Il perdono giudiziale.
L’istituto del perdono giudiziale è previsto e disciplinato dall’art. 169 c.p.
quale istituto applicabile ai soli imputati minorenni.
Viene concesso quando il Giudice per l’Udienza preliminare ovvero il Tribunale
per i minorenni in dibattimento ritengono che l’imputato si asterrà dal
commettere nuovi reati a condizione che il minore abbia commesso un reato per
il quale la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non
superiore nel massimo a due anni ovvero una pena pecuniaria sola o congiunta a
pena detentiva non superiore nel massimo a € 5,16.
In questi casi, il giudice può scegliere di astenersi dal pronunciare nel
merito relativamente alla fattispecie criminosa concreta portata alla sua
valutazione e, quindi, dal pronunciare condanna, quando, avuto riguardo alle
circostanze di cui all’art. 133 c.p., presume, con giudizio prognostico ex ante
positivo sulla condotta del minore, che il colpevole, come anticipato, si
asterrà dal commettere ulteriori reati.
Il perdono non può essere concesso al minore che sia stato già condannato per
delitto, anche se è intervenuta riabilitazione, se egli è stato dichiarato
contravventore o delinquente abituale o professionale o delinquente per
tendenza e, in linea di massima, non potrebbe essere concesso per più di una
volta.
Su questo punto è intervenuta, però, nel 1976 la Corte costituzionale che, con
la sentenza n. 154, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 169 c.p. nella
parte in cui esclude che possa concedersi di nuovo il perdono giudiziale nel
caso di reato commesso anteriormente alla prima sentenza di perdono e di pena
che, cumulata con quella precedente, non ecceda i limiti previsti per
l’applicabilità del beneficio.