Giurisprudenza su causa di servizio ed equo indennizzo
Cassazione Civile Sent. n. 16045 del 17-08-2004
COMMENTO:
Con sentenza la Cassazione stabiliva in sei mesi il temine di decadenza, dalla data della scoperta della patologia, per la presentazione della domanda di riconoscimento della causa di servizio e dell’equo indennizzo, che possono essere presentate anche separatamente.
Svolgimento del processo
Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. (già
Ferrovie dello Stato s.p.a.) ricorre per Cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Roma che, accogliendo l'appello, ha dichiarato la dipendenza da
causa di servizio della spondiloartrosi con discopatia C3-C4 da cui è affetto G
A, operaio dipendente delle Ferrovie dello Stato, ed ha affermato il
conseguente diritto di costui all'equo indennizzo, condannando la s.p.a.
Ferrovie dello Stato alla corresponsione dei relativi importi, da accertarsi in
via amministrativa. Il Tribunale - premesso che, ai sensi dell'art. 38 (recte:
36) d.p.r. n. 686 del 1957, per conseguire il riconoscimento della
dipendenza di una infermità da causa di servizio, il dipendente deve presentare
domanda entro sei mesi dalla data in cui abbia avuto conoscenza sicura ed
esatta della natura e della gravita della malattia - ha ritenuto che le
Ferrovie dello Stato, avendo eccepito la decadenza semestrale, non avevano
assolto l'onere di dimostrare, ex art. 2697 c.c., che il proprio
dipendente, al momento della domanda, fosse già a conoscenza di tutti gli
elementi di cui agli artt. 36 d.p.r. n. 686/1957 e 38 d.p.r.(recte:
D.M.) 2716/1958. Guarino Angelo resiste con controricorso. Rete Ferroviaria
Italiana ha depositato memoria.
Motivi della decisione
Con l'unico motivo, denunciando
violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 36 d.p.r.
3 maggio 1957, n. 686, dell'art. 38 D.M. 19 dicembre 1958, dell'art.
12 preleggi, dell'art. 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione ( art.
360 n. 3 e 5 c.p.c.), la società ricorrente critica l'impugnata sentenza
per avere il Tribunale ritenuto che FS, avendo sollevato l'eccezione di
decadenza, fosse tenuta a dimostrare in qual momento il G ebbe conoscenza
dell'infermità, così violando il principio dell'onere della prova, che imponeva
innanzitutto all'allora ricorrente, in presenza di quella eccezione, di fornire
la dimostrazione che la conoscenza dell'infermità fu da lui acquisita non oltre
sei mesi prima della data (19 maggio 1987) della domanda amministrativa volta
al riconoscimento della causa di servizio. In ogni caso FS aveva fornito la
prova che il Guarino firmò il referto medico n. 5 del 16 aprile 1983,
attestante la patologia in relazione alla quale chiese ed ottenne l'apertura di
una pratica per infortunio.
Il motivo è fondato. L'istituto dell'equo
indennizzo, introdotto per gli impiegati statali dall'art. 68 del d.p.r. 10
gennaio 1957 n. 3, trova applicazione anche per il personale delle ferrovie
in virtù del rinvio operato allo statuto dei dipendenti civili dello Stato
dall'art. 209 della legge 26 marzo 1958 n. 425, ancorchè, a causa della
mancata designazione dell'organo competente ad esaminare le relative domande,
il riconoscimento effettivo si è avuto soltanto con l'art. 11 della legge 6
ottobre 1981 n. 564 e la conseguente approvazione - con d.m. 2 luglio
1983 - del regolamento per la concessione dell'equo indennizzo ai
dipendenti dell'(allora) Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato. Pertanto,
per i ferrovieri, l'istituto e la sua disciplina non si differenziano da quanto
previsto dalle norme operanti per gli impiegati statali; e la situazione è
rimasta sostanzialmente inalterata a seguito della c.d.
"privatizzazione" del rapporto
di lavoro, continuando il beneficio ad essere riconosciuto in base al contratto
di lavoro, ma pur sempre secondo la disciplina dettata da norme giuridiche.
Tanto premesso, si osserva che l'art. 36
del d.p.r. 3 maggio 1957 n. 686 stabilisce che "l'impiegato civile
che abbia contratto infermità, per farne accertare la eventuale dipendenza da
causa di servizio deve, entro sei mesi dalla data in cui si è verificato
l'evento dannoso o da quella in cui ha avuto conoscenza dell'infermità,
presentare domanda scritta all'Amministrazione dalla quale direttamente
dipende...". La tempestività della domanda costituisce un presupposto
necessario per il riconoscimento della causa di servizio (procedimento del tutto
autonomo da quello successivo con il quale si chieda l'equo indennizzo) e,
quindi, una condizione dell'azione, che, in quanto tale, deve esser provata da
chi agisce in giudizio.
Deriva che l'onere di dimostrare il
mancato decorso di tale termine, qualora venga sollevata eccezione sul punto,
incombe su chi agisce per ottenere il riconoscimento della dipendenza di una
infermità da causa di servizio.
La motivazione della sentenza impugnata,
nella parte in cui ritiene assolto l'onere probatorio a carico del dipendente,
si presenta lacunosa.
Infatti, il Tribunale ha giudicato
tempestiva la domanda amministrativa sulla base della sola allegazione del G
"di essere divenuto consapevole della patologia, da cui era affetto già
nel febbraio 1983, solo nel marzo del 1987, in seguito ad alcuni accertamenti
eseguiti privatamente", il Tribunale non spiega di quali accertamenti si
tratti, quale contenuto abbiano, in che cosa si differenzino dagli elementi di
giudizio che avevano indotto il Pretore, sulla base della consulenza tecnica
espletata, di ritenere tardiva la domanda amministrativa.
Se la patologia denunziata nel 1987 era
la medesima presente nel 1983, e di essa il G aveva avuto conoscenza, anche
nella sua entità, sin dal febbraio 1983, data in cui fu sottoposto ad esame
radiografico presso la struttura sanitaria FS, ricevendo comunicazione del suo
esito, il Tribunale avrebbe dovuto spiegare che cosa impedì allora al
dipendente di rendersi conto della patologia e della sua eziologia, e quali
nuovi elementi di valutazione sopravvennero per la prima volta nel 1987 per
ingenerare quella consapevolezza che mancò nel 1983.
Solo se questa prova fosse stata data,
avrebbe operato a carco di FS l'onere di dimostrare, in contrasto con le prove
offerte dal lavoratore, che nel 1983 o comunque in un momento anteriore di
oltre sei mesi rispetto alla data della domanda amministrativa, concorrevano
tutte le circostanze idonee a far maturare nel dipendente la consapevolezza
della malattia e della sua derivazione dall'attività lavorativa. Ma l'eventuale
insufficienza della prova, con la quale FS aveva inteso confortare le
contestazioni alle deduzioni del G, non valeva a dispensare questi dall'onere
probatorio a suo carico.
Il ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio
della causa ad altro giudice, designato nella Corte d'appello di Roma, che, nel
procedere a nuovo esame, provvederà anche in ordine alle spese di questo
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La
Corte
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese,
alla Corte d'appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2004.
Depositato in Cancelleria il 17 agosto 2004
Cassazione Civile Sent. n. 2390 del 09-02-2004
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Caltanissetta, con
sentenza del 5 ottobre 2000, riformando l'impugnata sentenza pretorile ed
accogliendo l'appello delle F. d. S. S.p.a., ha rigettato la domanda proposta
contro tale società dal sig. F. S., già dipendente della stessa con qualifica
di macchinista, per ottenere l'equo indennizzo in relazione a patologia
("insufficienza coronarica"), residuata ad intervento chirurgico per
la collocazione di quattro by-pass, patologia che deduceva essere dipendente da
causa di servizio.
Il giudice dell'appello, premesso che
l'equo indennizzo può essere richiesto dall'interessato solo dopo che questo
abbia presentato domanda per ottenere il riconoscimento della causa di
servizio, ha rilevato che nel caso di specie il signor S. aveva presentato in
data 16 marzo 1989 domanda per il riconoscimento della causa di servizio,
dapprima respinta ma successivamente accolta dalle F. d. S. con provvedimento
del 30 agosto 1991, ma che non aveva mai presentato la domanda per ottenere la
liquidazione dell'equo indennizzo. Ha precisato che tale non poteva essere
considerata l'anzidetta domanda del 16 marzo 1989, che non implicava anche la
richiesta dell'equo indennizzo, posto che la domanda di riconoscimento della
causa di servizio e quella volta al conseguimento dell'equo indennizzo riguardano
due concetti necessariamente e per legge tra loro distinti.
Avverso tale sentenza ricorre per
Cassazione lo S. formulando un unico articolato motivo, illustrato da memoria.
L'intimata R. F. I. s.p.a. (già F. d. S.
) resiste con controricorso (notificato peraltro oltre il termine di cui
all'art. 370 e cioè in data 31 luglio 2001, quando il ricorso era stato
notificato il 4 giugno 2001).
Motivi della decisione
1. - Il ricorrente S. denunzia violazione
e falsa applicazione dell'art. 38 del D.M. 19 dicembre 1958 e dell'art.
4 del D.M. 2 luglio 1983 nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su punto decisivo della controversia (ex art. 360 c.p.c., n.
3, n. 4 e n. 5). Richiama le vicende relative alle domande, rivolte alle F.
prima del giudizio ed alla fase processuale; rileva che le Ferrovie avevano
negato, nella delibera n. 235/1991 con la quale si riconosceva la causa di
servizio, la corresponsione dell'equo indennizzo; assume che in presenza di un
tale provvedimento non aveva senso logico presentare domanda di pagamento
dell'equo indennizzo; deduce che il Tribunale non ha interpretato correttamente
le norme regolanti la concessione dell'equo indennizzo né esaminato
attentamente e compiutamente le risultanze processuali, e sostiene che lo
stesso avrebbe dovuto accertare se effettivamente la domanda di riconoscimento
della causa di servizio fosse stata presentata entro i termini di cui all'art.
38 del D.M. 19 dicembre 1958 e conseguentemente, dopo tale accertamento,
riconoscere o meno il diritto all'equo indennizzo.
2. - Il motivo va disatteso.
È decisivo l'accertamento di fatto
operato dal giudice d'appello, condiviso dallo stesso ricorrente S. (v. pag. 7°
del ricorso), circa il contenuto e le finalità dell'istanza presentata alle F.
dal predetto in data 16 marzo 1989 ed avente ad esclusivo oggetto la richiesta
di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della patologia
lamentata.
Circostanza di fatto parimenti acquisita
al processo, e su cui si fonda l'essenziale ragione della decisione pronunziata
in appello, è costituita dal riscontro della mancata proposizione, da parte
dello S., dopo il riconoscimento della sussistenza della causa di servizio
nella delibera delle F. del 30 agosto 1991 n. 235, di un'istanza volta ad
ottenere l'equo indennizzo quale prevista e prescritta dal D.M. 2 luglio
1983 del Ministero dei trasporti, recante norme di attuazione dell'art. 11
della legge 6 ottobre 1981 n. 564 (stabilendo l'art. 4 di tale D.M. che
"per conseguire l'equo indennizzo il dipendente deve presentare domanda
entro sei mesi dal giorno in cui gli è stato comunicato il provvedimento con il
quale si riconosce la dipendenza da causa di servizio della menomazione
dell'integrità fisica ovvero entro sei mesi dalla data in cui si è verificata
la menomazione dell'integrità fisica in conseguenza dell'infermità o della
lesione già riconosciuta dipendente da causa di servizio").
Ciò stante, la decisione del Tribunale
che, riscontrando il difetto di detta domanda, da presentarsi nella fase
amministrativa e pregiudiziale per ottenere l'equo indennizzo, ha rigettato la
domanda azionata in giudizio, è pienamente conforme alla normativa sopra citata
ed aderente alla costante giurisprudenza di questa Corte, che ritiene prevista
a pena di decadenza la proposizione della domanda di equo indennizzo nel
termine semestrale stabilito nel suddetto decreto ministeriale (tra le altre/
v. Cass. 8 agosto 1994 n. 7339; 26 novembre 1994 n. 10069; 10 aprile 1999 n.
3534).
Del resto, su questo preciso punto -
quello cioè della mancanza nella specie di una domanda di equo indennizzo
rivolta alle F. e delle conseguenze decadenziali di una di tale omissione quali
previste in linea teorica - non risultano svolte specifiche censure nel
contesto del ricorso per Cassazione.
Nel contempo va ribadita la netta
diversità e differenza tra la domanda volta ad ottenere il riconoscimento della
causa di servizio quale prevista per i dipendenti delle F. dall'art. 38 del D.M.
19 dicembre 1958 del Ministero dei trasporti, e la domanda diretta ad
ottenere, a seguito del riconoscimento della causa di servizio, l'equo
indennizzo come previsto, per i medesimi dipendenti, dall'art. 4 del citato D.M.
2 luglio 1983. Trattasi di domande attinenti a due distinti istituti,
riguardanti diverse e consecutive fasi del procedimento amministrativo, e
soggette a termini di decadenza diversamente regolati anche nella loro
decorrenza (cfr. Cass. 28 novembre 2002 n. 15059): sicché, vertendosi nella
specie in tema di domanda di equo indennizzo, secondo quanto fatto oggetto
della impugnata decisione del Tribunale, appaiono non conferenti e fuori tema i
riferimenti alla diversa domanda per il riconoscimento della causa di servizio
ed al relativo termine di presentazione.
Non costituiscono, poi, valide ed idonee
censure, riconducibili alla previsione dei vizi denunziabili in sede di
legittimità ai sensi dell'art. 360 c.p.c., i rilievi mossi in ricorso
nei riguardi dell'accertamento di fatto operato nell'impugnata sentenza,
laddove il giudice d'appello ha ritenuto in sostanza non rilevante ed ultronea,
definendola "anomala" - appunto per la decisività della mancanza di
una domanda di equo indennizzo ai sensi e nei termini del detto D.M. 2
luglio 1983 -, la annotazione, con una valutazione in tema di equo
indennizzo, che pure era contenuta nel provvedimento delle F. n. 235 del 1991,
emesso sulla domanda di riconoscimento della causa di servizio e che riconosceva
tale causa (riferendosi testualmente nella sentenza del Tribunale che
"nello stesso provvedimento le F. rilevavano come il provvedimento non
avesse alcun effetto al fine della concessione dell'equo indennizzo in quanto
l'istanza era stata prodotta oltre i termini di legge").
Trattasi invero di apprezzamento compiuto
dal giudice del merito sulla rilevanza di una tale valutazione, espressa in una
delibera avente altro oggetto (perché, come detto, riguardante la decisione su
domanda volta esclusivamente al riconoscimento della causa di servizio),
apprezzamento in base al quale il detto giudice ha escluso che quella
annotazione potesse esonerare il dipendente dall'onere di presentare la domanda
di equo indennizzo prevista a pena di decadenza dal citato D.M. 2 luglio
1983, e che va ricondotto all'esercizio del potere discrezionale di
valutazione delle prove attribuito dall'art. 116 c.p.c. al giudice di
merito, non censurabile in di sede di legittimità se non per vizi di
motivazione: vizi che, nel caso di specie, non sono ravvisabili perché la
decisione sul punto è da ritenere sorretta da sufficienti considerazioni motive
idonee ad esplicitare in maniera congrua il procedimento seguito dal giudicante
nel pervenire alla conclusione adottata.
3. - in base alle argomentazioni sopra
svolte restano superate ed assorbite le ulteriori censure svolte nel motivo di
ricorso.
In conclusione, per quanto sin qui detto il ricorso deve essere
rigettato. Stimasi equa la compensazione tra le parti delle spese del presente
giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La
Corte
rigetta il ricorso. Dichiara compensate tra le parti le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma, il 19 settembre
2003.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2004