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Il risarcimento danni per l'Ici va proposto al giudice ordinario

La controversia con la quale il privato, in riferimento alla avvenuta riscossione coattiva dell'ICI da parte del Comune, domandi il risarcimento dei danni subiti in tale sede per aver dovuto corrispondere anche le somme pretese dal Comune per l'assistenza legale nella suddetta procedura - ad esso prestata da avvocati sulla base di una convenzione - spetta alla cognizione del giudice ordinario, essendo la domanda di risarcimento basata sul comportamento illecito dell'ente impositore per aver agito in sede di riscossione coattiva anche per le somme dovute dal Comune ai propri avvocati, e non potendosi ritenere tali somme ricomprese tra gli "accessori" di cui all'art. 2 comma secondo, del d.lgs. n. 546 del 1992 (nella formulazione antecedente alla riforma del 2001) per i quali è estesa la giurisdizione del giudice tributario. (Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile, Sentenza del 29 aprile 2008, n. 10826)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Vincenzo CARBONE - Primo Presidente

Dott. Paolo VITTORIA - Presidente di sezione

Dott. Roberto PREDEN - Presidente di sezione

Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI - Consigliere

Dott. Maria Gabriella LUCCIOLI - Consigliere

Dott. Roberto Michele TRIOLA - Consigliere

Dott. Antonio MERONE - Consigliere

Dott. Renato RORDORF - Consigliere

Dott. Alfonso AMATUCCI - Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Comune di Pu., in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Ro., Viale delle Mi. (...), presso lo studio dell'avvocato Se.Ga., rappresentato e difeso dall'avvocato Gi.Ma., giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

Ca.Gi., elettivamente domiciliata in Ro., via Di Mo.Fi. (...), presso lo studio dell'avvocato St.Ga., rappresentata e difesa dall'avvocato En.Cl.Sc., giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 18/05 del Giudice di pace di Lizzano, depositata il 11/01/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/04/08 dal Consigliere Dott. Alfonso AMATUCCI;

uditi gli avvocati Gi.Ca. per delega dell'avvocato Gi.Ma., Re.Cu. per delega dell'avvocato En.Cl.Sc.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Antonio Martone che ha concluso per il rigetto del ricorso; a.g.o.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel giugno del 1994 Gi.Ca. convenne in giudizio il comune di Pu. innanzi al giudice di pace di Li. domandandone la condanna, nei limiti di E. 1032,91, al risarcimento dei danni che le erano derivati in relazione alle abnormi modalità di riscossione dell'ICI da parte del comune, rivoltosi ad avvocati per esigere il pagamento delle somme di cui agli avvisi di accertamento nn. 1986/93 e 1985/94, che le erano stati notificati il 6.7.2000 per i rispettivi importi di E. 171,98 e 158,04. Espose:

a) che con missive del 24.5.2002 e dell'11.9.2002 due avvocati del libero foro le avevano richiesto, per incarico loro conferito dal comune con deliberazione n. 7 del 16.1.2002 e con avviso di esecuzione forzata in caso di inottemperanza, il pagamento di E. 229,87 (in relazione all'avviso di E. 171,98) e di E. 218,36 (in relazione a quello di E. 158,04), "comprensivi di imposta, interessi e spese", invitandola ad avvalersi dei bollettini allegati, ovvero a versare gli importi su un conto corrente postale intestato agli stessi avvocati;

b) che il 27.11.2002 le era stata notificata dal comune ingiunzione fiscale per il pagamento di E. 465,09 con mandato ai predetti avvocati per l'attività di recupero e che il 27.5.2003 era stato eseguito pignoramento mobiliare in suo danno;

c) che il 3.6.2003 aveva versato agli avvocati suddetti la somma di E. 337,61, chiedendo contestualmente al sindaco di considerarla liberatoria, in considerazione della circostanza che il d.Igs. n. 504 del 1992 non contempla l'intervento di avvocati;

d) che il 2.10.2003 era stata invece avvisata che i beni pignorati sarebbero stati asportati in vista della vendita cui si sarebbe proceduto il 30.10.203 ed il 13.11.2003, sicché il 15.10.2003 aveva provveduto al versamento di ulteriori 38 6,39 a saldo della procedura esecutiva;

e) che il 14.11.2003 aveva inutilmente diffidato il sindaco di Pu. a restituirle le somme versate e non dovute per inosservanza del D.Lgs. n. 50/92 e del d.P.R. n. 43/88.

Il comune convenuto eccepì il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore delle commissioni tributarie, e resistette subordinatamente nel merito.

Con sentenza n. 18 del 2005 il giudice di pace, ritenuto che la controversia rientrasse nella giurisdizione del giudice ordinario per essere stata proposta una domanda di risarcimento del danno da comportamento illegittimo senza contestazioni "in ordine ad imposte e tasse", ha accolto la richiesta risarcitoria nei limiti di E. 500,00 previa declaratoria di "illegittimità degli atti e/o provvedimenti emessi dal Comune di Pu. nei confronti di Ca.Gi. con intervento o riferimenti a studi legali".

Avverso la sentenza ricorre per cassazione il comune di Pu. affidandosi a tre motivi, due dei quali attinenti a questioni di giurisdizione.

Resiste con controricorso la Ca.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. Col primo motivo di ricorso la sentenza è censurata per aver ravvisato la giurisdizione del giudice ordinario benché la controversia vertesse in materia di ICI e, comunque, "ad elementi patrimoniali ad essa connessi", e fosse dunque devoluta alle commissioni tributarie provinciali ex artt. 1 e 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, concernenti anche le forme e le modalità della riscossione tributaria.

1.2. Col secondo motivo la giurisdizione del giudice ordinario è contestata in riferimento all'art. 3 della legge 4 dicembre 1971, n. 1036 (ma, recte, 6 dicembre 1971, n. 1034), che devolve ai tribunali amministrativi regionali la cognizione sulla legittimità degli atti amministrativi, invece dichiarata dal giudice di pace anche in relazione agli avvisi di accertamento ed all'atto di ingiunzione fiscale, tra l'altro in assenza di domanda in tal senso, sicché la sentenza era anche viziata per ultrapetizione.

Si sostiene anche che la sentenza impugnata è errata in diritto, per violazione degli artt. 25, 111 e 113 Cost. e dei principi generali dell'ordinamento, rientrando le scelte e le modalità di riscossione nell'ambito dell'autonomia potestativa comunale delineata dall'art. 56 del d.Igs. n. 446/97.

1.3. Col terzo motivo è denunciata violazione dei principi costituzionali e generali dell'ordinamento per avere il giudice di pace fondato la decisione relativa alla condanna sulla nota 4.3.2003, n. 179, priva di qualsiasi valore precettivo, con la quale il Garante del contribuente della Regione Pu. aveva ritenuto che il D.Lgs. n. 504 del 1992 in tema di riscossione dell'ICI non prevede "alcuna interpolazione di avvocato".

2. Tutti e tre i motivi sono infondati.

2.1. Quanto al primo, queste sezioni unite hanno chiarito che, sebbene l'art. 2, comma 2, del D.Lgs. 31. 12. 1992, n. 546, nella formulazione antecedente alla riforma del 2001, abbia esteso la giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie anche agli "altri accessori nelle materie di cui al comma 1", per accessori si intendono gli aggi dovuti all'esattore, le spese di notifica, gli interessi moratori ed il maggior danno da svalutazione monetaria (Cass., s.u., n. 722 del 1999).

E' stato anche affermato che se la domanda di risarcimento del danno sia basata sul comportamento illecito dell'ente impositore, la controversia non è sussu-mibile in una delle fattispecie tipizzate che, ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, rientrano nella menzionata giurisdizione esclusiva (Cass., s.u., nn. 15 e 8958 del 2007).

Va dunque escluso che rientri nella giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie, spettandone invece la cognizione al giudice ordinario, una controversia con la quale il privato, adempiuto il debito d'imposta relativo all'ICI non tempestivamente o integralmente versata, domandi il risarcimento dei danni subiti in sede di riscossione coattiva per aver dovuto corrispondere anche le somme pretese dal comune per l'assistenza legale allo stesso prestata da avvocati di cui l'ente pubblico si sia avvalso.

2.2. Quanto al secondo motivo, basta rilevare che il giudice di pace non ha annullato alcun atto amministrativo e non ha dunque invaso il campo proprio della giurisdizione generale di legittimità; ha invece, in funzione della pronuncia di condanna del comune al risarciménto del danno, dichiarato l'illegittimità degli atti o provvedimenti emessi "con intervento o riferimento a studi legali", così intendendo riferirsi, com'è reso assolutamente evidente dalla motivazione della sentenza, al fatto che il comune aveva ingiustificatamente agito in sede di riscossione coattiva anche per le somme dovute dall'ente agli avvocati con i quali aveva ritenuto di stipulare una convenzione per riceverne assistenza nell'attività di riscossione coattiva delle entrate comunali.

2.3. Quanto al terzo motivo, è sufficiente il rilievo che la sentenza impugnata non è affatto basata sulla menzionata nota del Garante (alla quale il giudice di pace ha fatto riferimento solo per porre in luce la colpa del comune per aver insistito nelle proprie pretese nonostante il difforme parere già da quello manifestato e comunicato agli organi comunali) ma sull'assenza di qualsiasi supporto normativo a sostegno della pretesa del comune, avvalsosi della procedura coattiva anche per la riscossione di somme di cui non avrebbe potuto pretendere il pagamento.

3. Il ricorso va conclusivamente rigettato con la declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE, A SEZIONI UNITE,

rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario e condanna il comune di Pu. alle spese del giudizio di legittimità, che liquida in E. 1.600, di cui E. 1.500 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori dovuti per legge.


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