trasformazione societa imposte trasferimenti

Massima - Costituisce principio consolidato che giustifica il rigetto del ricorso dell'Amministrazione in camera di consiglio ex art. 375 del codice di procedura civile (nonostante il pubblico ministero ne avesse chiesto l'accoglimento) l'affermazione secondo cui gli atti di trasformazione di società proprietarie di immobili sono soggetti ad imposta catastale in misura fissa. Ciò anche quando una società di persone si trasformi in una società di capitali e acquisisca così personalità giuridica.

Sent. n. 10008 del 28 aprile 2006 (ud. dell'8 marzo 2006) della Corte Cass.



- Leggi la sentenza integrale -

Sent. n. 10008 del 28 aprile 2006 (ud. dell'8 marzo 2006) della Corte Cass., Sez. tributaria - Pres. Magno, Rel. Napoletano Imposte sui trasferimenti - Imposta catastale - Trasformazione di società - Applicazione in misura fissa - Art. 10 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 - Art. 21 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 635     Massima - Costituisce principio consolidato che giustifica  il  rigetto del ricorso dell'Amministrazione in camera di consiglio  ex  art.  375  del codice di procedura civile (nonostante  il  pubblico  ministero  ne  avesse chiesto  l'accoglimento)   l'affermazione   secondo   cui   gli   atti   di trasformazione di società proprietarie di immobili sono soggetti ad imposta catastale in misura fissa. Ciò anche  quando  una  società  di  persone  si trasformi  in  una  società  di  capitali  e  acquisisca  così  personalità giuridica.
    Fatto e Diritto - La società indicata  in  epigrafe  proponeva  ricorso avverso l'avviso di liquidazione con il quale, in riferimento alla delibera di trasformazione, registrata il 2 gennaio 1985, di essa società da  S.n.c. in S.p.a.,  veniva  applicata  l'imposta  proporzionale  sul  valore  degli immobili che risultava nel bilancio di trasformazione.     La Commissione tributaria  di  I  grado  accoglieva  il  ricorso  e  la sentenza veniva confermata dalla  Commissione  tributaria  regionale  della Toscana sul rilievo che andava  applicata  l'imposta  fissa  e  non  quella proporzionale non configurandosi, nel caso di  trasformazione  di  società, trasferimento del patrimonio dall'una all'altra società.     Con atto notificato in data 9 marzo 2000 il Ministero delle finanze  ha proposto ricorso per cassazione sostenuto da un unico motivo con  il  quale si è dedotta violazione  e  falsa  applicazione  dell'art.  21  del  D.P.R. n. 635/1972 rilevandosi che presupposto dell'imposta catastale  del  4  per mille non è né un trasferimento  né  un  attribuzione  patrimoniale,  bensì l'esecuzione di una voltura catastale.     La società contribuente ha resistito con controricorso,  illustrato  da memoria.     Osserva  il  Collegio  che  il  ricorso  è   manifestamente   infondato nonostante   le   opposte    conclusioni    del    Procuratore    generale. Preliminarmente, questa Corte deve ricordare che, con la sentenza n.  12384 del 2005, ha stabilito il principio secondo  cui  "l'inammissibilità  della pronuncia in camera di  consiglio  è  ravvisabile  solo  ove  la  Corte  di Cassazione ritenga che non ricorrano le ipotesi di  cui  ai  commi  1  e  2 dell'art.  375  del  codice  di  procedura  civile,  ovvero  che   emergano condizioni incompatibili con  la  trattazione  abbreviata,  nel  qual  caso rinvia la causa alla pubblica udienza. Ove la Corte, viceversa, ritenga che la decisione del ricorso  presenti  aspetti  di  evidenza  compatibili  con l'immediata decisione, ben può pronunciarsi  per  la  manifesta  fondatezza dell'impugnazione, anche ove le conclusioni del pubblico ministero fossero, all'opposto, per la manifesta infondatezza e viceversa".     Nella  specie,  la  Corte  non  ritiene   che   vi   siano   condizioni incompatibili con la trattazione abbreviata, poiché emerge dall'esame dello stesso ricorso del contribuente, oltre che dalla sentenza impugnata, la non fondatezza del primo.     Passando all'esame del merito osserva il Collegio che,  come  affermato da questa Suprema Corte nella  sentenza  n.  7285/2001,  la  trasformazione comporta solo il mutamento del tipo della società trasformata, che  non  si estingue, ma continua ad esistere, "conservando" i diritti e  gli  obblighi anteriori alla trasformazione, come è precisato dall'art.  2498,  comma  3, del codice civile, la cui formulazione, specie se  posta  a  raffronto  con quella utilizzata nell'art. 2504, ultimo comma,  dello  stesso  codice  per descrivere gli effetti della fusione, è illuminante e sta ad  indicare,  in modo inequivoco,  che  in  caso  di  trasformazione  l'individualità  della società trasformata non viene meno.     Queste conclusioni restano  valide  anche  quando,  come  nel  caso  di specie, la trasformazione comporti l'acquisto della  personalità  giuridica da parte di una società che prima ne era sprovvista, perché appartenente ad uno dei tipi regolati nei Capi III e IV del Titolo  V  del  codice  civile. Dette società, infatti,  ancorché  prive  di  personalità  giuridica,  sono considerate dall'ordinamento quali  centri  di  imputazione  di  situazioni giuridiche distinti dalle persone dei soci, anche nell'ambito  dei  diritti reali (artt. 2659 e 2839 del codice civile). E ciò porta  a  ritenere  che, anche  in  tal  caso,  la  società  trasformata  "sopravvive  alla  vicenda modificativa senza ... perdere la sua identità soggettiva" e che, pertanto, tutto il suo patrimonio, mobiliare e immobiliare, continua  ad  appartenere alla medesima società, pur nella sua nuova veste, senza essere  oggetto  di alcuna vicenda traslativa (Cass. 18 aprile 1998, n. 3945).     L'entrata in vigore del D.Lgs.  31  ottobre  1990,  n.  347,  il  quale dispone espressamente l'applicazione dell'imposta in misura  fissa  per  le volture eseguite in dipendenza di atti che non comportano il  trasferimento della proprietà di beni immobili o di diritti reali immobiliari (art.  10), ha chiarito definitivamente che allo stesso trattamento  debbono  ritenersi assoggettate quelle  effettuate  a  seguito  della  trasformazione  di  una società, che pure non è esplicitamente menzionata dalla norma in questione. Ma, come questa Corte ha  già  avuto  occasione  di  puntualizzare,  a  non diverse conclusioni doveva giungersi  sotto  la  vigenza  della  disciplina abrogata, applicabile nella specie ratione  temporis  posto  che,  a  norma dell'art. 21, del  D.P.R.  26  ottobre  1972,  n.  635,  la  determinazione dell'imposta  in  misura   proporzionale   (anziché   fissa)   presupponeva l'esistenza  di  un  atto  traslativo  e,  in  quanto  tale,   assoggettato all'imposta proporzionale di registro (Cass. n. 3945/1998, n. 7285/2001, n. 10359/2003, n. 8856/2003 e n. 11987/2003).     Ricorrendo l'ipotesi di cui al comma 2  dell'art.  375  del  codice  di procedura civile il ricorso pertanto va rigettato con sentenza in camera di consiglio.     Considerato che l'indirizzo giurisprudenziale  sopra  richiamato  si  è andato consolidando solo di  recente  stimasi  compensare  le  spese  della presente fase del giudizio.       P.Q.M. - la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese  del  giudizio di legittimità.

INDICE
DELLA GUIDA IN Trasformazione

OPINIONI DEI CLIENTI

Vedi tutte

ONLINE ADESSO 2528 UTENTI