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Codice Civile
c.c. art. 2103. Mansioni del lavoratore.
2103. Mansioni del lavoratore.
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato
assunto [disp. att. c.c. 96] o a quelle corrispondenti alla categoria superiore
che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime
effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di
assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento
corrispondente all'attività svolta, e l'assegnazione stessa diviene definitiva,
ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore assente con
diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti
collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito
da una unità produttiva ad una altra se non per comprovate ragioni tecniche,
organizzative e produttive (1).
Ogni patto contrario è nullo (2).
(1) L'art. 6, L. 13 maggio 1985, n. 190, recante il riconoscimento giuridico dei
quadri intermedi, così dispone: «In deroga a quanto previsto dal primo comma
dell'articolo 2103 del codice civile, come modificato dall'art. 13, L. 20 maggio
1970, n. 300, l'assegnazione del lavoratore alle mansioni superiori di cui
all'art. 2 della presente legge ovvero a mansioni dirigenziali, che non sia
avvenuta in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione
del posto, diviene definitiva quando si sia protratta per il periodo di tre mesi
o per quello superiore fissato dai contratti collettivi».
(2) La Corte costituzionale, con sentenza 22 febbraio-9 marzo 1989, n. 103
(Gazz. Uff. 15 marzo 1989, n. 11 - Prima serie speciale), ha dichiarato non
fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità del
presente articolo, in riferimento all'art. 41 Cost.