Diritto alla sede più vicina ex art.33 L. 5/02/1992
n.104
L'art. 33 comma 5 della L. n. 104 del 1992 prevede che il genitore o il
familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista
con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato ha diritto
a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e
non può essere trasferito, senza il suo consenso ad altra sede.
Presupposti per l’applicazione della norma.
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La situazione di handicap: deve essere accertata dalle commissioni mediche di
cui all'articolo 4 della legge n. 104 del 1992, salva poi la possibilità di
contestarne le determinazioni nelle sedi competenti. Non è consentita la
produzione di documentazione medica di altra provenienza. (Nella specie,
anteriore alla riforma dell'art. 33, comma quinto, della legge n. 104 del 1992,
da parte dell'art. 19 della legge n. 53 del 2000, la sentenza d'appello aveva
accolto la domanda del lavoratore, il quale aveva eccepito l'illegittimità del
suo trasferimento ad altra sede, accertando a mezzo di C.T.U. che il padre del
medesimo era affetto da un handicap, che necessitava di assistenza continua,
ritenendo inapplicabile l'art. 4 della legge n. 104 del 1992; la S.C.,
nell'enunciare il suindicato principio di diritto, ha cassato la sentenza
impugnata, decidendo nel merito la controversia, con il rigetto della domanda).
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L’assistenza continuativa: il beneficio puo’ essere concesso solo ove il
dipendente presti assistenza continuativa al familiare. In proposito, la L.n.
54/2000 ha modificato l’art.33 della L.104/92 espungendo dai presupposti
indispensabili per fruire del beneficio quello della convivenza e sostituendo
quindi la parola “ convivente” con l’espressione “assistenza continuativa”. Per
“assistenza continuativa” deve intendersi che il familiare, anche se non
convivente, comunque abiti in un luogo che gli consenta di prestare alla
persona invalida quella assistenza continuativa della quale necessità per
attendere alla esigenze della vita quotidiana. Non è sufficiente dunque a
configurare il presupposto una mera assistenza morale. Occorre inoltre che vi
sia una preesistente situazione di assistenza continuativa rispetto al momento
della proposizione della domanda. Ne consegue che il beneficio non può essere
riconosciuto a coloro che non versino già nella condizione richiesta dalla
legge ma aspirino al trasferimento al fine di poter assistere in modo
continuativo il familiare.
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Il trasferimento deve essere possibile: in proposito, si ritiene in
giurisprudenza che il controllo giudiziale sulla legittimità del trasferimento
del lavoratore abbia ad oggetto l'accertamento della effettiva sussistenza
delle comprovate ragioni tecniche e organizzative presupposte. Il datore di
lavoro deve effettuare un bilanciamento di interessi e in applicazione dei
principi generali di correttezza e buona fede, qualora possa far fronte alle
istanze del lavoratore avvalendosi di differenti soluzioni organizzative, per
lui paritarie, è tenuto a preferire quella meno gravosa per il dipendente,
soprattutto nel caso in cui questi deduca e dimostri la sussistenza di seri e
comprovati motivi familiari(Cass. civ. Sez. lavoro, 28-07-2003, n. 11597 )
La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che il beneficio previsto
dall’art.33, coma 5, della L.104/92 può essere riconosciuto non soltanto al
momento dell’assunzione e dell’assegnazione alla prima sede lavorativa, ma in
qualsiasi momento successivo in cui l’handicap dovesse manifestarsi.