Costituzione
Art. 27
[1] La responsabilità penale è
personale.
[2] L'imputato non è
considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
[3] Le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato.
[4] Non è ammessa la pena di
morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
art. 30
Cost.
È dovere e
diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati
fuori dal matrimonio.
Nei casi di incapacità dei
genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli
nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i
diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge
detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità
Art. 31
[1] La
Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione
della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo
alle famiglie numerose.
[2] Protegge la
maternità, l'infanzia e la gioventù favorendo gli istituti necessari a tale
scopo.
Codice
Civile
Art. 2 -
Maggiore età. Capacità di agire
La maggiore età è fissata al
compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità
di compiere tutti gli atti per i quali non sia stabilita una età diversa.
Sono salve
le leggi speciali che stabiliscono un'età inferiore in materia di capacità a
prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all'esercizio dei
diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro.
Art. 84 -
Età
I minori
di età non possono contrarre matrimonio.
Il tribunale, su istanza
dell'interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle
ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore, può con
decreto emesso in camera di consiglio ammettere per gravi motivi al matrimonio
chi abbia compiuto i sedici anni.
Il decreto è comunicato al
pubblico ministero, agli sposi, ai genitori e al tutore.
Contro il decreto può essere
proposto reclamo, con ricorso alla corte d'appello, nel termine perentorio di
dieci giorni dalla comunicazione.
La corte d'appello decide con
ordinanza non impugnabile, emessa in camera di consiglio.
Il decreto
acquista efficacia quando è decorso il termine previsto nel quarto comma, senza
che sia stato proposto reclamo
art. 90 -
Assistenza del minore
Con il
decreto di cui all'articolo 84 il tribunale o la corte d'appello nominano, se
le circostanze lo esigono, un curatore speciale che assista il minore nella
stipulazione delle convenzioni matrimoniali.
art. 147 -
Doveri verso i figli
Il matrimonio
impone ad ambedue i coniugi l'obbligo di mantenere, istruire ed educare la
prole tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle
aspirazioni dei figli1.
Art. 148 -
Concorso negli oneri [1] [2]
1 La Corte Costituzionale, con
sentenza interpretativa di rigetto 21 ottobre 2005, n. 394, ha dichiarato non
fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità
costituzionale del presente articolo, sollevata in riferimento agli artt. 3 e
30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l'ordinanza 15 ottobre
2003.
2
[1] I coniugi
devono adempiere l'obbligazione prevista nell'articolo precedente in
proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro
professionale o casalingo [143 c. 2]. Quando i genitori non hanno mezzi
sufficienti, gli altri ascendenti legittimi o naturali, in ordine di
prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché
possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli [147, 324 c. 2].
[2] In caso di
inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha
interesse, sentito l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con
decreto che una quota dei redditi dell'obbligato, in proporzione agli stessi,
sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta le spese per il
mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole [193 c. 2].
[3] Il decreto,
notificato [c.p.c. 137 ss.] agli interessati ed al terzo debitore, costituisce
titolo esecutivo [c.p.c. 474], ma le parti ed il terzo debitore possono
proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. [3]
[4]
L'opposizione è regolata dalle norme relative all'opposizione al decreto di
ingiunzione [c.p.c. 645], in quanto applicabili.
[5] Le parti ed
il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario,
la modificazione e la revoca del provvedimento.
Note:
1 Articolo
sostituito dall'art. 30, L. 19 maggio 1975, n. 151.
2 La Corte
Costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto 21 ottobre 2005, n. 394,
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di
legittimità costituzionale del presente articolo, sollevata in riferimento agli
artt. 3 e 30 della Costituzione, dal Tribunale di Genova, con l'ordinanza 15
ottobre 2003.
3 La Corte costituzionale con sentenza interpretativa di
rigetto 14 giugno 2002, n. 236, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in
motivazione, la questione di legittimità costituzionale del presente comma ,
sollevata in riferimento agliartt. 3, 24 e 30 della Costituzione.
«Art. 155. - (Provvedimenti riguardo ai figli) – Anche in caso di
separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di mantenere
un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura,
educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con
gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la
finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la separazione
personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo
riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente
la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure
stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le
modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la
misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento,
alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non
contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.
Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole. La potestà genitoriale è
esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i
figli relative all’istruzione, all’educazione e alla salute sono assunte di
comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle
aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il
giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Salvo
accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito;
il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno
periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare
considerando:
1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio
in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza
presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la
valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici
ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le
informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino
sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia
tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se
intestati a soggetti diversi».
«Art. 155-bis. - (Affidamento a un solo genitore e opposizione all’affidamento
condiviso) – Il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei
genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che
3
l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.Ciascuno
dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo quando
sussistono le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la
domanda, dispone l’affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi,
per quanto possibile, i diritti del minore previsti dal primo comma
dell’articolo 155. Se la domanda risulta manifestamente infondata, il giudice
può considerare il comportamento del genitore istante ai fini della
determinazione dei provvedimenti da adottare nell’interesse dei figli,
rimanendo ferma l’applicazione dell’articolo 96 del codice di procedura civile.
Art. 155-ter. - (Revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento
dei figli) – I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione
delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione
dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative
alla misura e alla modalità del contributo. Art. 155-quater. – (Assegnazione
della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza) – Il godimento della casa
familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti
economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il
diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che
l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o
conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di
assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai
sensi dell’articolo 2643. Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o
il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il mutamento interferisce con le
modalità dell’affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei provvedimenti
adottati, ivi compresi quelli economici.
Art. 155-quinquies. - (Disposizioni in favore dei figli maggiorenni) – Il
giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni
non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale
assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente
all’avente diritto. Ai figli maggiorenni portatori di handicap grave ai sensi
dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, si applicano
integralmente le disposizioni previste in favore dei figli minori.
Art. 155-sexies. - (Poteri del giudice e ascolto del minore) – Prima
dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui
all’articolo 155, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio,
mezzi di prova. Il giudice dispone, inoltre, l’audizione del figlio minore che
abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di
discernimento. Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e
ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui
all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino
una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla
tutela dell’interesse morale e materiale dei figli».
Art. 165 - Capacità del minore
Il minore ammesso a contrarre matrimonio è pure
capace di prestare il consenso per tutte le relative convenzioni matrimoniali,
le quali sono valide se egli è assistito dai genitori esercenti la potestà su
di lui o dal tutore o dal curatore speciale nominato a norma dell'articolo 90.
art. 231 - Paternità del marito
Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio
art. 232 - Presunzione di concepimento durante il
matrimonio
Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando sono
trascorsi centottanta giorni dalla celebrazione del matrimonio [e non sono
ancora trascorsi trecento giorni dalla data dell'annullamento, dello
scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La presunzione non opera decorsi trecento giorni dalla pronuncia di
separazione giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero
dalla data della comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi
sono stati autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di
separazione o dei giudizi previsti nel comma precedente.
art. 234 - Nascita del figlio dopo i trecento giorni
Ciascuno dei coniugi e i loro eredi possono provare che il figlio, nato
dopo i trecento giorni dall'annullamento, dallo scioglimento o dalla cessazione
degli effetti civili del matrimonio, è stato concepito durante il matrimonio.
4
Possono analogamente provare il concepimento durante la convivenza quando
il figlio sia nato dopo i trecento giorni dalla pronuncia di separazione
giudiziale, o dalla omologazione di separazione consensuale, ovvero dalla data
di comparizione dei coniugi avanti al giudice quando gli stessi sono stati
autorizzati a vivere separatamente nelle more del giudizio di separazione o dei
giudizi previsti nel comma precedente.
In ogni caso il figlio può proporre azione per reclamare lo stato di
legittimo.
art. 235 - Disconoscimento di paternità
L'azione per il disconoscimento di paternità del figlio concepito durante
il matrimonio è consentita solo nei casi seguenti:
1) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il
trecentesimo ed il centottantesimo giorno prima della nascita;
2) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche
se soltanto di generare;
3) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto
celata al marito la propria gravidanza e la nascita del figlio. In tali casi il
marito è ammesso a provare che il figlio presenta caratteristiche genetiche o
del gruppo sanguigno incompatibili con quelle del presunto padre, o ogni altro
fatto tendente ad escludere la paternità.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
L'azione di disconoscimento può essere esercitata anche dalla madre o dal
figlio che ha raggiunto la maggiore età in tutti i casi in cui può essere
esercitata dal padre.
art. 236 - Atto di nascita e possesso di stato
La filiazione legittima si prova con l'atto di nascita iscritto nei
registri dello stato civile.
Basta in mancanza di questo titolo, il possesso continuo dello stato di
figlio legittimo.
art. 244 - Termini dell'azione di disconoscimento
L'azione di disconoscimento della paternità da parte della madre deve
essere proposta nel termine di sei mesi dalla nascita del figlio2 .
Il marito può disconoscere il figlio nel termine di un anno che decorre
dal giorno della nascita quando egli si trovava al tempo di questa nel luogo in
cui è nato il figlio; dal giorno del suo ritorno nel luogo in cui è nato il
figlio o in cui è la residenza familiare se egli ne era lontano. In ogni caso,
se egli prova di non aver avuto notizia della nascita in detti giorni, il
termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto notizia3 e 4 .
L'azione di disconoscimento della paternità può essere proposta dal figlio,
entro un anno dal compimento della maggiore età o dal momento in cui viene
successivamente a conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il
disconoscimento.
L'azione può essere altresì promossa da un curatore speciale nominato dal
giudice, assunte sommarie informazioni, su istanza del figlio minore che ha
compiuto i sedici anni, o del pubblico ministero quando si tratta di minore di
età inferiore5 e 6 .
art. 249 - Reclamo della legittimità
L'azione per reclamare lo stato legittimo spetta al figlio; ma, se egli
non l'ha promossa ed è morto in età minore o nei cinque anni, dopo aver
raggiunto la maggiore età, può essere promossa dai discendenti di lui. Essa
deve essere proposta contro entrambi i genitori, e, in loro mancanza, contro i
loro eredi.
2 La Corte costituzionale, con sentenza del 14
maggio 1999, n. 170, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
comma c. nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione
dell'azione di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo
di generare di cui al numero 2) dell'art. 235 dello stesso codice, decorra per
la moglie dal giorno in cui essa sia venuta a conoscenza dell'impotenza di
generare del marito.
3 La Corte costituzionale, con sentenza del 6
maggio 1985, n. 134, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
comma c. nella parte in cui dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell'art.
235 dello stesso codice, che il termine dell'azione di disconoscimento decorra
dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell'adulterio della moglie
4 La Corte costituzionale, con sentenza del 14
maggio 1999, n. 170, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente
comma c. nella parte in cui non prevede che il termine per la proposizione dell'azione
di disconoscimento della paternità, nell'ipotesi di impotenza solo di generare,
contemplata dal n. 2) dell'art. 235 c.c., decorra per il marito dal giorno in
cui esso sia venuto a conoscenza della propria impotenza di generare.
5 Comma sostituito dall'art. 81, L. 4 maggio
1983, n. 184
6 La Corte costituzionale, con sentenza
interpretativa di rigetto del 27 novembre 1991, n. 429, ha dichiarato non
fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità
costituzionale del presente comma c. nel testo sostituito dall'art. 81 della
legge 4 maggio 1983, n. 184, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 30 della
Costituzione.
5
L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio.
art. 250 - Riconoscimento
Il figlio naturale può essere riconosciuto, nei modi
previsti dall'articolo 254, dal padre e dalla madre, anche se già uniti in
matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può
avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.
Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i sedici anni non produce
effetto senza il suo assenso.
Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i sedici anni non può
avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il
riconoscimento.
Il consenso non può essere rifiutato ove il riconoscimento risponda
all'interesse del figlio. Se vi è opposizione, su ricorso del genitore che
vuole effettuare il riconoscimento, sentito il minore in contraddittorio con il
genitore che si oppone e con l'intervento del pubblico ministero, decide il
tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo
del consenso mancante.
Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori
che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età.
Art. 251 - Riconoscimento di figli incestuosi
I figli nati da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela
anche soltanto naturale, in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel
secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta, non possono essere
riconosciuti dai loro genitori, salvo che questi al tempo del concepimento
ignorassero il vincolo esistente tra di loro o che sia stato dichiarato nullo
il matrimonio da cui deriva l'affinità. Quando uno solo dei genitori è stato in
buona fede, il riconoscimento del figlio può essere fatto solo da lui.
Il riconoscimento è autorizzato dal giudice, avuto
riguardo all'interesse del figlio ed alla necessità di evitare allo stesso
qualsiasi pregiudizio.
art. 254 - Forma del riconoscimento
Il riconoscimento del figlio naturale è fatto nell'atto di nascita,
oppure con una apposita dichiarazione, posteriore alla nascita o al
concepimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico
o in un testamento, qualunque sia la forma di questo La domanda di
legittimazione di un figlio naturale presentata al giudice o la dichiarazione
della volontà di legittimarlo espressa dal genitore in un atto pubblico o in un
testamento importa riconoscimento, anche se la legittimazione non abbia luogo.
art. 262 - Cognome del figlio
Il figlio naturale assume il cognome del genitore che per primo lo ha
riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da
entrambi i genitori il figlio naturale assume il cognome del padre.
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata, o
riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio
naturale può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a
quello della madre.
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide
circa l'assunzione del cognome del padre.
art. 263 - Impugnazione del riconoscimento per
difetto di veridicità
Il riconoscimento può essere impugnato per difetto di veridicità
dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e da chiunque
vi abbia interesse.
L'impugnazione è ammessa anche dopo la legittimazione.
L'azione è imprescrittibile
art. 264 - Impugnazione da parte del riconosciuto
Colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età o lo stato
di interdizione per infermità di mente, impugnare il riconoscimento.
Tuttavia, il giudice, con provvedimento in camera di consiglio su istanza
del pubblico ministero o del tutore o dell'altro genitore che abbia validamente
riconosciuto il figlio o del figlio stesso che abbia compiuto il sedicesimo
anno di età, può dare l'autorizzazione per impugnare il riconoscimento,
nominando un curatore speciale.
art. 265 - Impugnazione per violenza
6
Il riconoscimento può essere impugnato per violenza dall'autore del
riconoscimento entro un anno dal giorno in cui la violenza è cessata.
Se l'autore del riconoscimento è minore, l'azione può essere promossa
entro un anno dal conseguimento dell'età maggiore.
art. 266 - Impugnazione del riconoscimento per
effetto di interdizione giudiziale
Il riconoscimento può essere impugnato per l'incapacità che deriva da
interdizione giudiziale dal rappresentante dell'interdetto e, dopo la revoca
dell'interdizione, dall'autore del riconoscimento, entro un anno dalla data
della revoca.
art. 267 - Trasmissibilità dell'azione
Nei casi indicati dagli articoli 265 e 266, se
l'autore del riconoscimento è morto senza aver promosso l'azione, ma prima che
sia scaduto il termine, l'azione può essere promossa dai discendenti, dagli
ascendenti o dagli eredi.
art. 270 - Legittimazione attiva e termine
L'azione per ottenere che sia dichiarata giudizialmente la paternità o la
maternità naturale è imprescrittibile riguardo al figlio.
Se il figlio muore prima di avere iniziato l'azione, questa può essere
promossa dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti, entro
due anni dalla morte.
L'azione promossa dal figlio, se egli muore, può
essere proseguita dai discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti.
art. 271 - Legittimazione attiva e termine7
art. 272 - Dichiarazione giudiziale di maternità 8
Art. 273 - Azione nell'interesse del minore o
dell'interdetto
L'azione per ottenere che sia giudizialmente dichiarata la paternità o la
maternità naturale può essere promossa, nell'interesse del minore, dal genitore
che esercita la potestà prevista dall'articolo 316 o dal tutore. Il tutore però
deve chiedere l'autorizzazione del giudice, il quale può anche nominare un
curatore speciale.
Occorre il consenso del figlio per promuovere o per proseguire l'azione
se egli ha compiuto l'età di sedici anni.
Per l'interdetto l'azione può essere promossa dal
tutore previa autorizzazione del giudice.
art. 274 - Ammissibilità dell'azione9
L'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità
naturale è ammessa solo quando concorrono specifiche circostanze tali da farla
apparire giustificata.
Sull'ammissibilità il tribunale decide in camera di consiglio con decreto
motivato, su ricorso di chi intende promuovere l'azione, sentiti il pubblico
ministero e le parti e assunte le informazioni del caso. Contro il decreto si
può proporre reclamo con ricorso alla Corte d'appello, che pronuncia anche essa
in camera di consiglio.
L'inchiesta sommaria compiuta dal tribunale ha luogo senza alcuna
pubblicità e deve essere mantenuta segreta. Al termine della inchiesta gli atti
e i documenti della stessa sono depositati in cancelleria ed il cancelliere
deve darne avviso alle parti le quali, entro quindici giorni dalla
comunicazione di detto avviso, hanno facoltà di esaminarli e di depositare
memorie illustrative.
Il tribunale, anche prima di ammettere l'azione, può,
se trattasi di minore o d'altra persona incapace, nominare un curatore speciale
che la rappresenti in giudizio.
art. 276 - Legittimazione passiva
La domanda per la dichiarazione di paternità o di maternità naturale deve
essere proposta nei confronti del presunto genitore, o, in mancanza di lui, nei
confronti dei suoi eredi.
Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia
interesse
7 Articolo abrogato dall'art. 115, L. 19 maggio
1975, n. 151.
8 Articolo abrogato dall'art. 115, L. 19 maggio
1975, n. 151
9 Articolo dichiarato illegittimo con sentenza
della Corte Costituzionale n. 50 del 10 febbraio 2006
7
art. 277 - Effetti della sentenza
La sentenza che dichiara la filiazione naturale produce gli effetti del
riconoscimento.
Il giudice può anche dare i provvedimenti che stima
utili per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del figlio e per la
tutela degli interessi patrimoniali di lui
Art. 279 - Responsabilità per il mantenimento e
l'educazione
In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione
giudiziale di paternità o di maternità, il figlio naturale può agire per
ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio naturale se
maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti.
L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice
ai sensi dell'articolo 274.
L'azione può essere promossa nell'interesse del
figlio minore da un curatore speciale nominato dal giudice su richiesta del
pubblico ministero o del genitore che esercita la potestà.
art. 280 - Legittimazione
La legittimazione attribuisce a colui che è nato fuori del matrimonio la
qualità di figlio legittimo.
Essa avviene per susseguente matrimonio dei genitori
del figlio naturale o per provvedimento del giudice.
art. 283 - Effetti e decorrenza della legittimazione
per susseguente matrimonio
I figli legittimati per susseguente matrimonio
acquistano i diritti dei figli legittimi dal giorno del matrimonio, se sono
stati riconosciuti da entrambi i genitori nell'atto di matrimonio o anteriormente,
oppure dal giorno del riconoscimento se questo è avvenuto dopo il matrimonio.
art. 284 - Legittimazione per provvedimento del
giudice
La legittimazione può essere concessa con provvedimento del giudice
soltanto se corrisponde agli interessi del figlio ed inoltre se concorrono le
seguenti condizioni:
1) che sia domandata dai genitori stessi o da uno di essi , e che il
genitore abbia compiuto l'età indicata nel quinto comma dell'articolo 250;
2) che per il genitore vi sia l'impossibilità o un gravissimo ostacolo a
legittimare il figlio per susseguente matrimonio;
3) che vi sia l'assenso dell'altro coniuge se il richiedente è unito in
matrimonio e non è legalmente separato;
4) che vi sia il consenso del figlio legittimando se ha compiuto gli anni
sedici, o dell'altro genitore o del curatore speciale, se il figlio è minore
degli anni sedici, salvo che il figlio sia già riconosciuto.
La legittimazione può essere chiesta anche in presenza di figli legittimi
o legittimati. In tal caso il presidente del tribunale deve ascoltare i figli
legittimi o legittimati, se di età superiore ai sedici anni.
art. 285 - Condizioni per la legittimazione dopo la
morte dei genitori
Se uno dei genitori ha espresso in un testamento o in un atto pubblico la
volontà di legittimare i figli naturali, questi possono, dopo la morte di lui,
domandare la legittimazione se sussisteva la condizione prevista nel numero 2
dell'articolo precedente.
[In questo caso la domanda deve essere comunicata
agli ascendenti, discendenti e coniuge o, in loro mancanza, a due tra i
prossimi parenti del genitore entro il quarto grado.
art. 286 - Legittimazione domandata dall'ascendente
La domanda di legittimazione di un figlio naturale
riconosciuto può in caso di morte del genitore essere fatta da uno degli
ascendenti legittimi di lui, se il genitore non ha comunque espressa una
volontà in contrasto con quella di legittimare
art. 288 - Procedura
La domanda di legittimazione accompagnata dai documenti giustificativi
deve essere diretta al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il
richiedente ha la residenza.
Il tribunale, sentito il pubblico ministero, accerta la sussistenza delle
condizioni stabilite negli articoli precedenti e delibera, in camera di
consiglio, sulla domanda di legittimazione.
Il pubblico ministero e la parte possono, entro venti giorni dalla
comunicazione, proporre reclamo alla corte d'appello. Questa, richiamati gli
atti dal tribunale, delibera in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero.
8
In ogni caso la sentenza che accoglie la domanda è annotata in calce
all'atto di nascita del figlio.
Art. 291 - Condizioni
L'adozione è permessa alle persone che non hanno
discendenti legittimi o legittimati 10 che hanno compiuto gli anni trentacinque e che
superano almeno di diciotto anni l'età di coloro che intendano adottare.
Quando eccezionali circostanze lo consigliano, il tribunale può
autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno l'età di trent'anni,
ferma restando la differenza di età di cui al comma precedente.
Art. 293 - Divieto di adozione di figli nati fuori del
matrimonio
[1] I figli nati fuori del matrimonio non possono essere
adottati dai loro genitori [250 ss.].
Art. 294 - Pluralità di adottati o di adottanti
[1] È ammessa l'adozione di più persone anche con atti
successivi [1] [87 n. 7].
[2] Nessuno può essere adottato da più di una persona,
salvo che i due adottanti siano marito e moglie.
Art. 295 - Adozione da parte del tutore
[1] Il tutore non può adottare la persona della quale ha
avuto la tutela, se non dopo che sia stato approvato il conto della sua
amministrazione, sia stata fatta la consegna dei beni e siano state estinte le
obbligazioni risultanti a suo carico o data idonea garanzia per il loro adempimento
[385 ss.].
Art. 296 - Consenso per l'adozione
[1] Per l'adozione si richiede il consenso dell'adottante
e dell'adottando [311 ss.].
[2] [1]
[3] [2]
Note:
1 Comma sostituito dall'art. 5, L. 8 marzo 1975, n. 39 e,
successivamente, abrogato dall'art. 67, L. 4 maggio 1983, n. 184.
2 Comma abrogato dall'art. 67, L. 4 maggio 1983, n. 184.
Art. 297 - Assenso del coniuge o dei genitori [1]
[1] Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori
dell'adottando e l'assenso del coniuge dell'adottante e dell'adottando, se
coniugati e non legalmente separati [150].
[2] Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il
tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga
il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare
ugualmente l'adozione, salvo che si tratti dell'assenso dei genitori esercenti
la potestà o del coniuge, se convivente, dell'adottante o dell'adottando.
Parimenti il tribunale può pronunziare l'adozione quando è impossibile ottenere
l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 132, L. 19 maggio 1975, n.
151.
Art. 298 - Decorrenza degli effetti dell'adozione
[1] L'adozione produce i suoi effetti dalla data del decreto
che la pronunzia [313; disp. att. 35 c. 2].
[2] Finché il decreto non è emanato, tanto l'adottante
quanto l'adottando possono revocare il loro consenso.
[3] Se l'adottante muore dopo la prestazione del consenso
e prima dell'emanazione del decreto, si può procedere al compimento degli atti
necessari per l'adozione.
[4] Gli eredi dell'adottante possono presentare al
tribunale memorie e osservazioni per opporsi all'adozione [1] .
[5] Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti
dal momento della morte dell'adottante.
Note:
1 L'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431 ha sostituito la
competenza della corte d'appello con quella del tribunale nel cui circondario
l'adottante ha la residenza.
10 La Corte
Costituzionale, con sentenza 20 luglio 2004, n. 245, ha dichiarato
l'illegittimità del presente articolo, nella parte in cui non prevede che
l'adozione di maggiorenni non possa essere pronunciata in presenza di figli
naturali, riconosciuti dall'adottante, minorenni o, se maggiorenni, non
consenzienti nonché, con sentenza del 19 maggio 1988, n. 557, l'illegittimità
costituzionale del presente articolo nella parte in cui non consente l'adozione
a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e
consenzienti.
9
Art. 299 - Cognome dell'adottato [1]
[1] L'adottato assume il cognome dell'adottante e lo
antepone al proprio [6, 262].
[2] L'adottato che sia figlio naturale non riconosciuto
[250 ss.] dai propri genitori assume solo il cognome dell'adottante. Il riconoscimento
successivo all'adozione non fa assumere all'adottato il cognome del genitore
che lo ha riconosciuto, salvo che l'adozione sia successivamente revocata [305
ss.]. Il figlio naturale che sia stato riconosciuto dai propri genitori e sia
successivamente adottato, assume il cognome dell'adottante. [2]
[3] Se l'adozione è compiuta da coniugi, l'adottato assume
il cognome del marito.
[4] Se l'adozione è compiuta da una donna maritata,
l'adottato, che non sia figlio del marito, assume il cognome della famiglia di
lei.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 61, L. 4 maggio 1983, n.
184.
2 La Corte Costituzionale, consentenza 11 maggio 2001, n.
120, ha dichiarato l'illegittimità del presente comma c. nella parte in cui non
prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori,
l'adottato possa aggiungere al cognome dell'adottante anche quello
originariamente attribuitogli
Art. 300 - Diritti e doveri dell'adottato
[1] L'adottato conserva tutti i diritti [147] e i doveri
[315 ss.] verso la sua famiglia di origine, salve le eccezioni stabilite dalla
legge.
[2] L'adozione non induce alcun rapporto civile tra
l'adottante e la famiglia dell'adottato, né tra l'adottato e i parenti
dell'adottante [567 c. 2], salve le eccezioni stabilite dalla legge [87, 433].
Art. 304 - Diritti di successione
[1] L'adozione non attribuisce all'adottante alcun diritto
di successione.
[2] I diritti dell'adottato nella successione
dell'adottante sono regolati dalle norme contenute nel libro II [468, 536 c. 2,
567].
Art. 305 - Revoca dell'adozione
[1] L'adozione si può revocare soltanto nei casi preveduti
dagli articoli seguenti [disp. att. 35 c. 2, 567].
Art. 306 - Revoca per indegnità dell'adottato
[1] La revoca dell'adozione può essere pronunziata dal
tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato abbia attentato alla
vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia
reso colpevole verso loro di delitto punibile con pena restrittiva della
libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.
[2] Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la
revoca dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe
l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti
Art. 307 - Revoca per indegnità dell'adottante [1]
[1] Quando i fatti previsti dall'articolo precedente sono
stati compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i
discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunciata su
domanda dell'adottato.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 62, L. 4 maggio 1983, n.
184.
Art. 309 - Decorrenza degli effetti della revoca
[1] Gli effetti dell'adozione [298 ss.] cessano quando
passa in giudicato la sentenza di revoca [disp. att. 37 c. 2].
[2] Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte
dell'adottante per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi
discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante [463 ss.].
Art. 311 - Manifestazione del consenso
[1] Il consenso dell'adottante e dell'adottando o del
legale rappresentante di questo deve essere manifestato personalmente al
presidente del tribunale nel cui circondario l'adottante ha residenza [disp.
att. 35] [2] .
[2] [3]
[3] L'assenso delle persone indicate negli articoli 296 e
297 può essere dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto
pubblico [2699] o per scrittura privata autenticata [2703].
Note:
1 Titolo sostituito dall'art. 63, L. 4 maggio 1983, n.
184. Precedentemente, il titolo era il seguente: "Delle forme dell'adozione".
10
2 L'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431 ha sostituito la
competenza della corte d'appello con quella del tribunale nel cui circondario
l'adottante ha la residenza.
3 Comma soppresso dall'art. 3, L. 5 giugno 1967, n. 431.
Art. 312 - Accertamenti del tribunale [1]
[1] Il tribunale, assunte le opportune informazioni,
verifica:
1) se tutte le condizioni della legge sono state
adempiute;
2) se l'adozione conviene all'adottando.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 64, L. 4 maggio 1983, n.
184.
Art. 313 - Provvedimento del tribunale [1]
[1] Il tribunale, in camera di consiglio, sentito il
pubblico ministero e omessa ogni altra formalità di procedura, provvede con
sentenza decidendo di far luogo o non far luogo alla adozione.
[2] L'adottante, il pubblico ministero, l'adottando, entro
trenta giorni dalla comunicazione, possono proporre impugnazione avanti la
Corte d'appello, che decide in camera di consiglio, sentito il pubblico
ministero.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 65, L. 4 maggio 1983, n.
184 e, successivamente, dall'art. 30, comma c. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149, a
decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella G.U.
Art. 314 - Pubblicità [1]
[1] La sentenza definitiva che pronuncia l'adozione è
trascritta a cura del cancelliere del tribunale competente, entro il decimo
giorno successivo a quello della relativa comunicazione, da effettuarsi non
oltre cinque giorni dal deposito, da parte del cancelliere del giudice
dell'impugnazione, su apposito registro e comunicata all'ufficiale di stato
civile per l'annotazione a margine dell'atto di nascita dell'adottato [disp.
att. 37].
[2] Con la procedura di cui al primo comma deve essere
altresì trascritta ed annotata la sentenza di revoca della adozione, passata in
giudicato [c.p.c. 324].
[3] L'autorità giudiziaria può inoltre ordinare la
pubblicazione della sentenza che pronuncia l'adozione o della sentenza di
revoca nei modi che ritiene opportuni [c.p.c. 120].
Note:
1 Articolo modificato dall'art. 66, L. 4 maggio 1983, n.
184 e, successivamente, sostituito dall'art. 31, comma c. 1, L. 28 marzo 2001,
n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
G.U.
art. 315 - Doveri del figlio verso i genitori
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione
alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia,
finché convive con essa.
art. 316 - Esercizio della potestà dei genitori
Il figlio è soggetto alla potestà dei genitori sino all'età maggiore o
alla emancipazione.
La potestà è esercitata di comune accordo da entrambi
i genitori.
In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei
genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che
ritiene più idonei.
Se sussiste un incombente pericolo di un grave pregiudizio per il figlio,
il padre può adottare i provvedimenti urgenti ed indifferibili.
Il giudice, sentiti i genitori ed il figlio, se maggiore degli anni quattordici,
suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell'interesse del figlio e
dell'unità familiare. Se il contrasto permane, il giudice attribuisce il potere
di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo
a curare l'interesse del figlio
art. 320 - Rappresentanza e amministrazione
I genitori congiuntamente, o quello di essi che esercita in via esclusiva
la potestà, rappresentano i figli nati e nascituri in tutti gli atti civili e
ne amministrano i beni Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i
contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di
godimento, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore.
Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle
decisioni concordate, le disposizioni dell'articolo 316.
11
I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni
pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o
rinunziare ad eredità o legati, accettare donazioni, procedere allo
scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o
compiere altri atti eccedenti la ordinaria amministrazione né promuovere,
transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per
necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice
tutelare.
I capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice
tutelare, il quale ne determina l'impiego.
L'esercizio di un'impresa commerciale non può essere continuato se non
con l'autorizzazione del tribunale su parere del giudice tutelare . Questi può
consentire l'esercizio provvisorio dell'impresa, fino a quando il tribunale
abbia deliberato sull'istanza
Se sorge conflitto di interessi patrimoniali tra i
figli soggetti alla stessa potestà, o tra essi e i genitori o quello di essi
che esercita in via esclusiva la potestà, il giudice tutelare nomina ai figli
un curatore speciale. Se il conflitto sorge tra i figli e uno solo dei genitori
esercenti la potestà, la rappresentanza dei figli spetta esclusivamente
all'altro genitore.
Art. 322 - Inosservanza delle disposizioni precedenti
[1]
[1] Gli atti compiuti senza osservare le norme dei
precedenti articoli del presente titolo possono essere annullati su istanza dei
genitori esercenti la potestà o del figlio o dei suoi eredi o aventi causa
[1441 ss.].
Art. 324 - Usufrutto legale [1]
[1] I genitori esercenti la potestà hanno in comune l'usufrutto dei beni
del figlio.
[2] I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia e
all'istruzione ed educazione dei figli [147, 315].
[3] Non sono soggetti ad usufrutto legale:
1) i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro [315];
2) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera,
un'arte o una professione;
3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la
potestà o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione però non ha
effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima [536 ss.];
4) i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o
donazione e accettati nell'interesse del figlio contro la volontà dei genitori
esercenti la potestà. Se uno solo di essi era favorevole all'accettazione,
l'usufrutto legale spetta esclusivamente a lui.
Art.
330 - Decadenza dalla potestà sui figli [1]
[1] Il giudice [disp. att. 38, 51] può pronunziare la
decadenza dalla potestà quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa
inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
[2] In tale
caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio
dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che
maltratta o abusa del minore. [2]
Note:
1 Articolo
sostituito dall'art. 152, L. 19 maggio 1975, n. 151.
2 Comma modificato dall'art. 37, comma 1, L. 28 marzo
2001, n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione
nella G.U.
Art. 332 - Reintegrazione nella potestà [1]
[1] Il giudice
[disp. att. 38, 51] può reintegrare nella potestà il genitore che ne è
decaduto, quando, cessate le ragioni per le quali la decadenza è stata
pronunciata, è escluso ogni pericolo di pregiudizio per il figlio.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 154, L. 19 maggio 1975, n.
151.
Art. 333 - Condotta del genitore pregiudizievole ai figli
[1]
Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo
alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque
pregiudizievole al figlio, il giudice [disp. att. 38, 51], secondo le
circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre
l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del
genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.
[2] Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi
momento.
Art. 334 - Rimozione dall'amministrazione [1]
12
[1] Quando il
patrimonio del minore è male amministrato, il tribunale [disp. att. 38, 51] può
stabilire le condizioni a cui i genitori devono attenersi nell'amministrazione
o può rimuovere entrambi o uno solo di essi dall'amministrazione stessa e
privarli, in tutto o in parte, dell'usufrutto legale .
[2]
L'amministrazione è affidata ad un curatore, se è disposta la rimozione di
entrambi i genitori.
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 156, L. 19 maggio 1975, n.
151.
Art. 335 -
Riammissione nell'esercizio dell'amministrazione
[1]
Il genitore rimosso dall'amministrazione ed eventualmente privato
dell'usufrutto legale può essere riammesso dal tribunale [disp. att. 38, 51]
nell'esercizio dell'una e nel godimento dell'altro, quando sono cessati i
motivi che hanno provocato il provvedimento.
Art. 336 - Procedimento [1] [2]
[1] I
provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso
dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta
di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.
[2] Il
tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il
pubblico ministero [c.p.c. 737 ss.]. Nei casi in cui il provvedimento è
richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito.
[3] In caso di
urgente necessità il tribunale può adottare, anche di ufficio, provvedimenti
temporanei nell'interesse del figlio.
[4] Per i
provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti
da un difensore. [3]
Note:
1 Articolo
sostituito dall'art. 157, L. 19 maggio 1975, n. 151.
2 Per la
disciplina processuale applicabile ai procedimenti di cui al presente articolo
fino alla emanazione di nuove disposizioni che regolano i predetti procedimenti
e comunque non oltre il 30 giugno 2002 e, successivamente, il 30 giugno 2003,
vedi l'art. 1, comma 2, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con
modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240 e l'art. 1, comma 2, D.L. 1°
luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, dallaL. 2 agosto 2002, n.
175.
3 Comma aggiunto dall'art. 37, comma 3, L. 28 marzo 2001,
n. 149 a decorrere dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella
G.U. e, successivamente, modificato dall'art. 299, comma 1, D.P.R. 30 maggio
2002, n. 115, a decorrere dal 1° luglio 2002.
Art. 343 -
Apertura della tutela
[1]
Se entrambi i genitori sono morti o per altre cause [49, 330] non possono
esercitare la potestà dei genitori [1] , si apre la tutela presso il tribunale
del circondario dove è la sede principale degli affari e interessi del minore
[43; disp. att. 129] [2] .
[2] Se il
tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro circondario, la tutela
può essere ivi trasferita [45 c. 2] con decreto del tribunale [3] .
Note:
1 Espressione
sostituita a "patria potestà", dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n.
689.
2 Comma
modificato dall'art. 139, comma 1, lett. a), D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a
decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella
G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno
1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
3 Comma modificato dall'art. 139, comma 1, lett. b),
D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno
successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66.
Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato
tale termine al 2 giugno 1999.
Art. 344 - Funzioni del giudice tutelare
[1]
Presso ogni tribunale il giudice tutelare soprintende alle tutele e alle
curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge [389; disp. att.
43 ss.; c.p.c. 739 ss.] [1] .
[2] Il giudice
tutelare può chiedere l'assistenza degli organi della pubblica amministrazione
e di tutti gli enti i cui scopi corrispondono alle sue funzioni [354, 400 ss.].
Note:
1 Comma modificato dall'art. 140, comma 1, D.Lgs. 19
febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua
pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma
1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
13
Art. 345 - Denunzie al giudice tutelare
[1] L'ufficiale
dello stato civile, che riceve la dichiarazione di morte di una persona la
quale ha lasciato figli in età minore ovvero la dichiarazione di nascita di un
figlio di genitori ignoti, e il notaio, che procede alla pubblicazione di un
testamento contenente la designazione di un tutore o di un protutore [348],
devono darne notizia al giudice tutelare entro dieci giorni.
[2] Il
cancelliere, entro quindici giorni dalla pubblicazione o dal deposito in
cancelleria, deve dare notizia al giudice tutelare delle decisioni dalle quali
derivi l'apertura di una tutela.
[3] I parenti entro il terzo grado [76] devono denunziare
al giudice tutelare il fatto da cui deriva l'apertura della tutela entro dieci
giorni da quello in cui ne hanno avuto notizia. La denunzia deve essere fatta
anche dalla persona designata quale tutore o protutore [348] entro dieci giorni
da quello in cui ha avuto notizia della designazione.
Art. 346 - Nomina del tutore e del protutore
[1] Il giudice tutelare, appena avuta notizia del fatto da
cui deriva l'apertura della tutela, procede alla nomina del tutore e del
protutore [348, 354, 360, 389].
Art. 347 - Tutela di più fratelli [1]
[1] È
nominato un solo tutore a più fratelli e sorelle, salvo che particolari
circostanze consiglino la nomina di più tutori. Se vi è conflitto di interessi
tra minori soggetti alla stessa tutela, il giudice tutelare nomina ai minori un
curatore speciale [320 c. 6].
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 160, L. 19 maggio 1975, n.
151.
Art. 348 - Scelta del tutore
[1] Il giudice tutelare nomina tutore la persona designata
dal genitore che ha esercitato per ultimo la potestà dei genitori [316] [1]. La
designazione può essere fatta per testamento [587 c. 2], per atto pubblico
[2699] o per scrittura privata autenticata [2703].
[2] Se manca la
designazione ovvero se gravi motivi si oppongono alla nomina della persona
designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o
tra gli altri prossimi parenti [74] o affini [78] del minore, i quali, in
quanto sia opportuno, devono essere sentiti.
[3] Il giudice,
prima di procedere alla nomina del tutore, deve anche sentire il minore che
abbia raggiunto l'età di anni sedici.
[4] In ogni
caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile
condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore
conformemente a quanto è prescritto nell'articolo 147.
[5] [2] .
Note:
1 Espressione
sostituita a "patria potestà" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n.
689.
2 Comma abrogato dall'art. 1, R.D.L. 20 gennaio 1944, n.
25 e, successivamente, dall'art. 3, D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 287.
Art. 349 - Giuramento del tutore
[1] Il tutore, prima di assumere l'ufficio, presta davanti
al giudice tutelare giuramento di esercitarlo con fedeltà e diligenza.
Art. 350 - Incapacità all'ufficio tutelare
[1] Non possono
essere nominati tutori e, se sono stati nominati, devono cessare dall'ufficio
[disp. att. 129]:
1) coloro che
non hanno la libera amministrazione del proprio patrimonio;
2) coloro che
sono stati esclusi dalla tutela per disposizione scritta del genitore il quale
per ultimo ha esercitato la potestà dei genitori [1] ;
3) coloro che
hanno o sono per avere o dei quali gli ascendenti, i discendenti o il coniuge
hanno o sono per avere col minore una lite, per effetto della quale può essere
pregiudicato lo stato del minore o una parte notevole del patrimonio di lui;
4) coloro che
sono incorsi nella perdita della potestà dei genitori [1] o nella decadenza da
essa [330], o sono stati rimossi da altra tutela [384];
5) il fallito
che non è stato cancellato dal registro dei falliti.
14
Note:
1 Espressione sostituita a "patria potestà" dall'art.
146, L. 24 novembre 1981, n. 689.
Art. 351 - Dispensa dall'ufficio tutelare
[1] Sono
dispensati dall'ufficio di tutore:
1) i Principi
della Famiglia Reale, salve le disposizioni che regolano la tutela dei Principi
della stessa Famiglia [1] ;
2) il
Presidente del Consiglio dei Ministri;
3) i membri del
Sacro Collegio;
4) i Presidenti
delle Assemblee legislative;
5) i Ministri
Segretari di Stato.
[2] Le persone
indicate nei numeri 2, 3, 4 e 5 possono far noto al giudice tutelare che non
intendono valersi della dispensa.
Note:
1 Numero abrogato per incompatibilità con la scelta
istituzionale, espressa nella Costituzione, di sostituire la monarchia con la
forma repubblicana.
Art. 352 - Dispensa su domanda
[1] Hanno
diritto di essere dispensati su loro domanda dall'assumere o dal continuare
l'esercizio della tutela:
1) i grandi
ufficiali dello Stato non compresi nell'articolo precedente;
2) gli
arcivescovi, i vescovi e i ministri del culto aventi cura d'anime;
3) [1]
4) i militari
in attività di servizio;
5) chi ha
compiuto gli anni sessantacinque;
6) chi ha più
di tre figli minori;
7) chi esercita
altra tutela;
8) chi è
impedito di esercitare la tutela da infermità permanente;
9) chi ha
missione dal Governo fuori dello Stato o risiede per ragioni di pubblico
servizio fuori della circoscrizione del tribunale dove è costituita la tutela.
Note:
1 Numero abrogato dall'art. 161, L. 19 maggio 1975, n.
151.
Art. 353 - Domanda di dispensa
[1] La domanda
di dispensa per le cause indicate nell'articolo precedente deve essere
presentata al giudice tutelare prima della prestazione del giuramento salvo che
la causa di dispensa sia sopravvenuta.
[2] Il tutore è tenuto ad assumere e a mantenere l'ufficio
fino a quando la tutela non sia stata conferita ad altra persona [360].
Art. 354 - Tutela affidata a enti di assistenza
[1] La tutela
dei minori, che non hanno nel luogo del loro domicilio parenti conosciuti o
capaci di esercitare l'ufficio di tutore, può essere deferita dal giudice
tutelare a un ente di assistenza nel comune dove ha domicilio il minore [45 c.
2] o all'ospizio in cui questi è ricoverato [402]. L'amministrazione dell'ente
o dell'ospizio delega uno dei propri membri a esercitare le funzioni di tutela
[355 c. 2].
[2] È tuttavia in facoltà del giudice tutelare di nominare
un tutore al minore quando la natura o l'entità dei beni o altre circostanze lo
richiedono.
Art. 356 - Donazione o disposizione testamentaria a favore
del minore
[1] Chi fa una
donazione o dispone con testamento a favore di un minore, anche se questi è
soggetto alla potestà dei genitori [1] , può nominargli un curatore speciale
per l'amministrazione dei beni donati o lasciati.
[2] Se il
donante o il testatore non ha disposto altrimenti, il curatore speciale deve
osservare le forme stabilite dagli articoli 374 e 375 per il compimento di atti
eccedenti l'ordinaria amministrazione.
[3] Si applica
in ogni caso al curatore speciale l'articolo 384.
Note:
1 Espressione sostituita a "patria potestà"
dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.
15
Art. 357 - Funzioni del tutore
[1] Il tutore ha la cura della persona del minore [45 c.
2, 147, 371], lo rappresenta in tutti gli atti civili [320, 1387] e ne
amministra i beni [2048, 2941 n. 3].
Art. 358 - Doveri del minore
[1]
Il minore deve rispetto e obbedienza al tutore [315]. Egli non può abbandonare
la casa o l'istituto al quale è stato destinato, senza il permesso del tutore.
[2] Qualora se ne allontani senza permesso, il tutore ha
diritto di richiamarvelo, ricorrendo, se è necessario, al giudice tutelare.
Art. 361 - Provvedimenti urgenti
[1]
Prima che il tutore o il protutore abbia assunto le proprie funzioni, spetta al
giudice tutelare di dare, sia d'ufficio sia su richiesta del pubblico
ministero, di un parente [74] o di un affine [78] del minore, i provvedimenti
urgenti che possono occorrere per la cura del minore o per conservare e
amministrare il patrimonio. Il giudice può procedere, occorrendo, all'apposizione
dei sigilli, nonostante qualsiasi dispensa.
Art. 362 - Inventario
[1] Il tutore,
nei dieci giorni successivi a quello in cui ha avuto legalmente notizia della
sua nomina, deve procedere all'inventario dei beni del minore, nonostante
qualsiasi dispensa [disp. att. 46 c. 1].
[2] L'inventario deve essere compiuto nel termine di
trenta giorni, salva al giudice tutelare la facoltà di prorogare il termine se
le circostanze lo esigono
Art. 363 - Formazione dell'inventario
[1] L'inventario si fa col ministero del cancelliere del
tribunale o di un notaio a ciò delegato dal giudice tutelare, con l'intervento
del protutore e, se è possibile, anche del minore che abbia compiuto gli anni
sedici, e con l'assistenza di due testimoni scelti preferibilmente fra i
parenti o gli amici della famiglia [1] .
[2] Il giudice
può consentire che l'inventario sia fatto senza ministero di cancelliere o di
notaio, se il valore presumibile del patrimonio non eccede euro 7,75
(quindicimila lire).
[3]
L'inventario è depositato presso il tribunale [2] .
[4] Nel verbale
di deposito il tutore e il protutore ne dichiarano con giuramento la sincerità.
Note:
1 Comma
modificato dall'art. 141, comma 1, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere
dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella G.U. 20 marzo
1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188, ha
prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
2
Comma modificato dall'art. 141, comma 2, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a
decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua pubblicazione nella
G.U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1, comma 1, L. 16 giugno
1998, n. 188, ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
Art. 364 - Contenuto dell'inventario
[1] Nell'inventario si indicano gli immobili, i mobili, i
crediti e i debiti e si descrivono le carte, note e scritture relative allo
stato attivo e passivo del patrimonio, osservando le formalità stabilite nel
codice di procedura civile [c.p.c. 769 ss.].
Art. 365 - Inventario di aziende
[1] Se nel
patrimonio del minore esistono aziende commerciali [2195, 2555] o agricole
[2135], si procede con le forme usate nel commercio o nell'economia agraria
alla formazione dell'inventario dell'azienda [2214], con l'assistenza e
l'intervento delle persone indicate nell'articolo 363. Questi particolari
inventari sono pure depositati presso il tribunale e il loro riepilogo è
riportato nell'inventario generale [1] .
Note:
1 Comma modificato dall'art. 141, comma 2, D.Lgs. 19
febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua
pubblicazione nella G.U. 20 marzo 1998, n. 66.
Art. 366 - Beni amministrati da curatore speciale
16
[1]
Il tutore deve comprendere nell'inventario generale del patrimonio del minore
anche i beni, la cui amministrazione è stata deferita a un curatore speciale
[356]. Se questi ha formato un inventario particolare di tali beni, deve
rimetterne copia al tutore, il quale lo unirà all'inventario generale.
[2] Il curatore deve anche comunicare al tutore copia dei
conti periodici della sua amministrazione, salvo che il disponente lo abbia
esonerato.
Art. 367 - Dichiarazione di debiti o crediti del tutore
[1] Il tutore,
che ha debiti, crediti o altre ragioni verso il minore, deve esattamente
dichiararli prima della chiusura dell'inventario. Il cancelliere o il notaio
hanno l'obbligo di interpellarlo al riguardo.
[2] Nel caso
d'inventario senza opera di cancelliere o di notaio [363 c. 2], il tutore è
interpellato dal giudice tutelare all'atto del deposito.
[3] In ogni caso si fa menzione dell'interpellazione e
della dichiarazione del tutore nell'inventario o nel verbale di deposito [368].
Art. 368 - Omissione della dichiarazione
[1] Se il
tutore, conoscendo il suo credito o le sue ragioni, espressamente interpellato
non li ha dichiarati, decade da ogni suo diritto.
[2] Qualora, sapendo di essere debitore, non abbia
dichiarato fedelmente il proprio debito, può essere rimosso dalla tutela [384].
Art. 369 - Deposito di titoli e valori
[1]
Il tutore deve depositare il denaro, i titoli di credito al portatore [2003] e
gli oggetti preziosi esistenti nel patrimonio del minore presso un istituto di
credito [disp. att. 251] designato dal giudice tutelare, salvo che questi
disponga diversamente per la loro custodia.
[2] Non è tenuto a depositare le somme occorrenti per le
spese urgenti di mantenimento e di educazione del minore e per le spese di
amministrazione.
Art. 370 - Amministrazione prima dell'inventario
[1] Prima che sia compiuto l'inventario,
l'amministrazione del tutore deve limitarsi agli affari che non ammettono
dilazione
Art. 371 - Provvedimenti circa l'educazione e
l'amministrazione
[1] Compiuto l'inventario, il giudice tutelare, su
proposta del tutore e sentito il protutore, delibera:
1) sul luogo dove il minore deve essere allevato e sul suo avviamento
agli studi o all'esercizio di un'arte, mestiere o professione, sentito lo
stesso minore se ha compiuto gli anni dieci, e richiesto, quando è opportuno,
l'avviso dei parenti prossimi e del comitato di patronato dei minorenni;
2) sulla spesa annua occorrente per il mantenimento e la istruzione del
minore e per l'amministrazione del patrimonio, fissando i modi d'impiego del
reddito eccedente;
3) sulla convenienza di continuare ovvero alienare o liquidare le aziende
commerciali [2195, 2555], che si trovano nel patrimonio del minore, e sulle
relative modalità e cautele [2294] [1].
[2] Nel caso in cui il giudice stimi evidentemente utile per il minore la
continuazione dell'esercizio dell'impresa, il tutore deve domandare
l'autorizzazione del tribunale [disp. att. 38]. In pendenza della deliberazione
del tribunale il giudice tutelare può consentire l'esercizio provvisorio
dell'impresa [2198].
Note:
1 Per l'obbligazione cambiaria del genitore e del
tutore non autorizzati all'esercizio del commercio per conto del minore, vedi
l'art. 10, R.D. 14 dicembre 1933, n. 1669; per l'assunzione di obbligazione da
parte del genitore o del tutore non autorizzati all'esercizio del commercio per
conto del minore, vedi l'art. 13, R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736.
Art. 372 - Investimento di capitali
[1] I capitali del minore devono, previa autorizzazione del giudice
tutelare, essere dal tutore investiti:
1) in titoli dello Stato o garantiti dallo Stato;
2) nell'acquisto di beni immobili posti nello Stato;
3) in mutui garantiti da idonea ipoteca sopra beni posti nello Stato, o
in obbligazioni emesse da pubblici istituti autorizzati a esercitare il credito
fondiario;
17
4) in depositi fruttiferi presso le casse postali o
presso altre casse di risparmio o monti di credito su pegno. Il giudice,
sentito il tutore e il protutore, può autorizzare il deposito presso altri
istituti di credito [disp. att. 251], ovvero, per motivi particolari, un
investimento diverso da quelli sopra indicati [disp. att. 45].
Art. 373 - Titoli al portatore
[1] Se nel patrimonio del minore si trovano titoli al
portatore [2003], il tutore deve farli convertire in nominativi [1999, 2021],
salvo che il giudice tutelare disponga che siano depositati in cauta custodia
[disp. att. 45 c. 1].
Art. 374 - Autorizzazione del giudice tutelare
[1] Il tutore non può senza l'autorizzazione del giudice tutelare [377;
disp. att. 45 c. 1]:
1) acquistare beni, eccettuati i mobili necessari per l'uso del minore,
per l'economia domestica e per l'amministrazione del patrimonio;
2) riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo
svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese
necessarie per il mantenimento del minore e per l'ordinaria amministrazione del
suo patrimonio;
3) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti
a pesi o a condizioni [320 c. 4];
4) fare contratti di locazione d'immobili oltre il novennio o che in ogni
caso si prolunghino oltre un anno dopo il raggiungimento della maggiore età
[2];
5) promuovere giudizi, salvo che si tratti di
denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e
di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi
[471].
Art. 375 - Autorizzazione del tribunale
[1] Il tutore non può senza l'autorizzazione del tribunale [c.p.c. 732]:
1) alienare beni, eccettuati i frutti e i mobili soggetti a facile
deterioramento;
2) costituire pegni [2784] o ipoteche [2821];
3) procedere a divisioni [713 ss., 1111 ss.] o promuovere i relativi
giudizi [c.p.c. 784 ss.];
4) fare compromessi [c.p.c. 806] e transazioni [1965, 1966 c. 1] o
accettare concordati.
[2] L'autorizzazione è data su parere del giudice
tutelare
Art. 376 - Vendita di beni
[1] Nell'autorizzare la vendita di beni, il tribunale
determina se debba farsi all'incanto o a trattative private, fissandone in ogni
caso il prezzo minimo [c.p.c. 733].
[2] Quando nel dare l'autorizzazione il tribunale non
ha stabilito il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo, lo stabilisce il
giudice tutelare [disp. att. 45 c. 1].
Art. 377 - Atti compiuti senza l'osservanza delle
norme dei precedenti articoli
[1] Gli atti compiuti senza osservare le norme dei
precedenti articoli possono essere annullati su istanza del tutore o del minore
o dei suoi eredi o aventi causa [1425 ss.].
Art. 378 - Atti vietati al tutore e al protutore
[1] Il tutore e il protutore non possono, neppure all'asta pubblica,
rendersi acquirenti direttamente o per interposta persona dei beni e dei
diritti del minore [323, 779, 1261, 1471, 2233 c. 3].
[2] Non possono prendere in locazione i beni del minore senza
l'autorizzazione e le cautele fissate dal giudice tutelare.
[3] Gli atti compiuti in violazione di questi divieti possono essere
annullati su istanza delle persone indicate nell'articolo precedente, ad
eccezione del tutore e del protutore che li hanno compiuti [1441 ss.].
[4] Il tutore e il protutore non possono neppure
diventare cessionari di alcuna ragione o credito verso il minore [596, 1261].
Art. 379 - Gratuità della tutela
[1] L'ufficio tutelare è gratuito.
[2] Il giudice tutelare tuttavia, considerando
l'entità del patrimonio e le difficoltà dell'amministrazione, può assegnare al
tutore un'equa indennità. Può altresì, se particolari circostanze lo
richiedono, sentito il protutore, autorizzare il tutore a farsi coadiuvare
nell'amministrazione, sotto la sua personale responsabilità, da una o più
persone stipendiate.
Art. 380 - Contabilità dell'amministrazione
[1] Il tutore deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione
e renderne conto ogni anno al giudice tutelare [disp. att. 46 c. 1].
18
[2] Il giudice può sottoporre il conto annuale
all'esame del protutore e di qualche prossimo parente [74] o affine [78] del
minore
Art. 381 - Cauzione
[1] Il giudice tutelare, tenuto conto della particolare natura ed entità
del patrimonio, può imporre al tutore di prestare una cauzione, determinandone
l'ammontare e le modalità [disp. att. 131].
[2] Egli può anche liberare il tutore in tutto o in
parte dalla cauzione che avesse prestata.
Art. 382 - Responsabilità del tutore e del protutore
[1] Il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza
del buon padre di famiglia [1176]. Egli risponde verso il minore di ogni danno
a lui cagionato violando i propri doveri.
[2] Nella stessa responsabilità incorre il protutore
per ciò che riguarda i doveri del proprio ufficio.
Art. 383 - Esonero dall'ufficio
[1] Il giudice tutelare può sempre esonerare il
tutore dall'ufficio, qualora l'esercizio di esso sia al tutore soverchiamente
gravoso e vi sia altra persona atta a sostituirlo [disp. att. 129 c. 2].
Art. 384 - Rimozione e sospensione del tutore
[1] Il giudice tutelare può rimuovere dall'ufficio il tutore che si sia
reso colpevole di negligenza o abbia abusato dei suoi poteri, o si sia
dimostrato inetto nell'adempimento di essi, o sia divenuto immeritevole
dell'ufficio per atti anche estranei alla tutela, ovvero sia divenuto
insolvente.
[2] Il giudice non può rimuovere il tutore se non
dopo averlo sentito o citato; può tuttavia sospenderlo dall'esercizio della
tutela nei casi che non ammettono dilazione [356, 393; disp. att. 129 c. 2].
Art. 385 - Conto finale
[1] Il tutore che cessa dalle funzioni deve fare subito la
consegna dei beni e deve presentare nel termine di due mesi il conto finale
dell'amministrazione al giudice tutelare. Questi può concedere una proroga
[disp. att. 46 c. 1].
Art. 386 - Approvazione del conto
[1] Il giudice tutelare invita il protutore, il minore divenuto maggiore
[2] o emancipato [390 ss.], ovvero, secondo le circostanze, il nuovo
rappresentante legale a esaminare il conto e a presentare le loro osservazioni
[2] Se non vi sono osservazioni, il giudice che non trova nel conto
irregolarità o lacune lo approva; in caso contrario nega l'approvazione [disp.
att. 45 c. 1].
[3] Qualora il conto non sia stato presentato o sia
impugnata la decisione del giudice tutelare, provvede l'autorità giudiziaria
nel contraddittorio degli interessati [disp. att. 45 c. 3].
Art. 387 - Prescrizione delle azioni relative alla
tutela
[1] Le azioni del minore contro il tutore e quelle del
tutore contro il minore relative alla tutela si prescrivono in cinque anni dal
compimento della maggiore età [2] o dalla morte del minore. Se il tutore ha
cessato dall'ufficio e ha presentato il conto prima della maggiore età o della
morte del minore, il termine decorre dalla data del provvedimento col quale il
giudice tutelare pronunzia sul conto stesso [386, 2941 n. 3].
[2] Le disposizioni di quest'articolo non si
applicano all'azione per il pagamento del residuo che risulta dal conto definitivo.
Art. 388 - Divieto di convenzioni prima
dell'approvazione del conto
[1] Nessuna convenzione tra il tutore e il minore divenuto maggiore [2]
può aver luogo prima che sia decorso un anno dall'approvazione del conto della
tutela [295, 596, 779]. [1]
[2] La convenzione può essere annullata su istanza del minore o dei suoi
eredi o aventi causa [1441 ss.].
Note:
1 Comma modificato dall'art. 3, comma 2, L. 9 gennaio
2004, n. 6, a decorrere dal 19 marzo 2004.
Art. 389 - Registro delle tutele
[1] Nel registro delle tutele, istituito presso ogni giudice tutelare,
sono iscritti a cura del cancelliere l'apertura e la chiusura della tutela, la
nomina, l'esonero e la rimozione del tutore e del protutore, le risultanze
degli inventari e dei rendiconti e tutti i provvedimenti che portano
modificazione nello stato personale o patrimoniale del minore [disp. att. 48
ss.].
19
[2] Dell'apertura e della chiusura della tutela il
cancelliere dà comunicazione entro dieci giorni all'ufficiale dello stato
civile per l'annotazione in margine all'atto di nascita del minore.
Art. 390 - Emancipazione di diritto
Il minore è di diritto emancipato col matrimonio.
Art. 392 - Curatore dell'emancipato
Curatore del minore sposato con persona maggiore di
età è il coniuge.
Se entrambi i coniugi sono minori di età, il giudice tutelare può
nominare un unico curatore, scelto preferibilmente fra i genitori.
Se interviene l'annullamento per una causa diversa
dall'età, o lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio
o la separazione personale, il giudice tutelare nomina curatore uno dei
genitori, se idoneo all'ufficio, o in mancanza, altra persona. Nel caso in cui
il minore contrae successivamente matrimonio, il curatore lo assiste altresì
negli atti previsti nell'articolo 165.
Art. 394 - Capacità dell'emancipato
L'emancipazione conferisce al minore la capacità di compiere gli atti che
non eccedono l'ordinaria amministrazione.
Il minore emancipato può con l'assistenza del curatore riscuotere i
capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e può stare in giudizio sia
come attore sia come convenuto.
Per gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, oltre il
consenso del curatore, è necessaria l'autorizzazione del giudice tutelare. Per
gli atti indicati nell'articolo 375 l'autorizzazione, se curatore non è il
genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare.
Qualora nasca conflitto di interessi fra il minore e
il curatore, è nominato un curatore speciale a norma dell'ultimo comma
dell'articolo 320.
Art. 397 - Emancipato autorizzato all'esercizio di un’impresa commerciale
Il minore emancipato può esercitare un’impresa commerciale senza
l'assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo parere del
giudice tutelare e sentito il curatore.
L'autorizzazione può essere revocata dal tribunale su istanza del
curatore o d'ufficio, previo, in entrambi i casi, il parere del giudice
tutelare e sentito il minore emancipato.
Il minore emancipato, che è autorizzato all'esercizio
di un’impresa commerciale, può compiere da solo gli atti che eccedono
l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell’impresa.
Disposizioni di attuazione del codice civile
art. 38 disp. att. c.c.
Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti
contemplati dagli articoli 84, 90, 171, 194, secondo comma, 250, 252, 262, 264,
316, 317-bis, 330, 332,333, 334, 335 e 371, ultimo comma, nonché nel caso di
minori dall'articolo 269, primo comma, del codice civile.
Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti per i quali non è
espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria.
In ogni caso il tribunale provvede in camera di consiglio sentito il
pubblico ministero.
Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i
minorenni il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i
minorenni.
Codice di procedura civile
Art. 78 - Curatore speciale
[1] Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza [796 c. 2; c.c.
320, 343 ss.] o l'assistenza [c.c. 40, 334, 419, 424], e vi sono ragioni di
urgenza [77 c. 1], può essere nominato all'incapace, alla persona giuridica
[c.c. 11 ss.] o all'associazione non riconosciuta [c.c. 36 ss.] un curatore
speciale che lo rappresenti o assista finché subentri colui al quale spetta la
rappresentanza o l'assistenza [c.c. 36, 41].
[2] Si procede altresì alla nomina di un curatore
speciale al rappresentato, quando vi è conflitto d'interessi col rappresentante
[c.c. 320, 347, 360].
20
Art. 79 - Istanza di nomina del curatore speciale
[1] La nomina del curatore speciale di cui all'articolo
precedente può essere in ogni caso chiesta [80] dal pubblico ministero. Può
essere chiesta anche dalla persona che deve essere rappresentata o assistita,
sebbene incapace, nonché dai suoi prossimi congiunti [c.c. 77] e, in caso di
conflitto di interessi, dal rappresentante [c.c. 1387].
[2] Può essere inoltre chiesta da qualunque altra
parte in causa che vi abbia interesse [100].
Art. 80 - Provvedimento di nomina del curatore speciale
[1] L'istanza per la nomina del curatore speciale si propone al
conciliatore [1] , o al presidente dell'Ufficio giudiziario davanti al quale
s'intende proporre la causa [121, 125]. [2]
[2] Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite possibilmente
le persone interessate, provvede con decreto [135]. Questo è comunicato [136,
739] al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti
per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell'incapace,
della persona giuridica o dell'associazione non riconosciuta.
Note:
1 Espressione sostituita da quella di "giudice di pace"
dall'art. 39, L. 21 novembre 1991, n. 374 .
2 Comma modificato dall'art. 60, comma 1, D.Lgs. 19
febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal centoventesimo giorno successivo alla sua
pubblicazione nella G. U. 20 marzo 1998, n. 66. Successivamente, l'art. 1,
comma 1, L. 16 giugno 1998, n. 188 ha prorogato tale termine al 2 giugno 1999.
Art. 116 - Valutazione delle prove
[…]
Il giudice può desumere argomenti di prova dalle
risposte che le parti gli danno a norma dell'articolo seguente, dal loro
rifiuto ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinate e, in
generale, dal contegno delle parti stesse nel processo
Codice penale
Art. 22 - Ergastolo [1]
[1] La pena dell'ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli
stabilimenti a ciò destinati [2] , con l'obbligo del lavoro [3] e con l'isolamento
notturno [29, 32, 36; disp. att. 1, 2].
[2] Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al lavoro all'aperto
[4] .
[3] [5]
[4] [5]
Note:
1 La Corte costituzionale, consentenza del 28 aprile 1994, n. 168, ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in
cui non esclude l'applicazione della pena dell'ergastolo al minore imputabile.
2 Per l'individuazione dei relativi istituti penitenziari, vedi cfr. gli
artt. 59, n. 2 e61, L. 26 luglio 1975, n. 354 e l'art. 97, comma c. 6, D.P.R.
29 aprile 1976, n. 431. Successivamente il decreto n. 431/1976 è stato abrogato
dall'art. 136, D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230. Per il nuovo regolamento recante
norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della
libertà, vedi cfr. il D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.
3 Vedi Cfr. gli artt. 20, 20bis e 21, L. 26 luglio 1975, n. 354.
4 Comma sostituito dall'art. 1, L. 25 novembre 1962, n. 1634.
5 Comma abrogato dall'art. 1, L. 25 novembre 1962, n. 1634.
Art. 97 - Minore degli anni quattordici
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva
compiuto i quattordici anni
Art. 98 - Minore degli anni diciotto
È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto
i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intendere e
di volere; ma la pena è diminuita.
Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta
di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie . Se si tratta
di pena più grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici
uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla
legge, la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori
21
Art. 120 - Diritto di querela
[1] Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi
d'ufficio [disp. att. 11] o dietro richiesta [8-11, 127, 313; c.p.p. 342] o
istanza [9, 10, 130; c.p.p. 341] ha diritto di querela [c.p.p. 336-340].
[2] Per i minori degli anni quattordici [121] e per gli interdetti a
cagione d'infermità di mente [c.c. 414], il diritto di querela è esercitato dal
genitore o dal tutore [343, c.c. 424].
[3] I minori [c.c. 2] che hanno compiuto gli anni
quattordici e gli inabilitati [c.c. 415] possono esercitare il diritto di
querela [125], e possono altresì, in loro vece, esercitarlo il genitore ovvero
il tutore o il curatore [392, c.c. 424], nonostante ogni contraria
dichiarazione di volontà, espressa o tacita, del minore o dell'inabilitato [543,
597].
Art. 133 - Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena
[1] Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo
precedente [164, 169, 175, 203; c.p.p. 735], il giudice deve tener conto della
gravità del reato, desunta:
1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal
luogo e da ogni altra modalità dell'azione;
2) dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa
dal reato;
3) dalla intensità del dolo o dal grado della colpa
[2] Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del
colpevole [103-105, 108], desunta:
1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e
dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4) dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.
Art. 169 - Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto
[1] Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto, [la legge
stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel
massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a euro
1.549 (lire tre milioni), anche se congiunta a detta pena] [1] , il giudice può
astenersi dal pronunciare il rinvio a giudizio, quando, avuto riguardo alle
circostanze indicate nell'articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal
commettere ulteriori reati.
[2] Quando si proceda al giudizio il giudice può, nella sentenza, per gli
stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna.
[3] Le disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal
numero 1 del primo capoverso dell'articolo 164.
[4] Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta
[disp. att. c.p.p. 237] [2] .
Note:
1 Vedi Cfr. l'art. 19, R.D.L. 20 luglio 1934, n. 1404. Per
l'aggiornamento della pena pecuniaria, vedi cfr. l'art. 113, comma c. 1, L. 24
novembre 1981, n. 689.
2 La Corte costituzionale:- con sentenza 5 luglio 1973, n. 108 ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. "nella
parte in cui non consente che possa estendersi il perdono giudiziale ad altri
reati che si legano col vincolo della continuazione a quelli per i quali è stato
concesso il beneficio"
- con sentenza 7 luglio 1976, n. 154 ha dichiarato l'illegittimità
costituzionale del presente comma c. "nella parte in cui esclude che possa
concedersi un nuovo perdono giudiziale in caso di reato commesso anteriormente
alla prima sentenza di perdono e di pena che, cumulata con quella precedente,
non superi i limiti per l'applicazione del beneficio
Art. 570 - Violazione degli obblighi di assistenza
familiare [1]
[1] Chiunque, abbandonando il domicilio domestico [c.c. 45, 143, 146], o
comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle
famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei
genitori [2] [c.c. 147, 316] [, alla tutela legale] [3] o alla qualità di
coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103
(lire duecentomila) a euro 1.032 (due milioni) [4] .
[2] Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [c.c. 2] o del pupillo o
del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero
inabili al lavoro, agli ascendenti [c.c. 75; 540] o al coniuge, il quale non
sia legalmente separato per sua colpa [5] [c.c. 150, 151].
22
[3] Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120-126; c.p.p.
336] salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei
confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma [6] .
[4] Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è
preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.
Note:
1 Vedi gli artt. 3, comma 1, n. 1, lett. d), e12sexies, L. 1° dicembre
1970, n. 898.
2 Il testo originario del presente comma parlava di "patria
potestà". Questa espressione è stata sostituita dalla dizione
"potestà dei genitori" dall'art. 146, L. 24 novembre 1981, n. 689.
3 L'istituto della "tutela legale" è stato soppresso con
l'abrogazione dell'ultimo comma dell'art. 348 c.c. ad opera dell'art. 1, R.D.L.
20 gennaio 1944, n. 25..
4 Importo elevato dall'art. 113, L. 24 novembre 1981, n.689.
5 La L. 19 maggio 1975, n. 151, recante "Riforma del diritto di
famiglia", non contiene più alcun riferimento alla separazione per colpa.
6 Comma inserito dall'art. 90, L . 24 novembre 1981,
n. 689.
Codice di procedura penale
Art. 64 - Regole generali per l'interrogatorio [1]
1. La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia
cautelare o se detenuta per altra causa [disp. att. 22 ], interviene libera
all'interrogatorio, salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di
fuga o di violenze.
2. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona
interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di
autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti
[188].
3. Prima che abbia inizio l'interrogatorio, la persona deve essere
avvertita che:
a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi
confronti;
b) salvo quanto disposto dall'articolo 66, comma 1, ha facoltà di non
rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso;
c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di
altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone, salve le
incompatibilità previste dall'articolo 197 e le garanzie di cui all'articolo
197-bis. [2]
3-bis. L'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e
b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In
mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni
eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la
responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona
interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di
testimone. [3]
Note:
1 Articolo espressamente richiamato dagli artt. 294, 302, 350, 314, comma
c. 2, 388, 391, comma c. 3, 421, comma c. 2, 422, comma c. 3 di questo codice.
Per l'uso della lingua tedesca e ladina nei procedimenti giudiziari, vedi cfr.
gli artt. 16, 17, comma c. 4, 18, commi c. 1, lett. a) e 2, D.P.R. 15 luglio
1988, n. 574. Vedi Cfr. inoltre l'art. 14, comma c. 3, lett. g), Patto
internazionale sui diritti civili e politici, reso esecutivo con L. 25 ottobre
1977, n. 881.
2 Comma sostituito dall'art. 2, comma c. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per
le modalità di applicazione delle presenti disposizioni ai processi penali in
corso alla data di entrata in vigore della L. 1° marzo 2001, n. 63, vedi cfr.
l'art. 26 della medesima L. 63/2001.
3 Comma inserito dall'art. 2, comma c. 1, L. 1° marzo 2001, n. 63. Per le
modalità di applicazione delle presenti disposizioni ai processi penali in
corso alla data di entrata in vigore della L. 1° marzo 2001, n. 63, vedi cfr.
l'art. 26 della medesima L. 63/2001.
Art. 65 - Interrogatorio nel merito [1]
1. L'autorità giudiziaria contesta alla persona sottoposta alle indagini
in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito, le rende noti gli
elementi di prova esistenti contro di lei e, se non può derivarne pregiudizio
per le indagini, gliene comunica le fonti.
2. Invita, quindi, la persona ad esporre quanto ritiene utile per la sua
difesa e le pone direttamente domande.
3. Se la persona rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale.
Nel verbale è fatta anche menzione, quando occorre, dei connotati fisici e di
eventuali segni particolari della persona.
Note:
23
1 Articolo espressamente richiamato dagli artt. 294, 374, 421, comma c.
2, 422, comma c. 3 del presente codice.
Art. 90 - Diritti e facoltà della persona offesa dal reato [120 s. cp.]
1. La persona offesa dal reato, oltre ad esercitare i diritti e le
facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge [101, 336, 341, 360,
367, 369, 394, 401, 406, 413, 428, 561, 564, 572], in ogni stato e grado del
procedimento può presentare memorie [1] e, con esclusione del giudizio di
cassazione, indicare elementi di prova.
2. La persona offesa minore, interdetta per infermità di mente o
inabilitata [c.c. 415] esercita le facoltà e i diritti a essa attribuiti a
mezzo dei soggetti indicati negli articoli 120 e 121 del codice penale.
3. Qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le
facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti
di essa [c.p. 307].
Art. 97 - Difensore di ufficio
1. L'imputato che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto
privo è assistito da un difensore di ufficio [disp. att. 17, 18, 27, 28, 31 ]
[1] .
2. I consigli dell'ordine forense di ciascun distretto di corte
d'appello, mediante un apposito ufficio centralizzato, al fine di garantire
l'effettività della difesa d'ufficio, predispongono gli elenchi dei difensori
che a richiesta dell'autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria sono
indicati ai fini della nomina. I consigli dell'ordine fissano i criteri per la
nomina dei difensori sulla base delle competenze specifiche, della prossimità
alla sede del procedimento e della reperibilità. [2]
3. Il giudice, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, se devono
compiere un atto per il quale è prevista l'assistenza del difensore e la
persona sottoposta alle indagini o l'imputato ne sono privi, danno avviso
dell'atto al difensore il cui nominativo è comunicato dall'ufficio di cui al
comma 2. [3]
4. Quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di
ufficio nominato a norma dei commi 2 e 3 non è stato reperito, non è comparso o
ha abbandonato la difesa, il giudice designa come sostituto un altro difensore
immediatamente reperibile per il quale si applicano le disposizioni di cui
all'articolo 102. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, nelle
medesime circostanze, richiedono un altro nominativo all'ufficio di cui al
comma 2, salva, nei casi di urgenza, la designazione di un altro difensore
immediatamente reperibile, previa adozione di un provvedimento motivato che
indichi le ragioni dell'urgenza. Nel corso del giudizio può essere nominato
sostituto solo un difensore iscritto nell'elenco di cui al comma 2. [4]
5. Il difensore di ufficio ha l'obbligo di prestare il patrocinio e può
essere sostituito solo per giustificato motivo [disp. att. 30].
6. Il difensore di ufficio cessa dalle sue funzioni se viene nominato un
difensore di fiducia.
Note:
1 Per la procedura in caso di nomina di un difensore di ufficio, vedi
cfr. l'art. 8, L. 30 luglio 1990, n. 217.
2 Comma sostituito dall'art. 1, comma c. 1, L. 6 marzo 2001, n. 60.
3 Comma sostituito dall'art. 2, L. 6 marzo 2001, n. 60.
4 Comma sostituito dall'art. 3, L. 6 marzo 2001, n. 60.
Art. 408 - Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di
reato
1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico
ministero, se la notizia di reato [330] è infondata, presenta al giudice
richiesta di archiviazione [411; disp. att. 125]. Con la richiesta è trasmesso
il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle
indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le
indagini preliminari.
2. L'avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero,
alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua
presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale
archiviazione [154; disp. att. 126].
3. Nell'avviso è precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona
offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta
motivata di prosecuzione delle indagini preliminari [410]
Art. 411 - Altri casi di archiviazione
1. Le disposizioni degli articoli 408, 409 e 410 si applicano anche
quando risulta che manca una condizione di procedibilità [345], che il reato è
estinto [c.p. 150 s.] o che il fatto non è previsto dalla legge come reato
[disp. att. 232]
24
Art. 415-bis - Avviso all'indagato della conclusione delle indagini
preliminari [1]
1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo
405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta
di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona
sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini
preliminari.
2. L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si
procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo
del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini
espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che
l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne
copia.
3. L'avviso contiene altresì l'avvertimento che l'indagato ha facoltà,
entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti,
depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al
pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per
rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad
interrogatorio. Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il
pubblico ministero deve procedervi.
4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell'indagato,
dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla
presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per
le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola
volta e per non più di sessanta giorni.
5. Le dichiarazioni rilasciate dall'indagato, l'interrogatorio del
medesimo ed i nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi
3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4,
ancorché sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice
per l'esercizio dell'azione penale o per la richiesta di archiviazione.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 17, comma c. 2, L. 16 dicembre 1999, n.
479.
Art. 419 - Atti introduttivi
1. Il giudice fa notificare all'imputato e alla persona offesa [90, 91],
della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno,
dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio
formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che non
comparendo sarà giudicato in contumacia. [409, 417] [1] [2] .
2. L'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al
difensore dell'imputato con l'avvertimento della facoltà di prendere visione
degli atti e delle cose trasmessi a norma dell'articolo 416 comma 2 e di
presentare memorie e produrre documenti.
3. L'avviso contiene inoltre l'invito a trasmettere la documentazione
relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a
giudizio [407; disp. att. 131]. [3]
4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima
della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del
responsabile civile [83] e della persona civilmente obbligata per la pena
pecuniaria [89].
5. L'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il
giudizio immediato [453, 458] con dichiarazione presentata in cancelleria,
personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della
data dell'udienza. L'atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla
persona offesa dal reato a cura dell'imputato.
6. Nel caso previsto dal comma 5, il giudice emette decreto di giudizio
immediato [455].
7. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità [177
s.].
Note:
1 Comma modificato dall'art. 2-quinquies, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000,
n. 82, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma c. 1, L. 5 giugno
2000, n. 144.
2 Per le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni,
vedi cfr. gli artt. 7 e 31, comma c. 3, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.
3 Comma modificato dall'art. 13, comma c. 1, L. 7 dicembre 2000, n. 397.
Art. 420 - Costituzione delle parti [1]
1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione
necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato [2] .
2. Il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle
parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle
comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità.
25
3. Se il difensore dell'imputato non è presente, il giudice provvede a
norma dell'articolo 97 comma 4.
4. l verbale dell'udienza preliminare è redatto di regola in forma
riassuntiva a norma dell'articolo 140, comma 2; il giudice, su richiesta di
parte, dispone la riproduzione fonografica o audiovisiva ovvero la redazione
del verbale con la stenotipia
Art. 420-bis - Rinnovazione dell'avviso [1]
1. Il giudice dispone, anche di ufficio, che sia rinnovato l'avviso
dell'udienza preliminare a norma dell'articolo 419, comma 1, quando è provato o
appare probabile che l'imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, sempre
che il fatto non sia dovuto a sua colpa e fuori dei casi di notificazione
mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159, 161, comma 4, e 169.
2. La probabilità che l'imputato non abbia avuto conoscenza dell'avviso è
liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di
discussione successiva né motivo di impugnazione.
Art. 420-ter - Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore [1]
1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e
risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso
fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con
ordinanza, anche d'ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia
rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419, comma 1.
2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando
appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta
impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità
è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione
successiva né motivo di impugnazione.
3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive
udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche
d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza l data della nuova udienza e ne
dispone la notificazione all'imputato.
4. In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza
sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono
considerarsi presenti.
5. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del
difensore, quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta
impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente
comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è assistito da due
difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore
impedito ha designato un sostituto o quando l'imputato chiede che si proceda in
assenza del difensore impedito.
Art. 420-quater - Contumacia dell'imputato
1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non
ricorrono le condizioni indicate negli articoli 420, comma 2, 420-bis e
420-ter, commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia.
2. L'imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato dal
suo difensore.
3. Se l'imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di
cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza che ha
dichiarato la contumacia. In tal caso l'imputato può rendere dichiarazioni
spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.
4. L'ordinanza dichiarativa di contumacia è nulla se al momento della
pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata
conoscenza dell'avviso a norma dell'articolo 420-bis ovvero ad assoluta
impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo
impedimento.
5. Se la prova dell'assenza indicata nel comma 4 perviene dopo la
pronuncia dell'ordinanza prevista dal comma 1, ma prima dei provvedimenti cui
al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se
l'imputato non è comparso, rinvia anche d'ufficio l'udienza. Restano comunque
validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra
che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone
l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini dei
provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424.
6. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le
disposizioni dell'articolo 18, comma 1, lettere c) e d).
7. L'ordinanza dichiarativa della contumacia è allegata al decreto che
dispone il giudizio. Nel decreto è in ogni caso indicato se l'imputato è
contumace o assente.
Art. 420-quinquies - Assenza e allontanamento volontario dell'imputato
[1]
26
1. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano
quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza
preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi.
L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.
2. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di
udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore.
Art. 421 - Discussione
1. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti
[420], il giudice dichiara aperta la discussione [1]
2. Il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini
preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio.
L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto
all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64
e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso
nelle forme previste dagli articoli 498 e 499. Prendono poi la parola,
nell'ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della
persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che
espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare
una sola volta
3. Il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le
rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a
norma dell'articolo 416 comma 2 nonché gli atti e i documenti ammessi dal
giudice prima dell'inizio della discussione.
4. Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti,
dichiara chiusa la discussione [419].
Note:
1 Per le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni,
vedi cfr. l'art. 31, commi c. 2 e 5, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.
Art. 421-bis - Ordinanza per l'integrazione delle indagini
1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, il giudice,
se le indagini preliminari sono incomplete, indica le ulteriori indagini,
fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza
preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale
presso la corte d'appello.
2. Il procuratore generale presso la corte d'appello può disporre con
decreto motivato l'avocazione delle indagini a seguito della comunicazione
prevista dal comma 1. Si applica, in quanto compatibile, la disposizione
dell'articolo 412, comma 1.
Art. 422 - Attività di integrazione probatoria del giudice
1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, ovvero a
norma dell'articolo 421-bis, il giudice può disporre, anche d'ufficio,
l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini
della sentenza di non luogo a procedere.
2. Il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all'assunzione
delle prove, fissa la data della nuova udienza e dispone la citazione dei
testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate
nell'articolo 210 di cui siano stati ammessi l'audizione o l'interrogatorio.
3. L'audizione e l'interrogatorio delle persone indicate nel comma 2 sono
condotti dal giudice. Il pubblico ministero e i difensori possono porre
domande, a mezzo del giudice, nell'ordine previsto dall'articolo 421, comma 2.
Successivamente, il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le
rispettive conclusioni.
4. In ogni caso l'imputato può chiedere di essere sottoposto
all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64
e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso
nelle forme previste dagli articoli 498 e 499.
Art. 423 - Modificazione dell'imputazione
1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come è descritto
nell'imputazione [417] ovvero emerge un reato connesso a norma dell'articolo 12
comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero
modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente. Se l'imputato non è
presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che
rappresenta l'imputato ai fini della contestazione [516, 517].
2. Se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella
richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il
giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta
e vi è il consenso dell'imputato [518].
Art. 424 - Provvedimenti del giudice [1]
27
1. Subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione [421, 422],
il giudice procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a
procedere [425] o decreto che dispone il giudizio [429] [2] .
2. Il giudice dà immediata lettura del provvedimento. La lettura equivale
a notificazione per le parti presenti.
3. Il provvedimento è immediatamente depositato in cancelleria. Le parti
hanno diritto di ottenerne copia.
4. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei
motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre
il trentesimo giorno da quello della pronuncia [544].
Note:
1 Vedi Cfr. l'art. 226, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
2 Per le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni,
vedi cfr. gli artt. 32 e 32 bis, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448.
Art. 425 - Sentenza di non luogo a procedere [1] [2]
1. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione
penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non
è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non
sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce
reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice
pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel
dispositivo.
2. Ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice
tiene conto delle circostanze attenuanti. Si applicano le disposizioni
dell'articolo 69 del codice penale.
3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando
gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non
idonei a sostenere l'accusa in giudizio.
4. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se
ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una
misura di sicurezza diversa dalla confisca. [3]
5. Si applicano le disposizioni dell'articolo 537.
Note:
1 Articolo modificato dall'art. 1, L. 8 aprile 1993, n. 105 e,
successivamente, sostituito dall'art. 23, comma c. 1, L. 16 dicembre 1999, n.
479.
2 Vedi Cfr. l'art. 226, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
3 Comma modificato dall'art. 2-sexies, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000, n.
82, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma c. 1, L. 5 giugno 2000,
n. 144.
Art. 438 - Presupposti del giudizio abbreviato [1] [2]
1. L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza
preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del
presente articolo e all'articolo 441, comma 5.
2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che
non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.
3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di
procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste
dall'articolo 583, comma 3.
4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone
il giudizio abbreviato.
5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli
atti indicati nell'articolo 442, comma 1-bis, può subordinare la richiesta ad
una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice
dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulta
necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia
processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed
utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di
prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'articolo 423.
6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere
riproposta fino al termine previsto dal comma 2. [3]
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 27, comma c. 1, L. 16 dicembre 1999, n.
479.
2 A norma dell'art. 4–ter, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000, n. 82,
convertito, con modificazioni, dalla L. 5 giugno 2000, n. 144, le disposizioni
sul giudizio abbreviato si applicano anche ai processi nei quali, ancorché sia
scaduto il termine per la proposizione della richiesta di giudizio abbreviato,
non sia ancora iniziata l'istruzione dibattimentale alla data di entrata in
vigore della L. n. 144/2000.Per l'immediata definizione di taluni processi
concernenti reati puniti con la pena dell'ergastolo in corso alla data di
entrata in vigore della L. 5 giugno 2000, n. 144, vedi cfr. l'art. 4–ter, commi
c. 2 e seguenti, D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito, con modificazioni,
dalla L. 5 giugno 2000, n. 144.
282. In caso di condanna [533], la pena che il giudice determina tenendo
conto di tutte le circostanze è diminuita di un terzo. Alla pena dell'ergastolo
[3] è sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena
dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato
continuato, è sostituita quella dell'ergastolo. [4] .
3 La Corte Costituzionale con sentenza del 23 maggio 2003 n. 169 ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma c. nella parte in
cui non prevede che, in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato
subordinata ad una integrazione probatoria, l'imputato possa rinnovare la
richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado
e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.
Art. 441 - Svolgimento del giudizio abbreviato [1]
1. Nel giudizio abbreviato si osservano, in quanto applicabili, le
disposizioni previste per l'udienza preliminare, fatta eccezione per quelle di
cui agli articoli 422 e 423.
2. La costituzione di parte civile, intervenuta dopo la conoscenza
dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, equivale ad accettazione del
rito abbreviato.
3. Il giudizio abbreviato si svolge in camera di consiglio; il giudice
dispone che il giudizio si svolga in pubblica udienza quando ne fanno richiesta
tutti gli imputati.
4. Se la parte civile non accetta il rito abbreviato non si applica la
disposizione di cui all'articolo 75, comma 3.
5. Quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti
assume, anche d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione. Resta
salva in tale caso l'applicabilità dell'articolo 423.
6. All'assunzione delle prove di cui al comma 5 del presente articolo e
all'articolo 438, comma 5, si procede nelle forme previste dall'articolo 422,
commi 2, 3 e 4
Note:
1 Articolo sostituito dall'art. 29, comma c. 1, L. 16 dicembre 1999, n.
479.
Art. 441-bis - Provvedimenti del giudice a seguito di nuove contestazioni
sul giudizio abbreviato [1]
1. Se, nei casi disciplinati dagli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5,
il pubblico ministero procede alle contestazioni previste dall'articolo 423,
comma 1, l'imputato può chiedere che il procedimento prosegua nelle forme
ordinarie.
2. La volontà dell'imputato è espressa nelle forme previste dall'articolo
438, comma 3.
3. Il giudice, su istanza dell'imputato o del difensore, assegna un
termine non superiore a dieci giorni, per la formulazione della richiesta di
cui ai commi 1 e 2 ovvero per l'integrazione della difesa, e sospende il
giudizio per il tempo corrispondente.
4. Se l'imputato chiede che il procedimento prosegua nelle forme
ordinarie, il giudice revoca l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio
abbreviato e fissa l'udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Gli
atti compiuti ai sensi degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, hanno la
stessa efficacia degli atti compiuti ai sensi dell'articolo 422. La richiesta
di giudizio abbreviato non può essere riproposta. Si applicano le disposizioni
dell'articolo 303, comma 2. [2]
5. Se il procedimento prosegue nelle forme del giudizio abbreviato,
l'imputato può chiedere l'ammissione di nuove prove, in relazione alle
contestazioni ai sensi dell'articolo 423, anche oltre i limiti previsti
dall'articolo 438, comma 5, ed il pubblico ministero può chiedere l'ammissione
di prova contraria.
Note:
1 Articolo inserito dall'art. 2-octies, comma c. 1, D.L. 7 aprile 2000,
n. 82, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma c. 1, L. 5 giugno
2000, n. 144.
2 Comma modificato dall'art. 7-bis, comma c. 1, D.L. 24 novembre 2000, n.
341, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4.
Art. 442 - Decisione [1]
1. Terminata la discussione [421], il giudice provvede a norma degli
articoli 529 e seguenti.
1-bis. Ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti
nel fascicolo di cui all'articolo 416, comma 2, la documentazione di cui
all'articolo 419, comma 3, e le prove assunte nell'udienza; [2]
3. La sentenza è notificata all'imputato che non sia comparso [disp. att.
134].
4. Si applica la disposizione dell'articolo 426 comma 2.
Note:
1 La Corte costituzionale, con sentenza 15 febbraio 1991, n. 81 ha
dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt.
438, 439, 440, 442 del presente codice "nella parte in cui non prevede che
il
29
pubblico ministero, in caso di dissenso, sia tenuto ad enunciarne le
ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento
concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa
applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'articolo 442, c. 2
c.p.p.". Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 31 gennaio
1992, n. 23 ha dichiarato incostituzionale il combinato disposto di tali
articoli "nella parte in cui non prevede che il giudice, all'esito del
dibattimento, ritenendo che il processo poteva essere definito allo stato degli
atti dal giudice per le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di
pena prevista dall'articolo 442, c. 2 dello stesso codice".
2 Comma inserito dall'art. 30, comma c. 1, lett. a), L. 16 dicembre 1999,
n. 479.
3 A norma dell'art. 7, comma c. 1, D.L. 24 novembre 2000, n. 341,
convertito, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4, l'espressione
"pena dell'ergastolo" di cui al presente periodo deve intendersi
riferita all'ergastolo senza isolamento diurno.
4 Comma modificato dall'art. 30, comma c. 1, lett. b), L. 16 dicembre
1999, n. 479. Precedentemente la Corte costituzionale, con sentenza 23 aprile
1991, n. 176 aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del penultimo
periodo del presente comma c. nella medesima formulazione. Successivamente il
presente comma c. è stato modificato dall'art. 7, comma c. 2, D.L. 24 novembre
2000, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 gennaio 2001, n. 4.
Art. 443 - Limiti all'appello
1. L'imputato e il pubblico ministero non possono proporre appello contro
le sentenze di proscioglimento, quando l'appello tende ad ottenerre una diversa
formula. [1] [2]
2. [3] .
3. Il pubblico ministero non può proporre appello contro le sentenze di
condanna, salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo del reato
[521].
4. Il giudizio di appello si svolge con le forme previste dall'articolo
599.
Note:
1 Comma sostituito dall'art. 31, comma c. 1, lett. a), L. 16 dicembre
1999, n. 479.
2 Vedi Cfr. gli artt. 53 segg., L. 24 novembre 1981, n. 689.
3 Comma abrogato dall'art. 31, comma c. 1, lett. b), L. 16 dicembre 1999,
n. 479.
Art. 449 - Casi e modi del giudizio direttissimo
1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato [380
s.], il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere, può presentare
direttamente l'imputato in stato di arresto davanti al giudice del
dibattimento, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore
dall'arresto [disp. att. 138; disp. att. 233]. Si applicano al giudizio di
convalida le disposizioni dell'articolo 391, in quanto compatibili.
2. Se l'arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al
pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando
l'imputato e il pubblico ministero vi consentono.
3. Se l'arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio.
4. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo
quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato. In tal caso l'imputato è
presentato all'udienza non oltre il quindicesimo giorno dall'arresto.
5. Il pubblico ministero può, inoltre, procedere al giudizio direttissimo
nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio [294, 302, 364,
374, 388, 391] ha reso confessione. L'imputato libero è citato a comparire
[450] a una udienza non successiva al quindicesimo giorno dalla iscrizione nel
registro delle notizie di reato [335]. L'imputato in stato di custodia
cautelare [284 ss.] per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza
entro il medesimo termine.
6. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulta
connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la
scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei
confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le
indagini [18, 19]. Se la riunione [17] risulta indispensabile, prevale in ogni
caso il rito ordinario [1] .
Note:
1 Per le condizioni di applicabilità del giudizio direttissimo nei
procedimenti davanti al tribunale per i minorenni, vedi cfr. l'art. 25 , D.P.R.
22 settembre 1988, n. 448; per ulteriori casi in cui si applica il giudizio
direttissimo vedi cfr. l'art. 12 bis, D.L. 8 giugno 1992, n. 306 e l'art. 6,
comma c. 5, D.L. 26 aprile 1993, n. 122.