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Dirigenza medica – passaggio aduna fascia funzionale superiore- procedura.

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza sottoriportata, abbraccia quell’orientamento della Corte di Cassazione alla luce del quale, il passaggio ad una fascia funzionale superiore costituisce l'accesso ad un nuovo posto di lavoro e pertanto la selezione, alla stregua di qualsiasi altro strumento di reclutamento, deve rimanere soggetta alla regola del pubblico concorso. Alla stregua di questo orientamento, ove si contesti il mancato rispetto della normativa per la scelta del contraente i partecipanti alla selezione, in quanto titolari di interessi legittimi, possono tutelare tali situazioni giuridiche soggettive dinanzi al giudice amministrativo, mentre successivamente alla stipula del contratto sorgono dei diritti soggettivi, che trovano la loro tutela dinanzi al giudice ordinario. Ne consegue che, ai fini del riparto della giurisdizione relativamente ad una controversia avente ad oggetto vicende antecedenti alla costituzione del rapporto di lavoro con una pubblica amministrazione, occorre aver riguardo alla posizione giuridica dedotta, mentre una volta costituito detto rapporto le relative controversie sono tutte attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario.

COMPETENZA E GIURISDIZIONE CIV. - IMPIEGO PUBBLICO - SANITA` E SANITARI
Trib. Napoli, 11-01-2005

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 1.10.2003, la ricorrente in epigrafe, premesso di lavorare alle dipendenze dell'amministrazione convenuta con qualifica di medico chirurgo, espone di aver partecipato alla selezione bandita dalla CRI per la copertura di 11 incarichi di secondo livello dirigenziale, riservato al personale del ruolo professionale medico.

Lamenta il ricorrente di essere stato illegittimamente escluso dalla prova e di aver ottenuto provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. con cui veniva ordinato all'amministrazione di ammettere con riserva la candidata alla procedura selettiva. Il procedimento di merito veniva definito con sentenza di inammissibilità. Tanto premesso, e lamentando, con argomentazioni varie, l'illegittimità dell'esclusione, chiede in questa sede dichiararsi il diritto della ricorrente alla partecipazione alla procedura selettiva, previo accertamento del possesso dei requisiti richiesti dal bando.

La Croce Rossa italiana restava contumace.

All'odierna udienza, sulle conclusioni formulate dalle parti, la causa veniva decisa, all'esito della camera di consiglio, mediante lettura pubblica del dispositivo.

Motivi della decisione

Va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

La domanda ha infatti ad oggetto l'ammissione ad una prova selettiva per il conferimento di 11 incarichi dirigenziali di secondo livello, bandita dall'amministrazione convenuta.

Con la sentenza 15 ottobre 2003 n. 15403 la Cassazione ha modificato l'indirizzo precedentemente seguito dalle Sezioni unite, che interpretavano l'art. 68, comma 4 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, nel testo sostituito dall'art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e ora l'art. 63 comma 4 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 - secondo il quale "restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni" - alla luce della regola, posta dal primo comma dello stesso articolo, che devolve al giudice ordinario la cognizione di "tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni... incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro", ritenendo, pertanto, che tale devoluzione riguardasse qualsiasi fase del rapporto, dall'instaurazione fino all'estinzione, comprese quelle intermedie, relative ad ogni eventuale vicenda modificativa, anche se finalizzata alla progressione in carriera e realizzata attraverso una vicenda selettiva di tipo concorsuale (ex plurimis Cass., sez. unite 27 febbraio 2002 n. 2954 (ord.); Cass., sez. unite 17 luglio 2001, n. 965; Cass., sez. unite 11 giugno 2001 n. 7859; Cass., sez. unite 22 marzo 2001 n. 128). In proposito, la Cassazione sottopone il proprio precedente indirizzo ad una compiuta verifica, alla luce dei principi costituzionali che informano la disciplina delle procedure selettive volte alla costituzione dei rapporti di pubblico impiego ( art. 97 comma 3 Cost.). La Corte rileva, infatti, che la regola posta dall'articolo 35, comma 1, d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, in base alla quale l'ingresso nella Pubblica amministrazione deve avvenire "tramite procedure selettive", dirette ad accertare la professionalità richiesta e a garantire in misura adeguata l'accesso dall'esterno, "deve ritenersi applicabile, in via generale, anche con riferimento all'attribuzione al dipendente di una qualifica superiore". In proposito, la Corte fa leva sull'affidamento alla contrattazione collettiva della concreta determinazione della disciplina delle mansioni, ai sensi dell'art. 40 comma 1 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, che deve avvenire nell'ambito dei parametri fissati dall'art. 52 comma 1, stesso decreto, in base al quale la qualifica superiore viene acquisita dal lavoratore "per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive". Sicché, "considerato che mediante gli accordi collettivi stipulati nel comparto del pubblico impiego è stato previsto un sistema di inquadramento del personale articolato in aree o fasce, all'interno delle quali sono contemplati diversi profili professionali, si deve ritenere che le procedure che consentono il passaggio da un'area inferiore a quella superiore integrino un vero e proprio concorso tali essendo anche le procedure che vengono denominate "selettive" qualunque sia l'oggetto delle prove che i candidati sono chiamati a sostenere".

Lo stesso giudice delle leggi, peraltro, aveva in più occasioni avuto modo di precisare che il passaggio ad una fascia funzionale superiore costituisce l'accesso ad un nuovo posto di lavoro e che la selezione, alla stregua di qualsiasi altro strumento di reclutamento, deve rimanere soggetta alla regola del pubblico concorso (Corte cost. 30 ottobre 1997 n. 320, in Foro Pen., 1998, 3, 438, e 20 luglio 1994 n. 314, in Giur. It., 1995, I, 445). Ed in virtù di tale principio, la Consulta era ripetutamente intervenuta a dichiarare l'incostituzionalità di diverse disposizioni normative che avevano riservato solamente ai dipendenti interni, talvolta in carenza di una vera e propria procedura selettiva, l'accesso ad un'area funzionale superiore, rilevando che il concorso per il passaggio ad un'area o qualifica superiore non può essere riservato esclusivamente ai dipendenti interni, atteso, da un lato, che il nuovo assetto normativo è preordinato a realizzare "il valore dell'efficienza, grazie a strumenti gestionali che consentono di assicurare il contenuto della prestazione in termini di produttività ovvero una sua più flessibile utilizzazione", e dall'altro che la previsione, non già di un concorso pubblico con riserva dei posti, bensì di un concorso interno, in quanto riservato ai dipendenti dell'amministrazione per una percentuale dei posti disponibili particolarmente elevata, appare irragionevole e si pone in contrasto con gli articoli 3, 51 e 97 della Costituzione (Corte cost. 21 gennaio 1999 n. 1, in Giust. Civ., 1999, I, 641, in Foro It., 1999, I, 1, in Cons. Stato, 1999, II, 1; Corte cost. 16 maggio 2002 n. 194; Corte cost. 29 maggio 2002 n. 218; Corte cost. 23 luglio 2002 n. 373). Ma a palesare il contrasto giurisprudenziale fu l'ordinanza 4 gennaio 2001 n. 2, con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 68 d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29 e successive modificazioni (ora art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165), sollevata sul rilievo secondo cui la controversia avente ad oggetto l'impugnativa di un provvedimento di esclusione da un concorso bandito da una pubblica amministrazione, proposta da un dipendente avente diritto alla speciale "riserva" di posti prevista per il personale interno, non potesse rientrare tra quelle "in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni" per le quali l'art. 68, comma 4, del decreto legislativo n. 29 del 1993 prevede la giurisdizione del giudice amministrativo. Secondo il giudice rimettente, infatti, rispetto al concorrente interno in quota di "riserva", il concorso dovrebbe configurarsi come una procedura non di assunzione ma di progressione in carriera e, dunque, assumerebbe il valore di una vicenda modificativa del rapporto di lavoro, in quanto tale attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 68, laddove per il concorrente esterno la vicenda assumerebbe tutti i connotati del concorso pubblico per l'assunzione, con la conseguente giurisdizione del giudice amministrativo. Un ragionamento, questo, ritenuto palesemente erroneo dalla Consulta, che in quell'occasione rilevò come sia per gli uni che per gli altri, si versasse in ipotesi di procedura concorsuale di assunzione nella qualifica indicata nel bando, con la conseguenza che "l'intera controversia deve ritenersi attribuita alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 68, comma 4, del decreto legislativo n. 29 del 1993".

Sulla scorta di tali rilievi, le Sezioni unite sostengono la necessità di sottoporre il proprio precedente indirizzo ad una rimeditazione, che tenga conto del principio secondo cui, nel rapporto di lavoro alle dipendenze delle Pubbliche amministrazioni, l'accesso del personale dipendente ad un'area o fascia funzionale superiore deve avvenire per mezzo di una pubblica selezione, comunque denominata ma costituente, in definitiva, un pubblico concorso al quale, di norma, deve essere consentita anche la partecipazione di candidati esterni. Con la conseguenza che il quarto comma dell'articolo 63 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, che riserva alla giurisdizione del giudice amministrativo "le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle Pubbliche amministrazioni", deve intendersi riferito non solo alle procedure concorsuali strumentali alla costituzione, per la prima volta, del rapporto di lavoro, ma anche alle prove selettive dirette a permettere l'accesso del personale già assunto ad una fascia o area superiore, tenuto conto, peraltro, che il termine "assunzione" "deve essere correlato alla qualifica che il candidato tende a conseguire e non all'ingresso iniziale nella pianta organica del personale, dal momento che, oltre tutto, l'accesso nell'area superiore di personale interno od esterno implica, esso stesso, un ampliamento della pianta organica".

Peraltro, con tale decisione i giudici di legittimità pervengono alla declaratoria del difetto di giurisdizione in un caso in tutto analogo a quello di specie, trattandosi anche in quella fattispecie di nomina dirigenziale (nomina a primo dirigente). Analogamente, nella fattispecie all'attenzione di questo giudicante la ricorrente chiede l'ammissione ad una procedura selettiva per il passaggio ad un'area (secondo livello dirigenziale) superiore a quella di appartenenza. Ed analogamente, anche nel caso di specie viene denunciata l'illegittimità di atti precedenti l'approvazione della graduatoria, tanto che si chiede non già il riconoscimento del diritto alla nomina, bensì del "diritto" (recte: interesse legittimo) alla partecipazione al concorso.

Ma alle considerazioni svolte dai giudici di legittimità deve altresì aggiungersi che anche nel sistema previgente, se da un lato era attribuita al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di pubblico impiego, dall'altro tale giurisdizione esclusiva presupponeva che detto rapporto fosse già stato costituito. Sicché le controversie relative alla formazione del rapporto di pubblico impiego, quali ad esempio quelle relative alle procedure concorsuali, rientravano sì nella giurisdizione del giudice amministrativo, ma non già in quella c.d. esclusiva (in ordine alla quale il giudice amministrativo conosceva, oltre che degli interessi legittimi, anche delle questioni relative a diritti soggettivi: artt. 30 r.d. 26 giugno 1924 n. 1054 e 7 comma 2 l. 6 dicembre 1971 n. 1034), bensì in quella generale di legittimità, atteso che relativamente al corretto svolgimento di tali procedure i candidati sono titolari di situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo. Ove, pertanto, antecedentemente all'instaurazione del rapporto si era di fronte a situazioni giuridiche di diritto soggettivo, tali controversie rientravano pacificamente nella giurisdizione del giudice ordinario (quali, ad esempio, le controversie in materia di assunzioni obbligatorie).

Con la c.d. privatizzazione del rapporto di pubblico impiego è stata soppressa la giurisdizione esclusiva e sono state contestualmente devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai "rapporti di lavoro" alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni. L'art. 68 d.lgs. n. 3 febbraio 1993, così come modificato dall'art. 29 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 e trasfuso nell'art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, ha cioè devoluto, in ragione della privatizzazione del rapporto, al giudice ordinario quelle particolari controversie che una volta rientravano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e che presupponevano che si fosse già costituito un rapporto di lavoro.

Per quanto concerne la fase che precede la costituzione del rapporto di lavoro, al contrario, il legislatore ha espressamente ribadito che "restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", che rientravano anche nel sistema previgente nella generale giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo. E le ragioni di tale disciplina vanno individuate nella circostanza che tali controversie non rientravano nella predetta giurisdizione esclusiva, ma in quella generale di legittimità, in ragione della particolare posizione giuridica di interesse legittimo tutelata e ciò analogamente a quanto avviene in tutte le altre ipotesi in cui la pubblica amministrazione debba seguire una particolare procedura ad evidenza pubblica per la scelta del soggetto con cui stipulare un contratto disciplinato dal diritto privato.

In definitiva, ove si contesti il mancato rispetto della normativa per la scelta del contraente i partecipanti alla selezione, in quanto titolari di interessi legittimi, possono tutelare tali situazioni giuridiche soggettive dinanzi al giudice amministrativo, mentre successivamente alla stipula del contratto sorgono dei diritti soggettivi, che trovano la loro tutela dinanzi al giudice ordinario. In altri termini, l'aver ribadito, al quarto comma dell'art. 63, che restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo "le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni" sta a significare che relativamente all'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni il precedente riparto di giurisdizione resta immutato e che occorre aver riguardo alla posizione giuridica fatta valere in giudizio.

Ne consegue che, ai fini del riparto della giurisdizione relativamente ad una controversia avente ad oggetto vicende antecedenti alla costituzione del rapporto di lavoro con una pubblica amministrazione, occorre aver riguardo alla posizione giuridica dedotta, mentre una volta costituito detto rapporto le relative controversie sono tutte attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario.

Ma se quest'ultimo non è anche giudice degli interessi legittimi, allora deve necessariamente concludersi che nel travasare l'intero bloc de compétence del pubblico impiego, il legislatore non intendesse sovvertire il principio stabilito dall'art. 103 comma 1 Cost. Ciò che, a maggior ragione, richiedeva una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 63 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165.

E la sentenza della Cassazione, e prima ancora l'orientamento manifestato dalla Corte costituzionale, non fanno altro che operare quel necessario filtro delle posizioni giuridiche, per trattenere nell'orbita della giurisdizione del giudice amministrativo quelle vicende modificative del rapporto, in cui continuano a ravvisarsi situazioni di interesse legittimo, che una troppo frettolosa opzione legislativa aveva rischiato di far ricadere nell'alveo della cognizione del giudice ordinario.

Alla stregua delle esposte considerazioni va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.

Nulla per le spese, stante la contumacia della convenuta.

P.Q.M.

Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, così provvede:
a) dichiara il difetto di giurisdizione del giudice ordinario;
b) nulla per le spese.

Così deciso in Napoli l'11 gennaio 2005.

Depositata in cancelleria l'11 gennaio 2005.