Mobbing e malattie professionali. Mobbing - integrazione delle ccdd "malattie tabellate", ex art. 10 dlgs n. 38 del 2000 e Circolare INAIL n. 71 del 17.12.2003-inammissibilità.
Il Tar ha annullato la circolare
INAIL n. 71/200 con la quale il mobbing viene incluso tra le malattie
professionali tipizzate, stabilendo inoltre le modalità di trattamento delle
relative pratiche sula scorta della considerazione che detta circolare
detterebbe prescrizioni sulla definizione e la diagnosi della stessa e ciò pur
in assenza di definizioni scientifiche certe al riguardo.
Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO - Roma Sentenza del
4 luglio 2005, n. 5454
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma, sez. 3° ter, composto dai signori Magistrati:
Francesco CORSARO, Presidente,
Silvestro Maria RUSSO, Consigliere, relatore,
Stefano FANTINI, Primo Referendario,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA SUI RICORSI RIUNITI
n. 2532/2004 e n. 9497/2004, entrambi proposti dalla
CONFEDERAZIONE GENERALE DELL'INDUSTRIA ITALIANA - CONFINDUSTRIA, dalla
CONFEDERAZIONE GENERALE DELL'AGRICOLTURA ITALIANA - CONFAGRICOLTURA e
dall'ASSOCIAZIONE BANCARIA ITALIANA - ABI, con sedi in Roma, dalla BANCA
NAZIONALE DEL LAVORO - BNL s.p.a. e dalla No. Ne. s.p.a., correnti in Ro., in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, nonché dal sig. Ca.
Si., n. q. di titolare dell'omonima impresa agricola con sede in Ci. (KR),
tutti rappresentati e difesi dal prof. Lu. Sp. Vi. e dagli avvocati Ma. Tu. e
Ma. Al. Ba. ed elettivamente domiciliati in Ro., alla via delle Bo. Os. n. 4,
CONTRO
- l'ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI
INFORTUNI SUL LAVORO - INAIL, in persona del Presidente pro tempore,
rappresentato e difeso dal prof. Ma. Sa. e dagli avvocati Lu. La Pe. e Lu. Ro. ed elettivamente
domiciliato in Ro., alla via IV No. n. 144 e
- il MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI, in
persona del sig. Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso ope legis
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria,
PER L'ANNULLAMENTO
A) - quanto al ricorso n. 2532/2004, della circolare INAIL
n. 71 del 17 dicembre 2003, avente ad oggetto i disturbi psichici da
costrittività organizzativa sul lavoro, il relativo rischio e diagnosi di
malattia professionale, nonché le modalità di trattamento delle relative
pratiche; B) - e, quanto al ricorso n. 9497/2004, del DM 27 aprile 2004 (in
G.U. n. 139 del 10 giugno 2004), recante l'elenco delle malattie per cui è
obbligatoria la denuncia ex art. 139 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124, nella
parte in cui inserisce nella lista II) il gruppo 7) "Malattie psichiche e
psicosomatiche da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro";
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio delle
Amministrazioni intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all'udienza pubblica del 5 maggio 2005 il Cons.
dott. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, i proff. Lu. Sp. Vi.
e Ma. Sa., gli avvocati Lu. La Pe.
e Al. Ba. e l'Avvocato dello Stato Br.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La
CONFINDUSTRIA e consorti assumono d'essere alcune tra le più
importanti associazioni dei datori di lavoro dell'impresa italiana e,
rispettivamente, imprenditori dei settori industriale, commerciale ed agricolo.
La
CONFINDUSTRIA e consorti dichiarano altresì che l'INAIL, con
la circolare n. 71 del 17 dicembre 2003, ha inteso regolare l'approccio dei propri
organismi accertatori ai disturbi psichici da costrittività organizzativa sul
lavoro (il c. d. mobbing) ed al relativo rischio e diagnosi di queste come
malattia professionale, stabilendo inoltre le modalità di trattamento delle
relative pratiche. A detta della CONFINDUSTRIA e consorti detta circolare,
aldilà del suo nomen juris, non farebbe che dettare prescrizioni sulla
definizione e la diagnosi del mobbing, di fatto elevandolo a vera e propria
malattia professionale tipizzata. Sicché essa esulerebbe dalla natura meramente
ricognitiva ed esplicativa propria delle circolari, assumendo statuizioni
conformative, ad effetto immediato, nei confronti dei poteri degli ispettori
dell'ente medesimo e contro la sfera giuridica degli imprenditori, così da
renderla immediatamente impugnabile.
Avverso detta circolare, quindi, la CONFINDUSTRIA e
consorti si gravano innanzi a questo Giudice con il ricorso n. 2532/2004,
deducendo svariati profili di censura. Resiste in giudizio l'intimato INAIL, il
quale l'inammissibilità e l'infondatezza della pretesa attorea.
Nelle more del predetto giudizio, il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali ha emanato il DM 27 aprile 2004 (in G.U. n. 139 del 10
giugno 2004), recante l'elenco delle malattie per cui è obbligatoria la
denuncia ex art. 139 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124. Al riguardo, nella lista
II) al gruppo 7) sono contemplate le "Malattie psichiche e psicosomatiche
da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro", ossia quelle generatrici
del mobbing di cui alla circ. INAIL n. 71/2003, pur se, a detta della
CONFINDUSTRIA e consorti, non vi siano serie evidenze scientifiche che ne
giustifichino la presa in considerazione ai sensi dell'art. 10 del Dlg 23
febbraio 2000 n. 38, ai fini dell'aggiornamento dell'elenco delle malattie ex
art. 139 del DPR 1124/1965. Pertanto, la CONFINDUSTRIA e
consorti adiscono nuovamente, con il ricorso n. 9497/2004 in epigrafe, questo Giudice
per l'annullamento di tal DM 27 aprile 2004, nella parte in cui ha disposto
l'inserimento delle predette malattie. S'è costituito nel presente giudizio il
Ministero intimato, il quale eccepisce articolatamente l'infondatezza della
pretesa attorea.
Tutte le parti hanno ritualmente depositato documenti e
memorie. All'udienza pubblica del 5 maggio 2005, su conforme richiesta delle
parti, i due ricorsi in epigrafe sono congiuntamente assunti in decisione dal
Collegio.
DIRITTO
1. - Come già accennato in epigrafe e più diffusamente nelle
premesse in fatto, la
CONFINDUSTRIA e consorti hanno promosso due distinti, ma
sostanzialmente simili gravami, intesi ad ottenere l'annullamento sia della
circolare INAIL n. 71 del 17 dicembre 2003 -avente ad oggetto i disturbi
psichici da costrittività organizzativa sul lavoro (c.d. mobbing), il relativo
rischio e diagnosi di malattia professionale, nonché le modalità di trattamento
delle relative pratiche (ricorso n. 2532/2004) -, sia del DM 27 aprile 2004 (in
G.U. n. 139 del 10 giugno 2004), laddove, nel formulare l'elenco delle malattie
per cui è obbligatoria la denuncia ex art. 139 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124,
v'ha inserito anche il gruppo delle "Malattie psichiche e psicosomatiche
da disfunzioni dell'organizzazione del lavoro" (ricorso n. 9497/2004).
Come si vede, in entrambi i casi, la res controversa s'incentra
sull'opposizione a che il c. d. mobbing, attraverso vari mezzi, assurga a
malattia tipizzata indennizzabile in assenza di definizioni scientifiche certe.
2. - Ciò posto, i due ricorsi in epigrafe, in ragione della
sostanziale identità d'oggetto e della loro connessione soggettiva, vanno
riuniti e contestualmente decisi con la presente sentenza.
3.1. - Iniziando la disamina dal ricorso n. 2532/2004 in
epigrafe, non sfugge certo al Collegio che esso si rivolge avverso la circ.
INAIL n. 71/2003, ossia nei confronti d'un atto che, di per sé, non sarebbe
idoneo o, comunque, deputato a recare statuizioni ma, nella specie e ad onta
del suo nomen juris, esso in realtà tende alla modificazione dell'assetto delle
malattie indennizzabile, attraverso la considerazione ed il trattamento del
mobbing.
3.2. - Va allora disattesa l'eccezione dell'ente intimato,
che assume la propria circ. n. 71
a guisa di mero atto interno, destinato solo ad
uniformare le prassi amministrative degli uffici destinatari.
Ora, tal circolare muove dalla considerazione che, tra le
cause di malattie professionali, occorra annoverare oggidì, "... secondo
un'interpretazione aderente all'evoluzione delle forme di organizzazione dei
processi produttivi...", anche i fattori di nocività legati
all'...organizzazione aziendale delle attività lavorative... (che) ...
ricorrono esclusivamente in presenza di situazioni di incongruenza delle scelte
in ambito organizzativo...".
Fin qui, reputa il Collegio, detta circolare non ha un
effetto conformativo di potestà accertatrici in capo agli uffici ispettivi
dell'ente e, correlativamente, delle soggette posizioni datoriali. Invero,
aldilà delle malattie c. d. "tabellate" ai sensi degli artt. 3 e 211
del DPR 1124/1965 -per le quali vige la presunzione relativa di derivazione
eziologica della patologia dall'attività lavorativa-, sono indennizzabili pure
le malattie professionali diverse da queste, ove ne sia accertata con rigore la
causa di lavoro. Da ciò il
Collegio ben può dedurre che, ferma sempre la possibilità d'integrare le
tabelle delle patologie con le modalità ex art. 10 del Dlg 23 febbraio 2000 n.
23, una malattia non "tabellata" non può esser legittimamente
trattata dall'INAIL come se godesse di detta presunzione relativa. Non può
infatti l'ente invertire sua sponte e discrezionalmente l'onere della prova
spettante al prestatore d'opera in ordine al nesso eziologico, ma si deve
limitare ad indicare soltanto gli elementi essenziali della patologia in base a
definizioni scientifiche serie e rigorose.
Ciò non è accaduto nella specie, ché l'impugnata circolare
non si limita ad offrire agli uffici destinatari solo un complesso di elementi
identificativi del mobbing -quali, p.es., un elenco esemplificativo di condotte
illecite, o no-, per meglio uniformarne la capacità d'accertamento e guidarne
il discernimento, ma fa di più. Essa indica l'obbligo d'accertare i presupposti
oggettivi della c. d. costrittività organizzativa, non solo per riscontrare
quanto dichiari l'interessato, ma soprattutto per integrare gli elementi
probatori recati da costui in ordine all'esistenza delle condizioni indicate
quali forme di siffatta costrittività. Indica altresì che, ferma la rimessione
al medico legale della valutazione della malattia psichica da costrittività
organizzativa, la patologia in tanto è indennizzabile dall'INAIL in quanto sia
esclusivamente riconducibile alla sindrome da disadattamento cronico o a quella
post-traumatica o da stress cronico. Indica infine che la trattazione delle
pratiche di mobbing sia effettuata a livello locale e non, come prima, presso la Direzione generale
dell'ente.
Non è allora chi non veda come l'approccio dell'ente alle
vicende di mobbing segue la struttura logica dell'accertamento delle malattie
c. d. "tabellate". L'impugnata circolare individua un complesso di
determinati e specifici fattori di nocività già di per sé soli atti ad indurre
malattie psichiche o psicosomatiche ed un elenco di queste ultime che ritiene
che possano derivare dai tali fattori, peraltro senza che sul punto vi sia
quell'effettivamente consolidata e seria letteratura che deve sussistere per
supportare tale relazione biunivoca. Indizio di ciò si rinviene proprio in quella
parte della circolare che s'occupa delle modalità di trattazione delle
pratiche. laddove approfondisce le questioni sull'accertamento della
sussistenza dei fattori di nocività e sulla diagnostica delle patologie che da
questi potrebbero derivare, senza, però, nulla dire sul nesso di causalità,
invece sempre necessario ed il cui onere probatorio è e resta addossato in capo
al solo lavoratore. Rettamente allora i ricorrenti stigmatizzano queste
assenze, le quali non son certo la denuncia d'un eventuale e mero errore in
un'altrimenti anodina interpretazione propugnata dall'impugnata circolare,
tale, in fondo, da non aver grande eco e da soccombere nel confronto con la
giurisprudenza. Tali assenze non sono che il tentativo dell'ente, al fine
d'eludere la questione del nesso di causalità, di tralasciare la complessità
della dimostrazione dell'origine lavorativa di alcune patologie ad origine
multifattoriale -quali quelle riscontrabili in genere nei casi di mobbing-, per
concentrarsi su quei soli comportamenti la cui capacità di produrre malattie
psichiche sia, con alta probabilità, oggettivamente univoca e, quindi,
facilmente deducibile in presunzione.
3.3. - Assodato, quindi, che l'impugnata circolare non è che
un vero e proprio provvedimento mirante ad integrare surrettiziamente il
complesso delle malattie c. d. "tabellate", essa viola palam et
aperte l'art. 10, c. 1 del Dlg 38/2000, nella misura in cui siffatta
integrazione deriva non già dal rigoroso accertamento da parte della
Commissione scientifica per l'elaborazione e la revisione periodica delle
tabelle ex artt. 3 e 211 del DPR 1124/1965, né tampoco dall'espressa volizione
dei Ministeri a ciò competenti, bensì da un comitato interno all'ente e senza
le garanzie, pure partecipative, recate dal citato Dlg 38/2000.
In secondo luogo, detta circolare è stata emessa senza tener
conto delle direttive all'uopo emanate dal Comitato d'indirizzo e vigilanza -
CIV dell'ente in data 20/ 26 novembre 2001, segnatamente nella parte in cui
quest'ultimo incaricò gli organi di gestione d'integrare il predetto comitato
con medici di fiducia delle parti sociali e di svolgere uno studio e l'esame
sugli orientamenti della giurisprudenza sulla complessa tematica del mobbing,
come si vede del tutto disattesi nella procedura di formazione e nel contenuto
stesso della circolare medesima.
Viceversa, non pare al Collegio significativa la censura
attorea sulla circostanza che la tematica del mobbing sia attualmente all'esame
degli organi dell'Unione europea ai fini d'una regolamentazione comune, essendo
ciò inopponibile alla volontà dei singoli Stati membri che, nelle more,
intendano provvedervi, senza che ciò impedisca il giudizio di compatibilità tra
la norma nazionale e l'eventualmente difforme norma europea.
Se non può il Collegio seguire l'assunto attoreo in ordine
all'opportunità o meno dell'emanazione in sé dell'impugnata circolare -perché
ciò si risolve essenzialmente in una censura di merito-, si deve invece
condividere il motivo d'impugnazione che contesta il contenuto dell'interpretazione
evolutiva colà propugnata. Invero, ad una serena lettura della circolare e, in
particolare, della parte relativa alla necessità d'adeguarsi alle nuove forme
d'organizzazione dei processi produttivi, questa si basa su un'erronea lettura
del sistema c. d. "misto" della tutela del lavoratore dagli infortuni
sul lavoro e dalle malattie professionali. Detto sistema, per vero, si basa sì
sull'indennizzo sia delle malattie c. d. "tabellate", sia delle
patologie non predefinite, ma solo nel senso che la malattia professionale è
indennizzata, indipendentemente dalla sua inclusione nelle tabelle allegate al
DPR 1124/1965, se ne sia accertata la sua derivazione causale dall'esercizio
d'una delle lavorazioni di cui al precedente art. 1. Non v'è, quindi, indennizzo
se non per il rischio lavorativo specifico, onde non basta affermare la
rilevanza in sé delle malattie non "tabellate", occorrendo verificare
se esse diano luogo all'esposizione del lavoratore ad una specifica lavorazione
morbigena, ossia assunta come in sé pericolosa direttamente dal legislatore. Il
limite legislativo dell'assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoro
si base, come rettamente affermano i ricorrenti, proprio sull'equilibrio tra
requisiti soggettivi ed oggettivi ai fini della concessione dell'indennizzo,
senza possibilità di forzature, quale quella rinvenibile nel contenuto
dell'impugnata circolare, del sistema c. d. misto dell'assicurazione contro gli
infortuni del lavoro.
Parimenti da accogliere è la censura attorea sull'irrigidimento
della definizione di costrittività organizzativa, quale pratica morbigena
indennizzabile, in assenza non solo di un'esatta definizione normativa della
stessa e di univoci indirizzi della giurisprudenza, ma soprattutto del doveroso
approfondimento scientifico-medico al riguardo. Osserva invero il Collegio, con
ciò condividendo la censura attorea sul punto, che non è legittimo, né
possibile ricondurre tutte le dinamiche delle relazioni di lavoro all'interno
di un'impresa alla c. d. "costrittività organizzativa", giacché essa
non è certo la garanzia del "diritto" del lavoratore ad operare in un
ambiente professionale asettico, irenico o, comunque, cordiale, al più
potendosi pretendere comportamenti di buona fede da tutte le parti del rapporto
di lavoro, indipendentemente, quindi, dai dati caratteriali dei singoli attori
di quest'ultimo. Osserva altresì il Collegio che l'impugnata circolare tende a
confondere, attraverso il predetto irrigidimento definitorio, il mobbing quale
fonte di risarcimento con vicende illecite che già l'ordinamento reprime a
favore della dignità del lavoratore, in particolare in base all' art. 2708 c.
c. ed all'art. 9 St.
lavor., nonché contro le condotte discriminatorie, di cui al successivo art.
15, I c., lett. b).
Si può forse discettare se la trattazione accentrata delle
vicende inerenti alla c. d. costrittività organizzativa s'appalesi più
opportuna e più efficace, rispetto a quella, oggidì posta dall'impugnata
circolare, decentrata a livello locale. La questione è un'altra: a fronte di
un'ampia messe di disposizioni interne dello stesso INAIL concludenti per la
miglior efficacia della trattazione accentrata, non basta mutar parere per non
incappare nel vizio di contraddittorietà, quando, essendo immutato il quadro
normativo e scientifico di riferimento in cui la precedente prassi si formò,
non si fornisca seria ed ampia contezza circa le ragioni obbiettive della
trattazione locale delle medesime questioni.
4. - Ad una radicalmente diversa conclusione deve il
Collegio pervenire per ciò che attiene all'impugnazione spiegata con il ricorso
n. 9497/2004 in epigrafe.
Reputa il Collegio far presente anzitutto che, à sensi
dell'art. 139 del DPR 1124/1965, è obbligatoria per ogni medico, che riconosca
l'esistenza, la denuncia delle malattie professionali, come indicate
nell'elenco approvato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche
sociali, di concerto con il Ministro della salute. Ora, in virtù dell'art. 10,
c. 3 del Dlg 38/2000, l'elenco ex art. 139 può contenere anche liste di
malattie di probabile o di possibile origine lavorativa, da tenere sotto
osservazione ai fini della revisione delle tabelle di cui agli artt. 3 e 211
dello stesso DPR 1124/1965. La lista II) dell'impugnato DM 27 aprile 2004,
emanato in forza dell'art. 10 del Dlg 38/2000, indica le malattie psichiche o
psicosomatiche da costrittività organizzativa tra quelle a limitata probabilità
d'origine lavorativa. Ebbene, è di tutt'evidenza che detto DM non solo non
legittima a posteriori la circ. INAIL n. 71/2003 -giacché esso riguarda solo i
casi ex art. 139 del DPR 1124/1965 e non consente certo l'indennizzo automatico
per i casi di mobbing contemplati, né tampoco in via generale-, ma soprattutto
non ha altra funzione che quella della raccolta del dato epidemiologico, per
verificare l'eventuale modificazione o integrazione di tali tabelle.
D'altronde, la circostanza che le malattie de quibus siano
state indicate tra quelle a bassa probabilità, ben lungi dall'appalesarsi un
intervento inopportuno o intempestivo, in realtà attua nella specie il
principio di precauzione in una vicenda, quale quella del mobbing, ove
l'assenza di norme nazionali definite, la complessità degli accertamenti e
fattuali e la probabile regolazione da parte dell'UE devono indurre a trattare
i casi patologici emergenti con estrema prudenza e con i dovuti serietà e
rigore d'approccio.
5. - In definitiva, i due gravami in epigrafe vanno accolto
l'uno e rigettato l'altro, ma la novità della questione e giusti motivi
suggeriscono l'integrale compensazione, tra tutte le parti, delle spese del
presente giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di
Roma, sez. 3° ter, così dispone: A) - riunisce i due ricorsi in epigrafe; B) -
accoglie il ricorso n. 2532/2004 in epigrafe e per l'effetto annulla, per
quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione, l'impugnata circolare
INAIL n. 71/2003, meglio indicata in premessa; C) - respinge il ricorso n.
9497/2004 in epigrafe; D) - dispone l'integrale compensazione inter partes
delle sperse di giudizio.
Ordina all'Autorità amministrativa d'eseguire la presente
sentenza.
Francesco CORSARO, PRESIDENTE
Silvestro Maria RUSSO, ESTENSORE