modificato dall'art. 11, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 12 [1]
Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori
o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che
abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la
residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato
fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sè o ad un
giudice da lui delegato.
Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla
circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può
essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.
In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare
competente.
Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del
tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità,
impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a
garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del
minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi
direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali
può essere affidato l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il
minore e la famiglia.
Il presidente o il giudice delegato può, altresì, chiedere al pubblico
ministero di promuovere l'azione per la corresponsione degli alimenti a carico
di chi vi è tenuto per legge e, al tempo stesso, dispone, ove d'uopo,
provvedimenti temporanei ai sensi del comma 3 dell'articolo 10. [2]
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
2 Comma modificato dall'art. 12, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 13 [1]
Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente
risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o
il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai
sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove
ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 14 [1] [2]
1. Il tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione
di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando da particolari
circostanze emerse dalle indagini effettuate risulta che la sospensione
può riuscire utile nell'interesse del minore. In tal caso la sospensione
è disposta con ordinanza motivata per un periodo non superiore a un anno.
2. La sospensione è comunicata ai servizi sociali locali competenti
perché adottino le iniziative opportune.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 13, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 15 [1] [2]
1. A
conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli
precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo
stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni
quando:
a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non
si sono presentati senza giustificato motivo;
b) l'audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il
persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non
disponibilità ad ovviarvi;
c) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste
inadempiute per responsabilità dei genitori.
2. La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal
tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, sentito il
pubblico ministero, nonché il rappresentante dell'istituto di assistenza
pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è
collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere, parimenti, sentiti
il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche
il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di
discernimento.
3. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai
genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, al tutore,
nonché al curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso agli stessi
del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui
all'articolo 17.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 14, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo
a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 16 [1] [2]
1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei
precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la
pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a
provvedere.
2. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai
genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, nonché al
tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta
i provvedimenti opportuni nell'interesse del minore.
3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 15, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 17 [1] [2]
1. Avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti possono
proporre impugnazione avanti la
Corte d'appello, sezione per i minorenni, entro trenta giorni
dalla notificazione. La Corte,
sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro opportuno
accertamento, pronuncia sentenza in camera di
consiglio e provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro
quindici giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d'ufficio al pubblico
ministero e alle altre parti.
2. Avverso la sentenza della Corte d'appello è ammesso ricorso per
Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai
numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell'articolo 360 del codice di procedura
civile. Si applica altresì il secondo comma dello stesso articolo.
3. L'udienza
di discussione dell'appello e del ricorso deve essere fissata entro sessanta
giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 16, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente,
il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150,
convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 18 [1] [2]
1. La sentenza definitiva che dichiara lo stato di adottabilità è
trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per i minorenni, su apposito
registro conservato presso la cancelleria del tribunale stesso. La trascrizione
deve essere effettuata entro il decimo giorno successivo a quello della
comunicazione che la sentenza di adottabilità è divenuta definitiva. A questo
effetto, il cancelliere del giudice dell'impugnazione deve inviare
immediatamente apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i
minorenni.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 17, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con
modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L.
1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002,
n. 175.
Art. 19 [1]
Durante lo stato di adottabilità è sospeso l'esercizio della potestà dei
genitori.
Il tribunale per i minorenni nomina un tutore, ove già non esista, e
adotta gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 20 [1]
Lo stato di adottabilità cessa per adozione o per il raggiungimento della
maggiore età da parte dell'adottando.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 21 [1] [2]
1. Lo stato di adottabilità cessa altresì per revoca, nell'interesse del
minore, in quanto siano venute meno le condizioni di cui all'articolo 8, comma
1, successivamente alla sentenza di cui al comma 2 dell'articolo 15.
2. La revoca è pronunciata dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su
istanza del pubblico ministero, dei genitori, del tutore.
3. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero.
4. Nel caso in cui sia in atto l'affidamento preadottivo, lo stato di
adottabilità non può essere revocato.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 18, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al
presente Capo fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e,
successivamente, il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile
2001, n. 150, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
CAPO III
DELL'AFFIDAMENTO PREADOTTIVO
Art. 22 [1] [2]
1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al tribunale
per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilità ad adottare più
fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo
3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza,
l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. E' ammissibile
la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i
minorenni, purché in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali
precedentemente aditi. I tribunali cui la domanda è presentata possono
richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi
coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati
d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere
rinnovata.
2. In
ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se
richieste, notizie sullo stato del procedimento.
3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui
all'articolo 6, dispone l'esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4,
ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o
associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende
sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle
domande dirette all'adozione di minori di età superiore a cinque anni o con
handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n.
104.
4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e concludersi
entro centoventi giorni, riguardano in particolare la capacità di educare il
minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare
dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il
minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il quale devono
concludersi le indagini può essere prorogato una sola volta e per non più di
centoventi giorni.
5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate,
sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado
di corrispondere alle esigenze del minore.
6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il
pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che
abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione
della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura,
dispone, senza indugio, l'affidamento preadottivo, determinandone le modalità
con ordinanza. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve
manifestare espresso consenso all'affidamento alla coppia prescelta.
7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti
sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere
disposto l'affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di
adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L'ordinanza è comunicata
al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di
affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni,
annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui
all'articolo 18.
8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento
dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei
servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà,
convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla presenza, se del
caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all'origine delle
difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 19, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 23 [1] [2]
1. L'affidamento
preadottivo è revocato dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del
pubblico ministero o del tutore o di coloro che esercitano la vigilanza di cui
all'articolo 22, comma 8, quando vengano accertate difficoltà di idonea
convivenza ritenute non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è
adottato dal tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto
motivato. Debbono essere sentiti,
oltre al pubblico ministero ed al presentatore dell'istanza di revoca, il
minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore,
in considerazione della sua capacità di discernimento, gli affidatari, il
tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno.
2. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, al presentatore
dell'istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che dispone la
revoca dell'affidamento preadottivo è annotato a cura del cancelliere entro
dieci giorni a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.
3. In
caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli opportuni provvedimenti
temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3. Si
applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 20, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 24 [1]
Il pubblico ministero e il tutore possono impugnare il decreto del
tribunale relativo all'affidamento preadottivo o alla sua revoca, entro dieci
giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della
corte d'appello.
La corte d'appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e, ove
occorra, le persone indicate nell'art. 23 ed effettuati ogni altro accertamento
ed indagine opportuni, decide in camera di consiglio con decreto motivato.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
CAPO IV
DELLA DICHIARAZIONE DI ADOZIONE
Art. 25 [1] [2]
1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di
adottabilità, decorso un anno dall'affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il
minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in
considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il
tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno,
verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza
altra formalità di procedura, provvede sull'adozione con sentenza in camera di
consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all'adozione. Il minore
che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso
all'adozione nei confronti della coppia prescelta.
2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che hanno
discendenti legittimi o legittimati, questi, se maggiori degli anni
quattordici, debbono essere sentiti.
3. Nell'interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere
prorogato di un anno, d'ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, con
ordinanza motivata.
4. Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l'affidamento
preadottivo, l'adozione, nell'interesse del minore, può essere ugualmente
disposta ad istanza dell'altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto,
per il coniuge deceduto, dalla data della morte.
5. Se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene separazione tra i
coniugi affidatari, l'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o
di entrambi, nell'esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i
coniugi ne facciano richiesta.
6. La sentenza che decide sull'adozione è comunicata al pubblico
ministero, ai coniugi adottanti ed al tutore.
7. Nel caso di provvedimento negativo viene meno l'affidamento
preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti
temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3. Si
applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 21, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 26 [1] [2]
1. Avverso la sentenza che dichiara se fare luogo o non fare luogo
all'adozione, entro trenta giorni dalla notifica, può essere proposta
impugnazione davanti alla sezione per i minorenni della Corte d'appello da
parte del pubblico ministero, dagli adottanti e dal tutore del minore. La Corte d'appello, sentite le
parti ed esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza. La
sentenza è notificata d'ufficio alle parti per esteso.
2. Avverso la sentenza della Corte d'appello è ammesso ricorso per
Cassazione, che deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica della
stessa, solo per i motivi di cui al primo comma, numero 3, dell'articolo 360
del codice di procedura civile.
3. L'udienza
di discussione dell'appello e del ricorso per Cassazione deve essere fissata
entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.
4. La sentenza che pronuncia l'adozione, divenuta definitiva, è
immediatamente trascritta nel registro di cui all'articolo 18 e comunicata
all'ufficiale dello stato civile che la annota a margine dell'atto di nascita
dell'adottato. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell'impugnazione
deve immediatamente dare comunicazione della definitività della sentenza al cancelliere
del tribunale per i minorenni.
5. Gli effetti dell'adozione si producono dal momento della definitività
della sentenza.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 22, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma
2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto
2002, n. 175.
Art. 27 [1]
Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio
legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome.
Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi
dell'articolo 25, comma 5, l'adottato
assume il cognome della famiglia di lei. [2]
Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di
origine, salvi i divieti matrimoniali.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Comma modificato dall'art. 23, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 28 [1] [2]
1. Il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori
adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono più opportuni.
2. Qualunque attestazione di stato civile riferita all'adottato deve
essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l'esclusione
di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e
dell'annotazione di cui all'articolo 26, comma 4.
3. L'ufficiale
di stato civile, l'ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o
privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire notizie,
informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque
risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell'autorità
giudiziaria. Non è necessaria l'autorizzazione qualora la richiesta provenga
dall'ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano impedimenti
matrimoniali.
4. Le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono
essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori,
su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e
comprovati motivi. Il tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e
accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni
possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di
un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della
urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore.
5. L'adottato,
raggiunta l'età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano
la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche
raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti
alla sua salute psico-fisica. L'istanza deve essere presentata al tribunale per
i minorenni del luogo di residenza.
6. Il tribunale per i minorenni procede all'audizione delle persone di
cui ritenga opportuno l'ascolto; assume tutte le informazioni di carattere
sociale e psicologico, al fine di valutare che l'accesso alle notizie di cui al
comma 5 non comporti grave turbamento all'equilibrio psico-fisico del
richiedente. Definita l'istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con
decreto l'accesso alle notizie richieste.
7. L'accesso
alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia
dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ai sensi dell'articolo
30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n.
396. [3]
8. Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti, l'autorizzazione non
è richiesta per l'adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono
deceduti o divenuti irreperibili.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 24, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
3 Comma sostituito dall'art. 177, comma 2, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a decorrere dal 1°
gennaio 2004.
TITOLO III
DELL'ADOZIONE INTERNAZIONALE
CAPO I
DELL'ADOZIONE DI MINORI
STRANIERI [1]
Art. 29 [2] [3]
L'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai princìpi e
secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei minori e la
cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio
1993, di seguito denominata "Convenzione", a norma delle disposizioni
contenute nella presente legge.
Note:
1 Capo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n. 476.
2 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
3 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 29-bis [1] [2]
1. Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni
prescritte dall'articolo 6 e che intendono adottare un minore straniero
residente all'estero, presentano dichiarazione di disponibilità al tribunale
per i
minorenni del distretto in cui hanno la residenza e chiedono che lo
stesso dichiari la loro idoneità all'adozione.
2. Nel caso di cittadini italiani residenti in uno Stato straniero, fatto
salvo quanto stabilito nell'articolo 36, comma 4, è competente il tribunale per
i minorenni del distretto in cui si trova il luogo della loro ultima residenza;
in mancanza, è competente il tribunale per i minorenni di Roma.
3. Il tribunale per i minorenni, se non ritiene di dover pronunciare
immediatamente decreto di inidoneità per manifesta carenza dei requisiti,
trasmette, entro quindici giorni dalla presentazione, copia della dichiarazione
di disponibilità ai servizi degli enti locali.
4. I servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati,
anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e
ospedaliere, svolgono le seguenti attività:
a) informazione sull'adozione internazionale e sulle relative procedure,
sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei confronti dei
minori in difficoltà, anche in collaborazione con gli enti autorizzati di cui
all'articolo 39-ter;
b) preparazione degli aspiranti all'adozione, anche in collaborazione con
i predetti enti;
c) acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare e
sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente sociale, sulle
motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine a farsi carico di
un'adozione internazionale, sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato
alle esigenze di più minori o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche
particolari dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere, nonché
acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del
tribunale per i minorenni della loro idoneità all'adozione.
5. I servizi trasmettono al tribunale per i minorenni, in esito
all'attività svolta, una relazione completa di tutti gli elementi indicati al
comma 4, entro i quattro mesi successivi alla trasmissione della dichiarazione
di disponibilità.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 30 [1] [2]
1. Il tribunale per i minorenni, ricevuta la relazione di cui
all'articolo 29-bis, comma 5, sente gli aspiranti all'adozione, anche a mezzo
di un giudice delegato, dispone se necessario gli opportuni approfondimenti e
pronuncia, entro i due mesi successivi, decreto motivato attestante la
sussistenza ovvero l'insussistenza dei requisiti per adottare.
2. Il decreto di idoneità ad adottare ha efficacia per tutta la durata
della procedura, che deve essere promossa dagli interessati entro un anno dalla
comunicazione del provvedimento. Il decreto contiene anche indicazioni per
favorire il migliore incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare.
3. Il decreto è trasmesso immediatamente, con copia della relazione e
della documentazione esistente negli atti, alla Commissione di cui all'articolo
38 e, se già indicato dagli aspiranti all'adozione, all'ente autorizzato di cui
all'articolo 39-ter.
4. Qualora il decreto di idoneità, previo ascolto degli interessati, sia
revocato per cause sopravvenute che incidano in modo rilevante sul giudizio di
idoneità, il tribunale per i minorenni comunica immediatamente il relativo
provvedimento alla Commissione ed all'ente autorizzato di cui al comma 3.
5. Il decreto di idoneità ovvero di inidoneità e quello di revoca sono
reclamabili davanti alla corte d'appello, a termini degli articoli 739 e740 del
codice di procedura civile, da parte del pubblico ministero e degli
interessati.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 31 [1] [2]
1. Gli aspiranti all'adozione, che abbiano ottenuto il decreto di
idoneità, devono conferire incarico a curare la procedura di adozione ad uno
degli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter.
2. Nelle situazioni considerate dall'articolo 44, primo comma, lettera
a), il tribunale per i minorenni può autorizzare gli aspiranti adottanti,
valutate le loro personalità, ad effettuare direttamente le attività previste
alle lettere b), d), e), f) ed h) del comma 3 del presente articolo.
3. L'ente
autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione:
a) informa gli aspiranti sulle procedure che inizierà e sulle concrete
prospettive di adozione;
b) svolge le pratiche di adozione presso le competenti autorità del Paese
indicato dagli aspiranti all'adozione tra quelli con cui esso intrattiene
rapporti, trasmettendo alle stesse la domanda di adozione, unitamente al
decreto di idoneità ed alla relazione ad esso allegata, affinché le autorità
straniere formulino le proposte di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed
il minore da adottare;
c) raccoglie dall'autorità straniera la proposta di incontro tra gli
aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, curando che sia accompagnata
da tutte le informazioni di carattere sanitario riguardanti il minore, dalle
notizie riguardanti la sua famiglia di origine e le sue esperienze di vita;
d) trasferisce tutte le informazioni e tutte le notizie riguardanti il
minore agli aspiranti genitori adottivi, informandoli della proposta di
incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare e assistendoli
in tutte le attività da svolgere nel Paese straniero;
e) riceve il consenso scritto all'incontro tra gli aspiranti all'adozione
ed il minore da adottare, proposto dall'autorità straniera, da parte degli
aspiranti all'adozione, ne autentica le firme e trasmette l'atto di consenso
all'autorità straniera, svolgendo tutte le altre attività dalla stessa
richieste; l'autenticazione delle firme degli aspiranti adottanti può essere
effettuata anche dall'impiegato comunale delegato all'autentica o da un notaio
o da un segretario di qualsiasi ufficio giudiziario;
f) riceve dall'autorità straniera attestazione della sussistenza delle
condizioni di cui all'articolo 4 della Convenzione e concorda con la stessa,
qualora ne sussistano i requisiti, l'opportunità di procedere all'adozione
ovvero, in caso contrario, prende atto del mancato accordo e ne dà immediata
informazione alla Commissione di cui all'articolo 38 comunicandone le ragioni;
ove sia richiesto dallo Stato di origine, approva la decisione di affidare il
minore o i minori ai futuri genitori adottivi;
g) informa immediatamente la Commissione, il tribunale per i minorenni e i
servizi dell'ente locale della decisione di affidamento dell'autorità straniera
e richiede alla Commissione, trasmettendo la documentazione necessaria,
l'autorizzazione all'ingresso e alla residenza permanente del minore o dei
minori in Italia;
h) certifica la data di inserimento del minore presso i coniugi
affidatari o i genitori adottivi;
i) riceve dall'autorità straniera copia degli atti e della documentazione
relativi al minore e li trasmette immediatamente al tribunale per i minorenni e
alla Commissione;
l) vigila sulle modalità di trasferimento in Italia e si adopera affinché
questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri adottanti;
m) svolge in collaborazione con i servizi dell'ente locale attività di
sostegno del nucleo adottivo fin dall'ingresso del minore in Italia su
richiesta degli adottanti;
n) [3]
o) certifica, nell'ammontare complessivo agli effetti di quanto previsto
dall'articolo 10, comma 1, lettera l-bis), del testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, le spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della
procedura di adozione.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
3 Lettera abrogata dall'art. 86, comma 2, lett. c), D.Lgs. 26 marzo 2001,
n. 151, a
decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 32 [1] [2]
1. La Commissione
di cui all'articolo 38, ricevuti gli atti di cui all'articolo 31 e valutate le
conclusioni dell'ente incaricato, dichiara che l'adozione risponde al superiore
interesse del minore e ne autorizza l'ingresso e la residenza permanente in
Italia.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 non è ammessa:
a) quando dalla documentazione trasmessa dall'autorità del Paese
straniero non emerge la situazione di abbandono del minore e la constatazione
dell'impossibilità di affidamento o di adozione nello Stato di origine;
b) qualora nel Paese straniero l'adozione non determini per l'adottato
l'acquisizione dello stato di figlio legittimo e la cessazione dei rapporti
giuridici fra il minore e la famiglia di origine, a meno che i genitori
naturali abbiano espressamente consentito al prodursi di tali effetti.
3. Anche quando l'adozione pronunciata nello Stato straniero non produce
la cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia d'origine, la stessa può
essere convertita in una adozione che produca tale effetto, se il tribunale per
i minorenni la riconosce conforme alla Convenzione. Solo in caso di
riconoscimento di tale conformità, è ordinata la trascrizione.
4. Gli uffici consolari italiani all'estero collaborano, per quanto di
competenza, con l'ente autorizzato per il buon esito della procedura di
adozione. Essi, dopo aver ricevuto formale comunicazione da parte della
Commissione ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera h), rilasciano il visto
di ingresso per adozione a beneficio del minore adottando.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 33 [1] [2]
1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello
Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito
l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso
rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno
un genitore o da parenti entro il quarto grado.
2. E' fatto divieto alle autorità consolari italiane di concedere a
minori stranieri il visto di ingresso nel territorio dello Stato a scopo di
adozione, al di fuori delle ipotesi previste dal presente Capo e senza la
previa autorizzazione della Commissione di cui all'articolo 38.
3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non
viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo
rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano
immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese
di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo
superiore interesse.
4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi
bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto
dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento
di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui
al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del
minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera
segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i
minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo
accompagnano.
5. Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio
dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o
l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni
competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale,
adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore,
provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti,
ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il
Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 34 [1] [2]
1. l
minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato sulla base di un
provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione gode,
dal momento dell'ingresso, di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in
affidamento familiare.
2. Dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno un anno, ai fini di
una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi socio-assistenziali
degli enti locali e gli enti autorizzati, su richiesta degli interessati,
assistono gli affidatari, i genitori adottivi e il minore. Essi in ogni caso
riferiscono al tribunale per i minorenni sull'andamento dell'inserimento,
segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi.
3. Il minore adottato acquista la cittadinanza italiana per effetto della
trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 35 [1] [2]
1. L'adozione
pronunciata all'estero produce nell'ordinamento italiano gli effetti di cui
all'articolo 27.
2. Qualora l'adozione sia stata pronunciata nello Stato estero prima
dell'arrivo del minore in Italia, il tribunale verifica che nel provvedimento
dell'autorità che ha pronunciato l'adozione risulti la sussistenza delle
condizioni delle adozioni internazionali previste dall'articolo 4 della
Convenzione.
3. Il tribunale accerta inoltre che l'adozione non sia contraria ai
princìpi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei
minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore, e se
sussistono la certificazione di conformità alla Convenzione di cui alla lettera
i) e l'autorizzazione prevista dalla lettera h)
del comma 1 dell'articolo 39, ordina la trascrizione del provvedimento di
adozione nei registri dello stato civile.
4. Qualora l'adozione debba perfezionarsi dopo l'arrivo del minore in
Italia, il tribunale per i minorenni riconosce il provvedimento dell'autorità
straniera come affidamento preadottivo, se non contrario ai princìpi
fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori,
valutati in relazione al superiore interesse del minore, e stabilisce la durata
del predetto affidamento in un anno che decorre dall'inserimento del minore
nella nuova famiglia. Decorso tale periodo, se ritiene che la sua permanenza
nella famiglia che lo ha accolto è tuttora conforme all'interesse del minore,
il tribunale per i minorenni pronuncia l'adozione e ne dispone la trascrizione
nei registri dello stato civile. In caso contrario, anche prima che sia decorso
il periodo di affidamento preadottivo, lo revoca e adotta i provvedimenti di
cui all'articolo 21 della Convenzione. In tal caso il minore che abbia compiuto
gli anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da
assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di
età inferiore deve essere sentito e ove ciò non alteri il suo equilibrio
psico-emotivo, tenuto conto della valutazione dello psicologo nominato dal
tribunale. [3]
5. Competente per la pronuncia dei provvedimenti è il tribunale per i
minorenni del distretto in cui gli aspiranti all'adozione hanno la residenza
nel momento dell'ingresso del minore in Italia.
6. Fatto salvo quanto previsto nell'articolo 36, non può comunque essere
ordinata la trascrizione nei casi in cui:
a) il provvedimento di adozione riguarda adottanti non in possesso dei
requisiti previsti dalla legge italiana sull'adozione;
b) non sono state rispettate le indicazioni contenute nella dichiarazione
di idoneità;
c) non è possibile la conversione in adozione produttiva degli effetti di
cui all'articolo 27;
d) l'adozione o l'affidamento stranieri non si sono realizzati tramite le
autorità centrali e un ente autorizzato;
e) l'inserimento del minore nella famiglia adottiva si è manifestato
contrario al suo interesse.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
3 Comma modificato dall'art. 32, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 36 [1] [2]
1. L'adozione
internazionale dei minori provenienti da Stati che hanno ratificato la Convenzione, o che
nello spirito della Convenzione abbiano stipulato accordi bilaterali, può
avvenire solo con le procedure e gli effetti previsti dalla presente legge.
2. L'adozione
o affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un Paese non aderente alla
Convenzione né firmatario di accordi bilaterali, possono essere dichiarati
efficaci in Italia a condizione che:
a) sia accertata la condizione di abbandono del minore straniero o il
consenso dei genitori naturali ad una adozione che determini per il minore
adottato l'acquisizione dello stato di figlio legittimo degli adottanti e la
cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia d'origine;
b) gli adottanti abbiano ottenuto il decreto di idoneità previsto
dall'articolo 30 e le procedure adottive siano state effettuate con
l'intervento della Commissione di cui all'articolo 38 e di un ente autorizzato;
c) siano state rispettate le indicazioni contenute nel decreto di
idoneità;
d) sia stata concessa l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma
1, lettera h).
3. Il relativo provvedimento è assunto dal tribunale per i minorenni che
ha emesso il decreto di idoneità all'adozione. Di tale provvedimento è data
comunicazione alla Commissione, che provvede a quanto disposto dall'articolo
39, comma 1, lettera e).
4. L'adozione
pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di
cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver
soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da
almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento
del tribunale per i minorenni, purché conforme ai princìpi della Convenzione.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 37 [1] [2]
1. Successivamente all'adozione, la Commissione di cui
all'articolo 38 può comunicare ai genitori adottivi, eventualmente tramite il
tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza per lo
stato di salute dell'adottato.
2. Il tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti indicati
dagli articoli 35 e 36 e la
Commissione conservano le informazioni acquisite sull'origine
del minore, sull'identità dei suoi genitori naturali e sull'anamnesi sanitaria
del minore e della sua famiglia di origine.
3. Per quanto concerne l'accesso alle altre informazioni valgono le
disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 37-bis [1] [2]
1. Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di
abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e
di provvedimenti necessari in caso di urgenza.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 38 [1] [2] [3]
1. Ai fini indicati dall'articolo 6 della Convenzione è costituita presso
la Presidenza
del Consiglio dei ministri la
Commissione per le adozioni internazionali.
2. La Commissione
è composta da: [4]
a) un presidente nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri nella
persona di un magistrato avente esperienza nel settore minorile ovvero di un
dirigente dello Stato avente analoga specifica esperienza;
b) due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei ministri;
c) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
d) un rappresentante del Ministero degli affari esteri;
e) un rappresentante del Ministero dell'interno;
f) due rappresentanti del Ministero della giustizia;
g) un rappresentante del Ministero della salute;
h) un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze;
i) un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e
della ricerca;
l) tre rappresentanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8
del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
m) tre rappresentanti designati, sulla base di apposito decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, da associazioni familiari a carattere
nazionale, almeno uno dei quali designato dal Forum delle associazioni
familiari.
3. Il presidente dura in carica due anni e l'incarico può essere
rinnovato una sola volta.
4. I componenti della Commissione rimangono in carica quattro anni. [5]
5. La Commissione
si avvale di personale dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e
di altre amministrazioni pubbliche.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
3 Per il regolamento recante norme sulla costituzione, organizzazione e
funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali, vedi il D.P.R.
1° dicembre 1999, n. 492.
4 Comma sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. a), legge 16 gennaio 2003,
n. 3.
5 Comma modificato dall'art. 2, comma 1, lett. b), legge 16 gennaio 2003,
n. 3.
Art. 39 [1] [2]
1. La Commissione
per le adozioni internazionali:
a) collabora con le autorità centrali per le adozioni internazionali
degli altri Stati, anche raccogliendo le informazioni necessarie, ai fini
dell'attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione;
b) propone la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione
internazionale;
c) autorizza l'attività degli enti di cui all'articolo 39-ter, cura la
tenuta del relativo albo [3] , vigila sul loro operato, lo verifica almeno ogni
tre anni, revoca l'autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze,
insufficienze o violazione delle norme della presente legge. Le medesime funzioni
sono svolte dalla Commissione con riferimento all'attività svolta dai servizi
per l'adozione internazionale, di cui all'articolo 39-bis; [4]
d) agisce al fine di assicurare l'omogenea diffusione degli enti
autorizzati sul territorio nazionale e delle relative rappresentanze nei Paesi
stranieri;
e) conserva tutti gli atti e le informazioni relativi alle procedure di
adozione internazionale;
f) promuove la cooperazione fra i soggetti che operano nel campo
dell'adozione internazionale e della protezione dei minori;
g) promuove iniziative di formazione per quanti operino o intendano
operare nel campo dell'adozione;
h) autorizza l'ingresso e il soggiorno permanente del minore straniero
adottato o affidato a scopo di adozione;
i) certifica la conformità dell'adozione alle disposizioni della
Convenzione, come previsto dall'articolo 23, comma 1, della Convenzione stessa;
l) per le attività di informazione e formazione, collabora anche con enti
diversi da quelli di cui all'articolo 39-ter.
2. La decisione dell'ente autorizzato di non concordare con l'autorità
straniera l'opportunità di procedere all'adozione è sottoposta ad esame della
Commissione, su istanza dei coniugi interessati; ove non confermi il precedente
diniego, la Commissione
può procedere direttamente, o delegando altro ente o ufficio, agli incombenti
di cui all'articolo 31.
3. La Commissione
attua incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati al fine di
esaminare le problematiche emergenti e coordinare la programmazione degli
interventi attuativi dei principi della Convenzione.
4. La Commissione
presenta al Presidente del Consiglio dei ministri, che la trasmette al
Parlamento, una relazione biennale sullo stato delle adozioni internazionali,
sullo stato della attuazione della Convenzione e sulla stipulazione di accordi
bilaterali anche con Paesi non aderenti alla stessa.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
3 Per l'emanazione e gli aggiornamenti dell'albo degli enti autorizzati
allo svolgimento di pratiche di adozione internazionale, vedi : ladeliberazione
31 maggio 2001, n. 2; la deliberazione 14 novembre 2002, n. 120 e infine la
deliberazione 17 dicembre 2003, n. 163.
4 Per l'approvazione del bando relativo al "Finanziamento di
progetti di sussidiarietà per gli anni 2002-2003 da realizzarsi nell'ambito
dello stanziamento di competenza previsto per l'anno finanziario anno
2001", vedi la deliberazione 9 gennaio 2002, n. 2.
Art. 39-bis [1] [2]
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nell'ambito
delle loro competenze:
a) concorrono a sviluppare una rete di servizi in grado di svolgere i
compiti previsti dalla presente legge;
b) vigilano sul funzionamento delle strutture e dei servizi che operano
nel territorio per l'adozione internazionale, al fine di garantire livelli
adeguati di intervento;
c) promuovono la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra
enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi
e gli organi giudiziari minorili.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono
istituire un servizio per l'adozione internazionale che sia in possesso dei
requisiti di cui all'articolo 39-ter e svolga per le coppie che lo richiedano
al momento della presentazione della domanda di adozione internazionale le
attività di cui all'articolo 31, comma 3.
3. I servizi per l'adozione internazionale di cui al comma 2 sono
istituiti e disciplinati con legge regionale o provinciale in attuazione dei
princìpi di cui alla presente legge. Alle regioni e alle province autonome di
Trento e di Bolzano sono delegate le funzioni amministrative relative ai servizi
per l'adozione internazionale.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 39-ter [1] [2]
1. Al fine di ottenere l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma
1, lettera c), e per conservarla, gli enti debbono essere in possesso dei
seguenti requisiti:
a) essere diretti e composti da persone con adeguata formazione e
competenza nel campo dell'adozione internazionale, e con idonee qualità morali;
b) avvalersi dell'apporto di professionisti in campo sociale, giuridico e
psicologico, iscritti al relativo albo professionale, che abbiano la capacità
di sostenere i coniugi prima, durante e dopo l'adozione;
c) disporre di un'adeguata struttura organizzativa in almeno una regione
o in una provincia autonoma in Italia e delle necessarie strutture personali
per operare nei Paesi stranieri in cui intendono agire;
d) non avere fini di lucro, assicurare una gestione contabile
assolutamente trasparente, anche sui costi necessari per l'espletamento della
procedura, ed una metodologia operativa corretta e verificabile;
e) non avere e non operare pregiudiziali discriminazioni nei confronti
delle persone che aspirano all'adozione, ivi comprese le discriminazioni di
tipo ideologico e religioso;
f) impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti
dell'infanzia, preferibilmente attraverso azioni di cooperazione allo sviluppo,
anche in collaborazione con le organizzazioni non governative, e di attuazione
del principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale nei Paesi di
provenienza dei minori;
g) avere sede legale nel territorio nazionale.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti
procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2,
D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto
2002, n. 175.
Art. 39-quater [1]
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 3, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476, che ha sostituito tutto il presente Capo I e, successivamente, abrogato
dall'art. 86, comma 2, lett. c), D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
CAPO II
DELL'ESPATRIO DI MINORI A SCOPO
DI ADOZIONE
Art. 40 [1]
I residenti all'estero, stranieri o cittadini italiani, che intendono
adottare un cittadino italiano minore di età, devono presentare domanda al
console italiano competente per territorio, che la inoltra al tribunale per i
minorenni del distretto dove si trova il luogo di dimora del minore, ovvero il
luogo del suo ultimo domicilio; in mancanza di dimora o di precedente domicilio
nello Stato, è competente il tribunale per i minorenni di Roma.
Agli stranieri stabilmente residenti in Paesi che hanno ratificato la Convenzione, in luogo
della procedura disciplinata dal primo comma si applicano le procedure
stabilite nella Convenzione per quanto riguarda l'intervento ed i compiti delle
autorità centrali e degli enti autorizzati. Per il resto si applicano le
disposizioni della presente legge. [2]
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Comma aggiunto dall'art. 5, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n. 476
Art. 41 [1]
Il console del luogo ove risiedono gli adottanti vigila sul buon
andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi, ove lo ritenga opportuno,
dell'ausilio di idonee organizzazioni assistenziali italiane o straniere.
Qualora insorgano difficoltà di ambientamento del minore nella famiglia
dei coniugi affidatari o si verifichino, comunque, fatti incompatibili con
l'affidamento preadottivo, il console deve immediatamente darne notizia scritta
al tribunale per i minorenni che ha pronunciato l'affidamento.
Il console del luogo ove risiede il minore vigila per quanto di propria
competenza perchè i provvedimenti dell'autorità italiana relativi al minore
abbiano esecuzione e se del caso provvede al rimpatrio del minore.
Nel caso di adozione di minore stabilmente residente in Italia da parte
di cittadini stranieri residenti stabilmente in Paesi che hanno ratificato la Convenzione, le
funzioni attribuite al console dal presente articolo sono svolte dall'autorità
centrale straniera e dall'ente autorizzato [2]
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Comma aggiunto dall'art. 5, comma 2, L. 31 dicembre 1998, n. 476.
Art. 42 [1]
Qualora sia in corso nel territorio dello Stato un procedimento di
adozione di un minore affidato a stranieri, o a cittadini italiani residenti
all'estero, non può essere reso esecutivo un provvedimento di adozione dello
stesso minore pronunciato da autorità straniera.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 43 [1]
Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 9 si applicano anche
ai cittadini italiani residenti all'estero. [2]
Per quanto riguarda lo svolgimento delle funzioni consolari, si
applicano, in quanto compatibili, gli articoli 34, 35 e 36 del decreto del
Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200.
Competente ad accertare la situazione di abbandono del cittadino minore
di età che si trovi all'estero e a disporre i conseguenti provvedimenti
temporanei nel suo interesse ai sensi dell'art. 10, compreso se del caso il
rimpatrio, è il tribunale per i minorenni del distretto ove si trova il luogo
di ultimo domicilio del minore; in mancanza di precedente domicilio nello Stato
è competente il tribunale per i minorenni di Roma.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Comma modificato dall'art. 33, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
TITOLO IV
DELL'ADOZIONE IN CASI
PARTICOLARI
CAPO I
DELL'ADOZIONE IN CASI
PARTICOLARI E DEI SUOI EFFETTI
Art. 44 [1] [2]
1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le
condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:
a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado
o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di
padre e di madre;
b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo
dell'altro coniuge;
c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3,
comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;
d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.
2. L'adozione,
nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli
legittimi.
3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione è consentita,
oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona
coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a
seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.
4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'età dell'adottante deve
superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 25, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 45 [1] [2]
1. Nel procedimento di adozione nei casi previsti dall'articolo 44 si
richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando che abbia compiuto il
quattordicesimo anno di età.
2. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente
sentito; se ha una età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della
sua capacità di discernimento.
3. In
ogni caso, se l'adottando non ha compiuto gli anni quattordici, l'adozione deve
essere disposta dopo che sia stato sentito il suo legale rappresentante.
4. Quando l'adozione deve essere disposta nel caso previsto dall'articolo
44, comma 1, lettera c), deve essere sentito il legale rappresentante
dell'adottando in luogo di questi, se lo stesso non può esserlo o non può
prestare il proprio consenso ai sensi del presente articolo a causa delle sue
condizioni di minorazione.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 26, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 46 [1]
Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori e del coniuge
dell'adottando.
Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti
gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga il rifiuto
ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunciare ugualmente
l'adozione, salvo che l'assenso sia stato rifiutato dai genitori esercenti la
potestà o dal coniuge, se convivente, dell'adottando. Parimenti il tribunale
può pronunciare l'adozione quando è impossibile ottenere l'assenso per
incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 47 [1] [2]
1. L'adozione
produce i suoi effetti dalla data della sentenza che la pronuncia. Finché la
sentenza non è emanata, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare
il loro consenso.
2. Se uno dei coniugi muore dopo la prestazione del consenso e prima
della emanazione della sentenza, si può procedere, su istanza dell'altro
coniuge, al compimento degli atti necessari per l'adozione.
3. Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della
morte dell'adottante.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 27, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 48 [1]
Se il minore è adottato da due coniugi, o dal coniuge di uno dei
genitori, la potestà sull'adottato ed il relativo esercizio spettano ad
entrambi.
L'adottante ha l'obbligo di mantenere l'adottato, di istruirlo ed
educarlo conformemente a quanto prescritto dall'art. 147 del codice civile.
Se l'adottato ha beni propri, l'amministrazione di essi, durante la
minore età dell'adottato stesso, spetta all'adottante, il quale non ne ha
l'usufrutto legale, ma può impiegarne le rendite per le spese di mantenimento,
istruzione ed educazione del minore con l'obbligo di investirne l'eccedenza in
modo fruttifero. Si applicano le disposizioni dell'art. 382 del codice civile.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 49 [1] [2]
1. L'adottante
deve fare l'inventario dei beni dell'adottato e trasmetterlo al giudice
tutelare entro trenta giorni dalla data della comunicazione della sentenza di
adozione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nella
sezione III del capo I del titolo X del libro primo del codice civile.
2. L'adottante
che omette di fare l'inventario nel termine stabilito o fa un inventario
infedele può essere privato dell'amministrazione dei beni dal giudice tutelare,
salvo l'obbligo del risarcimento dei danni.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 28, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 50 [1]
Se cessa l'esercizio da parte dell'adottante o degli adottanti della
potestà, il tribunale per i minorenni su istanza dell'adottato, dei suoi
parenti o affini o del pubblico ministero, o anche d'ufficio, può emettere i
provvedimenti opportuni circa la cura della persona dell'adottato, la sua
rappresentanza e l'amministrazione
dei suoi beni, anche se ritiene conveniente che l'esercizio della potestà
sia ripreso dai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e
seguenti del codice civile.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 51 [1]
La revoca dell'adozione può essere pronunciata dal tribunale su domanda
dell'adottante, quando l'adottato maggiore di quattordici anni abbia attentato
alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero
si sia reso colpevole verso di loro di delitto punibile con pena restrittiva
della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.
Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca
dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità
in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti.
Il tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno
accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero, l'adottante e
l'adottato, pronuncia la sentenza.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero ed il minore, può emettere
altresì i provvedimenti opportuni con decreto in camera di consiglio circa la
cura della persona del minore, la rappresentanza e l'amministrazione dei beni.
Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al quarto comma, il
tribunale li segnala al giudice tutelare ai fini della nomina di un tutore.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 52 [1]
Quando i fatti previsti nell'articolo precedente sono stati compiuti
dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o
gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunciata su domanda
dell'adottato o su istanza del pubblico ministero.
Il tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno
accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero, l'adottante e
l'adottato che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, in
considerazione della sua capacità di discernimento pronuncia sentenza. [2]
Inoltre il tribunale, sentiti il pubblico ministero ed il minore che
abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore, può
dare provvedimenti opportuni con decreto in camera di consiglio circa la cura
della persona del minore, la sua rappresentanza e l'amministrazione dei beni,
anche se ritiene conveniente che l'esercizio della potestà sia ripreso dai
genitori.
Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al terzo comma il
tribunale li segnala al giudice tutelare al fine della nomina di un tutore.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Comma modificato dall'art. 32, comma 2, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 53 [1]
La revoca dell'adozione può essere promossa dal pubblico ministero in
conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli adottanti.
Si applicano le disposizioni di cui ai precedenti articoli.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 54 [1]
Gli effetti dell'adozione cessano quando passa in giudicato la sentenza
di revoca.
Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante per fatto
imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla
successione dell'adottante.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 55 [1]
Si applicano al presente capo le disposizioni degliarticoli 293, 294,
295, 299, 300 e 304 del codice civile.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
CAPO II
DELLE FORME DELL'ADOZIONE IN
CASI PARTICOLARI
Art. 56 [1]
Competente a pronunciarsi sull'adozione è il tribunale per i minorenni
del distretto dove si trova il minore.
Il consenso dell'adottante e dell'adottando che ha compiuto i quattordici
anni e del legale rappresentante dell'adottando deve essere manifestato
personalmente al presidente del tribunale o ad un giudice da lui delegato [2] .
L'assenso delle persone indicate nell'art. 46 può essere dato da persona
munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata
autenticata.
Si applicano gli articoli 313 e 314 del codice civile, ferma restando la
competenza del tribunale per i minorenni e della sezione per i minorenni della
corte di appello.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 La Corte
costituzionale, con sentenza 18 febbraio 1988, n. 182, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale del presente comma , nella parte in cui è previsto
il consenso anzichè l'audizione del legale rappresentante del minore.
Art. 57 [1]
Il tribunale verifica:
1) se ricorrono le circostanze di cui all'art. 44;
2) se l'adozione realizza il preminente interesse del minore.
A tal fine il tribunale per i minorenni, sentiti i genitori
dell'adottando, dispone l'esecuzione di adeguate indagini da effettuarsi,
tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza, sull'adottante,
sul minore e sulla di lui famiglia.
L'indagine dovrà riguardare in particolare:
a) l'idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore, la
situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare degli
adottanti; [2]
b) i motivi per i quali l'adottante desidera adottare il minore;
c) la personalità del minore;
d) la possibilità di idonea convivenza, tenendo conto della personalità
dell'adottante e del minore.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Lettera sostituita dall'art. 29, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
TITOLO V
MODIFICHE AL TITOLO VIII DEL
LIBRO I DEL CODICE CIVILE
Art. 58 [1]
L'intitolazione del titolo VIII del libro I del codice civile è
sostituita dalla seguente: "Dell'adozione di persone maggiori di
età".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 59 [1]
L'intitolazione del capo I del titolo VIII del libro I del codice civile
è sostituita dalla seguente: "Dell'adozione di persone maggiori di età e
dei suoi effetti".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 60 [1]
Le disposizioni di cui al capo I del titolo VIII del libro I del codice
civile non si applicano alle persone minori di età.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto
2002, n. 175.
Art. 61 [1]
L'art. 299 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Art. 299. — Cognome dell'adottato. - L'adottato assume il cognome
dell'adottante e lo antepone al proprio.
L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori
assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento successivo
all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore che lo ha
riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata. Il figlio
naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia successivamente
adottato, assume il cognome dell'adottante.
Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume il cognome del
marito.
Se l'adozione è compiuta da una donna maritata, l'adottato, che non sia
figlio del marito, assume il cognome della famiglia di lei".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 62 [1]
L'art. 307 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Art. 307. — Revoca per indegnità dell'adottante. - Quando i fatti
previsti dall'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante contro
l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui,
la revoca può essere pronunciata su domanda dell'adottato".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 63 [1]
L'intitolazione del capo II del titolo VIII del libro I del codice civile
è sostituita dalla seguente: "Delle forme dell'adozione di persone di
maggiore età".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 64 [1]
L'art. 312 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Art. 312. — Accertamenti del tribunale. - Il tribunale, assunte le
opportune informazioni, verifica:
1)se tutte le condizioni della legge sono state adempiute;
2) se l'adozione conviene all'adottando".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 65 [1]
L'art. 313 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Art. 313. — Provvedimento del tribunale. - Il tribunale, in camera
di consiglio, sentito il pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di
procedura, provvede con decreto motivato decidendo di far luogo o non far luogo
alla adozione.
L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro trenta giorni
dalla comunicazione, possono impugnare il decreto del tribunale con reclamo
alla corte di appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti
di cui al presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che
regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi
l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni,
dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.
Art. 66 [1]
I primi due commi dell'art. 314 del codice civile sono sostituiti dai
seguenti:
"Il decreto che pronuncia l'adozione, divenuto definitivo, è
trascritto a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo
giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non
oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice
dell'impugnazione, su apposito registro e comunicato all'ufficiale di stato
civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato.
Con la procedura di cui al comma precedente deve essere altresì
trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in
giudicato".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 67 [1]
Sono abrogati: il secondo e il terzo comma dell'art. 293, il secondo e il
terzo comma dell'art. 296, gli articoli 301, 302, 303,308 e 310 del codice
civile.
E' abrogato altresì il capo III del titolo VIII del libro I del codice
civile.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
TITOLO VI
NORME FINALI, PENALI E
TRANSITORIE
Art. 68 [1]
Il primo comma dell'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice
civile è sostituito dal seguente:
"Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti
contemplati dagli articoli 84,90, 171, 194, secondo comma, 250, 252, 262, 264,
316, 317-bis, 330,332,333,334, 335 e 371, ultimo comma, nonchè nel caso di
minori dall'art. 269, primo comma, del codice civile".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 69 [1]
In aggiunta a quanto disposto nell'art. 51 delle disposizioni di
attuazione del codice civile, nel registro delle tutele devono essere annotati
i provvedimenti emanati dal tribunale per i minorenni ai sensi dell'art. 10
della presente legge.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 70 [1] [2]
1. I pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio che
omettono di riferire alla procura della Repubblica presso il tribunale per i
minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui
vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio, sono puniti ai sensi
dell'articolo 328 del codice penale. Gli esercenti un servizio di pubblica
necessità sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la
multa da lire 500.000 a
lire 2.500.000.
2. I rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici o privati che
omettono di trasmettere semestralmente alla procura della Repubblica presso il
tribunale per i minorenni l'elenco di tutti i minori ricoverati o assistiti,
ovvero forniscono informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti
i medesimi, sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la
multa da lire 500.000 a
lire 5.000.000.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 34, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 71 [1]
Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione,
affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero lo avvia all'estero
perché sia definitivamente affidato, è punito con la reclusione da uno a tre
anni. [2]
Se il fatto è commesso dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è
affidato per ragioni di educazione, di istruzione, di vigilanza e di custodia,
la pena è aumentata della metà.
Se il fatto è commesso dal genitore la condanna comporta la perdita della
relativa potestà e l'apertura della procedura di adottabilità; se è commesso
dal tutore consegue la rimozione dall'ufficio; se è commesso dalla persona cui
il minore è affidato consegue la inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o
adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.
Se il fatto è commesso da pubblici ufficiali, da incaricati di un
pubblico servizio, da esercenti la professione sanitaria o forense, da
appartenenti ad istituti di assistenza pubblici o privati nei casi di cui
all'art. 61, numeri 9 e 11, del codice penale, la pena è raddoppiata.
La pena stabilita nel primo comma del presente articolo si applica anche
a coloro che, consegnando o promettendo denaro od altra utilità a terzi,
accolgono minori in illecito affidamento con carattere di
definitività. La condanna comporta la inidoneità ad ottenere affidamenti
familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.
Chiunque svolga opera di mediazione al fine di realizzare l'affidamento
di cui al primo comma è punito con la reclusione fino ad un anno o con multa da
lire 500.000 a
lire 5.000.000. [3]
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Comma sostituito dall'art. 35, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
3 Comma sostituito dall'art. 35, comma 2, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 72 [1]
Chiunque, per procurarsi danaro o altra utilità, in violazione delle
disposizioni della presente legge, introduce nello Stato uno straniero minore
di età perchè sia definitivamente affidato a cittadini italiani è punito con la
reclusione da uno a tre anni.
La pena stabilita nel precedente comma si applica anche a coloro che,
consegnando o promettendo danaro o altra utilità a terzi, accolgono stranieri
minori di età in illecito affidamento con carattere di definitività. La
condanna comporta l'inidoneità a ottenere affidamenti familiari o adottivi e
l'incapacità all'ufficio tutelare.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 72-bis [1] [2]
1. Chiunque svolga per conto di terzi pratiche inerenti all'adozione di
minori stranieri senza avere previamente ottenuto l'autorizzazione prevista
dall'articolo 39, comma 1, lettera c), è punito con la pena della reclusione
fino a un anno o con la multa da uno a dieci milioni di lire.
2. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da due
a sei milioni di lire per i legali rappresentanti ed i responsabili di
associazioni o di agenzie che trattano le pratiche di cui al comma 1.
3. Fatti salvi i casi previsti dall'articolo 36, comma 4, coloro che, per
l'adozione di minori stranieri, si avvalgono dell'opera di associazioni,
organizzazioni, enti o persone non autorizzati nelle forme di legge sono puniti
con le pene di cui al comma 1 diminuite di un terzo.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 6, comma 1, L. 31 dicembre 1998, n.
476.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 73 [1]
Chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio ufficio fornisce
qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata
pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo notizie circa lo stato di
figlio legittimo per adozione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con
la multa da lire 200.000 a
lire 2.000.000. [2]
Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di
pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche a chi
fornisce tali notizie successivamente all'affidamento preadottivo e senza
l'autorizzazione del tribunale per i minorenni
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
2 Comma sostituito dall'art. 36, comma 1, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 74 [1]
Gli ufficiali di stato civile trasmettono immediatamente al competente
tribunale per i minorenni comunicazione, sottoscritta dal dichiarante,
dell'avvenuto riconoscimento da parte di persona coniugata di un figlio
naturale non riconosciuto dall'altro genitore. Il tribunale dispone
l'esecuzione di opportune indagini per accertare la veridicità del
riconoscimento.
Nel caso in cui vi siano fondati motivi per ritenere che ricorrano gli
estremi dell'impugnazione del riconoscimento il tribunale per i minorenni
assume, anche d'ufficio, i provvedimenti di cui all'art. 264, secondo comma,
del codice civile.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 75 [1] [2]
Note:
1 Articolo abrogato dall'art. 299, comma 1, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, a decorrere dal 1°
luglio 2002.
2 Per la nuova disciplina in materia, vedi l'art. 143, D.P.R. 30 maggio
2002, n. 115.
Art. 76 [1] [2]
Alle procedure relative all'adozione di minori stranieri in corso o già
definite al momento di entrata in vigore della presente legge continuano ad
applicarsi le disposizioni vigenti alla data medesima.
Note:
1 La Corte
costituzionale, con sentenza del 18 luglio 1986, n. 199, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui preclude
l'applicazione dell'art. 37 alle procedure già iniziate nei confronti di minore
straniero in stato di abbandono in Italia.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 77 [1]
Gli articoli da 404 a
413 del codice civile sono abrogati. Per le affiliazioni già pronunciate alla
data di entrata in vigore della presente legge si applicano i divieti e le
autorizzazioni di cui all'art. 87 del codice civile.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 78 [1]
Il quarto comma dell'art. 87 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Il tribunale, su ricorso degli interessati, con decreto emesso in
camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il
matrimonio nei casi indicati dai numeri 3 e 5, anche se si tratti di
affiliazione o di filiazione naturale. L'autorizzazione può essere accordata
anche nel caso indicato dal numero 4, quando l'affinità deriva da matrimonio
dichiarato nullo".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 79 [1]
Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge i coniugi che
risultino forniti dei requisiti di cui all'art. 6 possono chiedere al tribunale
per i minorenni di dichiarare, semprechè il provvedimento risponda agli
interessi dell'adottato e dell'affiliato, con decreto motivato, l'estensione
degli effetti della adozione nei confronti degli affiliati o adottati ai sensi
dell'art. 291 del codice civile, precedentemente in vigore, se minorenni
all'epoca del relativo provvedimento [2] [3] .
Il tribunale dispone l'esecuzione delle opportune indagini di cui
all'art. 57, sugli adottanti e sull'adottato o affiliato.
Gli adottati o affiliati che abbiano compiuto gli anni dodici e, in
considerazione della loro capacità di discernimento, anche i minori di età
inferiore devono essere sentiti; se hanno compiuto gli anni quattordici devono
prestare il consenso. [4]
Il coniuge dell'adottato o affiliato, se convivente e non legalmente
separato, deve prestare l'assenso.
I discendenti degli adottanti o affilianti che hanno superato gli anni
quattordici devono essere sentiti.
Se gli adottati o affiliati sono figli legittimi o riconosciuti è
necessario l'assenso dei genitori. Nel caso di irreperibilità o di rifiuto non
motivato, su ricorso degli adottanti o affilianti, sentiti il pubblico
ministero, i genitori dell'adottato o affiliato e quest'ultimo, se ha compiuto
gli anni dodici, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento
della domanda, tiene luogo dell'assenso mancante.
Al decreto relativo all'estensione degli effetti dell'adozione si
applicano le disposizioni di cui agli articoli 25, 27 e28, in quanto
compatibili.
Il decreto del tribunale per i minorenni che nega l'estensione degli
effetti dell'adozione può essere impugnato anche dall'adottato o affiliato se
maggiorenne.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto
2002, n. 175.
2 La Corte
costituzionale, con sentenza 18 luglio 1986, n. 199, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale del presente comma , nella parte in cui, nella
ipotesi di coniugi non più uniti in matrimonio alla data della presentazione
della domanda di estensione degli effetti dell'adozione, non consente di
pronunziare l'estensione stessa nei confronti degli adottati ai sensi dell'art.
291 del codice civile, precedentemente in vigore.
3 La Corte
costituzionale, consentenza 18 febbraio 1988, n. 183, ha dichiarato la
illegittimità costituzionale del presente comma , nella parte in cui non
consente l'estensione degli effetti dell'adozione legittimante nei
confronti dei minori adottati con adozione ordinaria quando la differenza
di età tra adottanti ed adottato superi i 40 anni.
4 Comma modificato dall'art. 32, comma 3, L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 80 [1] [2]
1. Il giudice, se del caso ed anche in relazione alla durata
dell'affidamento, può disporre che gli assegni familiari e le prestazioni
previdenziali relative al minore siano erogati temporaneamente in favore
dell'affidatario.
2. Le disposizioni di cui all'articolo 12 del testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, e successive modificazioni, all'articolo 6 della legge 9 dicembre
1977, n. 903, e alla legge 8 marzo 2000, n. 53, si applicano anche agli
affidatari di cui al comma 1.
3. Alle persone affidatarie si estendono tutti i benefici in tema di
astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, di permessi per malattia, di
riposi giornalieri, previsti per i genitori biologici.
4. Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle
famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento,
affinché tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l'idoneità
all'accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche.
Note:
1 Articolo modificato dall'art. 86, comma 2, lett. c), D.Lgs. 26 marzo
2001, n. 151, a
decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U. e,
sostituito dall'art. 38, comma 1,
L. 28 marzo 2001, n. 149 a decorrere dal giorno
successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
2 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 81 [1]
L'ultimo comma dell'art. 244 del codice civile è sostituito dal seguente:
"L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale
nominato dal giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio
minore che ha compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta
di minore di età inferiore".
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui alla
presente legge fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i
predetti procedimenti e comunque non oltre il 30 giugno 2003, vedi l'art. 1,
comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2
agosto 2002, n. 175.
Art. 82 [1]
Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle procedure previste
dalla presente legge nei riguardi di persone minori di età, sono esenti dalle
imposte di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa e diritto dovuti ai
pubblici uffici.
Sono ugualmente esenti gli atti ed i documenti relativi all'esecuzione
dei provvedimenti pronunciati dal giudice nei procedimenti su indicati.
Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in
annue L. 100.000.000, si provvede mediante corrispondente riduzione del
capitolo 1589 dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per
l'anno finanziario 1983 e corrispondenti capitoli degli esercizi successivi.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella
Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E'
fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge
dello Stato.
Note:
1 Per la disciplina processuale applicabile ai
procedimenti di cui alla presente legge fino alla emanazione di nuove
disposizioni che regolano i predetti procedimenti e comunque non oltre il 30
giugno 2003, vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, convertito,
con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n. 175.