Risarcimento nel caso di intervento chirurgico complesso
Nel corso dell'anno 2002, ho subito una delicatissima operazione chirurgica
alla schiena in uno degli centri di maggiormente riconosciuti d’Italia in
questo campo. Successivamente ho accusato diversi problemi che non mi
permettono di condurre una vita normale. Tutti gli specialisti che ho
consultato ritengono che i disturbi abbiano origine in un errore
nell'esecuzione dell'intervento. L'operazione era sicuramente complicata e
presentava molti rischi di cui io, avendo firmato il consenso informato, ero al
corrente. Pensate che ci siano gli estremi per richiedere un risarcimento?
La diligenza richiesta al sanitario nell’adempimento della prestazione
è riferibile alla competenza, prudenza e perizia del "buon
professionista" . Certamente poi non ci si può fermare al modello
astratto ma si deve tener conto delle caratteristiche concrete (valutando, ad
esempio i particolari corsi di aggiornamento svolti) e l'urgenza e, in
generale, le condizioni in cui ha agito.
L'art. 2236 c.c. dispone che "se la prestazione implica la soluzione di
problemi tecnici di speciale difficoltà il prestatore d'opera non
risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave".
La legge sembra suggerire che nei casi di "speciale difficoltà"
la responsabilità del medico sia limitata agli errori "gravi"
o al dolo (danno cagionato con previsione e volontà) escludendo la
responsabilità per colpa lieve. Una corretta lettura dell’articolo
in esame chiarisce come si configuri un affievolimento, non già della
diligenza o della prudenza, ma solo della perizia.
Per far luce sul caso in esame è comunque fondamentale stabilire quali
problemi medici sono definiti "di speciale difficoltà":
-
se
la malattia presenta una sintomatologia equivoca e caratteristica di diverse
patologie;
-
se esistono gravi incertezze sulle cause oppure quando a causa di
coesistenza di diverse patologie si prospettano diverse possibili terapie;
-
quando il caso non sia stato ancora studiato o sperimentato;
-
se l'operazione chirurgica è, oggettivamente, di difficile
esecuzione.
Se pur facciamo rientrare la fattispecie in oggetto tra i casi particolarmente
difficili, non dobbiamo trascurare la valutazione di un altro aspetto
fondamentale: la difficoltà deve essere valutata in relazione alla
preparazione del chirurgo ed alla struttura in cui opera. Per esempio, un
intervento considerato "straordinario" da un aiuto primario in una
struttura di provincia può essere assolutamente "routinario"
per il primario di un policlinico universitario.
D’altra parte i giudici tendono oggi a non giustificare l’errore di
quei medici che, pur privi della preparazione e dei supporti tecnici necessari,
intraprendono un intervento o una terapia al di sopra delle loro
possibilità. La diligenza, la perizia e la prudenza richieste dalla
legge ad ogni operatore sanitario impongono, infatti, che il paziente sia
trasferito ove gli possano essere portate le cure più adeguate.
Da quanto è dato sapere l'operazione è stata eseguita in un grande
ospedale che si suppone specializzato in quel tipo di intervento e, in tali
ipotesi, s’innalza il livello dell'errore considerato "grave".
Quanto al consenso informato, qualsiasi previsione contenga non esclude,"a
priori", la responsabilità per il verificarsi dell'ipotesi
prevista: sarà comunque necessario, ai fini dell'accertamento della
responsabilità (e dunque della possibilità di risarcimento)
valutare il caso concreto. La mancanza del consenso oltre a confortare
l’ipotesi della responsabilità del medico, costituisce una figura
di danno autonomamente risarcibile.