Ires e reddito di impresa: Guide e Consulenze Legali

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Aspetti generali del reddito di impresa

Il reddito di impresa è prodotto dall'esercizio di attività commerciali di cui all'articolo 2195 del codice civile (attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi, attività di intermediazione nella circolazione di beni, attività di trasporto, attività bancaria e assicurativa, altre attività ausiliarie alle precedenti).

1 Aspetti generali del reddito di impresa

1.1 Campo di applicazione

Il reddito di impresa è prodotto dall’esercizio di attività commerciali di cui all’articolo 2195 del codice civile (attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi, attività di intermediazione nella circolazione di beni, attività di trasporto, attività bancaria e assicurativa, altre attività ausiliarie alle precedenti). Nondimeno, l’articolo 55 del DPR n. 917/1986 (Testo Unico), dispone che sono generatrici di redditi di impresa anche le ulteriori seguenti attività svolte in modo professionale, quindi non in via occasionale:

- attività di allevamento

- attività di produzione e vendita di prodotti agricoli e zootecnici

- attività di produzione di vegetali in strutture fisse o mobili

- attività di produzione di vegetali in strutture fisse o mobili

- attività di acquicoltura

- attività di sfruttamento di miniere, cave e torbiere

- attività di prestazioni di servizi dotate di struttura organizzativa

1.2 Territorialità

Gli imprenditori residenti sono tassati in Italia sulla base dei redditi ovunque prodotti (quindi sia i redditi prodotti in Italia che i redditi prodotti all’estero).

Gli imprenditori non residenti sono tassati in Italia solo sulla base dei redditi prodotti in Italia.

1.3 Principi generali per la determinazione del reddito d’impresa

i) Principio della competenza (articolo 109 commi 2 e 3 del Testo Unico)

I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme non dispongono diversamente, concorrono a formare il rd nell’esercizio di competenza.

Il principio di competenza prevede che  le componenti positive e negative di reddito concorrono a formare il reddito d’impresa nell’esercizio di maturazione ovvero quando si perfezionano le operazioni da cui derivano. Il principio di competenza si distingue dal principio di cassa che invece fa riferimento al momento del pagamento o dell’incasso.

Sono previste le seguenti tassative deroghe al principio di competenza (con conseguente applicazione del principio di cassa):

- compensi spettante agli amministratori

- percezione dei dividendi in società ed enti soggetti ad Ires

- interessi di mora sia attivi che passivi

- imposte pagate nell’anno diverse da quelli sui redditi e da quelle per le quali è prevista la rivalsa

- contributi associativi e sindacali

- contributi in conto capitale

- compensi agli amministratori, ai promotori ed ai soci fondatori

- proventi derivanti dalla partecipazione a fondi di investimento

Il principio di competenza si ritiene perfezionato:

a) per le cessioni di beni mobili: data della consegna o della spedizione

b) per le cessioni di beni immobili: data delle stipula dell’atto

c) per le prestazioni di servizi: momento dell’ultimazione della prestazione (e non dell’incasso come avviene ai fini IVA)

Per i  rapporti di mutuo, di assicurazione, di locazione, vale il principio di maturazione dei frutti civili.

Il principio di competenza è inderogabile sia per il contribuente che per l’A.F.

Il contribuente che viola il principio di competenza può solo rettificare la dichiarazione di quel periodo d’imposta e nei limiti tassativamente indicati, ma non usufruire della dichiarazione del periodo d’imposta successivo.

ii) Principio della certezza e della obiettiva determinabilità

I ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni.

Tale principio, limita quello della competenza nel senso che, ai fini della determinazione del reddito di impresa, vengono esclusi dal computo i componenti di reddito solo stimati, i quali, diversamente, rilevano ai fini del bilancio civilistico se attendibili.

Pertanto i componenti positivi e negativi di reddito stimati vengono esclusi nella determinazione del reddito imponibile, e rilevano se e solo nell’esercizio in cui diventano certi ed oggettivamente determinabili

iii) Principio di inerenza (articolo 109 comma 5 del Testo Unico)

Le spese, gli oneri e tutti gli elementi di costo sono deducibili solo se hanno un collegamento significativo con l’attività dell’impresa, e nella misura in cui si riferiscono a ricavi o altri proventi che concorrono alla formazione del redito di impresa. Pertanto per la deducibilità dei costi è sufficiente che gli stessi siano inerenti all’attività di impresa nel complesso e non, quindi, ad uno specifico componente positivo di reddito.  

La deducibilità è connessa alla sfera imprenditoriale ed è volta ad escludere tutto ciò che esula dalla finalità imprenditoriale (investimenti, spese personali o comunque extra-imprenditoriali).

iiii) Principio dell’imputazione (articolo 109 comma 4 del Testo Unico)

Le componenti negative di reddito sono deducibili solo se e nella misura in cui sono imputate a conto economico. Tuttavia vi sono delle eccezioni allorquando:

1 la deducibilità fiscale di determinati è prevista da disposizioni di legge, anche se tali costi non sono imputati a conto economico. (ad es. utili spettanti agli amministratori, agli associati in partecipazione ecc.)

2 determinati componenti negativi di reddito siano stati legittimamente imputati a  C/E in un esercizio precedente. Si tratta di quei costi la cui imputazione avviene al momento del pagamento come, ad es., il compenso corrisposti agli amministratori.

3 le  spese e altri oneri siano afferenti ricavi e altri elementi che concorrono a formare il reddito se e nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi

1.4 Norme generali sulle valutazioni

Gli elementi che caratterizzano le regole di valutazione in ambito fiscale sono i seguenti:

a) Valore fiscale dei beni dei beni d’impresa: consiste nel costo sostenuto (cosiddetto costo fiscale) comprensivo di oneri accessori di diretta imputazione o rivalutazioni, ed  al netto delle quote di ammortamento e delle svalutazioni fiscalmente ammesse.

b) Principio di continuità dei valori fiscali nel tempo: i criteri di attribuzione dei valori devono essere costanti negli esercizi (ad es. il criterio di valorizzazione delle rimanenze). In caso di variazione è necessario che il contribuente informi preventivamente l’Amministrazione Finanziaria.

c) Valore normale (art. 9del Testo Unico): rappresenta il criterio/valore per determinare costo dei beni – servizi in natura. Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo, al netto dell’Iva, mediamente praticato:  

- per i beni e servizi della stessa specie o similari

- in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione

- nel tempo e nel luogo in cui i beni e servizi sono stati acquistati o prestati

1.5 Determinazione del reddito di impresa

Il reddito di impresa è determinato dalla differenza tra i costi ed i ricavi di esercizio, cui si sommano e si sottraggono, rispettivamente, i componenti positivi e negativi individuati espressamente dalle norme fiscali.

Tanto premesso, il punto di partenza per la determinazione del reddito d'impresa da assoggettare a tassazione è rappresentato dal conto economico, che, insieme allo stato patrimoniale e alla nota integrativa, costituisce il bilancio di esercizio di una impresa. Si ricorda che, dal punto di vista puramente civilistico, la redazione del bilancio è prescritta obbligatoriamente soltanto per le società di capitali. Dal punto di vista fiscale, tale obbligo, invece, appare più esteso, in quanto, per poter determinare il reddito, tutte le imprese soggette alla tenuta delle scritture contabili in regime ordinario, comprese le imprese individuali e le società di persone, devono redigere il bilancio.

Tale obbligo non sussiste per le imprese ammesse a regimi contabili semplificati, che determinano il reddito utilizzando regole più semplici.

Va comunque ricordato che nel nuovo Tuir, nonostante la riforma del diritto societario, è rimasto invariato il principio fondamentale secondo cui il reddito d'impresa è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti nelle disposizioni del Tuir.

Conseguentemente, il punto di partenza resta il dato risultante dal conto economico su cui vengono effettuate le suddette variazioni.

1.6 Soggetti titolari di reddito di impresa

Possono essere titolari di reddito di impresa i seguenti soggetti:

-          le persone fisiche: limitatamente ai redditi prodotti dall’esercizio di attività commerciali. Il reddito di impresa delle persone fisiche, assieme alle altre categorie di reddito (reddito da lavoro dipendente, reddito di lavoro autonomo ecc.) viene tassato dall’imposta sulle persone fisiche - IRPEF

-          le società commerciali di persone (snc e sas): il reddito di impresa prodotta da queste società viene attribuito per “trasparenza” ai soci

-          le società di capitali e gli enti commerciali: questi soggetti producono in ogni caso reddito di impresa che viene tassato dall’imposta sul reddito delle società – IRES

-          gli enti non commerciali: limitatamente ai redditi prodotti dall’esercizio di attività commerciali. Il reddito di impresa degli enti non commerciali, assieme alle altre categorie di reddito (reddito da lavoro dipendente, reddito di lavoro autonomo ecc.) viene tassato dall’imposta sul reddito delle società - IRES

1.7 IRES ed il reddito delle società ed enti commerciali

Presupposto dell'Ires è il possesso dei redditi in denaro o in natura rientranti nella categorie di reddito indicate nell'art. 6 del Testo Unico..

Tuttavia per le società di capitali e per gli enti commerciali residenti, nonché per le società e per gli enti commerciali non residenti in Italia, ma con una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, tutti i redditi da qualunque fonte provengano sono redditi d'impresa.

Gli enti non commerciali (residenti e non residenti), nonché le società e gli enti commerciali non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia, possono avere sia il reddito d'impresa che i redditi delle altre categorie compatibili con la loro attività (redditi fondiari, redditi di capitale, di lavoro autonomo e redditi diversi).

Sono soggetti passivi dell'Ires:

- le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative, le società di mutua assicurazione, le società europee (di cui al regolamento CE n. 2157/2001) e le società cooperative europee (di cui al regolamento CE n. 1435/2003), residenti nel territorio dello Stato (ivi comprese le società di capitali che svolgono funzioni di pubblico interesse a vantaggio dello Stato e di altri enti pubblici);

- gli enti commerciali, cioè gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

- gli enti non commerciali, cioè gli enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;

- le società e gli enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato. Le società di persone, le associazioni di professionisti o artisti e i soggetti equiparati (12 e 20) quando non sono residenti in Italia sono soggetti IRES (non hanno il regime della trasparenza).

Mentre per i soggetti residenti l'IRES si applica per su tutti i redditi, indipendentemente dal luogo di produzione (c.d. worldwide taxation), per i soggetti non residenti è imponibile il solo reddito prodotto in Italia.

Si considera residente la società o l'ente che per la maggior parte del periodo d'imposta ha nel territorio italiano anche solo uno dei seguenti elementi:

- la sede legale, stabilita dall'atto costitutivo;

- la sede amministrativa, cioè il luogo nel quale gli amministratori esercitano l'attività di direzione della società o dell'ente;

- l'oggetto principale, come definito ai fini della determinazione della commercialità; anche ai fini della determinazione della residenza, l'oggetto principale deve essere determinato in base alla situazione sostanziale (Cass. 10.12.1974, n. 4172). Pertanto non ha rilievo né il luogo di costituzione della società, né la presenza di meri uffici di rappresentanza o di pubbliche relazioni.

Si segnala che una società o ente che alla data di chiusura del proprio esercizio o periodo di gestione detiene partecipazioni di controllo (ai sensi dell'art. 2359, c. 1, c.c.: 445) in società o enti residenti in Italia, si presume, salvo prova contraria, con sede amministrativa in Italia, e quindi residente, quando ricorre anche solo uno dei seguenti presupposti:

i) alla data di chiusura del proprio esercizio o periodo di gestione è controllata anche indirettamente (ai sensi dell'art. 2359, c. 1, c.c.) da soggetti (persone fisiche, società o enti) residenti in Italia. Al fine di stabilire se una persona fisica abbia il controllo si computano anche i voti dei familiari fiscalmente a carico:

ii) per la maggior parte del periodo d'imposta (circ. 16.2.2007, n. 11, par. 12.3) è amministrata da un consiglio di amministrazione o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti in Italia.

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