Riscossione - Liquidatori di società - Responsabilità ex art. 36, D.P.R. 602/1973

L'azione di responsabilità nei confronti del liquidatore di una società con riguardo ai crediti di imposta sul reddito delle persone giuridiche, i cui presupposti si siano verificati a carico della stessa, ancorchè accertati successivamente, che l'art. 36 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, riconosce all'Amministrazione finanziaria nel caso in cui questi abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza provvedere al loro pagamento, è esercitabile alla duplice condizione che i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società possano essere posti in riscossione e che sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima.

Sent. n. 12546 del 15 ottobre 2001 (ud. del 27 marzo 2001) della Corte Cass., Sez. tributaria



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Sent. n. 12546 del 15 ottobre 2001 (ud. del 27 marzo 2001) della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Delli Priscoli, Rel. Oddo Riscossione - Liquidatori di società - Responsabilità ex  art.  36,  D.P.R. n. 602/1973 - Per tributi accertati  successivamente  alla  chiusura  della liquidazione - Configurabilità - Condizioni Riscossione  -  Liquidatori  di  società   -   Azione   di   responsabilità dell'Amministrazione finanziaria - Esercizio - Termine di prescrizione Riscossione - Liquidatori di società - Responsabilità ex  art.  36,  D.P.R. n. 602/1973 - Natura - Insorgenza - Conseguente estraneità dei  liquidatori al procedimento di accertamento del tributo - Art. 36, D.P.R. 29  settembre 1973, n. 602     Massime - L'azione di responsabilità nei confronti del  liquidatore  di una società con riguardo ai crediti di imposta sul  reddito  delle  persone giuridiche, i cui presupposti si siano verificati a  carico  della  stessa, ancorchè accertati successivamente, che l'art. 36 del D.P.R.  29  settembre 1973, n. 602, riconosce all'Amministrazione finanziaria  nel  caso  in  cui questi abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza  provvedere al loro pagamento, è esercitabile alla duplice condizione che  i  ruoli  in cui siano  iscritti  i  tributi  della  società  possano  essere  posti  in riscossione e che sia acquisita legale certezza che i  medesimi  non  siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima.     Il carattere proprio di tale obbligazione, che  deriva  dall'osservanza da parte del liquidatore di uno  specifico  obbligo  di  legge  su  di  lui gravante, comporta, inoltre,  che  una  tale  responsabilità  possa  essere invocata dall'Amministrazione finanziaria,  una  volta  realizzate  le  due condizioni, nell'ordinario termine decennale di prescrizione,  non  essendo la stessa equiparabile a quella  derivante  dalla  responsabilità  verso  i creditori,  di  cui  agli  2456  del  codice   civile,   nè qualificabile come coobligazione nei  debiti  tributari,  ma  riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218 del codice civile.     La natura  e  l'oggetto  di  tale  responsabilità  comportano  che  pur dipendendo  l'attualità  della   stessa   dalla   conseguita   certezza   e definitività del debito tributario, l'obbligato è  del  tutto  estraneo  al procedimento  di  accertamento  del  medesimo  e   che,   conseguentemente, eventuali ragioni di invalidità di tale  procedimento  non  possono  essere opposte dal liquidatore o amministratore-liquidatore di  fatto  e  rilevate dal giudice.   (Oggetto della controversia: avviso di accertamento)
    Fatto - Con avviso notificato il 31 dicembre 1981 l'ufficio  II.DD.  di Roma recuperava a tassazione ricavi per lire 1:172.995.350, derivanti dalla vendita negli anni 1975 e 1976 di due lotti di terreno in agro di Cerveteri alla S.Coop. R.l. G.A., dei quali era  stata  omessa  la  dichiarazione  da parte della proprietaria S.r.l. F.M.B.C. ed irrogava le relative sanzioni.     L'accertamento diveniva definitivo il 23 aprile 1983  a  seguito  della mancata impugnazione del rigetto del ricorso  proposto  avverso  lo  stesso alla Commissione tributaria di primo grado e L'Amministrazione  finanziaria il 16  settembre  1992,  all'esito  della  procedura  di  fallimento  della società, conclusasi il 13 gennaio 1991 con il pagamento parziale delle sole spese  prededucibili,  emetteva,  nei  limiti  dei  ricavi   recuperati   a tassazione, avviso di accertamento nei confronti di M.S., nella qualità  di amministratore che di fatto aveva proceduto alla liquidazione della società per responsabilità personale nel mancato pagamento di imposte relative agli esercizi sociali 1971, 1972, 1973 e 1975.     Il ricorso dal S. avverso l'accertamento, rigettato nei primi due gradi di giudizio dalle Commissioni tributarie, veniva accolto dalla  Commissione tributaria centrale, che l'8 aprile-5 maggio 1997 annullava la decisione di secondo grado sul  rilievo  dell'invalidità  dell'accertamento,  in  quanto fondato su controlli estranei alla sfera giuridica del ricorrente e  su  un giudicato a lui non opponibile, e dell'intervenuta prescrizione del credito erariale nel novembre 1992, giacché l'inizio della decorrenza del  relativo termine,  stante  la  natura  personale   ed   autonoma   dell'obbligazione dell'amministratore, non poteva essere individuato nel momento in  cui  era stata accertata con il fallimento la morosità-insolvenza della società.     Avverso la decisione il 27 gennaio 1998  l'Amministrazione  finanziaria proponeva ricorso per cassazione articolato in tre motivi, il S. notificava il 9 marzo 1998 controricorso  e  ricorso  incidentale  condizionato  e  la ricorrente  principale,  a  sua  volta,  notificava  il  16   aprile   1998 controricorso al ricorso incidentale.       Diritto - A norma dell'art. 335, del codice  di  procedura  civile,  va disposta la riunione dei ricorsi proposti in via principale  dal  Ministero delle finanze ed in via incidentale dal S.     È infondata l'eccezione, con la quale il resistente  ha  denunciato  la inammissibilità dell'impugnazione notificata presso la sua residenza e  non nel  domicilio  eletto  presso  il   proprio   difensore   all'atto   della costituzione nel giudizio, atteso che  un  tale  vizio  non  determinerebbe l'inesistenza giuridica, ma una nullità  delle  notifica  del  ricorso  per cassazione (cfr.: Cass. civ., Sez. II, sent. 7 aprile 2000), e che, essendo il medesimo emendabile, ex tunc, ai sensi dell'art. 291, primo  comma,  del codice di procedura civile, con la rinnovazione dell'atto, l nullità stessa sarebbe  stata  sanata,  in  ogni  caso,  dalla  spontanea   e   tempestiva costituzione nel grado di legittimità della parte citata (cfr.: Cass. civ., Sez. III, sent. 23 giugno 1997, n. 5575).     Con il primo motivo la ricorrente principale ha denunciato  l'omissione e l'illogicità della motivazione  della  sentenza  impugnata  su  un  punto decisivo della controversia, poiché la mancata  indicazione  da  parte  dei giudici del termine iniziale del periodo di prescrizione  del  diritto  non consentirebbe   di   comprendere   l'iter   logico   posto   a   fondamento dell'affermazione   dell'intervenuta   estinzione   del   credito   vantato dall'Amministrazione finanziaria nei confronti  del  liquidatore  di  fatto della società.     La denuncia è inammissibile.     Le decisioni rese dalla Commissione tributaria centrale nel regime  del contenzioso tributario previsto dal D.P.R. 26 ottobre 1972,  n.  636,  sono impugnabili   per   cassazione   col   ricorso    straordinario    previsto dall'art. 111, secondo comma Cost.,  e,  essendo  tale  rimedio  consentito soltanto per il vizio di violazione di legge, il ricorso stesso, fuori  del caso  di  asserita  radicale  carenza  della  motivazione  ovvero  del  suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee per la  loro  mera  apparenza  o contraddittorietà a rivelare la ratio decidendi, non  può  sollecitare  una indagine sulla sufficienza od adeguatezza  della  motivazione  medesima  in relazione all'apprezzamento da parte del  giudice  di  questioni  di  fatto poste a fondamento della sua decisione (cfr.: Cass. civ., Sez. I, sent.  11 febbraio 1999, n. 1147; Cass. civ., Sez. I, sent. 28 aprile 1998, n.  4312; Cass. civ., Sez. I, sent. 10 aprile 1998, n. 3719).     Sotto il profilo sollevato dalla ricorrente la  sentenza  impugnata  si sottrae, quindi,  all'invocato  sindacato  di  legittimità,  nonostante  la genericità del richiamo, quale fondamento della prescrizione  del  diritto, alla   notifica   dell'avviso   di    accertamento    per    responsabilità dell'amministratore dopo il decorso di circa venti anni dal momento in  cui il credito nei suoi confronti era divenuto certo, liquido ed esigibile.     Siffatta genericità non assume, invero,  alcun  rilievo,  da  un  lato, sull'identificabilità della specifica ragione  della  pronuncia  nella  non condivisione  dell'assunto  dell'Amministrazione  finanziaria,  secondo  il quale il credito erariale  nei  confronti  del  liquidatore  di  fatto  non sarebbe  stato  esigibile  in  epoca  anteriore  alla   dichiarazione   del fallimento, che avrebbe comportato soltanto nell'anno  1984  l'accertamento della morosità-insolvenza della società contribuente, e, dall'altro,  sulla compiutezza della motivazione censurata, la quale ha dato  conto  con  quel richiamo del non essersi verificato nel decennio  anteriore  alla  notifica dell'avviso  di  accertamento  alcun  evento  ostativo  all'esercizio   del diritto.     Con il secondo motivo d'impugnazione l'Amministrazione  finanziaria  ha lamentato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2935 del codice civile e dell'art. 36, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in riferimento agli artt. 360, primo comma, n. 3 e 62, primo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonchè l'insufficienza ed illogicità della motivazione  della sentenza relativamente all'asserzione che l'azione del fisco nei  confronti del liquidatore di beni sociali, il quale aveva pregiudicato con il proprio comportamento le garanzie patrimoniali dello Stato, avrebbe  potuto  essere esercitata anche anteriormente all'evidenziazione dello stato  d'insolvenza della società contribuente.     Non  avrebbe  considerato  la  Commissione  tributaria   centrale,   in particolare, che, cominciando a decorrere la prescrizione  dal  momento  in cui un diritto può essere fatto valere e  presupponendo  la  responsabilità dell'amministratore-liquidatore di fatto il  previo  accertamento  sia  dei crediti  dell'erario  verso  la  società,  le  cui  attività  siano   state assoggettate a liquidazione, e sia il mancato soddisfacimento degli  stessi con   l'attivo   realizzato,    nessuna    possibilità    sussisteva    per l'Amministrazione finanziaria di invocare  una  tale  responsabilità  prima della  definitività  dell'accertamento  stesso  e  dell'acquisizione  della certezza dell'impossibilità che la  pretesa  tributaria  fosse  soddisfatta dalla contribuente.     La doglianza, inammissibile analogamente alla prima censura  quanto  ai dedotti vizi di  motivazione,  è,  invece,  ammissibile,  facendo  puntuale riferimento  ad  una  delle  ragioni  della  decisione,  e  fondata   nella prospettata  violazione  e  falsa  applicazione  delle  norme  di   diritto menzionate.     L'azione di responsabilità nei confronti del liquidatore di una società con riguardo ai crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche, i cui presupposti  si  siano  verificati  a  carico  della  stessa,  ancorchè accertati successivamente, che l'art. 36, del D.P.R. n. 602/1973,  al  pari dell'abrogato art. 265, del D.P.R.  29  gennaio  1958,  n.  645,  riconosce all'Amministrazione finanziaria nel  caso  che  questi  abbia  esaurito  le disponibilità della liquidazione senza  provvedere  al  loro  pagamento,  è esercitabile alla duplice condizione che i ruoli in cui  siano  iscritti  i tributi della società  possano  essere  posti  in  riscossione  e  che  sia acquisita legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima (cfr.: Cass. civ., Sez. Un.,  sent.  6 maggio 1985, n. 2820; Cass. civ., Sez. I, sent. 7  giugno  1989,  n.  2768; Cass. civ. Sez. I, sent. 14 settembre 1995, n. 9688).     Il carattere proprio di tale obbligazione, che deriva dall'inosservanza da parte del liquidatore di uno specifico obbligo di legge su lui gravante, comporta, inoltre,  che  una  tale  responsabilità  possa  essere  invocata dall'Amministrazione finanziaria, una volta realizzatesi le due condizioni, nell'ordinario termine decennale di prescrizione,  non  essendo  la  stessa equiparabile a quella derivante dalla responsabilità verso i creditori,  di cui agli 2456  del  codice  civile,  nè  qualificabile  come coobligazione dei debiti tributari (cfr.: Cass. civ.,  Sez.  Un.,  sent.  4 maggio 1989, n. 2079), ma riconducibile alle norme degli artt. 1176 e 1218, del codice civile.     Corollario dell'autonomia e distinzione della relativa pretesa e  della sua natura non tributaria (cfr.: Cass. civ., Sez. Un., sent. 4 maggio 1989, n. 2079), è anche, dunque, la non condivisibilità del ricorso  incidentale, con  il  quale  il   S.   ha   riproposto   la   questione   di   decadenza dell'Amministrazione  finanziaria  dal   diritto   all'accertamento   della responsabilità  del  liquidatore,  richiamandosi   all'attribuzione   della controversia al giudice designato alla trattazione della materia fiscale  e desumendo dal rinvio contenuto  nell'art.  36,  quinto  comma,  del  D.P.R. n. 602/1973, alle modalità di notificazione dell'atto  previste  con  norma generale  dell'art.  60,  del   D.P.R.   29   settembre   1973,   n.   600, l'applicabilità ulteriore degli 43 di quest'ultimo decreto,  che disciplinano, invece, la fattispecie del tutto diversa dell'accertamento di imponibili soggetti ad obbligo di dichiarazione.     Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  l'Amministrazione  finanziaria  ha censurato la seconda argomentazione a sostegno della decisione impugnata ed ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 46, del  D.P.R.  29 settembre 1973, n. 602, dell'art. 2697 e ss., del codice  civile,  e  degli 39, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e  la contraddittorietà della motivazione in  ordine  all'asserita  illegittimità dell'accertamento  compiuto  nei  confronti  della  contribuente  ed   alla rilevanza di questa in ordine alla responsabilità del liquidatore, il quale risponderebbe dell'avere  pregiudicato  con  il  proprio  comportamento  le garanzie patrimoniali dell'erario.     Tale ultimo motivo, anche esso inammissibile nella parte in cui investe la motivazione della decisione, è fondato nella denuncia  della  violazione di legge.     La responsabilità del liquidatore, o dell'amministratore-liquidatore di fatto, prevista dall'art. 36, del D.P.R. n. 602/1973, come  già  ricordato, trova la sua fonte in una autonoma obbligazione legale, che insorge  quando ricorrono  gli  elementi  obiettivi  della  sussistenza  di  attività   nel patrimonio della società  in  liquidazione  e  della  distrazione  di  tali attività a fini diversi dal pagamento delle imposte dovute.     La natura e l'oggetto di tale responsabilità comportano,  quindi,  che, pur  dipendendo  l'attualità  della  stessa  dalla  conseguita  certezza  e definitività del debito tributario, l'obbligato è  del  tutto  estraneo  al procedimento diretto all'accertamento del medesimo e che, conseguentemente, eventuali ragioni d'invalidità di  tale  procedimento  non  possono  essere opposte dal liquidatore od amministratore-liquidatore di fatto  e  rilevate dal giudici.     Vanno dichiarate manifestamente  infondate,  infine,  per  carenza  del relativo interesse le questioni di illegittimità  costituzionale  sollevate dal S. sotto il profilo della violazione del divieto di  creazione  di  una giurisdizione speciale per  l'accertamento  della  responsabilità  prevista dall'art. 36, del D.P.R. n. 602/1973, della disparità  di  trattamento  dei soggetti in relazione all'epoca di insorgenza della relativa  controversia, dell'elusione della giurisdizione esclusiva degli  organi  della  giustizia amministrativa e dell'eccesso legislativo rispetto alla delega concessa con la L. 9 ottobre 1971, n. 825.    L'avvenuto    riconoscimento    della    legittimità     costituzionale dell'istituzione delle Commissioni tributarie (cfr.: Corte Cost.,  sent.  3 agosto 1976, n. 215;  Corte  Cost.,  sent.  24  novembre  1982,  n.  1982), riconduce,  infatti,  ad  una  scelta  discrezionale  del  legislatore   lo stabilire se risponda ai principi della buona  amministrazione  della  cosa pubblica deferire la soluzione di determinate controversie alle Commissioni tributarie o ad altro organo (cfr.: Corte Cost., sent.  17  novembre  1982, art. 10, n. 14, L. 9 ottobre 1971, n.  825  (Delega  legislativa  al  Governo  della Repubblica per la  riforma  tributaria)  non  è  rinvenibile  alcuna  norma ostativa all'attribuzione al giudice tributario delle controversie previste dall'art. 36, del D.P.R. n. 602/1973, che  sono  in  ogni  caso  legate  al profilo fiscale della gestione delle società.       P.Q.M. - Riuniti i ricorsi,  accoglie  per  quanto  di  ragione  quello principale, rigetta quello incidentale  e  cassa  in  relazione  al  motivo accolto.     Rinvia alla Commissione tributaria regionale del  Lazio  anche  per  le spese.              

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