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Registro Agevolazioni tributarie Enti creditizi operazioni straordinarie
Pubblicata il 26/09/2010
Sent. n. 16056 del 20 dicembre 2001 (ud. del 20 settembre 2001) della Corte Cass.
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Fatto - Con atto in data 28 dicembre 1991, registrato presso l'Ufficio del Registro di Savona il 13 gennaio 1992 al n. 578, l'Ente Creditizio C.R.S. costituiva ai sensi della L. 30 luglio 1990, n. 218, la C.R.S. S.p.a. e, in riferimento a quanto disposto dall'art. 7, comma 1, prima parte di detta legge, versava, all'atto della formalità della registrazione, l'importo complessivo di lire 100.000.000. Con avviso di liquidazione notificato il 12 febbraio 1992, l'Ufficio del Registro di Savona elevava supplemento per lire 200.000.000, applicando l'imposta dell'1 per mille nella misura massima di lire 100.000.000, a ciascuno dei tre tributi: registro, trascrizione e catasto. La S.p.a. C.R.S. versava detto importo e contemporaneamente ricorreva alla Commissione tributaria di primo grado, chiedendo il rimborso della somma, con contestuale annullamento della pretesa erariale. Con successivi atti di aumento di capitale sociale in data 15 ottobre 1993, registrato il 19 ottobre 1993 al n. 2347 (per lire 20.400.000.000) e in data 31 gennaio 1995, registrato il 6 febbraio 1995 al n. 203 (per lire 52.631.500.000) riservati alla C.R.G., la S.p.a. C.R.S. portava il capitale sociale a lire 183.031.500.000. Alle relative denunzie ex art. 19, comma 3, del D.P.R. n. 131/1986 di avvenuta sottoscrizione dell'aumento di capitale l'Ufficio del Registro di Savona applicava l'imposta di registro nella misura dell'1% ex art. 4, n. 5, Tariffa All. D.P.R. n. 131/1986. Avverso i relativi avvisi di liquidazione la S.p.a. C.R.S. ricorreva alla Commissione tributaria di primo grado di Savona, la quale con sentenza n. 55 del 30 marzo 1996, in parziale accoglimento del ricorso della stessa società, dichiarava applicabile l'imposta di registro nella misura dell'1 per mille ex art. 7, comma 1, della L. n. 218/1990. L'Ufficio del Registro di Savona e la contribuente proponevano appello. La Commissione tributaria regionale per la Liguria con sentenza n. 113, pronunciata il 12 maggio 1998 e depositata l'11 novembre 1998, accoglieva l'appello incidentale proposto dalla società contribuente e rigettava le tesi dell'Amministrazione ritenendo applicabile l'imposta sostitutiva dell'1% con il limite massimo di lire 100.000.000. Contro tale sentenza della Commissione tributaria regionale propone ricorso l'Amministrazione delle finanze deducendo un unico articolato motivo. La C.R.S. S.p.a. resiste con controricorso ed un motivo di ricorso incidentale per non essersi il giudice di merito pronunciato sulle spese. Deduce la inammissibilità del ricorso dell'Ufficio del Registro di Savona. La contribuente ha anche depositato memoria. Diritto - La intestazione del ricorso anche all'Ufficio del registro di Savona non determina un autonomo ricorso che debba essere dichiarato inammissibile. Con il motivo di ricorso la Amministrazione deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto; omessa, contraddittoria e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360, nn. 3 e 5 del codice di procedura civile, in relazione agli 7, comma 1, della L. 30 luglio 1990, n. 218). In realtà sotto un unico motivo di ricorso la Amministrazione contesta tutti i profili della pronuncia impugnata, che coinvolge almeno due problemi. Il primo è di stabilire se quando la L. n. 218/1990 prevede che per determinate operazioni "le imposte di registro, ipotecarie e catastali si applicano nella misura dell'uno per mille e sino ad un importo massimo non superiore a cento milioni di lire" impone un unico tetto di cento milioni di lire applicabile al cumulo delle tre imposte, oppure preveda un tetto alla applicazione di ciascuna delle imposte. In proposito la Corte non vede ragione di discostarsi dall'indirizzo espresso dalla sentenza n. 7571 del 17 luglio 1999, e ribadito da Cass. 30 giugno 2000, n. 8829, secondo cui l'art. 7 della legge "Amato" n. 218 del 1990 (disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico) secondo cui ai conferimenti di un'azienda bancaria in un'altra, come alle fusioni e alle incorporazioni si applicano le imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura dell'uno per mille e sino ad un importo massimo non superiore a cento milioni di lire, va interpretato nel senso che ogni imposta conserva la propria autonomia, con la conseguenza che continuano ad applicarsi le tre imposte, per ciascuna delle quali viene applicata l'aliquota dell'uno per mille (con il "tetto" di cento milioni di lire). E giova ribadire che siffatta interpretazione manifestamente non si pone in contrasto con gli 53, comma 1, della Costituzione. Il ricorso solleva però anche un secondo profilo, cioè pone il problema se questo sistema impositivo agevolato si applichi complessivamente a tutte le operazioni poste in essere dalla contribuente (in quanto ipoteticamente inserite in un quadro unitario volto alla così detta "privatizzazione") o se invece le operazioni di aumento del capitale sociale vadano considerate e tassate separatamente. Ed anche questo profilo merita accoglimento. Invero l'art. 7, comma 1 della citata legge "Amato" riconosce il diritto al trattamento agevolato alle fusioni, alle trasformazioni ed ai conferimenti effettuati a norma dell'art. 1. E questa Corte ritiene che il termine "conferimenti" debba essere inteso alla luce dell'art. 1 e non come comprensivo di tutte le ipotesi di aumento di capitale. Il citato art. 1, al suo comma 1, prevede, nel testo vigente al momento della esecuzione degli aumenti di capitale: "gli enti creditizi pubblici iscritti nell'albo di cui all'art. 29 del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 marzo 1938, n. 141, e successive modificazioni e integrazioni, nonché le casse comunali di credito agrario e i monti di credito su pegno di seconda categoria che non raccolgono risparmio tra il pubblico possono effettuare trasformazioni ovvero fusioni con altri enti creditizi di qualsiasi natura, da cui, anche a seguito di successive trasformazioni o conferimenti, risultino comunque società per azioni operanti nel settore del credito". La legge mirava a favorire le così dette privatizzazioni, cioè la trasformazione degli "enti creditizi pubblici" in società per azioni. Tale trasformazione poteva certo avvenire per "conferimento", ma per conferimento della intera azienda o di un ramo di essa in una preesistente società per azioni (magari formata da istituti pubblici di credito già "privatizzati"). Il "conferimento" cioè in tanto è funzionale alla privatizzazione in quanto trasformi una istituzione pubblica in istituzione privata; ed in questo quadro la agevolazione ben può assistere l'aumento di capitale sociale che consegue al conferimento. Ma non vi è ragione per agevolare il mero aumento di capitale sociale, deliberato dall'ente ormai "privatizzato" per reperire sul mercato mezzi economici. Cioè un aumento di capitale sociale che non nasce dal venir meno di una attività pubblica d'impresa, ma dal concorso economico di privati, rientra fra le comuni operazioni economiche della società ed i conferimenti che danno luogo a tale incremento del capitale sociale non sono "effettuati a norma dell'art. 1" della legge, e perciò non sono agevolati. La controversia deve dunque essere rimessa al giudice di merito che si atterrà alle seguenti massime: - l'art. 7 della legge "Amato" n. 218 del 1990 (disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico) secondo cui ai conferimenti di un'azienda bancaria in un'altra, come alle fusioni e alle incorporazioni si applicano le imposte di registro, ipotecarie e catastali nella misura dell'uno per mille e sino ad un importo massimo non superiore a cento milioni di lire, va interpretato nel senso che ogni imposta conserva la propria autonomia, con la conseguenza che continuano ad applicarsi le tre imposte, per ciascuna delle quali viene applicata l'aliquota dell'uno per mille (con il "tetto" di cento milioni di lire). Godono delle agevolazioni di cui all'art 7 della legge "Amato" n. 218 del 1990 solo quei conferimenti e quei conseguenti aumenti di capitale sociale che siano funzionali agli scopi di cui all'art. 1 della stessa legge e cioè determinino la trasformazione o l'assorbimento in società per azioni degli enti creditizi pubblici indicati nel medesimo art. 1. P.Q.M. - La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia ad altra sezione della Commissione tributaria regionale per la Liguria che deciderà anche per le spese.