Strumenti finanziari: il contratto quadro privo di firma è solo annullabile.

Con la sentenza n.2226 del 01/10/2009 il Tribunale di Verona ha assunto un provvedimento innovativo in relazione alla nota vicenda sui bond della Repubblica Argentina, applicabile per altro anche per i derivati. Il predetto Tribunale infatti, ponendosi in contrasto con un orientamento giurisprudenziale ormai pacifico sul tema, secondo il quale la conseguenza della mancanza di forma scritta (prevista dall'art.23 del Testo Unico della finanza) del contratto quadro per strumenti finanziari è la nullità, afferma invece che tale mancanza determini solo l'annullabilità del contratto stesso, con la conseguenza che il comportamento successivo del cliente (quale ad esempio l'incasso delle cedole) può comportare convalida del contratto; altra conseguenza è inoltre la prescrivibilità dell'azione in cinque anni. E ciò sulla scorta del fatto che la nullità prevista dall'art.23 del Testo Unico della finanza è una nullità relativa (e non assoluta) e quindi con forte affinità, almeno sul piano soggettivo e degli effetti, con l'azione di annullamento (prevista dall'art.1441 del codice civile), per la quale è possibile la convalida anche tacita. Verrebbe quindi meno con ciò una delle eccezioni più utilizzate (ed accolte dai Giudice di merito) nella serie di cause proposte dai clienti, vittime di contratti pericolosi, contro le Banche. La sentenza è stata emessa in relazione ad un investimento in bond della Repubblica Argentina, in forza di un contratto in cui risulta mancante la firma della Banca e per il quale il cliente ha provveduto all'incasso delle cedole, con ciò (secondo il predetto Tribunale) dando corso ad un comportamento concludente di convalida del negozio annullabile. La sentenza, che presenta evidenti punti di debolezza, conduce ad una prospettiva di limitato recupero delle perdite per l'investitore che ha promosso l'azione.

Tribunale di Verona n.2226 del 01/10/2009



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Estremi Autorità:  Tribunale  Verona
Data:  01 ottobre 2009
Numero:  n. 2226 Classificazione BORSA Intermediari di borsa Intestazione  
                         Tribunale di Verona

Fatto

  FATTO E DIRITTO 1. - Dati per noti i fatti di causa ed omesso, quindi, lo svolgimento del processo dopo la riforma dell'art. 132 c.p.c., si procede al diretto esame delle domande attoree. Merita, in primis, di essere richiamata, per l'inquadramento generale della lite, l'ordinanza ex art. 12 d.lgs. 5/03, ove si precisava quanto segue: " osservato che la causa ripropone le consuete questioni in tema di nullità, annullabilità, risoluzione per inadempimento e risarcimento del danno connesse ad investimenti in c.d. bond argentini; che merita particolare attenzione il tema, ampiamente sviluppato dall'attore , della nullità per difetto di forma ad substantiam del c.d. contratto quadro , senza peraltro dimenticare , in senso contrario l'insegnamento di Cass. 3440/90, pure citato in via impeditiva dalla convenuta; che al tema ridetto, tuttavia, andrà affiancato - se del caso - anche quello connesso del recupero di tutti gli investimenti , vantaggiosi e non , che di quel contratto normativo costituirono il chiaro momento attuativo/esecutivo (come da richiesto della convenuta: pag. 11 della comparsa di risposta), in ossequio al principio di cui all'art. 1227 c.c. civ. ; ritenuta, allo stato, di scarsa influenza la prova orale offerta da ambo le parti, chiara apparendo, salva diversa e migliore valutazione del Collegio, la genericità delle circostanze di fatto ivi indicate ai fini del decidere; omissis " 2. - Ciò premesso, si osserva che l'attore acquistò tra il 21.10.1997 e il 23.8.2001, obbligazioni argentine per un valore complessivo di euro 92.371,16, "pari a circa il 20% dei propri risparmi" (pag. 3 della citazione). Ciò venne fatto in forza di un contratto quadro (la cui nullità denuncia l'attore ), datato 3.4.1998 con il quale il B. conferiva all'odierna Intesa SanPaolo, terza chiamata, il mandato di negoziazione in strumenti finanziari di cui al doc. 11. In pari data venne altresì redatta una scheda cliente con indicazione di bassa propensione al rischio nonché un documento sui rischi generali degli investimenti e un modulo con le norme regolatrici del deposito titoli (v. docc. 12,13, 14 ibid). Descritta la cornice fattuale della vicenda, l'attore deduce che "le operazioni in titoli argentini sopra elencate sono state poste in essere in assenza del fondamentale contratto di negoziazione giacché il modulo del 25.8.99, successivo alla prima operazione del 21.10.97, non è un contratto". A tal fine l'attore richiama copiosa giurisprudenza della Suprema Corte, che questo Collegio del resto condivide pienamente, secondo cui nei contratti solenni (ciè è a dire, a forma scritta obbligatoria ad susbstantiam), come nel caso in esame, " la manifestazione della volontà delle parti non può essere sostituita da una dichiarazione confessoria dell'altra parte, la quale non può essere utilizzata né come elemento integrante il contratto né, quand'anche contenga il preciso riferimento riferimento ad un contratto concluso per iscritto, come prova di questo, quando sia per esso richiesta la forma scritta ad substantiam" (ex plurimis, cfr. Cass. 4709/97). In altre parole, l'attore assume, con logica giuridica stringente, che: deve essere dichiarato nullo per difetto di forma scritta il contratto di negoziazione, o c.d. contratto quadro, sottoscritto - come nel caso - dal solo cliente giacché il requisito formale previsto dall'art. 23 T.U.F. esige la sottoscrizione di entrambe le parti negoziali, qui assente; devono parimenti essere raggiunti dalla sanzione di nullità "derivata" gli ordini di negoziazione con i quali vennero acquistati i bond argentini di cui sopra, giacché posti in essere senza la preventiva stipulazione del contratto quadro e, quindi, in violazione di norme imperative. 3. Nel caso in esame è del tutto evidente che il primo degli investimenti contestati (doc. 4 del fascicolo attore: Arg. 10 97/07 ITL, in data 21.10.1997, per complessive L. 46.977.763) ebbe luogo in assenza dell'indefettibile contratto-quadro né fu preceduto dalla consegna del "documento sui rischi generali degli investimenti". Il tutto, dunque, in aperta violazione del precetto di cui agli artt.23, comma primo, d. lgs n. 58/98 e 30 della Delib. Consob 11522/98 (il doc. 11 attoreo, quale che sia la sua natura giuridica, reca pur sempre la data successiva del 3.4.1998). Altrettanto deve ripetersi, peraltro, anche per i successivi investimenti quanto al difetto del contratto-quadro giacché risulta evidente la sua mancata sottoscrizione da parte della banca. Il doc. 11 più volte menzionato reca, difatti, la sottoscrizione del solo B. e si connota, dunque, come mera proposta che l'attore rivolse all'odierna convenuta per la stipulazione di un "contratto di mandato per la negoziazione di strumenti finanziari, ricezione e trasmissione di ordini, mediazione "(cfr. l'epigrafe del doc. 11 cit.) . Ciò che manca, in definitiva, è la prova di una solenne accettazione con forma scritta ad substantiam della proposta attorea, per l'effetto della nullità conseguente dell'accordo implicitamente sotteso all'esecuzione degli ordini di investimento da parte della banca, (art. 23, c.I, cit.) (ovvero, in senso del tutto atecnico, "per fatti concludenti "). 4. - Su tale rilievo e sull'irrilevanza della produzione del contratto in giudizio da parte della banca una volta che l'investitore ne abbia già denunciata la nullità (nella qual cosa deve correttamente ravvisarsi la revoca del consenso già prestato: in termini, Cass. 2826/2006), l'attore - al quale tuttavia devono riferirsi, oltre a quelle denunciate di nullità, numerosissime operazioni in titoli azionari/obbligazionari della più varia natura (v. docc. 5, 6 e 7 di BANCA INTESA SANPAOLO, da cui emerge che al 21.6.2007 oltre il 90% del portafoglio del B. era costituito da azioni e obbligazioni, a riprova della sua solida caratura ed esperienza nel settore) - deduce l'indebito oggettivo di quanto versato per i soli investimenti in bond argentini e chiede la condanna della terza chiamata alla restituzione delle corrispondenti somme versate a quel titolo, con ritenzione dei frutti maturati. Va peraltro ricordato, per completezza espositiva, che l'attore giunge alla medesima conclusione anche per altra via, allegando la nullità degli ordini di investimento del 21.10.1997 e 14.12.2000 per carenza di forma scritta. L'affermazione appare, tuttavia, non condivisibile alla luce del combinato disposto degli artt. 23, comma primo, T.U.F. e 30, comma terzo, Delib. Consob. 11522/98. E', difatti, la stessa norma primaria ad autorizzare la Consob ad introdurre forme alternative a quella scritta per particolari tipi di contratti relativi a servizi di investimento e accessori ed è proprio in esecuzione di quanto previsto dalla norma di rango superiore che il citato Regolamento contempla: A) nell'ambito delle " disposizioni di carattere generale dei servizi di investimento e accessori" : - all'art. 29, comma terzo, la possibilità di ordini telefonici (soggetti a registrazione solo in caso di stimata inadeguatezza dell'operazione, qui insussistente avendo l'attore dimostrato elevata dimestichezza e frequentazione della materia alla luce di quanto detto sopra); - all'art. 30, comma terzo, che la forma scritta di cui al comma primo non si applichi "...alla prestazione dei servizi: a) di collocamento, ivi compresi quelli di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a distanza; b) accessori, fatta eccezione per quelli di concessione di finanziamenti agli investitori e di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziaria ". B) e nell'ambito del "servizio di gestione collettiva del risparmio" (e, più in particolare, degli "obblighi di attestazione, rendicontazione e registrazione", di cui al Titolo II, parte IV), la disciplina di dettaglio dell'art. 60, comma secondo, per cui gli intermediari autorizzati registrano sì su nastro magnetico o altro supporto equivalente gli ordini impartiti telefonicamente dagli investitori, senza tuttavia contemplare, per il caso di violazione, la sanzione della nullità dell'ordine, in coerenza con l'impianto generale facoltizzante testè delineato . In senso conforme a quanto sopra si sono pronunciati anche Trib. Monza 27.7.2004 in Giur merito 2004, 2189; Trib. Monza 7.3.2005 , in Red. Giuffrè 2005 ; Trib. Bari 27.2.2007 n. 688, in Giursprudenzabarese.it 2007 ; Trib. Milano 21.9.2008 n. 10904 , in Giustizia a Milano 2008, 10, 66. Occorre, quindi, concentrare l'attenzione sul tema residuo. 5. - Le premesse svolte impongono di analizzare il peculiare modus operandi della nullità nel settore che ci occupa. L'art. 23, comma terzo, del d.lgs. n. 58/98 (T.U.F.) - al pari, ad esempio, del combinato disposto degli artt. 117, c. 3 e 127 del c.d. T.U.B. (d.lgs. 385/93) - prevede che le nullità formali dei contratti finanziari possano essere fatte valere solo dal cliente. La dottrina concorda nel ravvisare in tale fenomeno una forma anomala di nullità (si parla di nullità relative di protezione), salvo poi dibattere sulla natura di siffatta invalidità, sulla sfera dell'interesse protetto (se generale, privato ovvero "composto") e sul modo di operare del meccanismo repressivo, chi riportandolo alla classica nullità (fatta eccezione per la legittimazione a farla valere), chi - partendo da quest'ultimo spunto - per ricondurla ad una forma speciale di annullabilità. Non è questa ovviamente la sede per affrontare funditu la materia: vi osta il carattere succinto della motivazione della sentenza che mal si concilia con il severo sforzo di ricostruzione dogmatica delle nullità atipiche di protezione, oltremodo ostacolato dalla disorganicità degli interventi del legislatore. Rimandando, quindi, alla dottrina occupatasi ex professo del tema, può bastare qui annotare che l'art. 23 T.U.F.: lungi dal negare effetto al contratto nullo per vizio di forma, ne assicura la piena efficacia, almeno sul versante dell'intermediario che resta, comunque, vincolato dal contratto nonché assoggettato all'iniziativa potestativa invalidante del cliente; esclude persino il rilievo officioso della nullità (diversamente, ad esempio, da quanto prevede per le "nullità di protezione", l'art. 36, comma terzo, del c.d. Codice del Consumo), legittimando il solo investitore, senza limiti di tempo ex art. 1422 c.civ., ad eccepire l'inidoneità giuridica del vincolo invocato dall'intermediario (pare più aderente alla natura ibrida dell'istituto in esame la tesi di chi, in dottrina, con raffinato parallelo dogmatico con la Anfechtung del § 143 BGB, ritiene sufficiente la semplice denuntiatio del cliente, così da esonerarlo dall'azione costitutiva propria dell'annullamento in senso stretto ). Appare, allora, di tutta evidenza la difficile sovrapponibilità dell'istituto in esame alla nullità assoluta codicistica che, come è noto, nega ab origine ogni efficacia giuridica al negozio viziato (quod nullum est nullum producit effectum ) e ne consente il rilievo generalizzato da parte di chiunque ne abbia interesse nonché quello officioso del giudice, come riaffermazione del primato cogente e "militare" dell'ordinamento sull'autonomia privata. Emerge, per converso, la forte affinità della nullità in esame, almeno sul piano soggettivo e degli effetti, con l'azione di annullamento di cui all'art. 1441 c.civ. lì dove, al pari di quest'ultima (e ben diversamente dalla generale legittimazione all'azione di nullità: art. 1421 c.civ.), conferisce il relativo diritto potestativo assoluto soltanto a colui nel cui interesse l'annullamento del contratto è previsto (art. 1441 c. civ.) Questo Collegio stima, così, condivisibile la conclusione cui è pervenuta acuta dottrina secondo la quale, alla luce delle significative coincidenze rilevate, deve parlarsi, in tali fattispecie, di forme speciali di annullabilità rafforzata. 6. - Quanto precisato introduce ad un rilievo di peculiare importanza ai fini della decisione. La terza intervenuta, alla quale deve indubitabilmente riferirsi la titolarità del rapporto giuridico dedotto in causa, ha difatti eccepito la convalida del negozio viziato ex art. 1444 c. civ., avendo l'investitore incassato le numerose (e fruttuose) cedole relative ai titoli acquistati "... senza lamentare alcunché e senza mostrare alcuna perplessità circa l'indeguatezza dell'investimento" (pag. 22 della comparsa di costituzione e risposta del18.9.2007 (in atti). Intesa Sanpaolo s.p.a., per rafforzare la conclusione esposta, ha richiamato la sentenza di Trib. Roma 25.5.2005 (in Corr. Giur. 9/2005, 1275) secondo cui "omissis... la riscossione delle cedole esprime in modo implicito, ma pur sempre chiaro ed univoco, la volontà della parte di convalidare tacitamente il negozio annullabile". L'eccezione è fondata. In diritto, deve innanzitutto ritenersi la convalidabilità del vizio in esame. Come si è detto, la nullità di protezione di cui all'art. 23 cit. va necessariamente riqualificata come una peculiare forma di annullabilità rafforzata. Il rilievo è gravido di conseguenze: è proprio la ricordata relatività soggettiva del rimedio in esame che consente di superare l'ostacolo (più tecnico che teleologico, come rivela la formula aperta della norma : "Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente" ) dell'art. 1423 c.civ. Invero, in linea generale osta alla convalida del negozio nullo l'insuperabile incompletezza della platea dei soggetti chiamati di volta in volta ad esprimere il consenso, essendo praticamente impossibile individuare a priori l'area di "chiunque vi abbia interesse" e, in ogni caso, inutile laddove permanga il potere del rilievo officioso del giudice. Diverso discorso vale, invece, per la nullità di protezione in esame che, proprio per la sua "relatività" assoluta (si perdoni il gioco di parole), tale da escludere financo il controllo giurisdizionale officioso, rende del tutto agevole, al pari dell'annullabilità classica, l'individuazione dell'unico soggetto legittimato tanto alla convalida espressa che a quella tacita mediante esecuzione volontaria del negozio nella consapevolezza del vizio (art. 1444 c.civ.). Ammessa, dunque, l'astratta convalidabilità, occorre quindi calare il principio nella fattispecie concreta. Ebbene, in fatto è certo (come si è già detto sopra e come emerge dal doc. 5 della banca oltre che dal corposo estratto conto prodotto) che l'attore, a cui devono riferirsi numerose ed ingenti operazioni in titoli della più varia natura rischiosa, incassò e ritenne di buon grado cedole per la rilevante cifra di euro 17.572,17. Ed ancora, è indubbio che egli - lungi dal denunciare tutti gli acquisti in azioni, obbligazioni e fondi effettuati negli anni e dal qualificare coerentemente come indebito oggettivo ogni pagamento effettuato per essi (si badi che tutti gli acquisti avvennero nell'unica cornice negoziale viziata di cui si è detto ampiamente) - ha invece optato per una selezionata contestazione, circoscrivendola ai soli titoli, per così dire, "andati male", fermo il resto. Ricorre, così, l'ipotesi della convalida tacità giacché se, da una parte, si può forse convenire sull'equivocità dell'ordine di acquisto come espressione di validazione consapevole del contratto-quadro "a monte" (l'ordine, di per sé, potrebbe ancora non implicare l'univoca volontà di voler trarre vantaggio, in senso giuridico, dal contratto viziato), dall'altro, la volontà di conservare a tutti gli effetti i titoli fruttuosi e le somme di cui alle numerose e proficue cedole incassate pur sapendo della nullità del contratto-quadro, denunciata ai fini di cui alle odierne domande, sta inequivocabilmente a significare la simmetrica volontà di giovarsi di quel contratto. La ricostruzione esposta evita, inoltre, il rischio che l'imprescrittibilità della nullità esaminata possa favorire - come nel caso - strategie " a geometria variabile" dell'investitore con portafogli differenziati, volte a far valere ex post la nullità derivata delle sole operazioni negative o insoddisfacenti. Conclusivamente, va ritenuta l'avvenuta convalida del contratto-quadro cui geneticamente si ricollegano i successivi contratti di acquisto (o ordini) dei quali vi è prova documentale in atti . 7.- L'attore invoca, altresì, il risarcimento del danno, lamentando l'insufficiente e/o inadeguata informazione ricevuta in sede di sottoscrizione degli investimenti qui contestati e per inadeguatezza delle operazioni (il B., dopo essersi dilungato sui noti temi generali della "circular offering", del rating dei bond argentini e della Nota Consob di cui al doc. 24, assume, in fatto, a pag. 17 della citazione che " Nessuna delle suddette informazioni è stata data, anzi , come detto, il funzionario responsabile ha caldeggiato tali investimenti non solo senza fornire le predette informazion, ma assicurando l'assenza del rischio". ) . Va subito detto che della circostanza da ultimo riferita non è stata offerta seria prova: l'attore si è rifugiato nel genericissimo capitolo formulato con la mem. ex art. 6 del 2.4.5.2007, ove si legge, senza peraltro alcuna indicazione nominativa, che i funzionari di Banca Intesa che seguivano la posizione del signor Claudio B. avrebbero consigliato come ottimi e sicuri gli investimenti nei titoli argentini di cui ai docc. da n. 4 a n. 10 (dal che si evince, quantomeno, la volontà dell'attore di effettuare quegli specifici investimenti, pure da lui contestata, per chiaro impeto difensivo, alle pag. 2, punto 1, e 3, punto 4, della citazione). Ciò premesso e dato atto che, in effetti, con riferimento agli investimenti del 21.10.1997, del 14.12.2000 e del 23.8.2001 (docc. 9 e 10 dell'attore), difetta la formale documentazione attestante l'avvenuta informazione dell'investitore sui rischi e sull'adeguatezza di quelle specifiche operazioni, non sfugge, tuttavia, che le medesime informazioni vennero puntualmente rese al medesimo, nella forma libera che la legge autorizza ex art. 29 Reg. Consob. N. 115222/98 1, per le operazioni del 7.7.1999 e del 8.10.99 (v. docc. 5 e 7 del medesimo), tutte - si badi - della medesima tipologia e provenienza sovrana 2. Si aggiunga, poi, che già nel 1997 il B. manifestò la spiccata attitudine ad investire - senza poi mai dolersene - somme elevatissime in titoli di paesi emergenti quali Brasile e Messico, come bene si evince dal doc. 6 di Intesa Private Banking 3. Anche questo, quindi, attesta ancora una volta il buon livello di conoscenza speculativa raggiunto dall'istante. La conseguenza logica è, dunque, quella della complessiva idoneità e adeguatezza delle informazioni somministrate dalla banca al B. . Invero, ancorché postume, le ricordate segnalazioni del 7.7.1999 e del 8.10.1999 (tutte, lo si ripete, afferenti i bond argentini ), coordinate con una anomala redditività il cui significato non poteva sfuggirgli, mettevano l'attore in grado di comprendere la severità del rischio gravante tanto sul previo investimento del 1997 (del quale, tuttavia, anche in prosieguo egli non ritenne di liberarsi), quanto , a fortiori, su quelli successivi. La domanda risarcitoria appare, infine, infondata anche sul piano eziologico. Non vi è difatti alcuna seria prova che l'attore, ove compiutamente informato della rischiosità e inadeguatezza degli investimenti del 21.10.1997, 14.12.2000 e 23.8.2001, non vi avrebbe dato corso, alla luce di quanto detto sopra nonché in nota 2) circa la sua spiccata e concreta propensione verso investimenti ad elevatissima redditività. Anche tale domanda va dunque respinta. 8. - Equa appare la compensazione delle spese di lite, in ragione delle gravi oscillazioni giurisprudenziali che si registrano in materia, ampiamente evidenziate nei rispettivi scritti delle valorose difese antagoniste. P.Q.M. P.Q.M. definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa e respinta, dichiara infondate tutte le domande dell'attore. Spese di lite interamente compensate. Così deciso, in Verona, nella Camera di Consiglio tenutasi il 17.4.2009 Il Giudice est. Dott. Andrea Mirenda Il Presidente Dott. Vincenzo Rizzo 1 Conf. App. Brescia 10.1.2007 e Trib. Parma 3.3.2006. 2 In entrambi si legge: "Malgrado sia stato avvisato che la disposizione di cui sopra è stata da voi giudicata non adeguata in base alle informazioni da me fornite, per tipologia confermo comunque la mia intenzione di dar corso a detta operazione" e che " il sottoscritto dichiara di essere stato avvisato che non esiste alcuna garanzia di mantenere invariato il valore dell'investimento effettuato". Segue, poi, la firma in calce dell'attore, a riprova dell'inverosimiglianza dell'affermazione del Bianchini circa le rassicurazioni ricevute dalla banca sulla bontà assoluta dell'investimento stesso. 3 La scheda storica di cui al doc. 6 cit. dà conto incontestatamente (giacché alla comparsa di risposta della terza chiamata ha fatto seguito direttamente l'istanza attorea di fissazione dell'udienza) di investimenti in obbligazioni Mexico per euro 45.000 e Brasil per rispettivi euro 8.5215,00, euro 21.000 ed euro 225.000. Essa dà altresì conto di come l'attore , su un monte finanziario pari in quel periodo a euro 585.215,74, avesse investito in obbligazioni la ragguardevole cifra di euro 478.468,13 - pari al 81,76% del totale ridetto - a cui deve aggiungersi un ulteriore 12% in azioni e fondi. Tanto basta a dimostrare l'adeguatezza soggettiva dell'investimento in tango-bond sostenuto dal Bianchini, in ragione dell'evidente caratura speculativa di questo investitore.

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