Nel caso di cessione di azienda i beni dell'ente cessionario non possono essere sottoposti alla confisca per equivalente del profitto del reato commesso, prima della cessione, dagli amministratori dell'ente cedente

In tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, nel caso di cessione di azienda i beni dell'ente cessionario non possono essere sottoposti alla confisca per equivalente del profitto del reato commesso, prima della cessione, dagli amministratori dell'ente cedente, atteso che, ai sensi dell'art. 33, d. lgs. n. 231 del 2001, l'ente cessionario risponde in solido con quello cedente esclusivamente del pagamento della sanzione pecuniaria comminata per l'illecito a quest'ultimo addebitabile.
(Corte di Cassazione Sezione 6 Penale, Sentenza del 17 luglio 2008, n. 30001)



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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE ROBERTO Giovann - Presidente

Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Consigliere

Dott. MANNINO Felice - Consigliere

Dott. LANZA Luigi - Consigliere

Dott. MATERA Lina - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

s.r.l. " Ho. Re. ", Sp. Be. , Am. Ma. , Sp. Ca. , Sp. Ig. e D'. Ga. ;

contro ordinanza del Tribunale di Bari in data 31.5.2007;

letti gli atti;

udita la relazione del Consigliere Dott. Adolfo Di Virginio;

udite le conclusioni del P.G. Dott. Carlo Di Casola, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il difensore, avv. Domenico Di Terlizzi, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

OSSERVA

Ricorrono con comune mezzo di impugnazione, per il tramite dei difensori, la s.r.l. " Ho. Re. " nonche' Sp. Be. , Am. Ma. , Sp. Ca. , Sp. Ig. e Da. Ga. avverso ordinanza del Tribunale di Bari in data 31.5.2007, che - decidendo quale giudice del rinvio dopo sentenza di annullamento di questa Corte in data 21.12.2006 - ha confermato in sede di riesame la misura del sequestro preventivo di un immobile ad uso industriale di proprieta' della s.r.l. " Ho. Re. ", adottato nell'ambito di un procedimento penale per truffa aggravata e per altri reati commessi attraverso l'indebito conseguimento di agevolazioni finanziarie ex Legge n. 488 del 1992. Deducono violazione dell'articolo 627 c.p.p., per non essersi il giudice del rinvio attenuto al principio affermato da questa Corte con la sentenza di annullamento, ed erron applicazione del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articoli 19, 33 e 53. Secondo i ricorrenti la responsabilita' della s.r.l. " Ho. Re. ", in quanto semplice cessionaria di azienda da parte delle societa' che avevano percepito i finanziamenti, doveva ai sensi dell'articolo 33 Decreto Legislativo citato ritenersi limitata alla sola sanzione pecuniaria in solido con le societa' cedenti, come del resto gia' affermato dalla sentenza di annullamento. Il giudice del riesame, pur affermando che il provvedimento impositivo doveva essere riformato nella parte in cui aveva ritenuto la responsabilita' solidale tra cedente e societa' cessionarie, che dovevano invece rispondere solidalmente della sola sanzione pecuniaria, ha nondimeno confermato il sequestro eseguito ai sensi dell'articolo 53; e cio' in evidente violazione non soltanto dell'articolo 33 del decreto legislativo, ma anche dell'articolo 627 c.p., poiche' la sentenza di annullamento gli aveva prescritto di verificare se la societa' ricorrente fosse semplice cessionaria di azienda, dovendo in tal caso il sequestro essere revocato relativamente all'indebita percezione dei finanziamenti. Cio' sul presupposto che, pur non avendo la societa' ricorrente ricevuto direttamente i contribuiti incriminati, essa doveva comunque ritenersi responsabile dei reati commessi nel suo interesse o vantaggio, a norma del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5, in quanto avvantaggiatasi dei reati commessi dagli amministratori di fatto del gruppo Sp. ; e quindi in evidente violazione del dettato dello stesso articolo 5, che presuppone la diretta riferibilita' dell'azione delittuosa all'ente cui si attribuisce la responsabilita' amministrativa.

Il ricorso si deve ritenere fondato.

Con la precedente sentenza di annullamento era stato prescritto tra l'altro al giudice di rinvio di verificare se le societa' ricorrenti "siano state cessionarie di azienda successivamente all'avvenuta erogazione di finanziamenti ai cedenti, con la conseguenza che, se cosi' fosse, il sequestro nei confronti delle predette societa' cessionarie dovrebbe essere revocato quanto ai finanziamenti in questione"; e cio' in quanto il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 33, prevede, in ipotesi di cessione di azienda, che il cessionario sia solidalmente obbligato al solo pagamento della sanzione pecuniaria inflitta al cedente, con esclusione dell' applicabilita'di ogni altra sanzione. Sul punto la motivazione dell'ordinanza appare contraddirteli a, affermandosi da una parte che il provvedimento impositivo va riformato "nella parte in cui ha ritenuto ammissibile la responsabilita' patrimoniale in solido con l'impresa cedente a carico delle societa' cessionarie, che invece rispondono solidalmente della sola pena pecuniaria a norma del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 33"; e dall'altra che la s.r.l. " Ho. Re. ", "pur non avendo ricevuto direttamente i contributi incriminati, e' responsabile dei reati commessi nel suo interesse o vantaggio, a norma del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 5, in quanto si e' avvantaggiata dei reati commessi dagli amministratori di fatto del gruppo Sp. ", sottoposti ad indagine nel medesimo procedimento. Non e' chiaro, in particolare, se il sequestro debba intendersi confermato solo a garanzia del pagamento dell'eventuale sanzione pecuniaria, cui il cessionario e' obbligato in solido col cedente; ovvero se, come parrebbe desumibile dal richiamo all'articolo 5, se si sia ritenuto che i reati siano stati commessi anche nell'interesse o a vantaggio della societa' ricorrente, attraverso il meccanismo di interposizione fittizia delineato nel provvedimento impositivo, che parla di "fraudolente operazioni di cessione, fusione o scissione aziendale" e di fittizi "travasi aziendali", desunti anche dai rapporti di parentela tra le persone che figurano come amministratori (segnatamente Am. Fe. , nullatenente e fallito) e Sp. Be. , indicato come reale dominus della compagine societaria. Su quest'ultimo punto, peraltro, la motivazione e' carente, non indicando specificamente le ragioni per le quali si sia eventualmente ritenuto che le operazioni di cessione siano puramente fittizie e dirette ad eludere le conseguenze patrimoniali della condotta delittuosa ascritta agli indagati.

L'ordinanza in esame va pertanto annullata, con rinvio al giudice competente; il quale provvedera', previa autonoma valutazione dei fatti e nel rispetto dei principi enunciati dalla precedente sentenza di questa Corte, a sanare il vizio di motivazione rilevato.

P.Q.M.

La Corte annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Bari per nuovo esame.

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