Consiglio di Stato
Commissione Speciale Pubblico Impiego
Adunanza del 4 maggio 2005
N° 173/2004 - Sezione II
Oggetto:
Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Quesiti in ordine alla onnicomprensività della
retribuzione dei dirigenti pubblici. Art. 24 del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165.
La Commissione Speciale,
Vista la nota prot. n. 77, in
data 8 gennaio 2004, e la successiva relazione prot. n. 1164, in data 7 aprile
2005, con la quale il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Direzione
generale degli affari generali, risorse umane e attività ispettiva) ha chiesto il
parere del Consiglio di Stato in ordine all’argomento indicato in oggetto;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 532, in data 7 aprile 2004,
con cui l’esame dell’affare è stato devoluto alla Commissione speciale per il
pubblico impiego;
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore consigliere Pier Luigi
Lodi;
Premesso:
Con nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali in data 8 gennaio
2004, integrata dalla successiva relazione in data 7 aprile 2005, sono stati prospettati
taluni problemi riguardanti il regime di onnicomprensività del trattamento
retributivo dei dirigenti, vigente ormai da diversi anni, in relazione ai
sopravvenuti dubbi interpretativi in ordine alle norme applicabili, specie con
riferimento alle modalità di inclusione dei compensi per incarichi aggiuntivi
nel predetto regime di onnicomprensività.
Nel segnalarsi, in particolare, l'esistenza delle seguenti tre tipologie di
incarichi: a) conferiti in ragione dell'ufficio; b) conferiti su designazione
dell'Amministrazione di servizio; c) comunque conferiti dall'Amministrazione di
servizio, il Ministero ha posto alcuni specifici quesiti in proposito.
L’affare in questione è stato sottoposto, in data 24 marzo 2004, all’esame
della competente Sezione II, la quale ha osservato che tale quesito pone
problemi la cui soluzione presenta alcuni dubbi interpretativi e riguarda,
comunque, la competenza di tutte le Sezioni del Consiglio di Stato, per cui ha
prospettato al Presidente del Consiglio di Stato l’opportunità di demandare
l’esame dell’affare alla Commissione speciale per il pubblico impiego, per un
approfondimento al riguardo.
Il Presidente del Consiglio di Stato, con decreto 7 aprile 2004, n. 532, ha disposto la
devoluzione dell’affare alla Commissione speciale per il pubblico impiego.
Ai fini della risposta ai quesiti di cui sopra, il Presidente della Commissione
speciale, in data 9 aprile 2004,
ha invitato il Ministero riferente a trasmettere
urgentemente anche l'avviso del Dipartimento della funzione pubblica e del
Ministero dell'economia e delle finanze.
Il predetto Ministero ha quindi provveduto ai richiesti adempimenti istruttori
inviando, oltre ad altra documentazione sull'argomento, la nota del Ministero
dell'economia e delle finanze - Dipartimento dell'amministrazione generale del
personale e dei servizi del tesoro - prot. n. 49917 del 27 maggio 2004, nonché
la nota del Dipartimento della funzione pubblica - Ufficio personale e
pubbliche amministrazioni - prot. n. DPP/ 14318/85/1. 2. 3 del 2 aprile 2005.
Considerato:
1. - Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali sottopone al Consiglio
di Stato alcuni quesiti in ordine alle modalità interpretative delle norme
vigenti, di cui all'art. 24 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive
modificazioni, riguardanti il trattamento economico dei dirigenti, chiedendo in
particolare indicazioni ai fini della corretta applicazione del previsto regime
di onnicomprensività del detto trattamento economico.
2. - Per un migliore inquadramento dei problemi prospettati dal Ministero – sui
quali sono stati acquisiti, in via istruttoria, i punti di vista anche del
Ministero dell’economia e delle finanze e del Dipartimento della funzione
pubblica – è opportuno preliminarmente rammentare che il citato art. 24, con il
primo comma, demanda alla contrattazione collettiva la determinazione della
retribuzione del personale in possesso della qualifica di dirigente,
specificando che il trattamento economico accessorio deve essere correlato alle
funzioni attribuite ed alle connesse responsabilità.
Va, altresì, ricordato che, in base al secondo comma dello stesso art. 24, per
gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale, il relativo
trattamento economico fondamentale ed il connesso trattamento economico
accessorio sono stabiliti mediante apposito contratto individuale.
Si riporta, poi, qui di seguito il testo del terzo comma del ripetuto art. 24,
che riguarda direttamente gli interrogativi del Ministero:
“3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera
tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto
previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in
ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui
prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi
sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono
nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza”.
3. - Sulla base delle disposizioni enunciate da tali norme il Ministero
riferente ha ritenuto di individuare tre diverse tipologie di incarichi, cui
potrebbero essere applicate discipline eterogenee.
4. - In primo luogo si fa riferimento agli “incarichi conferiti in ragione
dell'ufficio”, ossia agli incarichi strettamente connessi alla pubblica
funzione esercitata dal dirigente, il cui svolgimento può, fra l'altro,
riflettersi direttamente sul raggiungimento degli obiettivi assegnati al
medesimo dirigente.
In proposito si fa l’esempio dell’inserimento, negli organi di taluni enti, dei
dirigenti titolari di determinate funzioni pubbliche, in applicazione di
specifiche disposizioni normative.
Per tale categoria di incarichi non si sollevano dubbi, da parte
dell’Amministrazione riferente, in ordine alla necessità di una rigorosa
applicazione del regime di onnicomprensività.
Una simile conclusione non può che essere condivisa, tenuto conto della lettera
della norma e delle chiare finalità della stessa.
5. - In secondo luogo il Ministero esamina l'ipotesi degli incarichi conferiti
ai dirigenti “su designazione” dell'Amministrazione di servizio, effettuata
sulla base di una valutazione discrezionale in ordine alle qualità
professionali possedute dal soggetto che dovrà rappresentare l'Amministrazione
stessa e curare gli interessi pubblici ad essa istituzionalmente affidati.
Trattasi, in sostanza, degli incarichi che vengono conferiti quanto sia
normativamente prevista la partecipazione di un rappresentante
dell'Amministrazione, di solito con qualifica dirigenziale, in organi di
diversi enti o in particolari commissioni.
Anche in questo caso il Ministero riferente è dell'avviso che i relativi
compensi siano assoggettati al regime dell'onnicomprensività, atteso che
trattasi di attività connesse in maniera più o meno diretta al rapporto
organico tra il dirigente e l'Amministrazione, della quale il predetto
funzionario cura l'interesse ed esprime la volontà.
Su tale conclusione non può che convenirsi, dovendosi in particolare osservare
che l'assolvimento di simili incarichi può logicamente farsi rientrare tra le
normali incombenze dei dirigenti, la remunerazione delle quali viene
conseguentemente determinata tenendo presente l'esigenza di far fronte pure ai
suddetti ulteriori impegni.
6. - In terzo luogo il Ministero fa riferimento alla categoria degli incarichi
“comunque” conferiti dall'Amministrazione di appartenenza
6.1. - Secondo l'Amministrazione riferente, una lettura acritica - sulla base
della sola formulazione letterale - della citata norma dell'art. 24, comma 3,
del decreto legislativo n. 165 del 2001 (come quella fornita dalla circolare n.
1/200, in data 1º marzo 2000, diramata in proposito dal Dipartimento della
funzione pubblica) comporterebbe il rischio di una eccessiva compressione del
rapporto tra quantità e qualità della retribuzione, da un lato, ed ammontare
della retribuzione, dall'altro, incidendo su un'area regolata da principi
costituzionali.
La stessa Amministrazione, peraltro, opera una prima distinzione in proposito,
assumendo che per gli incarichi conferiti attraverso una scelta da effettuarsi
tra i soggetti in possesso della qualifica dirigenziale, dovrebbe applicarsi il
regime del onnicomprensività, in analogia a quanto già considerato con
riferimento agli incarichi su designazione dell'Amministrazione di servizio,
trattandosi sempre di attività che devono essere esercitate dal dirigente in
conseguenza del rapporto organico esistente con l'Amministrazione.
6.2. - Diversa sarebbe, invece, ad avviso del Ministero, l'ipotesi di incarichi
conferiti “intuitu personae”, ossia prescindendo dal possesso della qualifica
dirigenziale, atteso che l'Amministrazione, in detta circostanza, potrebbe
rivolgersi anche a soggetti esterni, come ad esempio avviene per l’incarico di
docenza in un corso di aggiornamento riservato al personale dipendente, ovvero
anche per gli incarichi di presidente dei collegi di conciliazione di cui
all'art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300.
In questi casi, sottolinea il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
(con il conforto anche del Dicastero dell’economia e delle finanze) il soggetto
incaricato esprime giudizi, opinioni, volizioni unicamente riferibili al
soggetto stesso e quindi non riferibili all'Amministrazione, ancorché l'incarico
venga svolto da un dirigente, a seguito della libera scelta effettuata
dall'Amministrazione stessa. Si tratterebbe, dunque, di fattispecie
riconducibile allo svolgimento di una attività che potrebbe essere assimilata a
quella libero-professionale, ossia di incarichi svolti su autorizzazione della
propria Amministrazione, autorizzazione che in tali circostanze potrebbe
risultare assorbita dal provvedimento di nomina.
Da parte del Ministero riferente si osserva, poi, che la trasformazione del
precedente rapporto di impiego pubblico in un rapporto regolato da un contratto
di lavoro di diritto privato, imperniato sul principio della sinallagmaticità
delle prestazioni delle parti, darebbe ancora maggior rilievo al principio di
proporzionalità tra quantità e qualità della prestazione lavorativa e
l'ammontare della retribuzione. Non sarebbe, infatti, coerente con tale
principio ammettere la possibilità che l'Amministrazione, nell'ambito di un
rapporto di diritto privato, attribuisca incarichi ulteriori - non individuati,
e talvolta neppure individuabili, al momento della stipula del contratto -
senza la corresponsione di alcun compenso aggiuntivo. Se è vero, d'altronde,
che il dirigente individuato dall'Amministrazione avrebbe la facoltà di
rifiutare l'incarico, dovrebbe però considerarsi che ciò potrebbe riflettersi
in senso negativo sulla valutazione dell'attività svolta e comporterebbe,
altresì, un maggior costo per l'Amministrazione per i compensi da corrispondere
ad un soggetto esterno.
Nella nota ministeriale in esame si assume, ancora, che l'incongruenza di cui
sopra non verrebbe superata neppure con riferimento alla disposizione dell'art.
14 del contratto collettivo di area dirigenziale sottoscritto il 5 aprile 2001
(che prevede la possibilità di corrispondere al dirigente incaricato una somma
pari al 30% del compenso previsto, in considerazione dell'aggravio di lavoro
conseguente all'incarico aggiuntivo), ritenendosi che in tal modo, per
unilaterale volontà di una delle parti, sarebbe corrisposto per la prestazione
lavorativa un compenso fortemente ridotto, in violazione del principio di
proporzionalità stabilito dall'art. 36 della Costituzione.
Conclude l'Amministrazione riferente che la funzione del principio di
onnicomprensività andrebbe correttamente individuata nella necessità di
introdurre un meccanismo idoneo ad evitare di retribuire con somme aggiuntive
tutti quegli incarichi che il dirigente sarebbe tenuto a svolgere sia per
connessione (diretta o indiretta) con i doveri d'ufficio, sia in conseguenza
del possesso dello specifico “status” di dirigente. In tale prospettiva non
sarebbe, pertanto, coerentemente applicabile il detto principio in situazioni
diverse, nelle quali l'attività svolta non possa considerarsi connessa con i
compiti dell'ufficio.
6.3. - La Commissione
speciale deve osservare, in proposito, che il principio dell'onnicomprensività,
di cui si discute, risulta ispirato al soddisfacimento di una pluralità di
esigenze, ed in ispecie risulta legato con un rapporto di stretta conseguenzialità
alla particolare posizione che assumono i dirigenti, nell'ambito
dell'organizzazione della pubblica amministrazione, specie dopo la riforma
relativa alla "privatizzazione" del rapporto di pubblico impiego, di
cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e
integrazioni. Come è noto, in base alla normativa suddetta ai predetti
dirigenti è stata attribuita la diretta responsabilità in materia di gestione
finanziaria, tecnica ed amministrativa, restando demandata agli Organi di
governo la funzione di definire gli obiettivi ed i programmi da attuare, nonché
di verificare la rispondenza dei risultati della gestione amministrativa alle
direttive generali impartite.
Un simile mutamento di prospettiva, quindi, ha sensibilmente accentuato
l’ambito delle pur ampie responsabilità già attribuite alla dirigenza dal
d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, e la disciplina mediante lo strumento
contrattuale dei singoli rapporti ha coerentemente consentito non solo di
rapportare la retribuzione all'impegno ed alla complessità dei compiti connessi
alle diverse posizioni organiche, ma anche di corrispondere un trattamento
economico accessorio collegato ai risultati effettivamente conseguiti
nell'espletamento dell'attività.
In ogni caso va opportunamente sottolineato che il carattere contrattuale del
rapporto di impiego implica necessariamente un incontro della volontà delle
parti, anche per quanto riguarda la determinazione del compenso, che non viene
ora rapportato a parametri rigidamente predeterminati per legge, come avveniva
precedentemente pure per la categoria della dirigenza.
Trattandosi, d'altronde, di un impegno di carattere esclusivo,
nell'espletamento del quale il funzionario deve prestare tutta la sua opera
(con le sole eccezioni previste per gli incarichi non compresi nei compiti e
doveri d’ufficio, autorizzabili ai sensi dell’art. 53 del citato decreto
legislativo n. 165 del 2001), la corresponsione di un trattamento economico
onnicomprensivo appare coerente con i fondamentali principi di correttezza e di
trasparenza che debbono caratterizzare l'organizzazione dei pubblici uffici, e
si palesa, altresì, maggiormente rispondente all'opportunità di consentire un
più equo e favorevole trattamento previdenziale e pensionistico per il personale
in questione.
6.4. - Tenuto conto di quanto sopra, non appaiono fondate le perplessità
prospettate dal Ministero riferente (cui si è associato anche il Ministero
dell'economia e delle finanze) in ordine alla applicazione del principio della
onnicomprensività pure con riguardo agli incarichi ulteriori, comunque
conferiti dall'Amministrazione.
Anzitutto è da escludere che possa configurarsi, in una simile fattispecie, una
prestazione imposta per unilaterale volontà di una delle parti, atteso che
trattasi pur sempre di incarichi che debbono essere accettati dall'interessato
e quest'ultimo, pertanto, può liberamente determinarsi nel senso di rifiutare
l'ulteriore aggravio del carico di lavoro. Né appare pertinente l'obiezione
secondo cui un simile rifiuto potrebbe riflettersi negativamente sulla
valutazione finale dell'attività svolta, atteso che il conferimento di ampi
poteri amministrativi e gestionali ai dirigenti comporta, inevitabilmente, la
responsabilizzazione dei medesimi con riguardo a tutte le scelte ed alle
opzioni effettuate nel corso dello svolgimento delle funzioni di competenza,
anche con riferimento alla individuazione delle iniziative da intraprendere e
alle attività da svolgere in concorrenza o in alternativa con altre, ai fini
del conseguimento degli obiettivi di pubblico interesse da perseguire in base
alle direttive generali impartite dagli Organi di governo.
Per quanto concerne il rispetto del canone costituzionale relativo alla
proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità della prestazione
lavorativa che, in ogni caso, deve essere sufficiente ad assicurare al
lavoratore ed alla sua famiglia “una esistenza libera e dignitosa”, si rammenta
che, come sottolineato dalla Corte costituzionale e come ampiamente ribadito
dalla giurisprudenza amministrativa, la proporzionalità e sufficienza della
retribuzione vanno valutate considerando la retribuzione nel suo complesso, e
non in base ai singoli elementi che compongono il trattamento economico (Cfr.
Corte Cost. 20 giugno 2002, n. 263; 12 marzo 2004, n. 91; Cons. Stato, Sez. IV,
2 novembre 2004, n. 7101).
Per quanto riguarda specificamente l’aspetto della durata degli incarichi, poi,
deve convenirsi con quanto osservato dal Dipartimento della funzione pubblica
in ordine alla irrilevanza del carattere non continuativo dell’impegno
richiesto, ai fini dell’assoggettamento del relativo compenso al regime della
onnicomprensività.
Nell'ipotesi di compensi dovuti dai terzi per incarichi aggiuntivi, dunque,
ogni dubbio in proposito dovrebbe essere senz'altro superato con riguardo alla
complessiva congruità del trattamento economico spettante al dirigente. Deve
tenersi conto, inoltre, dalla previsione, di cui all'articolo 14, comma 2, del
contratto collettivo per la dirigenza sottoscritto il 5 aprile 2001, già sopra
ricordato, secondo cui, allo scopo di remunerare il maggiore impegno e la
maggiore responsabilità dei dirigenti che svolgono detti incarichi aggiuntivi,
viene loro corrisposta, ai fini del trattamento accessorio, oltre alla retribuzione
di posizione e di risultato, una quota, in ragione del loro apporto, fino al
30% della somma che confluisce nel fondo di attuazione del principio di
onnicomprensività. Può ritenersi, infatti, che una simile previsione,
consentendo un trattamento differenziato e di particolare favore per i
dirigenti maggiormente impegnati, sia comunque idonea a soddisfare le esigenze
di carattere sostanzialmente perequativo segnalate dall'Amministrazione
riferente.
7. - Da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali viene, poi,
chiesto il parere di questo Consiglio in ordine a tre ulteriori questioni.
7.1. - La prima questione si riferisce alla fattispecie concernente gli
incarichi, affidati a dirigenti di prima fascia, di componente effettivo dei
collegi sindacali o dei consigli di amministrazione degli enti previdenziali,
segnalandosi che, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30
giugno 1994, n. 479, trattasi di posti di funzione dirigenziale
dell'Amministrazione. Si chiede di chiarire se in tali casi, realizzandosi la
coincidenza tra incarico principale ed incarico fonte del compenso aggiuntivo,
il trattamento economico in parola, previsto dei singoli contratti, venga per
tale circostanza assorbito in quello principale, perdendo la caratteristica di
“addizionale”.
Osserva il Collegio che, in assenza di eventuale definizione della questione in
sede di contrattazione collettiva, non appare incongruo seguire il criterio -
suggerito dal Ministero dell’economia e delle finanze - di includere il
compenso in parola nel trattamento spettante a titolo di retribuzione di
posizione, parte variabile, in base ai contratti individuali sottoscritti dai
singoli dirigenti.
7.2. - La seconda questione concerne la esatta qualificazione, ai fini che qui
interessano, dei “gettoni di presenza” previsti per i componenti di organi
collegiali periferici dell'INPS, ai quali sono chiamati a partecipare “ratione
officii” i direttori delle Direzione provinciale del lavoro, cui non viene
corrisposto alcun compenso in misura fissa. Mentre non sussisterebbero
incertezze sull'esclusione dal regime di onnicomprensività dei gettoni di
presenza costituenti un mero rimborso spese forfetario, sorgerebbero dubbi in
proposito qualora la somma, formalmente qualificata come gettone di presenza,
costituisca un reddito soggetto a tassazione, come le somme erogate nella
fattispecie in esame.
Sull’argomento deve ribadirsi che, alla stregua dei principi sopra enunciati,
per le attività lavorative cui fa cenno il Ministero riferente risulta preclusa
la possibilità di esclusione di qualsiasi tipo di compenso, comunque
configurato e denominato. Si concorda, quindi, con quanto espresso sul punto
dal Dipartimento della funzione pubblica, che fa salva esclusivamente la
possibilità di “gettoni” o “medaglie” di presenza che abbiano carattere
meramente restitutorio, in quanto costituiscano lo strumento per assicurare il
rimborso delle spese minute connesse all’espletamento dell’incarico. Va
inclusa, invece, nel regime di onnicomprensività, qualsiasi altra erogazione
che, pur avendo eventualmente analoga denominazione, venga sostanzialmente ad
assumere, per la misura del suo valore, un carattere indennitario, con
conseguente assoggettamento anche agli oneri contributivi ed erariali.
7.3. - La terza questione, infine, riguarda il criterio di determinazione della
quota - nella misura massima del 30% - del compenso spettante per l'incarico
rientrante in regime di onnicomprensività, occorrendo precisare se tale somma
sia da ritenersi al netto delle varie ritenute, se essa vada versata al
dirigente direttamente dal soggetto presso il quale si svolge l'incarico,
ovvero se da tale soggetto debba essere versata nel capitolo di bilancio
dell'Amministrazione in cui affluiscono le somme in questione e poi, a cura
dell'Amministrazione stessa, erogata in busta paga al dirigente interessato.
In proposito è agevole rilevare che, come sottolineato dal Dicastero
dell’economia e delle finanze, dalla formulazione della norma dell’art. 24,
comma 3, del ripetuto decreto legislativo n. 165 del 2001, discende con
sufficiente chiarezza che il compenso in parola deve essere interamente versato
all’Amministrazione di appartenenza del dirigente. Sarà poi compito di
quest’ultima, sulla base degli accordi intervenuti con le parti sindacali, di
provvedere a destinare al dirigente interessato la somma percentualmente
dovuta, previa applicazione delle ritenute di legge.