Il processo canonico di nulllità matrimoniale
Un regolare processo
Il processo canonico volto all’accertamento della nullità di un
matrimonio canonico è molto simile ad un procedimento di cognizione che
si celebra nei tribunali civili italiani.
Possono dare impulso ad un tale tipo di procedimento solamente i “coniugi” o il
c.d. “promotore di giustizia” (parte pubblica istituzionale del processo), in
quest’ultimo caso solo quando la nullità del matrimonio sia già
stata divulgata (can. 1674 codice di diritto canonico - c.i.c.).
A differenza dei processi ordinari avanti ai tribunali civili e penali, il
codice di diritto canonico lascia la possibilità al coniuge di stare in
giudizio senza la costituzione di un proprio avvocato difensore. Tutto
ciò in teoria. Nella pratica è molto difficile trovare il caso di
chi, senza l’ausilio di un tecnico del diritto, non avendo le necessarie
competenze, si voglia addentrare all’interno di una procedura simile avanti al
tribunale ecclesiastico.
Il coniuge che intenda impugnare il proprio matrimonio, (“attore” processuale),
si rivolgerà pertanto ad un esperto di diritto canonico che lo
consiglierà sull’opportunità di intraprendere la causa, ed
eventualmente verrà rappresentato avanti al collegio giudicante da un
c.d. “avvocato rotale”.
L’altro coniuge, una volta citato in giudizio, potrà costituirsi come“convenuto”
opponendosi agli assunti dell’attore, ovvero deducendo in coincidenza con
le sue pretese, ovvero rimanere inattivo di fronte alla citazione ricevuta. In
quest’ultimo caso assumerà lo status processuale di parte “assente” ed
il processo proseguirà comunque anche senza di lui. Infine il convenuto
potrà fare una dichiarazione informale con cui si sottometterà
alla giustizia del tribunale, senza affermare o negare la pretesa dell’attore.
In principio era il “libello”
L’atto introduttivo di un processo canonico è denominato libello, e si
compone di poche pagine. In questo atto è riassunto per sommi capi il
motivo, o i motivi in fatto e diritto, per cui l’attore intende far annullare
il proprio matrimonio.
Una volta redatto, il libello viene depositato presso il tribunale competente,
e la causa viene affidata dal “vicario giudiziale” ad un giudice, il quale
dovrà esaminare la competenza del Tribunale adito a giudicare su quella
determinata causa, nonché la capacità legittima di stare in
giudizio dell’attore. Si dovranno esaminare inoltre l’esistenza di un
fondamento giuridico su cui la causa è posta (c.d. fumus boni iuris).
Per “fumus” si intende solo una percezione di probabilità circa
la fondatezza della domanda, basata su elementi di diritto e di fatto, non
già che risulti evidente il fatto, né che questo sia già
dimostrato o provato.
Una volta che il giudice abbia riscontrato l’esistenza di tutti gli elementi
sopra descritti, ammette con decreto il libello presentato e provvede, tramite
il tribunale stesso, a notificare il decreto di citazione alla parte convenuta.
Cari coniugi…concordiamo il dubbio
“L’udienza di concordanza del dubbio”, è tenuta avanti al giudice
istruttore alla presenza della parti e dei loro procuratori, in cui viene
stabilito e delimitato (=concordato) il capo, o i capi, di nullità per
cui si vuole impugnare il matrimonio. (Viene detta invece tecnicamente “udienza
di contestazione della lite”, quell’udienza ove il giudice, non alla presenza
delle parti, emette il decreto con cui il giudice stabilisce i termini della
controversia <litis contestatio>). Nella prassi viene tenuta quasi sempre
l’udienza di concordanza del dubbio.
Come si può capire questa udienza è fondamentale perché in
questa fase del processo viene cristallizzata la domanda (petitum) dell’attore
per tutto il prosieguo del giudizio. La sentenza finale infatti dovrà
tenere conto solo ed esclusivamente di quel capo di nullità in relazione
alla richiesta di annullamento del matrimonio impugnato, in virtù del
principio della coincidenza tra il “chiesto” (dalla parte) ed il “pronunciato”
(dal giudice).
Per meglio comprendere il concetto, si faccia l’esempio di un matrimonio
impugnato sulla base di una c.d. “simulazione” del consenso per esclusione del
“bonum sacramenti”, allorché l’attore asserisca che egli, nel periodo
antecedente al matrimonio, era favorevole al divorzio. Nella fase istruttoria
non viene provata questa circostanza, ma allo stesso tempo, dalle testimonianze
raccolte, emerge che l’attore fosse invece favorevole all’”esclusione della
prole” (altro possibile capo per l’annullamento del matrimonio). Il collegio
giudicante, nella sentenza che andrà ad emettere al termine del
processo, dovrà dichiarare che, dalle prove raggiunte, non consta la
nullità relativamente al dubbio contestato (esclusione del sacramento),
ma allo stesso tempo non potrà neanche dichiarare il matrimonio nullo
per “esclusione della prole” (paradossalmente, invece provato dalle
testimonianze processuali), perché il dubbio non era stato concordato
inizialmente in tal senso.
E’ tuttavia contemplata la (remota) possibilità per il giudice, in corso
di giudizio, ma solo per gravi motivi, e dopo avere ascoltato le parti, di
mutare i termini della controversia ed istruire la causa per un capitolo non
incluso nella formula del dubbio. Presupposti i fini soprattutto pastorali dei
procedimenti di nullità matrimoniale, questa normativa viene applicata
anche per non imprigionare l’amministrazione della giustizia ecclesiastica
nelle reti di un inutile formalismo, e soprattutto per far coincidere il
più possibile la realtà processuale con la realtà
sostanziale.
La prova dei fatti
Tramite le prove si dimostrano al giudice i fatti dubbi o controversi che
abbiano rilevanza nel processo. Il fine ultimo della prova è quello di
riuscire ad accertare tali fatti in modo da formare nel giudice la necessaria
convinzione e certezza prima di pronunciare la sentenza. Questa certezza
generata dalla prova non è certezza fisica, tale da escludere la
possibilità di errore, ma piuttosto è una “certezza morale”, che
esclude la possibilità di errore circa la verità dei fatti
allegati in giudizio.
Il primo mezzo di prova che il codice di diritto canonico stabilisce consiste
nelle:
-
dichiarazioni processuali delle parti.
Sono da intendersi tali tutte le affermazioni o negazioni che nel corso del
processo vengono rilasciate dalle parti private sia nel libello che
nell’udienza di concordanza del dubbio. Non tutte le dichiarazioni assumono
valore strettamente probatorio, anche se alcune di esse, opportunamente
confrontate con le altre risultanze istruttorie, costituiranno un valido
elemento per contribuire a formare la convinzione del giudice sul merito della
controversia.
-
Interrogatorio delle parti.
Le dichiarazioni delle parti, utilizzate come mezzo di prova, sono tutte le
risposte rilasciate dai coniugi durante il loro interrogatorio. Questa fase ben
definita del procedimento tende a chiarire i fatti dubbi emersi nella
controversia.
-
Confessione delle parti.
Si intende per confessione ogni dichiarazione del coniuge tendente ad ammettere
un fatto a se sfavorevole e favorevole alla parte avversa. Il codice di diritto
canonico considera come valida solo la confessione giudiziale, cioè
quella che avviene davanti al giudice.
-
Il giuramento.
E’ una dichiarazione resa dalla parte e resa esclusivamente avanti al giudice,
per rafforzare e garantire la verità di altre proprie dichiarazioni. Il
giuramento nella pratica processuale può rivestire diverse forme a
seconda del suo contenuto o scopo.
-
La prova documentale
E’ quella prova che
viene raggiunta tramite la produzione in giudizio di documenti scritti
cartacei. Per l’efficacia della prova il tribunale predilige sempre l’originale
o copia autentica del documento.
-
La prova testimoniale.
Questo tipo di prova è indubbiamente quello maggiormente utilizzato nei
processi di nullità matrimoniale, e consiste in una dichiarazione di
conoscenza su di un fatto passato anteriore alla causa, esposto al giudice da
persona estranea alla causa detta testimone. Nella maggior parte dei casi, la
prova testimoniale costituisce uno dei mezzi privilegiati per chiarire i fatti
dubbi o controversi e fornire al giudice la certezza in ordine alla
nullità o meno del matrimonio. I testimoni che solitamente vengono
citati, vanno dai parenti più stretti dei coniugi (genitori, fratelli e
sorelle) ai loro amici o colleghi di lavoro. Vengono tenute in particolare
considerazione le testimonianze provenienti da sacerdoti o religiosi.
-
La prova periziale.
La perizia è la valutazione di un fatto, operata con supporto
scientifico da persone professionalmente competenti in materia. Nei
procedimenti di nullità matrimoniale per incapacità per “cause di
natura psichica” o per “difetto di discrezione di giudizio” la perizia è
fondamentale. Molto ricorrenti sono le perizie psichiatriche effettuate da
medici specialisti su uno od entrambi i coniugi, tese ad accertare l’esistenza
di psicopatologie che potrebbero essere causa di vizio del consenso
matrimoniale e dunque determinanti per stabilirne la nullità. Per
l’argomento ci si riporta al relativo approfondimento presente in questa
sezione.
-
La conclusione della causa
Terminata la fase istruttoria, quando le parti dichiarano di non avere
null’altro da riferire o provare, ovvero è trascorso il termine fissato
dal giudice per la produzione di ulteriori prove, ovvero il giudice ha raccolto
tutte le prove e ritiene che la causa sia matura per la decisione, verrà
emesso dal Tribunale il “decreto di conclusione della causa”. Da questo momento
in poi non è ammessa la produzione di ulteriori prove, a meno che non ci
siano “gravi motivi con sicurezza di evitare una frode”.
A questo punto gli avvocati difensori delle parti potranno depositare in
cancelleria del tribunale le loro memorie scritte contenenti un riepilogo del
procedimento, unitamente a tutte le motivazioni in fatto e diritto che
sostengano quanto da loro sostenuto in giudizio. Questi scritto difensivo
finale viene detto “restrictus iuris et facti”.
Il “difensore del vincolo” (parte pubblica e figura istituzionale del tribunale
che tende a dimostrare, contrariamente ai coniugi, tutti gli elementi che
mettano in luce la validità del vincolo matrimoniale), successivamente
al deposito delle difese delle parti, dovrà elaborare delle memorie, o
osservazioni, (c.d. “animadversiones”) a favore del vincolo matrimoniale.
Il codice prevede inoltre delle ulteriori repliche dei difensori delle parti
successive al deposito delle osservazioni del difensore del vincolo. Nella
prassi tuttavia è raro trovare delle repliche posto che sia il
“restrictus” che le “animadversiones” sono solitamente molto corposi e
contengono tutto quello che era possibile esporre da parte dell’avvocato in
favore del proprio assistito, ovvero dal difensore del vincolo in favore del
matrimonio.
Sulla base pertanto di tutti gli atti processuali, delle difese delle parti e
delle osservazioni del difensore del vincolo, il collegio, formato di solito da
tre giudici, procederà ad emettere la sentenza dopo una discussione a
porte chiuse. Il dispositivo circa la risposta affermativa o negativa al dubbio
concordato (e cioè se consti o meno la nullità del matrimonio per
un determinato capo previsto dal codice) viene votato dai giudici a maggioranza
assoluta.
Mentre il dispositivo verrà comunicato alle parti subito dopo la
decisione, le motivazioni della sentenza, scritte da uno dei tre giudici
chiamato “ponente”, vengono pubblicate in un periodo successivo alla
comunicazione del dispositivo. Il tempo impiegato per scrivere l’intera
sentenza è legato al carico di lavoro del giudice ponente.