imposta di registro società scioglimento

Il combinato disposto degli art. 2252 e 2275 c.c. autorizza, in conformità con i principi generali in materia di società di persone, i soci di tali enti a determinare liberamente le modalità di liquidazione della società, sia in via preventiva (nell'ambito delle pattuizioni costituenti l'oggetto del contratto sociale), sia in via successiva (mediante accordo tra i soci), atteso che le valutazioni in merito alle procedure di estinzione dei rapporti societari pendenti competono, innanzitutto, a coloro che si rendano interpreti degli interessi dell'ente, evitando, se del caso (ed ove possibile), di imporre l'osservanza di un procedimento formalizzato, eventualmente incongruo rispetto alle esigenze ed alle dimensioni della società a base personale (nelle quali le ragioni dei creditori sono già garantite dal regime di responsabilità illimitata dei soci).

Cass. civ. Sez. V, 23-12-2000, n. 16175 Cass. civ. Sez. V, 23-12-2000, n. 16175



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Cass. civ. Sez. V, 23-12-2000, n. 16175

IMPOSTA REGISTRO
Azienda
SOCIETA'
Società
(scioglimento)

Massima

Il combinato disposto degli art. 2252 e 2275 c.c. autorizza, in conformità con i principi generali in materia di società di persone, i soci di tali enti a determinare liberamente le modalità di liquidazione della società, sia in via preventiva (nell'ambito delle pattuizioni costituenti l'oggetto del contratto sociale), sia in via successiva (mediante accordo tra i soci), atteso che le valutazioni in merito alle procedure di estinzione dei rapporti societari pendenti competono, innanzitutto, a coloro che si rendano interpreti degli interessi dell'ente, evitando, se del caso (ed ove possibile), di imporre l'osservanza di un procedimento formalizzato, eventualmente incongruo rispetto alle esigenze ed alle dimensioni della società a base personale (nelle quali le ragioni dei creditori sono già garantite dal regime di responsabilità illimitata dei soci).

Svolgimento del processo

Con avviso n. 435 del 1992 l'Ufficio IVA di Avellino rettificava la denuncia presentata per l'anno 1991 dal Sig. Urcioli Michele quale rappresentante della SAE Urcioli Gaetano e Michele, accertando un maggior debito d'imposta di L. 93.720.000 oltre accessori.

La rettifica veniva effettuata nella considerazione che, la convenzione 28/01/91, con la quale i predetti due soci stabilivano di sciogliere la società di fatto tra loro esistente e contestualmente disponevano il trasferimento da Urcioli Gaetano ad Urcioli Michele, dei diritti, pari alla metà, vantati dal primo sulla comune azienda, non dovesse scontare, non potendosi qualificare come cessione di quota d'azienda, l'imposta di registro, così come sostenuto da Urcioli Michele, bensì l'IVA, trattandosi di mera cessione di beni.

Mentre la Commissione Tributaria di primo grado di Avellino rigettava il ricorso proposto dal contribuente, quella di secondo grado, in parziale accoglimento del ricorso, nel confermare che l'operazione era stata correttamente assoggettata ad IVA, riduceva l'accertamento, determinando il ricarico nella misura del 10% anziché del 50%.

Quest'ultima decisione veniva impugnata tanto dal contribuente, che insisteva per l'annullamento dell'accertamento, quanto dall'Ufficio che riteneva la revisione estimativa compiuta dalla Commissione inficiata da carenze motivazionali.

La Commissione Tributaria Centrale, con la decisione in epigrafe indicata, rigettava il ricorso del contribuente, ritenendo, alla stregua della normativa vigente ed applicabile, che lo scioglimento delle società di persone comportava, inesorabilmente, la relativa messa in liquidazione che, nel caso, era stata attuata, per l'appunto, con la cessione, della metà dei beni costituenti il compendio sociale, dall'uno all'altro socio.

Accoglieva, per contro, il ricorso proposto dall'Ufficio, annullando la decisione, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale, tenuto conto che il Giudice di secondo grado aveva del tutto omesso di fornire una qualche motivazione in ordine alla  statuizione relativa alla riduzione della percentuale di ricarico.

Con ricorso notificato il 10/12/98 Urcioli Michele in proprio e quale legale rappresentante della S.d.f Urcioli Gaetano e Urcioli Michele, ha impugnato la decisione in epigrafe indicata, prospettandone la relativa illegittimità con tre mezzi.

Con il primo viene dedotta violazione e falsa applicazione di legge; Motivazione insussistente ovvero incomprensibile ex art. 111 Costituzione in relazione agli artt. 2275, 2280, 2283, 1322, 1362, 1372, 13, 2247, 2266 C.C.; art. 2 DPR 26/10/72 n. 633 e successive modifiche ed integrazioni; art. 37 DPR 26/10/72 n. 636 e successive modifiche ed integrazioni.

Con il secondo motivo la sentenza viene censurata per violazione o falsa applicazione di legge - Motivazione insussistente e contraddittoria ex art. 111 Costituzione in relazione agli artt. 2909 C.C., 329 C.p.C.; 25 e 39 d.P.R. .26/10/72; 2 d.P.R. 26/10/72 n. 633 e successive modifiche ed integrazioni; art. 37 d.P.R. 26/10/72 n. 636 e successive modifiche e integrazioni.

Con il terzo mezzo, infine, si lamenta motivazione insussistente o incomprensibile per contrasto con il dispositivo ex art. 37 d.P.R. 26/10/72 n. 636 in relazione all'art. 111 Cost.

Il Ministero delle Finanze, con controricorso notificato il 19/01/99, ha evidenziato l'infondatezza del gravame e chiesto la conferma dell'impugnata decisione.

Con memoria 03/07/2000 l'Urcioli ha ulteriormente illustrato le proprie ragioni, quali prospettate con il ricorso insistendo per il relativo accoglimento.

Motivi della decisione

Con il primo motivo viene denunciata violazione o falsa applicazione di legge; motivazione insussistente ovvero incomprensibile, in relazione agli artt. 2275, 2280, 2283, 1322, 1362, 1372, 13, 2247, 2266 c.c.; art. 2 DPR 26/10/72 n. 633 e successive modifiche ed integrazioni; art. 37 DPR 26/10/72 n. 636 e successive modifiche ed integrazioni.

Si deduce che la decisione impugnata sarebbe stata emessa in spregio alle richiamate disposizioni di legge, avuto riguardo al fatto che la stessa avrebbe affermato l'erroneo principio che gli effetti dello scioglimento della società di persone non possono essere liberamente regolati dai soci; che, pertanto, non era stata attribuita la dovuta rilevanza giuridica alla scrittura 28/01/91, intervenuta tra i soci di fatto Urciuoli Michele e Gaetano, e, conseguentemente, non era stato considerato che l'azienda, originariamente in proprietà esclusiva della società, in forza di detta convenzione era stata assegnata in comunione ordinaria tra i soci, e che, quindi, la successiva operazione di trasferimento della quota di azienda all'Urciuoli Michele, risultava soggettivamente riferibile non già alla  disciolta società, bensì al comunista Urciuoli Gaetano, che ne aveva acquisito la disponibilità in virtù del rogito del 28/01/91 e, pertanto, non era soggetta ad IVA.

La doglianza, che investe un punto rilevante ai fini decisionali, è fondata.

Dal complesso normativo in esame, si evince, infatti, che, per le società di persone, il procedimento di scioglimento e liquidazione convenzionale costituisce la regola, laddove il procedimento formale si caratterizza in termini di sussidiarietà.

Il combinato disposto degli artt. 2252 e 2275 c.c., infatti, in conformità ai principi generali in materia di società di persone, autorizza i soci a determinare liberamente le modalità di liquidazione della società, sia in via preventiva, nell'ambito delle pattuizioni costituenti l'oggetto del contratto sociale, sia in via successiva, mediante accordo fra i soci.

Al riguardo la giurisprudenza consolidata di questa Corte sottolinea come la disciplina codicistica riconosca un ampio ambito di autonomia ai soci, con l'obiettivo specifico di consentire che le valutazioni in merito alle procedure di estinzione dei rapporti pendenti siano compiute inanzitutto (*) da coloro che si rendono interpreti degli interessi della società, evitando - fin quando ciò sia possibile - di imporre l'osservanza di un procedimento formalizzato che potrebbe risultare incongruo rispetto alle esigenze ed alle dimensioni delle società a base personale, nelle quali le ragioni dei creditori della società sono già garantite dal regime di responsabilità illimitata dei medesimi (v. Cass. n. 860/92; n. 1468/81; n. 2099/70).

Ritiene, pertanto, la Corte, alla stregua della citata normativa, che, caratterizzandosi lo scioglimento delle società di persone e la relativa liquidazione per la sostanziale autonomia che la legge riconosce ai soci nella relativa regolamentazione, in assenza di apposite clausole statutarie, il ricorso al procedimento formale sia possibile solo ove manchi l'accordo dei soci ovvero gli stessi preferiscano avvalersene.

La Commissione Tributaria Centrale, trascurando questi principi di diritto e muovendo, quindi, dall'errata premessa che le modalità della liquidazione non possano essere liberamente convenute dai soci, si è posta nella condizione di non interpretare correttamente il contenuto del rogito notarile del 28 gennaio 1991, in quanto: a) ha negato autonomo rilievo alla disposizione concernente lo scioglimento della società, perciò disconoscendo il consequenziale assoggettamento del patrimonio sociale e dell'azienda, già di pertinenza della società, al regime della comunione indivisa tra gli ex soci; b) per converso, ha ritenuto giuridicamente rilevante solo la cessione da parte di Gaetano Urciuoli in favore di Michele Urciuoli, incorrendo così nell'ulteriore errore di negare distinta soggettività alla (preesistente) società, dal momento che ha ravvisato proprio in tale cessione dall'uno all'altro socio la modalità della liquidazione stessa.

Come si è premesso, questi vizi inficiano in radice la decisione impugnata, giacché, se il rogito notarile venisse interpretato in conformità alla prospettazione del ricorrente, verrebbe a cadere il presupposto dell'accertamento iva, operato ai sensi dell'art. 2, comma 2 n. 6, d.P.R. n. 633 del 1972, concernente "le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società"; e residuerebbe la cessione della quota dei redditi dell'azienda da parte di Gaetano Urciuoli, che, come si riconosce dalla stessa Avvocatura, non sarebbe soggetta ad iva per mancanza del presupposto soggettivo.

Con l'accoglimento del motivo esaminato, restano assorbiti gli altri e perciò la decisione deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale procederà a nuovo esame della controversia attenendosi a principi di diritto e ai rilievi innanzi svolti e provvederà anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania, che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di cassazione.

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