Fideiussione rilasciata da socio illimitatamente responsabile

La società di persone, anche se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacità processuale. In forza di tale autonomia, così come legittimato ad agire in giudizio per gli interessi della società e far valere diritti, ovvero per contestare eventuali obblighi a essa ascritti, è esclusivamente il soggetto che rivesta la qualità di legale rappresentante, e così come riguardo a esse è configurabile una responsabilità degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la società, allo stesso modo deve ritenersi che la fideiussione prestata dal socio a favore della società, proprio per effetto della rilevata autonomia patrimoniale e della distinzione di sfere giuridiche rientra tra le garanzie prestate per le obbligazioni altrui, secondo lo schema delineato dall'articolo 1936 del codice civile. (Corte di Cassazione, Sezione 1 Civile,Sentenza del 12 dicembre 2007, n. 26012)



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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 5 ottobre 1992 Br. An. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Brescia la societa' cooperativa a responsabilita' limitata Ba. Po. di. Br., la s.a.s. Te. di. Tr. Gi. &. C., Tr.Gi., Mo.Gi. e B.F. e proponeva opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il presidente del Tribunale di Brescia gli aveva intimato di pagare alla Banca la somma di lire 132.525.898 quale saldo di un rapporto di conto corrente intrattenuto con la Te. per la cui esposizione avevano prestato fideiussione il Br., il Tr. ed il Mo.. Esponeva che la fideiussione risultava essere stata presa con riferimento alle esposizioni della s.n.c. Te. di. Tr. Gi. &. c. (della quale, fra l'altro, Br. era socio) e non della s.a.s. Te., ad esso opponente estranea e le cui esposizioni non aveva ragione ne' interesse a garantire; che cio' era ben noto alla Banca la quale, proprio su richiesta della s.a.s., aveva provveduto a sostituire il c/c n. (OMESSO) intestato alla s.n.c. con il c/c n. (OMESSO) intestato alla s.a.s.; che la s.n.c. aveva chiuso il rapporto con la Banca "in attivo", con la conseguenza che l'opponente - il quale, come fideiussore, nulla era tenuto a prestare piu' del debitore principale - nulla doveva alla Banca. Il successivo sviluppo del rapporto con il nuovo soggetto, al quale Br. era estraneo, rifletteva libere determinazioni della Banca che giammai egli aveva ritenuto di garantire; inoltre la nuova societa' costituita in forma di s.a.s., vale a dire con il solo socio accomandatario illimitatamente responsabile, offriva minori garanzie rispetto alla precedente, cosi' che l'opponente doveva considerarsi esonerato, ex articolo 1956 c.c., da ogni responsabilita' per il credito incautamente dalla banca erogato a tale meno affidabile soggetto; manifestava, inoltre, l'intento di essere surrogato nel diritti della banca, in ipotesi di rigetto della opposizione, nei confronti delle societa' (s.n.c. e s.a.s.) e dei soci illimitatamente responsabili, compresi i convenuti Mo. e B., accomandanti ingeritisi nella gestione della s.a.s.; chiedeva, infine, di potere agire in regresso contro gli altri fideiussori per la loro rispettiva porzione e, in particolare, chiedeva di essere garantito da B.F., il quale, acquistando la quota di esso Br., ne aveva espressamente assunto tutte le passivita', gli oneri e le obbligazioni.

Si costituiva in giudizio la sola Banca sostenendo che il mutamento della struttura societaria non valesse ad immutare il soggetto, che restava il medesimo, nei confronti del quale l'opponente aveva prestato fideiussione; contestava che dopo il mutamento dell'assetto sociale ed il trasferimento delle posizioni gia' esistenti sul conto intestato alla s.n.c. al nuovo conto intestato alla s.a.s., la Banca avesse continuato ad erogare credito a quest'ultima e sottolineava l'onere, per l'opponente, di fornire di tale affermazione rigorosa prova. Chiedeva quindi che l'opposizione fosse respinta previa concessione della provvisoria esecutorieta' del decreto ingiuntivo.

Con sentenza del 24 febbraio 2000 il Tribunale accoglieva l'opposizione e revocava il decreto ingiuntivo. Osservava il primo giudice che, nella specie, si trattava di pretesa discendente dalla fideiussione prestata da Br., socio illimitatamente responsabile della s.n.c. Te., per le obbligazioni future di detta s.n.c. nei confronti della Banca e che, pertanto, il contratto era nullo per mancanza di causa, questa dovendo essere individuata, con riguardo al contratto di fideiussione, nella funzione di garanzia svolta mediante l'allargamento della base soggettiva tenuta al soddisfacimento del debito principale, allargamento non ravvisabile nella ipotesi di fideiussione prestata da soggetto gia' illimitatamente responsabile, quale socio di una s.n.c., delle obbligazioni della societa' medesima.

Proposta impugnazione dalla Banca, la decisione del Tribunale veniva confermata dalla Corte d'appello di Brescia con sentenza del 22 gennaio - 2 luglio 2003 contro la quale la Bi. Ca. s.p.a., gia' Ba. Po. di. Br. s.coop. a r.l., facente parte del Gruppo Bancario Ca., ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi, ulteriormente illustrati con memoria successiva.

Il Br. ha resistito notificando controricorso e proponendo ricorso incidentale condizionato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente il ricorso n. 21965/03 R.G. ed il ricorso n. 24231/03 R.G. debbono essere riuniti ai sensi dell'articolo 335 c.p.c. trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza.

2. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli articoli 2251, 2291 e 2304 cod. civ., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 per non avere la Corte d'appello evidenziate e valorizzate l'autonomia e la distinzione tra socio e societa' di persone, di cui il primo fa parte, con il risultato di non porre in luce l'autonomia patrimoniale della societa' che, senza raggiungere le caratteristiche della personalita' giuridica spettante alle societa' di capitali, e' tale da rendere l'ente titolare di diritti verso terzi o verso i soci, per effetto di una capacita' certamente ridotta rispetto a quella delle persone, ma pur sempre esistente.

Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di diritto per non avere la Corte d'appello tenuto in debita considerazione il principio, ricavatile dall'applicazione della L.F., articolo 184, in base al quale il socio di una collettiva in concordato preventivo puo' rispondere pro quota, nei limiti della proposta concordataria, e per la residua entita' fino alla somma totalmente dovuta al creditore per effetto della garanzia prestata in qualita' di fideiussore, come emergerebbe in modo chiaro dal comma 3 della norma in esame, e come gia' affermato da questa Corte nella sentenza n. 5642/84. Con il terzo motivo la ricorrente ha dedotto violazione o falsa applicazione degli articoli 2267 e 2304 cod. civ. in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 per avere la Corte d'appello affermato, per la prestazione di una fideiussione, la necessita' dell'allargamento della base soggettiva come condizione unica di validita', quando invece l'alterita' - ovvero l'allargamento della base soggettiva - si verifica anche con la contrapposizione del socio alla societa' della quale egli fa parte, potendo quindi il socio prestare fideiussione alla societa', e dare origine in tal modo ad un'obbligazione esonerata dal beneficium excussionis ex articolo 2304 cod. civ.. Facendo richiamo alla sentenza 30 giugno 1998, n. 6407 di questa Corte, secondo cui la garanzia fideiussoria puo' essere data e quindi costituire un impegno non privo di causa solo quando vi sia allargamento della base soggettiva passiva, il giudice d'appello avrebbe trascurato di considerare che il socio e' componente della societa' garantita, ma non si identifica con essa, con conseguente allargamento della base soggettiva in caso di prestazione da parte del socio stesso della garanzia fideiussoria.

Con il quarto motivo la ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli articoli 1255 e 1926 cod. civ., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3 in quanto la Corte d'appello, pur riconoscendo che la garanzia fidejussoria prestata da un socio puo' assicurare vantaggi maggiori di quelli derivanti dall'obbligazione che legava il socio alla societa', ha pero' affermato la mancanza di causa per effetto della mancanza di alterita', cioe' dell'allargamento della base soggettiva passiva, senza considerare che - una volta riconosciuta l'autonomia patrimoniale delle societa' di persone rispetto ai soci - non e' di ostacolo alla validita' della fidejussione la prestazione della garanzia da parte del socio, attesa appunto l'autonomia delle posizioni giuridiche.

Con il quinto motivo la ricorrente ha dedotto omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, e violazione degli articoli 1255 e 1950 cod. civ., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, per avere la Corte d'appello affermato che la qualita' di fideiussore e socio non possono concorrere nel medesimo soggetto, ne' che sia possibile il regresso del fideiussore verso la societa' garantita.

3. Il controricorrente ha riproposto le ulteriori ragioni da esso invocate a sostegno dell'opposizione a decreto ingiuntivo, sia come motivi di ricorso incidentale, condizionato all'accoglimento del ricorso principale, sia quali argomenti nel merito per l'ipotesi in cui questa Corte ritenesse di dover decidere la causa senza rinvio ai sensi dell'articolo 384 c.p.c.. In relazione a cio', egli ha dedotto;

a) violazione o falsa applicazione degli articoli 1235, 1275 e 1939 cod. civ., con riguardo all'articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche' omessa motivazione, con riguardo all'articolo 360 c.p.c., n. 5 per avere la Corte d'appello negato l'intervenuta estinzione per novazione soggettiva dell'obbligazione di Te. s.n.c. nei confronti della ricorrente;

b) violazione o falsa applicazione degli articoli 1175 e 1375 cod. civ., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, nonche' omessa motivazione, con riguardo all'articolo 360 c.p.c., n. 5 per avere la Corte d'appello negato la violazione del dovere di correttezza e buona fede per aggravamento del rischio;

c) omessa motivazione con riguardo alla declaratoria di infondatezza dell'eccezione di nullita' parziale della fideiussione per violazione degli articoli 1283 e 1284 cod. civ. in relazione alla Legge 7 marzo 1996, n. 108.

4. I cinque motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente ed il ricorso merita accoglimento. Alla base della sentenza impugnata vi e' infatti il presupposto che l'obbligazione "altrui", cui l'articolo 1936 cod. civ. condiziona la possibilita' di prestare fideiussione, sia costituita dalla diversita' soggettiva tra debitore e fideiussore, e che tale situazione (definita dalla Corte d'appello in termini di "allargamento della base soggettiva") non si verifichi nell'ipotesi di garanzia prestata da chi - come il socio di una societa' di persone - sia gia' tenuto, proprio in virtu' di questa sua qualita', al soddisfacimento dell'obbligazione garantita con tutto il suo patrimonio.

Questa tesi puo' essere sostenuta solo facendo coincidere l'ambito della soggettivita' giuridica (o, meglio, l'ambito applicativo dell'articolo 1936 cod. civ. nella parte in cui la norma fa riferimento all'obbligazione "altrui") con quello riferibile alle persone fisiche ed agli enti dotati di personalita' giuridica, e solo ipotizzando - secondo l'impostazione analiticamente sviluppata dal resistente nelle proprie difese - che i debiti di cui il socio risponde ai sensi dell'articolo 2291 cod. civ. debbono essere considerati come debiti propri (anche) del socio: l'avverbio "illimitatamente", figurante nel testo della norma, starebbe infatti a significare non tanto la "quantita'" di obbligazioni per le quali il socio risponde, quanto la sfera patrimoniale con cui si risponde, e varrebbe ad esprimere la destinazione del patrimonio del socio, come complesso di beni presenti e futuri, a garanzia del valore pecuniario delle obbligazioni della societa' a favore dei creditori di essa e la soggezione di tale patrimonio al potere di aggressione o coazione dei creditori, in base ai concetti comunemente accolti di responsabilita' patrimoniale. Il socio illimitatamente responsabile che si costituisse fideiussore per un'obbligazione della societa', sarebbe tenuto a soddisfare, a titolo di fideiussione, un'obbligazione per la quale e' gia' tenuto a rispondere "illimitatamente" a titolo di socio; ma la molteplicita' di titoli in forza dei quali il socio sia chiamato a rispondere di un'obbligazione, non implica anche molteplicita' di obbligazioni.

In contrasto con tale opinione, si deve invece osservare che, se la societa' di persone e' indubbiamente priva di personalita' giuridica ed in essa l'unificazione della collettivita' dei soci (che si manifesta con l'attribuzione alla societa' di un nome, di una sede, di un'amministrazione e di una rappresentanza) e l'autonomia patrimoniale del complesso dei beni destinati alla realizzazione degli scopi sociali costituiscono uno strumento giuridico volto a consentire alla pluralita' dei soci medesimi unitarieta' di forme di azione, senza che tale pluralita' venga a dissolversi nella unicita' esclusiva di un "ens tertium" (cfr., tra le altre, Cass. aprile 2006, n. 7886), nella giurisprudenza di questa Corte e' altrettanto consolidata l'affermazione che anche alle societa' di persone, in quanto titolari di un patrimonio autonomo, deve riconoscersi una soggettivita'. Nelle societa' di persone l'autonomia patrimoniale si esprime, rispetto a quella delle societa' di capitali, con intensita' minore (e con graduazioni diversamente accentuate a seconda delle diverse forme sociali); ma tale situazione, che rende possibile entro certi limiti l'assoggettamento del patrimonio personale dei soci all'azione dei creditori sociali, e quello del patrimonio sociale alle iniziative dei creditori personali del socio (cfr. l'articolo 2270 cod. civ., dove peraltro si parla di utili e di quota di pertinenza del socio), non incide sul principio della separazione e distinzione del patrimonio sociale rispetto a quello personale dei soci. E sebbene tale separazione non valga ad attribuire alla societa' la personalita' giuridica riconosciuta dall'ordinamento giuridico alle sole societa' di capitali (cfr. l'articolo 2331 cod. civ.), non pare contestabile che essa si manifesti in una forma di soggettivita' giuridica, sia pure attenuata e tale in ogni caso da configurare un'alterita' tra soci, da una parte, e societa', dall'altra, come si desume da ben precisi indici normativi che la dottrina non ha mancato di sottolineare (articoli 2257, 2258 e 2260 cod. civ., per i quali l'amministrazione ed i diritti ed obblighi degli amministratori hanno come riferimento la societa'; articolo 2266 c.c., comma 1, ove e' stabilito che la societa' acquista diritti ed assume obbligazioni per mezzo dei soci che ne hanno la rappresentanza e sta in giudizio nella persona dei medesimi; articolo 2297 e 2317 cod. civ. relativo alla mancata iscrizione nel registro delle imprese ed ai rapporti tra "la societa' e i terzi"; articoli 2298 e 2031 cod. civ. relativi alla rappresentanza della s.n.c. e, rispettivamente, al divieto di atti di concorrenza dei soci verso la societa'; articolo 2659 e 2839 cod. civ., che considerano la societa' di persone come un vero e proprio soggetto, a favore o contro il quale possono essere effettuate trascrizioni di acquisti immobiliari ed iscrizioni di ipoteche). Le stesse disposizioni sulla responsabilita' solidale ed illimitata dei soci (articolo 2267 cod. civ. per la societa' semplice; articolo 22191 per la societa' in nome collettivo; articolo 2313 cod. civ. per la societa' in accomandita semplice), oltre ad evidenziare differenze di disciplina in virtu' delle quali la responsabilita' solidale ed illimitata non vale sempre e per tutti i soci, confermano la rilevata alterita' soggettiva, posto che il vincolo solidale riguardo ad una determinata obbligazione postula per l'appunto una pluralita' di soggetti che all'adempimento di tale obbligazione sono tenuti. Pur dovendosi dunque escludere che rispetto alla questione dibattuta nel presente giudizio possa assumere rilievo la norma della L.F., articolo 184, comma 1 (il quale, nello stabilire che i creditori, soggetti alla obbligatorieta' del concordato, conservano impregiudicati i diritti contro i fideiussori, si riferisce ai terzi diversi dai soci, trovando titolo la responsabilita' di questi ultimi, nel concordato come nel fallimento, proprio nella loro qualita' di soci, in via assorbente rispetto ad eventuali diverse fonti di responsabilia' per i medesimi debiti sociali: Cass. Sez. Unite 24 agosto 1989, n. 3749; Cass. 1 marzo 1999, n. 1688); e pur essendo corretto affermare che la responsabilita' del socio illimitatamente responsabile di societa' di persone, in quanto prevista direttamente dalla legge, riguarda debiti che non possono dirsi a lui estranei, occorre ribadire - alla stregua dell'orientamento consolidato di questa Corte - che la societa' di persone, anche se sprovvista di personalita' giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonomia e capacita' processuale. In forza di tale autonomia (per effetto della quale e' possibile l'instaurazione di rapporti giuridici distinti tra la societa' e terzi e tra la prima e gli stessi soci), cosi' come legittimato ad agire in giudizio per gli interessi della societa' e far valere diritti, ovvero per contestare eventuali obblighi ad essa ascritti, e' esclusivamente il soggetto che rivesta la qualita' di legale rappresentante (cfr., tra le altre, Cass. 13 aprile 2007, n. 8853;13 dicembre 2006, n. 26744), e cosi' come riguardo ad esse e' configurabile una responsabilita' degli amministratori nei confronti dei singoli soci, oltre che verso la societa' (Cass. 17 gennaio 2007, n. 104 5), allo stesso modo deve ritenersi che la fidejussione prestata dal socio a favore della societa', proprio per effetto della rilevata autonomia patrimoniale e della distinzione di sfere giuridiche (quella sociale e quella del socio) rientra tra le garanzie prestate per le obbligazioni "altrui", secondo lo schema delineato dall'articolo 1936 cod. civ..

Ne' puo' sostenersi che la fideiussione rilasciata dal socio, gia' illimitatamente responsabile "ex lege" per le obbligazioni sociali, sia priva di causa, sotto il profilo che essa non aggiungerebbe nulla di piu' alla garanzia patrimoniale gia' offerta al creditore per effetto della disciplina legislativa. Come, infatti, e' stato osservato in dottrina, nonostante la garanzia gia' fornita "ex lege" dalle disposizioni sulla responsabilita' illimitata e solidale (nei casi, naturalmente, e con riguardo ai soci per i quali tale regime sia previsto), possono esservi altri interessi che muovono il creditore sociale a voler pretendere una ulteriore garanzia: l'interesse, ad esempio, a che il socio resti obbligato anche dopo la sua uscita dalla societa', o quello di potersi avvalere di uno strumento di garanzia autonomo, svincolato tra l'altro dal limite (sia pure destinato ad operare solo in fase di esecuzione) del "beneficium excussionis" di cui all'articolo 2304 cod. civ.; e sarebbe sufficiente accertare l'esistenza in concreto di uno qualsiasi di tali interessi per affermare la validita' della fideiussione rilasciata dal socio illimitatamente responsabile di una societa' di persone. Contrariamente a quanto sostenuto dal resistente, il rilascio della fidejusssione da parte del socio illimitatamente responsabile non altera lo schema "legale" delle societa' personali, che resta immutato, ma semplicemente aggiunge un titolo diverso in base al quale, nell'ambito dell'autonomia contrattuale, e con specifico riferimento alle obbligazioni garantite dal contratto di fideiussione, consente tra l'altro al creditore di agire in sede esecutiva senza che al fideiussore - in quanto tale - sia consentito avvalersi del beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale. La circostanza che tale effetto possa in qualche modo alterare la parita' di condizioni tra creditori, non implica alcuna deviazione rispetto al "tipo" legale di societa', dal momento che la norma relativa al "beneficium excussionis" e' posta chiaramente a tutela dei soci, che dunque possono disporne senza che cio' comporti alcun contrasto con norme inderogabili.

Consegue da quanto sopra che il ricorso principale deve essere accolto, mentre quello incidentale va dichiarato inammissibile. La lettura della sentenza impugnata rende infatti evidente che i rilievi della Corte d'appello relativi all'infondatezza "delle altre ragioni addotte da Br. a sostegno dell'opposizione" (pagg. 7-8 della sentenza impugnata) costituiscono affermazioni del tutto incidentali, rimaste estranee alla "ratio decidendi", sicche' tutte tali questioni dovranno costituire oggetto di esame da parte del giudice del rinvio. In relazione all'accoglimento del ricorso principale, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche ai fini delle spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale; dichiara inammissibile quello incidentale; in relazione all'accoglimento del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche ai fini delle spese del giudizio di legittimita'.

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