Nell'accertamento dei redditi di partecipazione a società di persone l'avviso al socio non è nullo se allo stesso non è stato notificato l'avviso relativo al reddito societario

Deve escludersi che nell'accertamento dei redditi di partecipazione a società di persone l'avviso al socio sia nullo se allo stesso non è stato notificato l'avviso relativo al reddito societario.
Sostanzialmente tale opinione fa derivare detta errata convinzione della previa notifica dell'accertamento societario dal combinato disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 597 del 1973 articolo 5 Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 40 e 42 non rilevando pero' l'esatta portata dell'articolo 40, comma 2, stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 che, quando prescrive che la rettifica delle dichiarazioni della societa' di persone va fatta con un unico atto ai fini dell'ILOR per la societa' e dell'IRPEF per i soci, non ha certo il significato di imporre una notifica dell'avviso di accertamento societario anche ai soci al solo scopo di rendere efficace, ai sensi del successivo articolo 42, l'accertamento relativo al reddito di partecipazione. In realta', l'accertamento e' certamente compiuto con un unico atto, mentre cosa ben diversa sono gli avvisi dell'accertamento stesso che sono diretti a soggetti diversi, soci e societa', per redditi diversi, di impresa e di partecipazione, e per imposte diverse, ILOR ed IRPEF. Pertanto, dal richiamato articolo 40 si puo' far discendere che non v'e' alcun obbligo di previa notifica dell'accertamento societario al socio affinche' si possa rettificare, con ulteriore atto, il suo reddito di partecipazione, che e' allo stesso automaticamente imputato, in forza del Decreto del Presidente della Repubblica n. 597 del 1973 articolo 5 (poi articolo 5 T.U.I.R.), ai fini IRPEF in relazione alla sua quota di partecipazione.



- Leggi la sentenza integrale -

-


FATTO

A seguito di segnalazione della Guardia di Finanza di Castelnuovo Garfagnana, la Guardia di Finanza di San Miniato, in data 16-11-96, redigeva un processo verbale di constatazione a carico della s. a. s. " Mo. Li. " di Ma. Er. e. C. - della cui compagine sociale facevano parte per il 49% il socio accomandante Ma. Er., per il 49,5% il socio Qu. Ar. e per l'1% il socio accomandante Co. Gi. - con cui veniva contestata, sia ai fini IVA che ai fini dell'imposta sul reddito, la utilizzazione di fatture relative ad operazioni, in tutto o in parte inesistenti, emesse dalle societa' " Va. Co. " e " Sc. Va. " per l'importo di lire 100.000.000 per l'anno 1991 e di lire 1.250.000 per l'anno 1992.

Risultato vano l'invio del questionario con richiesta delle scritture contabili sia al predetto Ma. Er. che alla nuova rappresentante della societa', l'Ufficio Distrettuale II.DD. di San Miniato procedeva ad accertamento induttivo per la rideterminazione del reddito imponibile e provvedeva alla notifica di avvisi di accertamento nei confronti della societa', in persona dei tre soci dell'epoca, ai fini ILOR, e nei confronti personalmente dei soci, ai fini IRPEF.

Avverso tali avvisi proponevano distinte opposizioni sia la societa', in persona del socio accomandante Ma. Er. e del socio accomandatario Co. Gi., sia i tre soci.

La Commissione Tributaria Provinciale di Pisa, con la sentenza n. 188/01/99, previa riunione, in parziale accoglimento dei ricorsi, riduceva il reddito induttivamente accertato ai fini ILOR nei confronti della societa'; conseguentemente, riduceva il reddito accertato nei confronti dei tre soci ai fini IRPEF; annullava le pene pecuniarie relative alla omessa tenuta e conservazione della documentazione.

Avverso tale decisione i tre soci interponevano gravame.

La Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza in epigrafe indicata, rigettava gli appelli.

Per la cassazione di questa decisione Qu. Ar., in proprio, ha proposto ricorso, notificato il 24-10-2002, con l'articolazione di quattro motivi illustrati da ulteriore memoria difensiva.

L'Amministrazione Finanziaria ha resistito con controricorso.

DIRITTO

-1- Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 articolo 5 e Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, articolo 5 nonche' insufficiente e contraddittoria motivazione su tale punto, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. In particolare, assumeva che: l'avviso di accertamento non era stato mai notificato alla societa'; al riguardo non poteva ritenersi validamente eseguita la notificazione nei confronti dei tre soci negli anni di imposta di riferimento degli avvisi di accertamento, perche' tale notificazione era intervenuta quando gli stessi non erano piu' soci della " Mo. Li. "; percio' non poteva essere ascritto e ripartito tra i soci il maggiore reddito imponibile che non era ancora stato definitivamente accertato a carico della societa'. Tramite il secondo mezzo e' stata eccepita la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Veniva, specificamente, lamentato che: le violazioni accertate dalla Guardia di Finanza si riferivano a soggetti terzi; percio' gli elementi raccolti a carico di soggetti terzi non potevano costituire prova contro la " Mo. Li. " s.a.s.; invece, nel processo verbale di constatazione redatto a carico di questa venivano richiamati semplicemente i precedenti verbali di constatazione.

Mediante la terza doglianza veniva denunziata l'illegittimita' dell'applicazione della procedura induttiva di accertamento del reddito nel caso di specie per violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 articolo 39 ed insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

In modo specifico, si lamentava che non potevano giustificare il ricorso all'accertamento induttivo previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 articolo 39 ne' la contabilizzazione di fatture relative ad operazioni inesistenti emesse dalle societa' " Va. Co. " e " Sc. Va. ", ne' la inottemperanza all'obbligo di rispondere al questionario e di produrre:

1) la documentazione contabile richiesta dall'Ufficio.

Infine, con il quarto motivo rilevava la mancata motivazione in merito alla richiesta inapplicabilita' delle sanzioni nei confronti di Qu. Ar., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, richiesta avanzata nelle conclusioni dell'atto di appello; assumeva, altresi', che le sanzioni per infedele dichiarazione non erano piu' applicabili in virtu' del principio statuito dal Decreto Legislativo n. 476 del 1997, articolo 5, che richiedeva che la violazione sia commessa con dolo o colpa in quanto, quale socio, negli anni di imposta 1991 e 1992, era obbligato a riportare nella propria dichiarazione IRPEF il reddito come dichiarato dalla societa', sempre in proporzione alla sua partecipazione agli utili. La controricorrente Amministrazione Finanziaria replicava, assumendo l'inammissibilita' e l'infondatezza delle avverse censure.

-2- Il ricorso deve essere respinto.

La quarta doglianza - concernente la irrogazione delle sanzioni - va ritenuta inammissibile, in accoglimento del rilievo di inammissibilita' sollevato dall'Amministrazione controricorrente, sull'assunto che si trattava di questione nuova, non oggetto di motivo di impugnazione in secondo grado. In realta', sul punto non risulta formulato uno specifico motivo di gravame, ancorche' si legga nella gravata sentenza della Commissione Regionale che il Qu. concludeva "con la richiesta di annullamento, sia per quanto attiene al reddito che alle sanzioni dell'avviso di accertamento impugnato".

In effetti, in tema di contenzioso tributario, la indicazione di specifici motivi di impugnazione costituisce un requisito essenziale dell'atto di appello, posto che la relativa funzione e' proprio quella di indicare esattamente i limiti della devoluzione, cosi' consentendo non solo di individuare le questioni costituenti l'oggetto e l'ambito del riesame, richiesti al giudice di secondo grado ma, altresi', di evidenziare gli errori commessi dal primo giudice e la relativa connessione causale con il provvedimento impugnato e, quindi, di identificare le concrete ragioni per cui se ne invoca la riforma. L'inosservanza dell'onere di specificazione dei motivi di gravame determina l'inammissibilita' dell'atto di appello, la quale non e' sanabile per effetto della costituzione dell'appellato (ex plurimis, Cass. Sez. Trib., 8-7-2004, n. 12589).

In relazione al primo motivo, va disattesa la tesi, secondo cui nell'accertamento dei redditi di partecipazione a societa' di persone, l'avviso al socio sia nullo se allo stesso non e' stato notificato l'avviso relativo al reddito societario. Sostanzialmente tale opinione fa derivare detta errata convinzione della previa notifica dell'accertamento societario dal combinato disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 597 del 1973 articolo 5 Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articoli 40 e 42 non rilevando pero' l'esatta portata dell'articolo 40, comma 2, stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 che, quando prescrive che la rettifica delle dichiarazioni della societa' di persone va fatta con un unico atto ai fini dell'ILOR per la societa' e dell'IRPEF per i soci, non ha certo il significato di imporre una notifica dell'avviso di accertamento societario anche ai soci al solo scopo di rendere efficace, ai sensi del successivo articolo 42, l'accertamento relativo al reddito di partecipazione. In realta', l'accertamento e' certamente compiuto con un unico atto, mentre cosa ben diversa sono gli avvisi dell'accertamento stesso che sono diretti a soggetti diversi, soci e societa', per redditi diversi, di impresa e di partecipazione, e per imposte diverse, ILOR ed IRPEF. Pertanto, dal richiamato articolo 40 si puo' far discendere che non v'e' alcun obbligo di previa notifica dell'accertamento societario al socio affinche' si possa rettificare, con ulteriore atto, il suo reddito di partecipazione, che e' allo stesso automaticamente imputato, in forza del Decreto del Presidente della Repubblica n. 597 del 1973 articolo 5 (poi articolo 5 T.U.I.R.), ai fini IRPEF in relazione alla sua quota di partecipazione.

Quanto alla censura formulata a mezzo del secondo motivo con riferimento all'utilizzazione di violazioni accertate a soggetti terzi, deve rilevarsi che, in tema di IVA, l'uso di elementi acquisiti nell'ambito di procedure riguardanti altri soggetti non viola le disposizioni che regolano l'accertamento o il principio del contraddittorio, atteso che il Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 articolo 63 comma 1, dispone espressamente che, nell'ambito dei doveri di cooperazione con gli Uffici, la Guardia di Finanza trasmette agli Uffici stessi tutte le notizie acquisite, anche indirettamente, nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria e che l'articolo 54, comma 2, del citato Decreto del Presidente della Repubblica dispone che gli Uffici, a loro volta, possono procedere alla rettifica sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, tratte da atti e documenti in loro possesso, anche quando si tratti di verbali relativi ad ispezioni eseguite nei

confronti di altri contribuenti, Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 ex articolo 54, comma 4 (Cass., 5-7-2001, n. 9100).

In ordine alla doglianza concernente, l'indebita detrazione dell'IVA conseguente ad operazioni inesistenti, devono richiamarsi i consolidati insegnamenti di questa Corte.

Innanzitutto, e' principio di carattere generale che, in tema di IVA, ove l'Amministrazione contesti al contribuente l'indebita detrazione di fatture perche' relative ad operazioni inesistenti, incombe al contribuente l'onere di provare la legittimita' e la correttezza delle detrazioni (Cass. Sez. Trib., 3-5-2002, n. 6341).

Si aggiunga che detta prova, oltre a dover essere specificamente costituita dall'esibizione dei documenti contabili, deve essere rigorosamente valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali (Cass., 5-11-2001, n. 13662; 3-12-2001, n. 15228).

-3- In definitiva, l'esaminato ricorso deve essere disatteso.

La complessita' delle questioni e lo svolgersi della vicenda processuale fanno ricorrere giustificati motivi per pervenire ad un'equa compensazione delle spese della presente fase di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.


INDICE
DELLA GUIDA IN Societario

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 721 UTENTI