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Il patto star del credere
L'agente, indipendentemente dal dolo o dalla colpa, garantisce l'adempimento del terzo contraente ed è chiamato a partecipare al rischio d'impresa, sopportando così le perdite subite dal preponente.
L’istituto dello “star del credere”, in forza del quale l'agente, indipendentemente dal dolo o dalla colpa, garantisce l'adempimento del terzo contraente ed è chiamato a partecipare al rischio d'impresa, sopportando così le perdite subite dal preponente per l'ipotesi d'inadempimento del terzo, non era disciplinato da una norma di legge, a differenza del corrispondente istituto della commissione (art. 1736 c.c.), ma ha avuto origine nella contrattazione collettiva ed è stato mantenuto in vita negli accordi collettivi successivi. Fino alla sua abrogazione, avvenuta per effetto della Legge 21 dicembre 1999, n. 256 (la c.d. Legge comunitaria), che ha, tra l’altro, modificato l'art. 1746 del codice civile in tema di responsabilità dell'agente, concludendo l'iter innovativo introdotto con il D.Lgs. 15 febbraio 1999, n. 65, era prassi comune inserire il patto “star del credere” nei contratti di agenzia.
L’abrogazione dello star del credere ed il nuovo art. 1746 c.c.
La Legge comunitaria, che ha integrato l'articolo 1746 c.c. (“Obblighi dell’agente”), ha espressamente vietato qualunque patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità (anche parziale) per l'inadempimento del terzo, ammettendo solo in via eccezionale la responsabilità dell'agente in ordine al buon fine dell'affare. L'innovazione normativa, la cui ratio è quella di tutelare l’agente, individuato come la parte più debole del rapporto di agenzia, ha inciso in modo rilevante nelle relazioni tra imprese e agenti, disponendo altresì in un campo tradizionalmente affidato agli accordi collettivi. Dall’analisi dell’art. 1746 c.c., 3° comma, si desume, come già accennato, che deve ritenersi nullo qualsiasi patto che ponga a carico dell'agente una responsabilità, anche solo limitata, per l'inadempimento del terzo, compresi quegli accordi apparentemente validi ma sostanzialmente diretti a eludere l'applicazione di una norma imperativa.
I patti ammessi a garanzia dell’adempimento del terzo
L’art. 1746 c.c., 3° comma, così come modificato dalla legge comunitaria, ammette, esclusivamente, i patti tra preponente ed agente, aventi ad oggetto singoli affari di volta in volta determinati, con i quali il preposto conceda apposita garanzia per l’inadempimento del terzo, purché essa non sia di ammontare più elevato della provvigione che l’agente dovrebbe percepire per quella provvigione. Il superamento di detto limite comporta la nullità del patto stesso. Dal punto di vista fiscale, occorre precisare che, così come prima della riforma, le somme addebitate all'agente a titolo di responsabilità per l'inadempimento del terzo sono considerate sopravvenienze passive ai fini delle imposte sui redditi ed escluse dal campo di applicazione dell'Iva in quanto di natura risarcitoria del danno subito dal preponente.