Investitori finanziari: oneri minimi per la Banca nei confronti degli operatori qualificati.

Con la sentenza n.12138 del 26.05.09 la Cassazione, I sez. civile, ha affermato il principio, più favorevole agli intermediari finanziari, nell'ambito della delicata questione delle garanzie per gli investitori finanziari, oggetto di numerose sentenze di merito (assolutamente non univoche) nel recente passato, secondo il quale la Banca non è tenuta ad alcuna verifica se l'investitore autocertifica la qualifica di operatore qualificato, assegnando l'onere della prova al cliente che volesse comunque vedere affermata la propria inesperienza in materia. La Suprema Corte ha infatti deciso, con la predetta sentenza, una causa promossa da una s.p.a. innanzi al Tribunale di Torino per la condanna di una Banca alla restituzione di ca. tre miliardi e mezzo di vecchie lire per un'operazione di swap di trenta milioni di marchi tedeschi, realizzata nel 1992. La sentenza in esame è motivata sulla scorta del Regolamento Consob n.5387 del 1991, assunto su delega legislativa, il quale ha stabilito che agli operatori qualificati non si applicano le norme di salvaguardia previste per gli altri operatori non qualificati ed ha, in particolare, individuato come qualificati "ogni società o persona giuridica in possesso di una specifica competenza ed esperienza in materia di operazioni in valori mobiliari espressamente dichiarata per iscritto (.)". Disposizione nella sostanza rimasta inalterata con l'emanazione del T.U.F. La sentenza in esame ha quindi chiarito che, ai fini delle tutele previste in favore degli investitori finanziari, la natura di operatore qualificato dipende dalla contemporanea presenza (così nella fattispecie sottoposta all'esame della Suprema Corte) di due elementi: l'esistenza di una competenza specifica in materia di operazioni mobiliari e di una dichiarazione scritta da parte dell'investitore che attesti tale competenza. Secondo la Cassazione la norma è indirizzata a richiamare l'attenzione del cliente sull'importanza della dichiarazione rilasciata all'intermediario finanziario, al punto che lo stesso è svincolato dall'obbligo di svolgere un accertamento specifico sull'effettiva rispondenza tra il contenuto della dichiarazione e la situazione di fatto effettiva. In presenza dei predetti due elementi, spetta quindi al cliente sostenere (e provare) la mancata corrispondenza tra la dichiarazione sottoscritta e la realtà (ad esempio mediante l'esistenza di elementi contrari che emergano dalla documentazione già in possesso dell'intermediario finanziario). Ma nel caso in esame la società attrice non è stata in grado di produrre elementi in grado di corroborare la propria tesi volta a vedere riconosciuta la propria non qualificata esperienza in materia.

CORTE DI CASSAZIONE I sez. civile n.12138 del 26.05.09

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