Cos'è il mobbing
Con il termine mobbing si fa riferimento, nella psicologia del lavoro, a quel
fenomeno che si concretizza in una forma di isolamento e aggressione di uno o
più lavoratori attraverso attacchi sistematici finalizzati a danneggiarne
salute, reputazione e professionalità.
Costituiscono elementi identificatori del mobbing: la reiterazione delle
condotte per un periodo di tempo apprezzabile ( è stato ritenuto tale un
periodo di almeno sei mesi); l’intenzionalità delle stesse “da non considerarsi
come coscienza specifica del fine ma come finalità riprovevole in relazione
alla lesione dei beni della dignità personale e della salute
psico-fisica”.(Trib. La Spezia 4 luglio 2005 n.294).
Si distingue tra:
-
mobbing verticale (o bossing) quando le condotte lesive sono poste in essere dal datore di lavoro
-
mobbing orizzontale quando le condotte sono poste in essere da colleghi del lavoratore
-
mobbing ascendete quando le condotte sono poste in essere da personale sottosposto al lavoratore
-
mobbing individuale quando le condotte sono rivolte nei confronti di un unico soggetto
-
mobbing collettivo quando le condotte hanno ad oggetto un gruppo di lavoratori
Le singole condotte possono essere poste in essere, sia tramite atti tipici che
tramite atti tipici (diversi, cioè, dagli atti assunti dal datore e dai
superiori gerarchici o comunque diversi da quelli afferenti la gestione del
rapporto di lavoro).
La giurisprudenza ha individuato come giuridicamente rilevanti ai fini
dell’individuazione di una condotta mobbizzante i seguenti comportamenti:
-
provvedimenti, contra legem, di sospensione, decadenza e destituzione dall’impiego;
-
vessazioni consistenti nella privazione di collaboratori, abnormi rilievi disciplinari, negazione di ferie e permessi, contestazioni di addebiti prima della partenza per le ferie con contestuale promozione di subalterni, privazione di incarichi retribuiti, riduzione alla titolale inattività lavorativa con spostamento dell’ufficio in stanze piccole e poco illuminate;
-
atti di aggressione verbale consumati spesso davanti a terzi dipendenti e non; comportamenti – che possono avere tanto un contenuto omissivo quanto commissivo – che si sostanziano in una esclusione, un allontanamento del mobbizzato dal gruppo con conseguente suo isolamento, evidenziandone le diversità fisica o morale o intellettiva o culturale o religiosa o territoriale; il controllo esasperato dell’orario di lavoro, del tempo di stazionamento presso la macchina del caffè, del tempo delle telefonate; visite fiscali inviate in maniera ossessivamente vessatoria;
-
critiche e maltrattamenti verbali esasperati, l’offesa alla dignità, la delegittimazione di immagine, anche di fronte a soggetti esterni all’impresa, ente o amministrazione – clienti, fornitori, consulenti - comunque attuati da superiori, pari-grado inferiori e datori di lavoro;
-
la rimozione da incarichi, l’esclusione o immotivata marginalizzazione dalla normale comunicazione aziendale, la sottostima sistematica dei risultati, l’attribuzione di compiti molto al di sopra delle possibilità professionali o della condizione fisica e di salute”.
I singoli atti e comportamenti, isolatamente considerati, possono anche non
avere una connotazione necessariamente negativa ma assumerla per effetto della
reiterazione nel tempo delle condotte offensive.
Il mobbing va distinto da altri comportamenti discriminatori che possono essere
posti in essere sul luogo di lavoro: molestie sessuali, demansionamento,
molestie di vario tipo. Comportamenti, questi ultimi, che possono essere
ricompresi tra le condotte mobbizzanti ma non le esauriscono. ( vedi in
proposito Tribunale di Ivrea, sent. 17/11/2005 n.94)
E’ stato rilevato come il fenomeno non coinvolga solo i lavoratori più deboli o
le persone più sensibili, ma possa interessare anche lavoratori con una forte
personalità che agiscono però sul lavoro in modo diverso dagli altri.
Nel nostro ordinamento il mobbing si affaccia nel 1999 con una pronuncia del
Tribunale di Torino, Sezione Lavoro I grado, del 16 novembre 1999. Con questa
sentenza un’azienda viene condannata al risarcimento del danno biologico nei
confronti di una dipendente colpita da depressione in seguito ai maltrattamenti
subiti durante la prestazione lavorativa (la signora, in particolare, era stata
adibita al funzionamento di una macchina grafica collocata in uno spazio
angusto, occupato da cassoni ed altro materiale, in situazione di isolamento
dai compagni di lavoro e di essere stata sottoposta a un trattamento ingiurioso
da parte del capo reparto, che reagiva alle sue segnalazioni di guasti della
macchina e ai suoi rilievi sulle condizioni di lavoro con bestemmie,insulti e
frasi sarcastiche. In seguito a tali episodi, la signora è stata costretta in
un primo tempo ad assentarsi e successivamente a dimettersi, perché caduta in
una grave forma di crisi depressiva, con frequenti stati di pianto e
agorafobia).
Mancano nel nostro ordinamento norme che facciano espressamente riferimento al
mobbing. Tuttavia, con i decreti legislativi nn. 215/2003 e 216/2003,
rispettivamente di attuazione della direttiva 2000/43/CE, in tema di parità di
trattamento indipendentemente dalla razza e origine etnica e della direttiva
2000/78/CE, per la parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni
di lavoro, viene introdotta una nozione di discriminazione e ne viene
disciplinata la tutela, tra le altre, in sede di occupazione e condizioni di
lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera e le condizioni di licenziamento.
Tra le ultime cause/consulenze trattate dai nostri professionisti in materia di
“mobbing”:
-
Mobbing orizzontale – responsabilità del datore di lavoro. Un lavorare lamentava di essere stato vittima di continui scherzi e azioni di disturbo da parte di colleghi attraverso un sistematico boicottaggio che gli impediva di svolgere a pieno le sue funzioni. Veniva ritenuta la responsabilità del datore di lavoro per il comportamento dei colleghi.
-
Bossing – mobbing collettivo .Un dipendente di un’azienda lamentava di essere stato professionalmente isolato, insieme ad altri lavoratori anziani e depauperato nelle mansioni lavorative in seguito al riassorbimento dell’azienda da parte di una multinazionale. Si configura un’ipotesi di responsabilità della nuova direzione aziendale per il danno subito dai lavoratori.