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L'albergo produce tanti rifiuti ed è giusto che paghi lo smaltimento molto più caro di un'abitazione

L'albergo produce tanti rifiuti ed è giusto che paghi lo smaltimento molto più caro di un'abitazione.
Non rileva il carattere stagionale dell'attività, che eventualmente può giustificare una riduzione a discrezione del Comune: legittima la tariffa assai più elevata di quella praticata ai privati. (Corte di Cassazione Sezione Tributaria Civile, Sentenza del 28 maggio 2008, n. 13957)



- Leggi la sentenza integrale -

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLINI Giovanni - Presidente

Dott. CICALA Mario - rel. Consigliere

Dott. BOGNANNI Salvatore - Consigliere

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio - Consigliere

Dott. BERNARDI Sergio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI CHIANCIANO TERME, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE FLAMINIO 46 PAL/IV SC/B, presso lo studio dell'Avvocato GIAN MARCO GREZ, rappresentato e difeso dall'avvocato IARIA DOMENICO, giusta delega in calce;

- ricorrente -

contro

HO. LO. DI. FO. GI. SNC;

- intimato -

avverso la sentenza n. 71/03 della Commissione tributaria regionale di FIRENZE, depositata il 29/10/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/04/08 dal Consigliere Dott. Mario CICALA;

udito per il ricorrente l'Avvocato GONZI, per delega dell'Avvocato IARIA, che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. LECCISI Giampaolo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con tempestivo ricorso, l' Ho. Lo. di. Fo. Gi. C. snc impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Siena l'avviso di accertamento del comune di Chianciano Terme relativo alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani per gli anni dal 1996 al 1999, motivato dalla ritenuta non rispondenza della superficie denunciata, nonche' contestando le delibere comunali con le quali erano state approvate le tariffe per gli anni in questione (n. 767 del 25 luglio 1991; n. 15 del 28 febbraio 1998; n. 12 del 23 marzo 1999) ed i regolamenti per l'applicazione della Tarsu (n. 184 del 27 luglio 1983 e n. 9 del 23 marzo 1999). La societa' ricorrente, da un lato, deduceva l'illegittimita' derivata dell'atto impositivo impugnato in ragione dell'illegittimita' delle delibere tariffarie ritenute emanate in violazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 69 comma 2, per non aver motivato le ragioni per le quali era stata stabilita per le abitazioni e per gli alberghi una tariffa notevolmente differente; dall'altro, lamentava la omessa indicazione dei locali e delle aree considerate e delle rispettive destinazioni, in violazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 71 nonche' opponeva, limitatamente all'annualita' di imposta 1996, la decadenza del comune dal potere di accertamento.

Il comune resisteva in giudizio denunciando il difetto di giurisdizione del giudice tributario sulle delibere comunali impugnate e negando che vi fosse discrasia tra la tassazione degli alberghi rispetto alle abitazioni, essendo nozione comune la non omogeneita' nella produzione dei rifiuti degli uni rispetto alle altre.

La Commissione adita, affermato il proprio potere di disapplicazione in via incidentale degli atti amministrativi illegittimi, riteneva che le delibere tariffarie cui aveva fatto riferimento l'avviso di accertamento impugnato erano illegittime sotto il duplice profilo della ingiustificata disparita' di trattamento per elevata differenziazione tariffaria (rapporto da 1 a 3,4) fra categorie ritenute omologhe dalla stessa legge nonche' della omessa motivazione di tale differenziazione. Dalla illegittimita' delle delibere tariffarie discendeva, ad avviso del giudice di primo grado, l'illegittimita' dell'avviso di accertamento in quanto applicativo delle medesime: ne conseguiva il rigetto della pretesa tributaria. Inoltre la Commissione provinciale riteneva che il comune fosse decaduto dal potere di accertamento per il decorso del termine previsto dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 71 decadenza che, ad avviso del giudicante, era operante per tutte le annualita' successive, in quanto, non essendo previsto a carico del contribuente un obbligo di reiterare annualmente la denuncia, la maturazione del termine stabilito a pena di decadenza inibiva il potere di accertamento del comune per rutti gli anni di imposta fino a quello di notifica dell'avviso di riscontrata infedelta' dell'originaria denuncia.

Pronunciando sull'appello proposto dal comune - che contestava, tra l'altro, l'erroneo esercizio del potere di disapplicazione da parte del giudice di primo grado delle delibere comunali de quibus - la Commissione tributaria regionale della Toscana, con la sentenza in epigrafe, concordava con il primo giudice in ordine alla illegittimita' delle delibere comunali e alla derivata illegittimita' dell'avviso di accertamento: quanto alla (supposta) decadenza del comune dal potere di accertamento, riteneva di doverne limitare l'effetto al solo anno di imposta 1996, pur affermando che l'errore commesso al riguardo dalla Commissione provinciale non aveva "avuto conseguenze rilevanti, non avendo affatto influito sul dispositivo della sentenza impugnata".

Avverso la sentenza della Commissione regionale, il comune di Chianciano Terme proponeva ricorso per cassazione con sette motivi, il primo dei quali relativo alla questione (del difetto) di giurisdizione (del giudice tributario).

Con sentenza n. 16291 del 24 luglio 2007 le Sezioni Unite di questa Corte rigettavano il primo motivo del ricorso principale; dichiarano la giurisdizione del giudice tributario e rimettevano la controversia alla sezione semplice per la decisione degli ulteriori profili della controversia.

Il Comune ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. A seguito dell'avvenuta decisione della questione attinente alla giurisdizione si procede all'esame del merito.

Devono essere considerati, in primo luogo, il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso che sono funzionali ad una censura della sentenza impugnata per quanto concerne la disapplicazione della tariffa e del regolamento la cui legittimita' era stata contestata nel ricorso originario dalla contribuente. La censura, nel suo complesso, evidenzia, sotto profili diversi - violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 546 del 1992 articolo 7, e della Legge n. 2248 del 1865, articoli 4 e 5, All. E, (secondo motivo); violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 69 nonche' omessa insufficiente e contraddittoria motivazione (terzo motivo); violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 79 nonche' omessa insufficiente e contraddittoria motivazione (quarto motivo) -, l'erroneita' tanto dell'esercizio del potere di disapplicazione, quanto della ritenuta illegittimita' degli atti che, per il giudice di merito, ne e' ha costituito il fondamento.

1.1 La censura e' fondata e per chiarirne con immediatezza le ragioni occorre ristabilire la corretta prospettiva nella quale deve essere valutato l'atto impositivo la cui impugnazione e' all'origine del giudizio de quo. L'atto impositivo in questione non traeva fondamento da una (inesistente delibera di) variazione dell'importo della tariffa (rimasto, invece, inalterato), bensi' concerneva la differenza di imposta, pretesa nei confronti della contribuente per gli anni di riferimento, in relazione alla riscontrata "infedelta'" della dichiarazione in ordine alla dimensione delle superfici imponibili; in altri termini, per gli anni in questione, la contribuente aveva gia' corrisposto l'imposta secondo i ruoli ordinali, in ragione della (medesima) tariffa (non contestata), applicata, tuttavia, su di una superficie imponibile inferiore a quella ritenuta corretta dal Comune, il quale, quindi, pretendeva esclusivamente la differenza di imposta dovuta alla maggiore superficie accertata.

1.2 Per tutte le annualita' che sono oggetto dell'atto impositivo in contestazione, e per le annualita' alle stesse precedenti, la contribuente ha sempre corrisposto regolarmente l'imposta in questione e l'ha corrisposta in ragione della medesima tariffa la quale - a partire per quanto qui interessa, dalla delibera di approvazione delle tariffe n. 767 del 25 luglio 1991 (applicabile anche per le annualita' 1995, 1996 e 1997), per finire alle Delib. 28 febbraio 1998, n. 15, e Delib. 23 marzo 1999, n. 12, (applicabili, rispettivamente, per le annualita' 1998 e 1999) - non ha subito alcuna modificazione quantitativa, sia in senso assoluto, sia in senso relativo (ossia considerata con riferimento alle tariffe gravanti sulle altre categorie di soggetti passivi dell'imposizione). Tali circostanze - l'aver la contribuente pagato l'imposta secondo i ruoli ordinari (sia pur con riferimento ad una superficie minore di quella poi accertata) con applicazione della medesima tariffa e la mancata variazione della tariffa il cui importo e' stato costantemente confermato dalle delibere de quibus nel corso degli anni ai quali si riferisce l'avviso di accertamento in questione - hanno valenza decisiva alla luce di una corretta interpretazione del sistema emergente dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993.

1.3 Il citato decreto legislativo non sancisce, in alcun modo (diversamente da quanto mostra di ritenere l'impugnata sentenza), l'illegittimita' delle delibere tariffarie adottate dai competenti organi comunali in epoca antecedente (l'entrata in vigore del decreto de quo), qualora non siano approvati un nuovo regolamento e le delibere tariffarie dello stesso applicative secondo le linee richieste dalla riforma.

La lettura degli articoli 69 e 79, ne da una convincente conferma: a) la prima di tali norme stabilisce che, a regime, i Comuni, "in base alla classificazione ed ai criteri di graduazione contenuti nel regolamento", approvano entro il 31 ottobre di ciascun anno (salvo le diverse proroghe che a questo termine nel corso degli anni sono state apportate da vari provvedimenti legislativi) "le tariffe per unita' di superficie dei locali ed aree compresi nelle singole categorie o sotto categorie, da applicare nell'anno successivo": la sola conseguenza prevista per l'ipotesi di omessa deliberazione e' la conferma della tariffa approvata (e applicata) per l'anno precedente (non gia' l'illegittimita' di tale tariffa).

Da tale disposizione, sebbene essa non sia riferita alla fase transitoria, puo' ricavarsi comunque un principio di carattere generale, secondo il quale la conseguenza della eventuale illegittimita' di una delibera tariffaria ha come conseguenza non gia' la liberazione della contribuente da qualsiasi obbligo di pagamento per il servizio di raccolta rifiuti, bensi' l'applicazione della tariffa vigente in precedenza;

b) la seconda delle predette norme (al comma 2), concernente il regime transitorio, riconosceva ai Comuni per l'adozione di un nuovo regolamento (e delle modificazioni da apportare alle tariffe) uno spatium deliberationis che non e' compresso all'interno di un termine perentorio (come comprovano peraltro, le proroghe disposte dallo stesso legislatore) e che non e' provvisto di sanzione per l'ipotesi di ritardo, nel senso che ne derivi l'illegittimita' del previgente regolamento e delle tariffe conseguenti: in realta', essendo lo spirito della riforma quello di promuovere un adeguamento delle tariffe ai costi, il ritardo nell'approvazione delle nuove tariffe comportava per il Comune interessato una indiretta sanzione costituita dall'accrescersi del proprio indebitamento, per la mancata copertura dei costi del servizio nel caso in cui le previgenti tariffe non fossero sufficienti allo scopo.

1.4 Lo spatium deliberationis assegnato ai Comuni dalla ricordata disposizione, aveva una "scadenza" diversa a seconda che si trattasse delle "modificazioni al regolamento del servizio di nettezza urbana e quelle al regolamento della tassa", fissata originariamente al 30 giugno 1994, o delle "modificazioni alla classificazione delle categorie tassabili ed alle tariffe derivanti dall'attuazione dei criteri di commisurazione del tributo previsti dall'articolo 65", fissata originariamente al 31 ottobre 1995, per l'applicazione a decorrere dal 1 gennaio 1996.

Il termine era differito al 31 gennaio 1996 dal Decreto Legge n. 444 del 1995 articolo 9 comma 2, (conv. con Legge n. 539 del 1995) e, successivamente, quello relativo alla adozione di "modificazioni alla classificazione delle categorie tassabili ed alle tariffe derivanti dall'attuazione dei criteri di commisurazione del tributo previsti dall'articolo 65" era differito al 31 ottobre 1998 dalla Legge n. 146 del 1998 articolo 33.

Nel frattempo veniva approvato il Decreto Legislativo n. 22 del 1997 che, all'articolo 47, sopprimeva la tassa per i rifiuti solidi urbani prevista dal Decreto Legislativo n. 507 del 1993 e la sostituiva con una tariffa, i cui criteri venivano indicati dalla norma stessa. Ne' basta: il Decreto Legislativo n. 446 del 1997 all'articolo 52, nell'ambito del titolo dedicato al riordino dei tributi locali, attribuiva ai comuni potesta' regolamentare anche per la disciplina delle proprie entrate tributarie e stabiliva che i relativi regolamenti fossero approvati con apposita deliberazione non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione con effetto dal 1 gennaio dell'anno successivo: il Decreto Legge n. 8 del 1999 articolo 1 (conv, con Legge n. 75 del 1999) differiva al 31 marzo 1999 il termine previsto per deliberare le tariffe, le aliquote di imposta per i tributi locali e per l'approvazione dei regolamenti il cui termine di scadenza e' stabilito contestualmente alla data della deliberazione del bilancio (e coerentemente con tale termine, il Comune di Chianciano il 23 marzo 1999 approvava il regolamento per la tassa sui rifiuti solidi urbani con la Delib. n. 9).

1.5 In questo quadro complesso non potevano certamente ritenersi illegittime, in special modo con riferimento ai profili indicati dal giudice di merito, le delibere di approvazione delle tariffe n. 767 del 25 giugno 1991 (per le annualita' 1995, 1996 e 1997) e n. 15 del 28 febbraio 1998 (per l'annualita' 1998), in quanto adottate in data antecedente alla scadenza del termine per la relativa modificazione (fissato al 31 ottobre 1998) : pendente tale termine non poteva configurarsi alcun obbligo di adeguamento (qualora davvero nel caso di specie un siffatto adeguamento fosse necessario) alle prescrizioni di cui al Decreto Legislativo n. 507 del 1993. Ancor piu'. Se pur si volesse ammettere un obbligo per il Comune di adeguarsi comunque alle prescrizioni di cui al Decreto Legislativo n. 507 del 1993 in particolare con riferimento alla motivazione della tariffa applicata, tale obbligo motivazionale avrebbe potuto sussistere solo se la tariffa in questione fosse stata modificata, rispetto alla previgente, successivamente all'entrata in vigore della legge di riforma: non nell'ipotesi, verificatasi nella specie, di conferma della previgente tariffa, la quale, come si e' gia' detto, continuerebbe a trovare in ogni caso applicazione per l'ipotesi della eventuale illegittimita' della nuova tariffa.

Resta la Delib. 23 marzo 1999, n. 12, di approvazione della tariffa per l'anno 1999 (la quale, per quanto qui interessa, e' restata quantitativamente inalterata rispetto alle precedenti) : tale delibera, tuttavia, non trovava piu' fondamento nel regolamento n. 184 del 27 luglio 1983, bensi' nel nuovo regolamento "per l'applicazione della tassa rifiuti solidi urbani" approvato, nei termini previsti dal Decreto Legge n. 8 del 1999 dal Comune con la Delib. consiliare 23 marzo 1999, n. 9, sulla base del Decreto Legislativo n. 507, e del Decreto Legislativo n. 22 del 1997 (cd. "Decreto Ronchi"). Orbene a tale regolamento la sentenza impugnata non fa riferimento, ponendo a base della propria decisione esclusivamente il regolamento del 27 luglio 1983, il quale non puo' costituire in alcun modo il parametro di valutazione di legittimita' di una delibera tariffaria che dichiaratamente e' applicazione di un diverso atto di esercizio della potesta' regolamentare.

Conclusivamente va affermato il seguente principio di diritto: "In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), la mancata approvazione del nuovo regolamento e delle relative tariffe nei termini stabiliti dal Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 79, comma 2, (e prorogati dapprima per effetto del Decreto Legge 27 ottobre 1995, n. 444, articolo 9, comma 2, convertito in Legge 20 dicembre 1995, n. 539, e della Legge 8 maggio 1998, n. 146, articolo 33, e successivamente, a seguito della trasformazione della tassa in tariffa disposta dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 47, per effetto del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 52, e del Decreto Legge 26 gennaio 1999, n. 8, articolo 1, convertito in Legge 25 marzo 1999, n. 75) non comporta l'illegittimita' delle delibere tariffarie adottate in epoca anteriore all'entrata in vigore della nuova disciplina, non avendo i predetti termini carattere perentorio, e non essendo quindi configurabile alcun obbligo di adeguamento a carico dei competenti organi comunali: ne consegue che la contribuente non e' liberato da qualsiasi obbligo di pagamento per il servizio di raccolta dei rifiuti, continuando invece a trovare applicazione, ai sensi del Decreto Legislativo n. 507 cit., articolo 69, comma 1, ultimo periodo, la tariffa precedentemente vigente".

2. Con il quinto motivo di ricorso, il Comune ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 69 nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Il motivo e' fondato, in quanto la sentenza impugnata appare carente sotto il profilo motivazionale.

2.1 Diversamente da quanto il giudice di merito mostra di ritenere, costituisce un dato di comune esperienza la maggiore capacita' produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione, e di tanto ci si puo' agevolmente convincere attraverso un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, nei quali la categoria degli esercizi alberghieri e' distinta da quella delle civili abitazioni e la tariffa applicata ai primi e' notevolmente superiore alla tariffa applicata alle seconde.

E non e' un caso che siffatta distinzione di classificazione e di valutazione quantitativa della tariffa sia direttamente indicata dal citato "decreto Ronchi", che il Comune dichiaratamente pone a base del regolamento approvato il 23 marzo 1999, l'unico che possa essere assunto a parametro per la valutazione della legittimita' di una delibera tariffaria alla luce delle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 507 del 1993. Irrilevante e' anche il riferimento alla stagionalita' dell'attivita' alberghiera, la quale puo' eventualmente dar luogo alla applicazione di speciali riduzioni di imposta che, tuttavia, restano nella assoluta discrezionalita' dell'ente impositore.

2.2 Invero, deve essere anche considerato che il Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 69 comma 2, non prende in considerazione i "rapporti tra le tariffe" nel senso inteso dal giudice di merito come riferito alle differenze proporzionali delle tariffe applicate a ciascuna categoria classificata bensi' piu' specificamente i rapporti tra le tariffe e i costi del servizio "discriminati in base alla loro classificazione economica": sicche' la sentenza impugnata ha, sotto questo aspetto, fatto malgoverno della citata disposizione.

3. Con il sesto motivo di ricorso, il Comune ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 71 nonche' omessa, insufficiente motivazione: si tratta del punto che, solo, avrebbe dovuto essere base del giudizio, cioe' quello relativo alla differente superficie tassabile accertata dal Comune.

Il motivo e' fondato. Dalla stessa sentenza impugnata emerge che l'accertamento delle superfici e' stato eseguito dall'incaricata societa' CO. le cui schede di rilevamento erano in possesso della contribuente:

poiche' la motivazione dell'atto impositivo faceva riferimento a questa rilevazione, nota alla contribuente, essa doveva considerarsi sufficiente ad assolvere il requisito motivazionale richiesto per l'accertamento. La societa' contribuente essendo in possesso delle schede di rilevazione era in grado di esercitare il proprio diritto di difesa contestando l'estensione delle superfici accertate o la loro assoggettabilita' integrale all'imposizione: ma sotto questo aspetto nessuna contestazione (per quanto emerge dalla sentenza impugnata) e' stata svolta dalla contribuente, la quale ha esaurito la propria censura nel(l'inesistente) difetto di motivazione dell'avviso.

Conclusivamente va affermato il seguente principio di diritto: "In tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), e' legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe, in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime: la maggiore capacita' produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce infatti un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell'attivita', il quale puo' eventualmente dar luogo all'applicazione di speciali riduzioni d'imposta, rimesse alla discrezionalita' dell'ente impositore; i rapporti tra le tariffe, indicati dal Decreto Legislativo 15 novembre 1993, n. 507, articolo 69, comma 2, tra gli elementi di riscontro della legittimita' della delibera, non vanno d'altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica".

5. Con il settimo motivo di ricorso, il Comune denuncia violazione e falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 507 del 1993 articolo 71, e articolo 112 c.p.c., nonche' omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver il giudice di merito, pur riconoscendo che la sentenza di primo grado avesse pronunciato ultra petita estendendo la dichiarazione di decadenza anche alle annualita' diverse dal 1996 (la sola rispetto alla quale la decadenza fosse stata eccepita), aveva, tuttavia, confermato la stessa sentenza di primo grado, affermando che tale errore non aveva avuto conseguenze rilevanti, "non avendo affatto influito sul dispositivo" della sentenza di prime cure.

Il motivo e' fondato in quanto il giudice d'appello, riconosciuta l'ultrapetizione nella quale era incorso il giudice di primo grado, doveva riformarla sotto questo profilo.

Debbono pertanto essere accolti, in adesione ai principi affermati da ultimo con la sentenza delle Sezioni Unite 8278 del 31 marzo 2008 i motivi di ricorso non ancora decisi. La sentenza impugnata deve essere consequenzialmente cassata e, ricorrendone le condizioni, la causa puo' essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente, salvo il giudicato sulla intervenuta decadenza del Comune dal potere di accertamento in rettifica per il solo anno 1996.

La complessita' della vicenda costituisce ragione per la compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione

Accoglie i motivi di ricorso dal secondo al settimo cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese dell'intero giudizio.

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