Reati societari
Le tipologie di reati di più frequente ricorrenza
nell'ambito delle società riguardano principalmente le ipotesi di false
comunicazioni sociali, le ipotesi di bancarotta, oltre le violazioni fiscali in
materia di imposta sui redditi e sul valore aggiunto.
Il reato di false comunicazioni sociali, detto anche di falso in bilancio,
previsto dal codice civile, sancisce penalmente la condotta dei promotori,
fondatori, amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori che, nella
redazione del bilancio, espongano notizie non rispondenti al vero con riguardo
a fatti relativi alla costituzione o alla condizione economica della
società ovvero nascondano le notizie medesime.
La norma trova applicazione nei confronti di tutti i tipi di società,
finanche delle società di fatto, stante il preminente interesse della
norma alla tutela della fede pubblica e della pubblica economia.
La falsità è comunque punibile sia che abbia ad oggetto il
bilancio, sia che abbia oggetto le relazioni degli amministratori
sull'andamento della società o le comunicazioni sociali, ritenendosi
tali qualsiasi comunicazione orale o scritta idonea comunque ad alterare
fraudolentemente la verità.
Tale reato è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la
multa da due a venti milioni.
La bancarotta propria, vale a dire commessa dall'imprenditore fallito o dai
soci illimitatamente responsabili dichiarati falliti , può essere
semplice o fraudolenta.
La bancarotta fraudolenta, punita con la reclusione da tre a dieci anni,
può realizzarsi in modi diversi: può essere bancarotta
patrimoniale, quando ha ad oggetto il patrimonio della società che viene
in tutto o in parte distratto dissipato o distrutto; può essere
bancarotta documentale, quando ha ad oggetto i libri e le altre scritture
contabili tenuti in maniera tale da non rendere possibile la ricostruzione del
patrimonio societario; può essere bancarotta preferenziale (punita con
la pena minore da uno a cinque anni di reclusione) quando è commessa in
favore di taluno dei creditori privilegiati nel pagamento.
In tutti i casi di bancarotta fraudolenta è richiesto che l'imprenditore
abbia agito con l'intento di recare pregiudizio ai creditori, ovvero in
violazione della c.d. par condicio creditorum.
Tale intento è escluso nell'ipotesi di bancarotta semplice, punita con
la reclusione da sei mesi a due anni.
Nell'ipotesi di bancarotta semplice, il legislatore ha inteso sancire
penalmente le condotte dell'imprenditore che comportano una diminuzione
patrimoniale della garanzia dei creditori, tali sono: l'aver fatto spese
personali eccessive, aver consumato il patrimonio in operazioni di pura sorte,
aver compiuto operazioni imprudenti per ritardare il fallimento, aver aggravato
la propria situazione patrimoniale per aver ritardato a richiedere la
dichiarazione di fallimento.
Inoltre, risponde di bancarotta semplice l'imprenditore dichiarato fallito che
non abbia dato soddisfazione alle obbligazioni derivanti da un precedente
concordato preventivo o fallimentare.
La pena prevista per il reato di bancarotta semplice si applica anche nel caso
in cui l'imprenditore, nei tre anni precedenti il fallimento, non abbia tenuto
le scritture contabili o le abbia tenute in maniera irregolare.
Tra le più gravi violazioni di carattere fiscale vi è la
emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.
Il delitto in esame già punito dall'art. 4 del d.l. 429/82, convertito
in legge n° 516/82, è tuttora disciplinato dal decreto legislativo
10/3/2000 n° 74 che punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei
anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui
redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture per operazioni
inesistenti.
Alla stessa pena soggiace chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o
sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti, indica nelle dichiarazioni annuali relative alle dette imposte
elementi passivi fittizi.
In entrambi i casi, la pena è diminuita da 6 mesi a 2 anni quando
l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o l'ammontare degli
elementi passivi fittizi è inferiore a lire 300.000.000.
Nell'ipotesi di emissione di più fatture nello stesso periodo di
imposta, il reato si considera commessoo una sola volta.
Peraltro, occorre precisare che le condotte di emissione di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti, sebbene siano prodromiche rispetto alla
commissione dei reati di cui sopra, non costituiscono, di per sé,
condotte previste dalla legge come reato, divenendo punibili solo in quanto
utilizzate per l'indicazione di elementi fittizi in una delle dichiarazioni
annuali.
Leggi piu' importanti in materia
Art. 261 codice civile; artt 216 e 217 R.D. n°267/1942; decreto legislativo
n° 74/2000.