Se
il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del
commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia,
con sentenza in camera di consiglio e non soggetta a gravame,
la risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni
dei commi 3 e 4 dell'art. 137.
Su
richiesta del commissario o dei creditori il concordato può
essere annullato a norma dell'art. 138.
Risolto
o annullato il concordato, si riapre la liquidazione amministrativa
e l'autorità che vigila sulla liquidazione adotta i provvedimenti
che ritiene necessari.
E'
punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato
fallito, l'imprenditore, che:
1)
ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato
in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare
pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività
inesistenti;
2)
ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte,
con lo scopo di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto
o di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le altre scritture
contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile
la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.
La
stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito,
che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei
fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae,
distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.
E'
punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito,
che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di
favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti
o simula titoli di prelazione.
Salve
le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro
I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti
nel presente articolo importa per la durata di dieci anni
l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e
l'incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi
presso qualsiasi impresa.