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Incarichi dirigenziali – revoca – obbligo di motivazione.

La Corte di appello di Campobasso, chiamata a pronunciarsi in un caso di revoca di incarico dirigenziale ha confermato il principio per il quale il provvedimento di revoca deve essere motivato, la motivazione peraltro non può far riferimento a generiche esigenze organizzative. La riorganizzazione degli uffici infatti deve essere tale da incidere sulla posizione del dirigente cui l’incarico viene revocato.(C. App. Campobasso, 09-02-2005 )

Svolgimento del processo

La P.F., con ricorso presentato - anche ai sensi dell'art. 669 octies c.p.c. ed all'esito di procedura cautelare conclusasi con ordinanza ad essa favorevole - il 7/9/2002, adiva il competente Tribunale di Campobasso in funzione di giudice del lavoro, esponendo che, nonostante essere vincitrice del concorso speciale a 999 posti di primo dirigente (del ruolo amministrativo) del Ministero delle Finanze bandito nel 1993 (e con graduatoria approvata nel 1999, dove era collocata al 600° posto) ed avere espresso preferenze per la sua sistemazione conseguente, illegittimamente le era stata opposta causa ostativa alla assegnazione di incarico dirigenziale nell'ambito degli uffici nel Molise da parte della datrice di lavoro, ed invece erano stati assegnati tali incarichi anche ad altri funzionari - tra cui alcuni che avevano nella graduatoria una posizione successiva alla sua -, e che un incarico dirigenziale di ispettore presso la Direzione del Molise le era stato infine assegnato con contratto del 29/12/2000, incarico che però, ancora una volta illegittimamente, era stato poi revocato con ordine di servizio del 5/3/2001 del Direttore Regionale dell'Agenzia delle Entrate di Campobasso; deduceva anche di essere stata allora posta in inattività e di avere subìto danni (biologico, per perdita di chance), e che le era stato riaffidato l'incarico dirigenziale solo nel giugno 2002, in conseguenza di provvedimento giudiziale di urgenza emesso dal Tribunale collegiale di Campobasso. Pertanto, chiedeva la P.F., nei confronti dei convenuti Ministero delle Finanze e Agenzia delle Entrate, accertarsi l'illegittima revoca del suo incarico di ispettore e il di lei diritto a prestare tale attività e comunque a vedersi conferire incarico dirigenziale dalla prima assegnazione utile dopo la graduatoria e relativi interpelli, e che i convenuti fossero condannati al pagamento di differenze retributive dal sorgere del suo diritto al soddisfo, oltre accessori, ed al risarcimento dei danni tutti, con spese vinte.

Le predette pp.aa. convenute contestavano le pretese della P.F., evidenziando diffusamente che corretto era stato il loro comportamento, e, stante l'intervenuto affidamento di incarico dirigenziale alla stessa P., non vi era più ragione del contendere; il Ministero eccepiva difetto di sua legittimazione passiva.

Espletata la istruttoria, anche con escussione di testimoni ed interrogatorio formale del (delegato del) legale rapp.te della agenzia delle Entrate, la controversia è stata decisa dall'adito giudice del lavoro di primo grado con la impugnata sentenza: decisione con cui il giudicante ha condannato la Agenzia delle Entrate a assegnare alla P.F. incarico di ispettore ovvero altro di livello dirigenziale in Molise ed a far tempo dal 29/12/2000, ed ha condannato l'Agenzia stessa e il Ministero convenuto, in solido, al pagamento alla P. della retribuzione relativa al detto incarico, sempre dal 29/12/2000 e con rivalutazione e interessi di legge, nonché al risarcimento di danno biologico - liquidato alla attualità in Euro ventimila - e alle spese di giudizio.

Detta sentenza è stata appellata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalla Agenzia delle Entrate con articolati motivi; la P.F., regolarmente costituitasi in questo secondo grado del giudizio, resiste alle deduzioni ex adverso svolte e propone appello incidentale.

Motivi della decisione

Osserva questa Corte che il motivo di impugnazione principale relativo a non riconosciuta cessazione della materia del contendere atteso l'avvenuto conferimento di incarico dirigenziale alla P.F. è fondato: la stessa P., dirigente alle dipendenze della Agenzia delle Entrate (già Dipartimento delle Entrate del Ministero delle Finanze), ha giudizialmente richiesto (anche) l'accertamento del suo diritto a ottenere incarico dirigenziale presso la Agenzia stessa e al relativo (intero) trattamento economico, ed invero risulta che un incarico dirigenziale le è stato (nuovamente) affidato - dopo la procedura cautelare da lei attivata ma altresì per rilevata disponibilità di posto nell'ambito degli uffici della Agenzia delle Entrate della regione Molise -, giusta provvedimento del Direttore Regionale della Agenzia delle Entrate del 14/6/2002 e con effetto dalla data del 17/6/2002 (in atti), sicché, se da un lato non poteva esimersi la P. dall'iniziare il giudizio di merito (pena la caducazione della statuizione d'urgenza da essa avuta - cfr. art. 669 novies c.p.c.), nel giudizio di merito deve ritenersi che appunto dalla surrichiamata data è venuta meno la materia del contendere tra le parti.

Del pari fondata, sebbene con riferimento solo ai fatti di causa ricadenti in epoca dall'1/1/2001, è la allegazione dell'impugnante Ministero di difetto di sua legittimazione passiva: legittimazione passiva che, a decorrere dalla epoca succitata, deve ritenersi esclusivamente della Agenzia delle Entrate, essendo quest'ultima la struttura autonoma (statuale) con cui intercorre il rapporto di lavoro subordinato della P.F.; è evidente, poi, che per le questioni anteriori alla epoca medesima rimane legittimato passivo l'appellante Ministero.

Tanto stabilito, rilevano i giudicanti che la doglianza svolta in sede di appello principale relativamente alla valutazione del primo giudice, nella impugnata sentenza, di non legittimità della rimozione della P.F. da incarico dirigenziale, posta in essere con ordine di servizio del 5/3/2001 dal Direttore Regionale della Agenzia delle Entrate di Campobasso, non appare suscettibile di favorevole considerazione. Il Direttore (generale) della Agenzia delle Entrate, con atto datato 23 febbraio 2001, operava una complessiva nuova articolazione degli uffici centrali e periferici della Agenzia stessa, e in tale occasione disponeva pure l'accorpamento di alcuni uffici (gestione tributi e consulenza giuridica, e gestione cambiamento e gestione risorse) della regione Molise, in guisa che si riducevano a complessivi sette (da nove) i posti dirigenziali della locale Agenzia; la procedura applicativa di tanto posta in essere dal Direttore Regionale delle Entrate di Campobasso, immediatamente operativa e da cui è conseguita la revoca di incarico dirigenziale - di ispettore - alla P. (e poi di fatto ratificata in sede centrale con rinnovazione di incarichi dirigenziali ad altri dirigenti) si appalesa però non legittimamente attuata con riferimento alla detta P. Ad onta del diverso avviso espresso nell'appello principale, opina la Corte che correttamente si è osservato dal primo giudice - con richiamo pure al giudizio formulato dal Tribunale di Campobasso in sede di definizione del secondo grado della procedura cautelare attivata dalla P. - che quella operata dal Direttore Regionale della Agenzia delle Entrate di Campobasso ai primi del marzo 2001 è stata una procedura di valutazione comparativa dei dipendenti dirigenti (con esito sfavorevole per la appellata) alla quale la valutata P.F. non è stata messa in condizione di partecipare, e ciò in contrasto col D.Lgs. 286/99: procedura che è stata appunto diretta, in sostanza, ad una comparazione delle prestazioni e capacità professionali dei vari dirigenti in servizio presso la Agenzia delle Entrate del Molise - com'è anche reso chiaro dalla missiva in data 1/3/2001 del Direttore Regionale della Agenzia delle Entrate del Molise trasmessa alla Direzione Centrale del Personale (della Agenzia) in Roma (in atti degli appellanti) nonché dalla menzione, nel provvedimento finale adottato (ordine di servizio 5/3/2001 del Direttore Regionale), altresì di giudizio sul merito e entità delle rispettive esperienze dirigenziali dei valutati -, epperò della quale non comprovatamente è stata data informazione, e quindi possibilità di partecipazione, alla P.F.; né siffatta possibilità di partecipazione è rappresentata dalla nota del Direttore Regionale dell'1/3/2001 con cui si dava solamente notizia ai dirigenti dell'intervenuta riduzione di posti dirigenziali nel Molise e si formalmente offriva agli stessi funzionari due incarichi dirigenziali di uffici della p.a. datrice di lavoro siti nella vicina regione Abruzzo (e peraltro dovendosi dubitare della stessa legittimità di siffatta offerta, non constando ex actis giuridica possibilità del Direttore Regionale della Agenzia delle Entrate del Molise di formalmente impegnare sedi di servizio estranee a quelle site nel territorio di sua competenza), senza ogni riferimento ivi ai criteri di cui si sarebbe fatta applicazione per la definizione della procedura stessa - riferimento in ordine a cui ben avrebbe potuto interloquire la dirigente P.F. odierna appellata -.

In relazione al succitato ordine di servizio del Direttore Regionale comportante revoca di incarico dirigenziale - di ispettore - alla P.F., reputano i giudicanti, poi, che non inesatte sono le deduzioni della appellata stessa circa difformità della operata revoca rispetto alle ipotesi al riguardo previste dal suo contratto di dirigenza di durata biennale del 29/12/2000 - dal momento che, nella non ricorrenza delle altre ipotesi contemplate dall'art. 5 del contratto, l'ipotesi di "sopravvenute esigenze conseguenti alla riorganizzazione della Amministrazione, incluse quelle scaturenti dalla attuazione del D.Lgs. 300/1999" ivi prevista era nel caso concreto da individuare nell'accorpamento di alcuni uffici regionali del Molise, e quindi di unificazione di alcuni posti dirigenziali, uffici però diversi da quello ispettivo (presso la Direzione Regionale) a cui era adibita essa P., sicché la clausola contrattuale de qua poteva piuttosto avere rilievo per quei dirigenti, diversi dalla appellata, i quali erano perdenti posto -. Inoltre, a parte il rilievo che l'azzeramento e la riattribuzione di tutti i posti dirigenziali della Agenzia delle Entrate in Molise non erano prescritti in sede di organizzazione della Agenzia delle Entrate disposta dal Direttore generale nel febbraio 2001 (e nemmeno nelle indicazioni del Direttore Centrale del Personale, di cui alla nota 8/1/2001, in atti appellanti) e che i criteri all'uopo adottati ed applicati dal Direttore Regionale appaiono immotivatamente privi di qualsivoglia valenza pure del settore nel quale era stata fatta l'esperienza dirigenziale la cui durata era elemento da valutare per la rinnovazione di incarico dirigenziale (cosicché i posti del servizio ispettivo ove operava la P. sono stati attribuiti anche a chi non era stato dirigente addetto al servizio stesso), vi è che non inesattamente la appellata ha dedotto violazione dell'art. 13 del CCNL applicabile: norma collettiva che prevede una riorganizzazione che comporti modifica o soppressione delle competenze dell'ufficio, e che in tal caso al dirigente sia assicurato (chiaramente con giuridica effettività) un incarico equivalente, con relativa nuova stipulazione di convenzione (ed invece con l'ordine di servizio in parola si disponeva addirittura anche che la P. non aveva obbligo di portarsi negli uffici della Direzione Regionale e poteva avere contatti per acquisire le informazioni che la riguardavano, ed invero per non breve tempo non è stata messa in condizioni di espletare le sue funzioni e di avere una idonea postazione di lavoro).

In conclusione, è da confermare il giudizio del primo giudice del diritto della P.F. a vedersi (ri)attribuire incarico dirigenziale (nel Molise): epperò, stante incarico dirigenziale validamente attribuitole con decorrenza dal 29/12/2000, la statuizione giudiziale di prime cure deve modificarsi - in accoglimento di censura pure sul punto svolta nell'appello principale - nel senso di far decorrere tanto appunto dal 5/3/2001 (epoca della riattribuzione immediatamente operativa, dei posti dirigenziali della Agenzia delle Entrate della regione Molise e di contestuale eliminazione di incarico dirigenziale alla P.F.).

La confermata illegittimità dell'allontanamento della P.F. da incarico dirigenziale stabilito il 5/3/2001 e il confermato di lei diritto a ottenere l'incarico dirigenziale con tale decorrenza (allorquando comunque si è proceduto a riattribuzione di incarichi dirigenziali presso la Agenzia delle Entrate della regione Molise) comportano che alla stessa appellata spettino, dalla detta data e fino al 17/6/2002 (epoca, quest'ultima, di ottenimento di nuovo incarico dirigenziale), gli emolumenti retributivi perduti rispetto al trattamento economico da lei goduto appunto alla data del 5/3/2001, con interessi e rivalutazione (da calcolare secondo legge) dalla maturazione dei singoli crediti al soddisfo - in tali limiti accogliendosi l'appello incidentale -, postoché nessun elemento processuale è indicativo che nel corso del periodo di illegittima privazione delle funzioni dirigenziali essa dirigente non avesse continuato a operare e conseguire risultati in modo da mantenere il livello retributivo complessivo di cui beneficiava; la relativa condanna deve pronunziarsi nei confronti della Agenzia delle Entrate.

Si è già accennato all'incarico dirigenziale (di ispettore presso la Direzione Regionale del Molise) attribuito alla P.F. alla fine di dicembre 2000, e quindi le richieste conclusive dell'appello incidentale di essa riferite a differenze retributive da tale data non sono accoglibili. Peraltro, infondata è la impugnazione incidentale laddove si reiterano argomentazioni e richieste inerenti a differenze retributive e a risarcimento danni per fatti anteriori al 29/12/2000: dalla approvazione della graduatoria dei vincitori del concorso a 999 posti di primo dirigente della amministrazione finanziaria statale, in cui era utilmente collocata essa P., e fino al dicembre 2000, infatti, non univocamente è ravvisabile un comportamento illegittimo della datrice di lavoro della P. (allora Ministero delle Finanze) nel non conferirle incarico dirigenziale, - avendo la P.F., in sede di interpello per i posti dirigenziali di sua preferenza, in prima battuta non indicato quello di ispettore (come invece da lei indicato il 31/5/2000, e dopo di ciò ottenendo, nel successivo mese di dicembre, l'incarico dirigenziale di ispettore presso la Direzione Regionale), ed inoltre essendo congrua la necessità di attendere disposizioni della Direzione centrale inerenti alla assegnabilità di (primo) incarico dirigenziale, dopo talune preliminari valutazioni espresse dal Direttore Regionale (dell'epoca) in ordine alla azione lavorativa in passato svolta dalla medesima neodirigente (che si appalesano ammissibili ai sensi dei criteri stabiliti dalla Amministrazione - di cui al suppl. straord. B.U. n. 12/1999 -, ove si menzionano altresì requisiti attitudinali adeguati, e che non appaiono contrastate da diverse risultanze processuali) ed in ordine a (ragionevoli) questioni di compatibilità, con le funzioni dirigenziali richieste, della sua attività già espletata nel territorio di competenza.

Le impugnazioni svolte investono altresì le richieste risarcitorie della P.F. riferite alla situazione venutasi a creare dopo la di lei rimozione da incarico dirigenziale disposta con ordine di servizio del 5/3/2001. Orbene, precisato che questioni di risarcimento di danni nell'ambito del rapporto contrattuale di lavoro dipendente presso le pp.aa. (e per comportamenti successivi al 30/6/1998) sono da ritenere devolute al giudice del rapporto stesso e quindi alla a.g.o., l'istruttoria espletata ha evidenziato, come esattamente osservato dal primo giudice nella impugnata sentenza, una situazione di svilimento e di emarginazione della P.F. (nell'ufficio finanziario regionale di appartenenza) dopo la revoca del suo incarico dirigenziale: sul punto le testimonianze appaiono sufficientemente concludenti (per la teste B. la P. era, oltreché inattiva, non rispettata, ed il teste G. ha riferito che essa non aveva il p.c. e - sintomaticamente - che il Direttore Regionale ebbe a lamentare che non era stato rimosso il personal computer dalla stanza dove si era poi temporaneamente sistemata essa P., mentre il teste C. ha riferito che i dirigenti non tenevano in considerazione la stessa P. ed il dirigente S. ha indicato che i colleghi si "interrogavano" sulla posizione in cui era venuta a trovarsi la P. e sulla - ordinatale - sua inattività, inattività dopo incarico dirigenziale che è stata non breve e pare nemmeno in sostanza avallata, in sede di interrogatorio formale, dal legale rapp.te delle convenute). In base a tanto, e considerata la evidente ordinaria incidenza negativa sul benessere quantomeno psichico della illegittima privazione di mansioni lavorative (d'altronde dagli atti di causa è ricavabile una prodotta certificazione medica concernente stato depressivo della P. - cfr. ud. 6/3/2003 -), appare condivisibile il riconoscimento di danno biologico a favore della P., ed anche nei termini equitativi fissati dal primo giudice (si deve considerare invero anche il ruolo dirigenziale della interessata ed il lungo lasso di tempo trascorso fino al riottenimento dell'incarico dirigenziale), epperò con necessaria riduzione dello stesso importo risarcitorio - con entità finale che si individua, ancora una volta in via equitativa, in Euro 18.000,00 - in considerazione che il periodo rilevante è stato ridimensionato a quello a far tempo dal 5/3/2001; la valutazione è all'epoca della sentenza di primo grado, e dunque spettano interessi legali a far tempo dalla stessa. Adeguata prova delle altre voci di danno (ed a parte la non ravvisabilità di danno morale risarcibile), invocate dalla P. pure con appello incidentale, comunque non è riscontrabile in atti.

Per il regolamento delle spese di giudizio, stima la Corte, alla stregua di quanto sopra osservato e dell'esito delle rispettive richieste delle parti, che sussistono giusti motivi per compensare per intero quelle inerenti al rapporto processuale (nel doppio grado del giudizio) tra la P.F. e il Ministero delle Finanze, e per compensare per un terzo le spese del rapporto processuale, nel presente grado del giudizio, tra la medesima P. e l'Agenzia delle Entrate, restando a carico di quest'ultima la restante frazione delle suddette spese - che è liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Campobasso, in funzione di giudice del lavoro, sentiti i procuratori costituiti e definitivamente pronunciando sull'appello proposto, avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso in data 4/12/2003 e con ricorso qui depositato il 10/3/2004, da Ministero dell'Economia e delle Finanze e Agenzia delle Entrate nei confronti di P.F., nonché sull'appello incidentale proposto da quest'ultima, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:
- accoglie, per quanto di ragione, l'appello principale e quello incidentale e, per l'effetto, in parziale riforma della impugnata sentenza, dichiara cessata la materia del contendere alla data del 17/6/2002 e la illegittimità della revoca dell'incarico direttivo della P.F. disposta con ordine di servizio del 5/3/2001 del Direttore Regionale delle Entrate di Campobasso;
- condanna la Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della P.F., degli emolumenti retributivi persi dalla stessa in conseguenza della revoca di incarico suddetta, e ciò fino alla data del 17/6/2002, con interessi e rivalutazione dalla maturazione dei singoli crediti al soddisfo;
- ridetermina in Euro diciottomila/00 il risarcimento del danno biologico spettante alla P.F., e condanna la Agenzia delle Entrate al pagamento di detto importo, con interessi legali dalla sentenza di primo grado al soddisfo;
- rigetta nel resto le richieste della P.F.;
- compensa per intero tra le parti le spese del doppio grado di giudizio relativamente al rapporto processuale tra la P.F. e il Ministero delle Finanze (ora Ministero dell'Economia e delle Finanze);
- compensa per un terzo le spese di questo grado del giudizio relativamente al rapporto processuale tra Agenzia delle Entrate e P.F., e condanna la Agenzia delle Entrate al pagamento della restante frazione in favore della appellata P., liquidata in complessivi Euro 1.500,00 oltre IVA e C.P.A. e rimborso forfettario come per legge, con attribuzione al difensore;
- conferma nel resto la impugnata sentenza.

Così deciso in Campobasso il 14 gennaio 2005.

Depositata in cancelleria il 9 febbraio 2005.